03.La Confraternita Del Pugnale Nero_PORPORA

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28.05.2013 Views

Batté le palpebre sfregandosi gli occhi. Quando li riaprì aveva perso il senso della profondità. Maledizione, sta succedendo sì. Non ce l'avrebbe fatta ad arrivare in centro. Sterzò bruscamente a destra e passò davanti alla lunga fila di negozi dove un tempo sorgeva l'accademia di arti marziali di Caldwell, prima che fosse ridotta in cenere. Spense i fari della Bentley e avanzò alle spalle degli stretti fabbricati, parcheggiando rasente al muro di mattoni in modo che, se fosse stato costretto ad allontanarsi in tutta fretta, gli sarebbe bastato premere sull'acceleratore. Con il motore acceso, si tolse il cappotto di zibellino e la giacca del completo e si arrotolò la manica sinistra. Attraverso la foschia rossastra che gli annebbiava la vista allungò una mano verso il vano portaoggetti e prese una siringa ipodermica e un laccio emostatico. Gli tremavano le mani, tanto che la siringa cadde a terra e dovette chinarsi a raccoglierla. Frugò in tasca finché trovò la dopamina. Poggiò la fiala sul cruscotto. Gli ci vollero due tentativi per aprire la confezione sterile della siringa, poi rischiò di spezzare l'ago mentre lo infilava nel sigillo di gomma della fiala. Riempì la siringa e strinse il laccio intorno al bicipite. Muoversi in un campo visivo bidimensionale complicava le cose. Non ci vedeva bene. Davanti a sé era tutto rosso. Rosso... rosso... rosso... Quella parola gli sfrecciava nella mente, rimbalzando contro le pareti del cranio. Il rosso era il colore del panico. Il rosso era il colore della disperazione. Il rosso era il colore dell'odio che nutriva verso se stesso. Il rosso non era il colore del suo sangue. Non al momento, quantomeno. Si tastò l'avambraccio in cerca del punto giusto per veicolare quella merda fino ai recettori del cervello. Peccato che le sue vene stessero collassando. Non sentì niente quando infilò l'ago nel braccio, il che era piuttosto

assicurante. Ma poi eccolo... un piccolo bruciore intorno al buco, e poi tutte le sensazioni che conosceva bene: il proprio peso sul sedile di cuoio dell'auto, il calore che si diffondeva nelle caviglie, l'aria che entrava e usciva veloce dalla bocca, seccandogli la lingua. Il terrore lo indusse a spingere giù lo stantuffo e allentò il laccio emostatico. Dio solo sapeva se aveva centrato il bersaglio. Con il cuore in tumulto, rimase a fissare l'orologio. «Dai» farfugliò, dondolandosi avanti e indietro sul sedile. «Dai... entra in circolo.» Il rosso era il colore delle sue bugie. Era intrappolato in un mondo tutto rosso. E un giorno o l'altro la dopamina non avrebbe più funzionato. Si sarebbe smarrito per sempre in quel rosso. Le lancette si spostavano sul quadrante dell'orologio. Passò un minuto. «Oh, cazzo...» Si sfregò gli occhi, come se questo potesse bastare a ripristinare il senso della profondità e il normale spettro dei colori. Il cellulare si mise a suonare e lui lo ignorò. «Ti prego...» Detestava il tono supplichevole della propria voce, ma non poteva fingere di essere forte. «Non voglio perdermi...» All'improvviso la vista tornò normale, il rosso si ritrasse dal campo visivo, la prospettiva tridimensionale tornò. Era come se il male fosse stato risucchiato fuori dal suo corpo e lui fosse ripiombato nel solito torpore; tutte le sensazioni evaporarono finché gli restarono solo i pensieri che aveva in testa. Grazie alla droga era ridiventato un sacco ambulante in grado di parlare e di respirare, un sacco che per fortuna aveva solo quattro sensi di cui preoccuparsi. Il tatto era stato momentaneamente neutralizzato. Si accasciò sul sedile. Lo stress per il rapimento e il salvataggio di Bella lo aveva minato nel profondo, per questo l'attacco era stato così repentino e violento. Forse doveva anche modificare il dosaggio. Avrebbe chiesto consiglio ad Havers. Dovette attendere qualche minuto prima di ripartire. Uscendo con cautela dalla stradina per immettersi nel traffico, si disse che la sua era una berlina tra le tante, nella lunga fila di automobili. Lui era anonimo.

Batté le palpebre sfregandosi gli occhi. Quando li riaprì aveva perso<br />

il senso della profondità.<br />

Maledizione, sta succedendo sì. Non ce l'avrebbe fatta ad arrivare<br />

in centro.<br />

Sterzò bruscamente a destra e passò davanti alla lunga fila di negozi<br />

dove un tempo sorgeva l'accademia di arti marziali di Caldwell, prima<br />

che fosse ridotta in cenere. Spense i fari della Bentley e avanzò alle<br />

spalle degli stretti fabbricati, parcheggiando rasente al muro di mattoni<br />

in modo che, se fosse stato costretto ad allontanarsi in tutta fretta, gli<br />

sarebbe bastato premere sull'acceleratore.<br />

Con il motore acceso, si tolse il cappotto di zibellino e la giacca del<br />

completo e si arrotolò la manica sinistra. Attraverso la foschia rossastra<br />

che gli annebbiava la vista allungò una mano verso il vano<br />

portaoggetti e prese una siringa ipodermica e un laccio emostatico. Gli<br />

tremavano le mani, tanto che la siringa cadde a terra e dovette chinarsi<br />

a raccoglierla.<br />

Frugò in tasca finché trovò la dopamina. Poggiò la fiala sul<br />

cruscotto.<br />

Gli ci vollero due tentativi per aprire la confezione sterile della<br />

siringa, poi rischiò di spezzare l'ago mentre lo infilava nel sigillo di<br />

gomma della fiala. Riempì la siringa e strinse il laccio intorno al<br />

bicipite. Muoversi in un campo visivo bidimensionale complicava le<br />

cose.<br />

Non ci vedeva bene. Davanti a sé era tutto rosso.<br />

Rosso... rosso... rosso... Quella parola gli sfrecciava nella mente,<br />

rimbalzando contro le pareti del cranio. Il rosso era il colore del<br />

panico. Il rosso era il colore della disperazione. Il rosso era il colore<br />

dell'odio che nutriva verso se stesso.<br />

Il rosso non era il colore del suo sangue. Non al momento,<br />

quantomeno.<br />

Si tastò l'avambraccio in cerca del punto giusto per veicolare quella<br />

merda fino ai recettori del cervello. Peccato che le sue vene stessero<br />

collassando.<br />

Non sentì niente quando infilò l'ago nel braccio, il che era piuttosto

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