03.La Confraternita Del Pugnale Nero_PORPORA
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Capitolo 31 Butch si tolse il cappotto e si accomodò in sala d'attesa. Era un fascio di nervi. Meno male che il buio era calato da poco e i pazienti vampiri non si erano ancora fatti vivi. Un po' di tempo da solo era quello che gli ci voleva. Almeno finché non riusciva a ricomporsi. Il fatto era che quella simpatica clinica era situata nel seminterrato della dimora signorile di Havers. Quindi, in quel preciso momento, Butch era sotto lo stesso tetto della sorella del dottore. Marissa, sì, la vampira che lui desiderava più di qualunque altra femmina sulla faccia della terra, abitava in quella casa. Diavolo, la sua ossessione per lei era un incubo del tutto nuovo. Era la prima volta che smaniava tanto per una donna, e non l'avrebbe augurato al suo peggior nemico. Era solo una gran spina nel fianco. E nel cuore. In settembre, quando era andato a trovarla e lei lo aveva respinto senza nemmeno concedergli un faccia a faccia, aveva giurato a se stesso di non importunarla mai più. E aveva mantenuto la promessa. Tecnicamente. Quei patetici giri in auto da vigliacco che da allora aveva preso l'abitudine di fare, durante i quali, chissà come e perché, la Escalade finiva sempre nei pressi della casa, non la infastidivano, in effetti. Perché Marissa non ne sapeva niente. Era proprio patetico. Ma finché lei ignorava quanto fosse cotto, tutto sommato poteva sopportarlo. Per questo adesso era così sulle spine. Non voleva che Marissa, incontrandolo per caso, potesse pensare che fosse lì per lei. Un uomo aveva il suo amor proprio da difendere. Almeno agli occhi del mondo. Controllò l'ora. Erano passati ben tredici minuti. Però! La seduta con lo strizzacervelli sarebbe durata un'ora, presumibilmente, quindi la lancetta dei minuti del suo Patek Philippe doveva fare altri quarantasette giri prima che lui potesse ficcare il ragazzo in macchina e sgommare via a tutta velocità. «Gradisce una tazza di caffè?» chiese una voce femminile.
Butch alzò gli occhi. In piedi davanti a lui c'era un'infermiera in uniforme bianca. Sembrava molto giovane, specialmente quando cominciò a cincischiare con una delle maniche. Sembrava anche ansiosissima di rendersi utile. «Sì, certo. Un caffè sarebbe perfetto.» Lei gli rivolse un sorriso radioso, lasciando intravedere le zanne. «Come lo vuole?» «Nero, grazie.» Il fruscio delle calzature dalla morbida suola di gomma si spense via via che la ragazza si allontanava lungo il corridoio. Butch si sbottonò la giacca a doppio petto e si piegò in avanti, poggiando i gomiti sulle ginocchia. Il completo di Valentino che si era messo prima di uscire era uno dei suoi preferiti. Come la cravatta di Hermès che aveva al collo. E i mocassini Gucci ai piedi. Se proprio doveva farsi beccare da Marissa, tanto valeva essere al meglio. «Vuoi che ti narcotizzi?» Bella si concentrò sul viso di Zsadist, che incombeva sopra di lei. I suoi occhi erano due fessure sottilissime, e sugli zigomi pronunciati aveva quel bel rossore che gli veniva quando era eccitato. Le pesava, così addosso. Quando il desiderio si ridestò con prepotenza, ripensò a quando aveva eiaculato dentro di lei. Aveva provato un meraviglioso senso di benessere quando Z aveva cominciato a venire, il primo attimo di sollievo da quando, un paio d'ore prima, si erano manifestati i sintomi del bisogno. Adesso però il supplizio era ricominciato. «Vuoi che ti addormenti, Bella?» Forse era meglio lasciarsi anestetizzare. La notte si preannunciava molto lunga, e da quello che aveva capito con il passare delle ore le cose sarebbero andate peggiorando. Era giusto, da parte sua, chiedere a Zsadist di restare? Qualcosa di morbido le accarezzò la guancia. Il suo pollice, che le
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Butch alzò gli occhi. In piedi davanti a lui c'era un'infermiera in<br />
uniforme bianca. Sembrava molto giovane, specialmente quando<br />
cominciò a cincischiare con una delle maniche. Sembrava anche<br />
ansiosissima di rendersi utile.<br />
«Sì, certo. Un caffè sarebbe perfetto.»<br />
Lei gli rivolse un sorriso radioso, lasciando intravedere le zanne.<br />
«Come lo vuole?»<br />
«<strong>Nero</strong>, grazie.»<br />
Il fruscio delle calzature dalla morbida suola di gomma si spense via<br />
via che la ragazza si allontanava lungo il corridoio.<br />
Butch si sbottonò la giacca a doppio petto e si piegò in avanti,<br />
poggiando i gomiti sulle ginocchia. Il completo di Valentino che si era<br />
messo prima di uscire era uno dei suoi preferiti. Come la cravatta di<br />
Hermès che aveva al collo. E i mocassini Gucci ai piedi.<br />
Se proprio doveva farsi beccare da Marissa, tanto valeva essere al<br />
meglio.<br />
«Vuoi che ti narcotizzi?»<br />
Bella si concentrò sul viso di Zsadist, che incombeva sopra di lei. I<br />
suoi occhi erano due fessure sottilissime, e sugli zigomi pronunciati<br />
aveva quel bel rossore che gli veniva quando era eccitato. Le pesava,<br />
così addosso. Quando il desiderio si ridestò con prepotenza, ripensò a<br />
quando aveva eiaculato dentro di lei. Aveva provato un meraviglioso<br />
senso di benessere quando Z aveva cominciato a venire, il primo<br />
attimo di sollievo da quando, un paio d'ore prima, si erano manifestati<br />
i sintomi del bisogno.<br />
Adesso però il supplizio era ricominciato.<br />
«Vuoi che ti addormenti, Bella?»<br />
Forse era meglio lasciarsi anestetizzare. La notte si preannunciava<br />
molto lunga, e da quello che aveva capito con il passare delle ore le<br />
cose sarebbero andate peggiorando. Era giusto, da parte sua, chiedere<br />
a Zsadist di restare?<br />
Qualcosa di morbido le accarezzò la guancia. Il suo pollice, che le