03.La Confraternita Del Pugnale Nero_PORPORA

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28.05.2013 Views

Riuscì a malapena ad abbassare il mento. «Perché me lo stai dicendo?» Tohr serrò le labbra. «Vuoi far finta che lei non significhi niente per te? Benissimo. Pensavo solo che avresti voluto saperlo.» Dopo di che si avviò verso la sala da pranzo. Z afferrò il corrimano e si massaggiò il petto, aveva la sensazione che qualcuno avesse sostituito l'ossigeno nei suoi polmoni con del catrame. Guardò le scale, domandandosi se Bella sarebbe passata dalla sua camera prima di andarsene. In teoria sì, perché aveva dimenticato lì il diario. Poteva anche lasciare lì i vestiti, ma non il diario. A meno che, naturalmente, non avesse già fatto trasferire tutte le sue cose. Dio... Come avrebbe fatto a salutarla? Cazzo, ecco una conversazione che avrebbe evitato molto volentieri. Non riusciva proprio a immaginare cosa dirle, specialmente dopo che lei lo aveva visto sfogare tutta la sua ferocia su quel lesser. Andò in biblioteca, prese uno dei telefoni e compose il numero di cellulare di Vishous. Udì lo squillo attraverso il ricevitore e anche in fondo all'atrio. Quando V rispose, gli disse dell'Explorer e del telefonino che aveva nascosto sotto il telaio. «Controllo subito» replicò V. «Ma dove sei? C'è una strana eco.» «Chiamami se il SUV si muove. Mi trovi in palestra» tagliò corto Zsadist, riattaccando e avviandosi verso il tunnel sotterraneo. Nello spogliatoio avrebbe trovato qualcosa da mettersi. Voleva ridursi allo stremo delle forze, con le cosce che pulsavano per la fatica, i polpacci rigidi e la gola irritata per l'affanno. Il dolore gli avrebbe schiarito le idee, purificandolo... Bramava la sofferenza più del cibo. Giunto nello spogliatoio, tirò fuori dall'armadietto le Air Shox e un paio di calzoncini da corsa. Preferiva restare a torso nudo, specialmente quando era da solo. Si era già levato di dosso le armi e stava per cambiarsi, quando udì qualcosa muoversi tra gli armadietti. Seguendo in silenzio il rumore si ritrovò sulle tracce di uno... sconosciuto. Alto quanto un soldo di cacio. Ci fu un fragore metallico quando il piccoletto andò a sbattere

contro uno degli armadietti. Merda. Era il ragazzino. Come si chiamava? John qualcosa. Il piccolo John lo fissava con gli occhi vitrei fuori dalle orbite, e sembrava sul punto di svenire. Z lo guardò truce dall'alto della propria statura. Al momento era di umore nero, nero e gelido come lo spazio interstellare, e tuttavia, per qualche oscuro motivo, cambiare i connotati a quel ragazzino che non aveva fatto niente di male non gli andava. «Vattene fuori di qui, ragazzo.» John armeggiò con qualcosa. Un blocco e una penna. Quando riuscì a posare la punta della biro sul foglio, Zsadist scosse la testa. «Sì, bravo, non so leggere, te ne sei scordato? Senti, vai via. Tohr è di sopra.» Si voltò e si tolse la maglietta con gesti bruschi. Sentì un'esclamazione soffocata e si girò a guardare da sopra la spalla. John aveva gli occhi fissi sulla sua schiena. «Cristo, ragazzo... Ti ho detto di levarti dai piedi.» Quando udì un rumore di passi che si allontanavano di corsa, si levò i pantaloni di pelle, si infilò i calzoncini neri da calcio e si sedette sulla panca. Sollevò le Nike per i lacci, lasciandole penzolare in mezzo alle ginocchia. Poi rimase a fissarle, assalito da uno stupido pensiero. Quante volte aveva messo i piedi in quelle scarpe da jogging e aveva maltrattato il proprio corpo sottoponendosi allo stesso, sfiancante trantran che si apprestava a ripetere? Poi pensò a tutte le volte in cui si era deliberatamente ferito negli scontri con i lesser, a tutte le volte che aveva chiesto a Phury di picchiarlo. No, non chiesto. Ordinato. In alcune occasioni aveva imposto al suo gemello di massacrarlo di botte finché, con il volto tumefatto, non sentiva altro che un dolore lancinante alle ossa. A onor del vero non gli piaceva coinvolgere Phury. Avrebbe preferito godersi quel dolore in privato, e se lo sarebbe inflitto da solo, se ne fosse stato capace. Ma era difficile ridursi in quello stato senza l'aiuto di qualcuno. Lentamente rimise per terra le scarpe e si appoggiò all'indietro contro l'armadietto, pensando al suo gemello. Phury era di sopra, in

Riuscì a malapena ad abbassare il mento. «Perché me lo stai<br />

dicendo?»<br />

Tohr serrò le labbra. «Vuoi far finta che lei non significhi niente per<br />

te? Benissimo. Pensavo solo che avresti voluto saperlo.» Dopo di che si<br />

avviò verso la sala da pranzo.<br />

Z afferrò il corrimano e si massaggiò il petto, aveva la sensazione<br />

che qualcuno avesse sostituito l'ossigeno nei suoi polmoni con del<br />

catrame. Guardò le scale, domandandosi se Bella sarebbe passata dalla<br />

sua camera prima di andarsene. In teoria sì, perché aveva dimenticato<br />

lì il diario. Poteva anche lasciare lì i vestiti, ma non il diario. A meno<br />

che, naturalmente, non avesse già fatto trasferire tutte le sue cose.<br />

Dio... Come avrebbe fatto a salutarla?<br />

Cazzo, ecco una conversazione che avrebbe evitato molto<br />

volentieri. Non riusciva proprio a immaginare cosa dirle, specialmente<br />

dopo che lei lo aveva visto sfogare tutta la sua ferocia su quel lesser.<br />

Andò in biblioteca, prese uno dei telefoni e compose il numero di<br />

cellulare di Vishous. Udì lo squillo attraverso il ricevitore e anche in<br />

fondo all'atrio. Quando V rispose, gli disse dell'Explorer e del<br />

telefonino che aveva nascosto sotto il telaio.<br />

«Controllo subito» replicò V. «Ma dove sei? C'è una strana eco.»<br />

«Chiamami se il SUV si muove. Mi trovi in palestra» tagliò corto<br />

Zsadist, riattaccando e avviandosi verso il tunnel sotterraneo.<br />

Nello spogliatoio avrebbe trovato qualcosa da mettersi. Voleva<br />

ridursi allo stremo delle forze, con le cosce che pulsavano per la fatica,<br />

i polpacci rigidi e la gola irritata per l'affanno. Il dolore gli avrebbe<br />

schiarito le idee, purificandolo... Bramava la sofferenza più del cibo.<br />

Giunto nello spogliatoio, tirò fuori dall'armadietto le Air Shox e un<br />

paio di calzoncini da corsa. Preferiva restare a torso nudo,<br />

specialmente quando era da solo.<br />

Si era già levato di dosso le armi e stava per cambiarsi, quando udì<br />

qualcosa muoversi tra gli armadietti. Seguendo in silenzio il rumore si<br />

ritrovò sulle tracce di uno... sconosciuto. Alto quanto un soldo di<br />

cacio.<br />

Ci fu un fragore metallico quando il piccoletto andò a sbattere

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