03.La Confraternita Del Pugnale Nero_PORPORA
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«Senti, oggi non c'è lezione. Sto avvertendo tutte le famiglie.» John abbassò la forchetta e fece un fischio prolungato. «C'è una... complicazione al quartier generale. Ma dovremmo poter riprendere domani o dopodomani al massimo. Vedremo come vanno le cose. Di conseguenza abbiamo anticipato il tuo appuntamento alla clinica di Havers. Butch sta venendo a prenderti in questo momento, okay?» John fece due fischi brevi. «Bene... Butch è un umano, però è in gamba. Mi fido di lui.» In quel mentre suonò il campanello. «Questo dev'essere lui... sì, è Butch. Lo vedo sul monitor video. Ascolta, John... a proposito di questa faccenda della terapia. Se ti mette a disagio non sei costretto a tornarci, va bene? Nessuno potrà obbligarti a farlo.» John sospirò dentro il ricevitore pensando: Grazie. «Sai» riprese Tohr con una risatina, «nemmeno io vado matto per queste fesserie psicologiche... Ahia! Wellsie, ma cosa diavolo ti prende?» Seguì una rapida conversazione nell'antico idioma. «A ogni modo» riprese Tohr al telefono, «mandami un SMS quando hai finito, okay?» John fischiò due volte, riattaccò e mise piatto e forchetta nella lavastoviglie. Terapia... addestramento... Gli davano il voltastomaco entrambi, ma se proprio doveva scegliere, sempre meglio lo strizzacervelli che Lash. Tutta la vita. Cavolo, almeno la seduta dal dottore non sarebbe durata più di sessanta minuti! Lash, invece, doveva sorbirselo per ore e ore di seguito. Uscendo, prese il giubbotto e il bloc-notes. Quando aprì la porta, l'umano sul portico gli sorrise. «Ehilà, ragazzo. Io sono Butch. Butch O'Neal. Il tuo taxi.» Accipicchia. Quel Butch O'Neal era... be', tanto per cominciare era vestito come un modello di «GQ». Sotto il cappotto nero di cachemire aveva un elegante completo gessato, una strabiliante cravatta rossa e
una camicia immacolata. Anche la pettinatura faceva colpo: i capelli scuri erano tirati all'indietro sulla fronte in modo molto naturale, come se ci avesse passato dentro le dita. E le scarpe... Caspita. Gucci originali... pelle nera, fascetta rossa e verde, e una lucida staffa dorata. Buffo, non era bello, non nel senso classico del termine almeno, alla Mister Perfezione. Il naso doveva essere stato preso a cazzotti più di una volta e gli occhi color nocciola erano troppo penetranti e stanchi per essere definiti belli. Ma era come una pistola carica, pronta a sparare: dava l'idea di avere un'intelligenza acutissima e una forza pericolosa che reclamavano rispetto. «John? Tutto bene?» Il ragazzo fischiò e gli tese la mano. Butch gliela strinse e sorrise di nuovo. «Allora, sei pronto? Possiamo andare?» chiese in tono un po' più gentile. Come se lo avessero avvertito di cosa lo aspettava alla clinica di Havers. Dio... Dovevano saperlo proprio tutti? Mentre chiudeva la porta, John immaginò che lo scoprissero anche i suoi compagni di classe e gli venne da vomitare. Seguì Butch fino alla Escalade nera con i finestrini oscurati e i cerchioni cromati. All'interno l'auto era calda e odorava di cuoio e di costoso dopobarba. L'umano mise in moto e accese lo stereo. Subito il SUV si riempì del suono ritmato di Mystical. John guardava i fiocchi di neve che cadevano lenti e la luce color pesca che colorava il cielo. Quanto avrebbe voluto andare da un'altra parte. Qualunque altro posto sarebbe stato okay. Be', esclusa la scuola. «Allora, John» disse Butch, «non farò finta di niente. So perché hai appuntamento alla clinica e ti dirò una cosa. Anche a me è toccato andare dallo strizzacervelli.» Il ragazzo lo guardò sorpreso e l'umano annuì. «Già, quando ero nella polizia. Per dieci anni sono stato detective alla Omicidi, e lì ti capita di vedere un mucchio di cose tremende. C'era sempre qualche tizio con l'aria sincera, da bravo ragazzo, con gli occhiali della nonna e
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«Senti, oggi non c'è lezione. Sto avvertendo tutte le famiglie.»<br />
John abbassò la forchetta e fece un fischio prolungato.<br />
«C'è una... complicazione al quartier generale. Ma dovremmo<br />
poter riprendere domani o dopodomani al massimo. Vedremo come<br />
vanno le cose. Di conseguenza abbiamo anticipato il tuo<br />
appuntamento alla clinica di Havers. Butch sta venendo a prenderti in<br />
questo momento, okay?»<br />
John fece due fischi brevi.<br />
«Bene... Butch è un umano, però è in gamba. Mi fido di lui.» In quel<br />
mentre suonò il campanello. «Questo dev'essere lui... sì, è Butch. Lo<br />
vedo sul monitor video. Ascolta, John... a proposito di questa<br />
faccenda della terapia. Se ti mette a disagio non sei costretto a tornarci,<br />
va bene? Nessuno potrà obbligarti a farlo.»<br />
John sospirò dentro il ricevitore pensando: Grazie.<br />
«Sai» riprese Tohr con una risatina, «nemmeno io vado matto per<br />
queste fesserie psicologiche... Ahia! Wellsie, ma cosa diavolo ti<br />
prende?»<br />
Seguì una rapida conversazione nell'antico idioma.<br />
«A ogni modo» riprese Tohr al telefono, «mandami un SMS quando<br />
hai finito, okay?»<br />
John fischiò due volte, riattaccò e mise piatto e forchetta nella<br />
lavastoviglie.<br />
Terapia... addestramento... Gli davano il voltastomaco entrambi,<br />
ma se proprio doveva scegliere, sempre meglio lo strizzacervelli che<br />
Lash. Tutta la vita. Cavolo, almeno la seduta dal dottore non sarebbe<br />
durata più di sessanta minuti! Lash, invece, doveva sorbirselo per ore e<br />
ore di seguito.<br />
Uscendo, prese il giubbotto e il bloc-notes. Quando aprì la porta,<br />
l'umano sul portico gli sorrise.<br />
«Ehilà, ragazzo. Io sono Butch. Butch O'Neal. Il tuo taxi.»<br />
Accipicchia. Quel Butch O'Neal era... be', tanto per cominciare era<br />
vestito come un modello di «GQ». Sotto il cappotto nero di cachemire<br />
aveva un elegante completo gessato, una strabiliante cravatta rossa e