03.La Confraternita Del Pugnale Nero_PORPORA
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quindi lo aveva tormentato per il gusto di farlo soffrire. Perché lo odiava. Per qualche motivo, il lesser che l'aveva catturata... l'amava. Con tutto il cuore. A volte, quando era di luna storta, inveiva contro di lei e la terrorizzava, ma più Bella lo maltrattava più lui la trattava bene. Quando Bella si rifiutava di guardarlo, sprofondava in un baratro di angoscia; quando rifiutava i suoi doni, si metteva a piangere. Con crescente fervore si preoccupava per lei, implorava la sua attenzione, si raggomitolava contro di lei, e quando Bella lo tagliava fuori lui crollava, distrutto. Tutto il suo odioso mondo consisteva nel giocare con le emozioni del lesser, e la crudeltà che la alimentava la stava uccidendo. Un tempo era stata un essere vivente, una figlia, una sorella... qualcuno... Adesso si stava indurendo come cemento nel bel mezzo di quell'incubo. Era come imbalsamata. Beata Vergine del Fado, sapeva che il lesser non l'avrebbe mai lasciata andare. Le aveva rubato il futuro, proprio come se l'avesse uccisa. Ora le restava soltanto questo presente spaventoso, infinito. Insieme a lui. Fu colta dal panico, un'emozione che non provava da tempo. Desiderosa di sprofondare di nuovo nel torpore, si concentrò sul freddo che faceva sottoterra. Il lesser le permetteva di mettere i vestiti che aveva portato via dai cassetti e dall'armadio della sua camera da letto e la proteggeva con mutandoni lunghi, felpe pesanti, calzettoni di lana e stivali. Malgrado ciò, un gelo implacabile si insinuava subdolo sotto gli strati di vestiario, penetrandole fin dentro le ossa. Ripensò alla fattoria dove aveva vissuto per così poco tempo. Rammentò gli allegri fuochi che aveva acceso nel caminetto del soggiorno e la felicità provata nello stare da sola... Quelle erano brutte visioni, brutti ricordi. Le facevano tornare in mente la sua vecchia vita, sua madre... suo fratello. Rehvenge. Dio, Rehv l'aveva fatta impazzire con i suoi modi dispotici, ma aveva ragione lui. Se fosse rimasta in famiglia non avrebbe mai conosciuto Mary, l'umana che viveva nella casa accanto alla sua. Non avrebbe mai attraversato quel campo, quella fatidica
sera, per assicurarsi che andasse tutto bene. Non sarebbe mai incappata nel lesser .. e non avrebbe mai fatto quella fine da morta vivente. Si chiese per quanto tempo suo fratello l'avesse cercata. Ormai aveva rinunciato? Probabilmente sì. Nemmeno Rehv poteva insistere tanto a lungo senza un barlume di speranza. Per certi versi era lieta che non l'avesse trovata. Pur essendo molto aggressivo, era pur sempre un civile, quindi rischiava di rimetterci le penne. I lesser erano forti, crudeli, spietati. No, per salvarla ci voleva qualcosa di paragonabile al mostro che la teneva prigioniera. Le balenò nella mente un'immagine di Zsadist, nitida come una fotografia. Rivide i suoi selvaggi occhi neri, la cicatrice che gli attraversava il viso deformandogli il labbro, le bande tatuate intorno al collo e ai polsi, tipiche degli schiavi di sangue. I segni delle frustate sulla schiena, i piercing ai capezzoli. E il suo corpo muscoloso, anche se magrissimo. Pensò alla sua determinazione feroce e intransigente, al suo odio implacabile. Era terrificante, un orrore per la sua stessa specie. «Irrimediabilmente distrutto, e non semplicemente rotto», secondo le parole del suo gemello. Ma proprio per questo sarebbe stato il salvatore ideale. Soltanto lui poteva misurarsi con il lesser aguzzino. La brutalità incarnata da Zsadist era forse l'unica cosa in grado di tirarla fuori, anche se non si illudeva certo che lui si mettesse a cercarla. Lei era solo una civile qualunque che aveva incontrato un paio di volte. E la seconda volta le aveva fatto giurare di stargli alla larga. Sempre più spaventata, cercò di imbrigliare le proprie emozioni pensando a Rehvenge. Se avesse trovato qualche indizio sul luogo in cui la tenevano prigioniera, si sarebbe rivolto alla confraternita. E allora, forse, Zsadist si sarebbe messo sulle sue tracce perché gli avevano chiesto di farlo, perché faceva parte del suo lavoro. «Ehi? C'è qualcuno?» La tremante voce maschile le giungeva soffocata, metallica. Era il nuovo prigioniero, pensò Bella. I nuovi all'inizio cercavano sempre di entrare in contatto con qualcuno. Si schiarì la gola. «Sono... qui.»
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sera, per assicurarsi che andasse tutto bene. Non sarebbe mai<br />
incappata nel lesser .. e non avrebbe mai fatto quella fine da morta<br />
vivente.<br />
Si chiese per quanto tempo suo fratello l'avesse cercata. Ormai<br />
aveva rinunciato? Probabilmente sì. Nemmeno Rehv poteva insistere<br />
tanto a lungo senza un barlume di speranza. Per certi versi era lieta che<br />
non l'avesse trovata. Pur essendo molto aggressivo, era pur sempre un<br />
civile, quindi rischiava di rimetterci le penne. I lesser erano forti,<br />
crudeli, spietati. No, per salvarla ci voleva qualcosa di paragonabile al<br />
mostro che la teneva prigioniera.<br />
Le balenò nella mente un'immagine di Zsadist, nitida come una<br />
fotografia. Rivide i suoi selvaggi occhi neri, la cicatrice che gli<br />
attraversava il viso deformandogli il labbro, le bande tatuate intorno<br />
al collo e ai polsi, tipiche degli schiavi di sangue. I segni delle frustate<br />
sulla schiena, i piercing ai capezzoli. E il suo corpo muscoloso, anche se<br />
magrissimo.<br />
Pensò alla sua determinazione feroce e intransigente, al suo odio<br />
implacabile. Era terrificante, un orrore per la sua stessa specie.<br />
«Irrimediabilmente distrutto, e non semplicemente rotto», secondo le<br />
parole del suo gemello. Ma proprio per questo sarebbe stato il<br />
salvatore ideale. Soltanto lui poteva misurarsi con il lesser aguzzino. La<br />
brutalità incarnata da Zsadist era forse l'unica cosa in grado di tirarla<br />
fuori, anche se non si illudeva certo che lui si mettesse a cercarla. Lei<br />
era solo una civile qualunque che aveva incontrato un paio di volte.<br />
E la seconda volta le aveva fatto giurare di stargli alla larga.<br />
Sempre più spaventata, cercò di imbrigliare le proprie emozioni<br />
pensando a Rehvenge. Se avesse trovato qualche indizio sul luogo in<br />
cui la tenevano prigioniera, si sarebbe rivolto alla confraternita. E<br />
allora, forse, Zsadist si sarebbe messo sulle sue tracce perché gli<br />
avevano chiesto di farlo, perché faceva parte del suo lavoro.<br />
«Ehi? C'è qualcuno?» La tremante voce maschile le giungeva<br />
soffocata, metallica.<br />
Era il nuovo prigioniero, pensò Bella. I nuovi all'inizio cercavano<br />
sempre di entrare in contatto con qualcuno.<br />
Si schiarì la gola. «Sono... qui.»