03.La Confraternita Del Pugnale Nero_PORPORA

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28.05.2013 Views

gesti. «Sei sicuro di stare bene?» Assolutamente. John sorrise, sperando di rendere più credibile la bugia. Detestava mentirle, ma non gli andava di confidarle i suoi fallimenti. Altre sedici ore e sarebbe stato costretto a esibirsi in un'altra brutta figura. Aveva bisogno di staccare. «Vengo a svegliarti appena arriva il dottore.» Grazie. Quando si voltò per andarsene, Wellsie disse: «Spero tu sappia che, qualunque cosa emergerà dalle analisi, la affronteremo insieme». John la guardò. Allora anche lei era preoccupata per gli esiti degli esami. Di slancio corse ad abbracciarla, poi andò in camera sua. Lasciò cadere a terra zaino e borsa da ginnastica e si stese sul letto. Dio, l'effetto cumulativo di otto ore di prese in giro bastava a fargli venir voglia di dormire per una settimana di fila. Ma l'unica cosa a cui riusciva a pensare era la visita di Havers. E se era tutto un equivoco? Se le sue visioni notturne erano solo il frutto di un'ossessione iperattiva per Dracula? Forse non si sarebbe mai trasformato in un essere fantastico e dalla forza straordinaria. Forse era solo un umano. Per certi versi, questo avrebbe spiegato molte cose. Anche se i corsi erano solo agli inizi, era evidente che lui non era come i suoi compagni, pur essendo anche loro in fase pre-transizione. Lui era assolutamente negato per qualunque tipo di attività fisica ed era più debole degli altri. Forse con la pratica le cose sarebbero migliorate, ma ne dubitava. Chiuse gli occhi, sperando in un bel sogno. Uno che gli regalasse un fisico prestante, un sogno in cui sarebbe stato vigoroso e... Fu svegliato dalla voce di Tohr. «È arrivato Havers.» John sbadigliò, stiracchiandosi, e cercò di ignorare l'espressione comprensiva e solidale del vampiro. Quello era l'altro incubo dell'addestramento: tutte quelle figure penose le faceva davanti a lui.

«Come ti senti, figliolo... cioè, John?» Il ragazzo scosse la testa e a gesti disse: Sto bene, ma preferisco che mi chiami figliolo. Tohr sorrise. «Bene. Lo preferisco anch'io. Dai, vieni, andiamo a levarci questo pensiero delle analisi.» John lo seguì in salotto. Seduto sul divano, Havers aveva un'aria da professore con la sua giacca di tweed, il papillon rosso e gli occhiali con la montatura di tartaruga. «Ciao, John» lo salutò. Lui ricambiò il saluto alzando una mano e andò a sedersi sulla poltrona, vicino a Wellsie. «Dunque, ho gli esiti del tuo esame del sangue» esordì il medico estraendo un foglio dalla tasca interna della giacca sportiva. «Ci è voluto un po' più di tempo perché c'era un'anomalia che non mi aspettavo.» John lanciò un'occhiata a Tohr. Poi a Wellsie. Gesù... e se era solo e soltanto un umano? Che cosa gli avrebbero fatto? Sarebbe stato costretto ad andarsene? «John, tu sei un guerriero al cento per cento. Le analisi hanno evidenziato soltanto una minima traccia di sangue estraneo alla specie.» Tohr scoppiò in una sonora risata, battendo le mani. «Per la miseria! Ma è fantastico!» John si illuminò e sorrise. «E c'è un'altra cosa» riprese Havers, spingendosi gli occhiali sul naso. «Tu discendi da Darius di Marklon. Al punto che potresti essere suo figlio. Al punto che... devi per forza essere suo figlio.» Sulla stanza scese una cappa di silenzio. John spostava lo sguardo avanti e indietro da Tohr a Wellsie. Entrambi erano impietriti. Era un bella notizia? Una brutta notizia? Chi era Darius? A giudicare dalle loro facce, forse si trattava di un criminale o roba del genere... Tohr balzò su dal divano e lo prese tra le braccia, stringendolo

gesti.<br />

«Sei sicuro di stare bene?»<br />

Assolutamente. John sorrise, sperando di rendere più credibile la<br />

bugia. Detestava mentirle, ma non gli andava di confidarle i suoi<br />

fallimenti. Altre sedici ore e sarebbe stato costretto a esibirsi in un'altra<br />

brutta figura. Aveva bisogno di staccare.<br />

«Vengo a svegliarti appena arriva il dottore.»<br />

Grazie.<br />

Quando si voltò per andarsene, Wellsie disse: «Spero tu sappia che,<br />

qualunque cosa emergerà dalle analisi, la affronteremo insieme».<br />

John la guardò. Allora anche lei era preoccupata per gli esiti degli<br />

esami.<br />

Di slancio corse ad abbracciarla, poi andò in camera sua. Lasciò<br />

cadere a terra zaino e borsa da ginnastica e si stese sul letto. Dio,<br />

l'effetto cumulativo di otto ore di prese in giro bastava a fargli venir<br />

voglia di dormire per una settimana di fila.<br />

Ma l'unica cosa a cui riusciva a pensare era la visita di Havers. E se<br />

era tutto un equivoco? Se le sue visioni notturne erano solo il frutto di<br />

un'ossessione iperattiva per Dracula? Forse non si sarebbe mai<br />

trasformato in un essere fantastico e dalla forza straordinaria.<br />

Forse era solo un umano.<br />

Per certi versi, questo avrebbe spiegato molte cose. Anche se i corsi<br />

erano solo agli inizi, era evidente che lui non era come i suoi<br />

compagni, pur essendo anche loro in fase pre-transizione. Lui era<br />

assolutamente negato per qualunque tipo di attività fisica ed era più<br />

debole degli altri. Forse con la pratica le cose sarebbero migliorate, ma<br />

ne dubitava.<br />

Chiuse gli occhi, sperando in un bel sogno. Uno che gli regalasse un<br />

fisico prestante, un sogno in cui sarebbe stato vigoroso e...<br />

Fu svegliato dalla voce di Tohr. «È arrivato Havers.»<br />

John sbadigliò, stiracchiandosi, e cercò di ignorare l'espressione<br />

comprensiva e solidale del vampiro. Quello era l'altro incubo<br />

dell'addestramento: tutte quelle figure penose le faceva davanti a lui.

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