03.La Confraternita Del Pugnale Nero_PORPORA

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28.05.2013 Views

scongiuro, Padrona. Liberatemi da questa prigionia.» Lei lo guardò con le lacrime agli occhi. «Non ci riesco... Devo tenerti. Ho bisogno di tenerti con me.» Lui cominciò a divincolarsi, e più lottava contro le catene che lo tenevano prigioniero più il volto della Padrona era soffuso d'amore. «Sei magnifico» disse, toccandolo in mezzo alle gambe. Aveva un'espressione malinconica... adorante, quasi. «Non ho mai visto un maschio come te. Volesse il cielo che tu non fossi di condizione tanto inferiore alla mia... Ti presenterei a corte come mio consorte.» Lo schiavo la vide muovere il braccio lentamente, su e giù, e capì che si stava lavorando quel pezzo di carne che la intrigava tanto. Grazie al cielo, lui non sentiva niente. «Lasciatemi andare...» «Non ti viene mai duro senza l'unguento» mormorò mestamente lei. «E non raggiungi mai il supremo piacere. Come mai?» Prese ad accarezzarlo con maggior vigore, finché lo schiavo sentì un bruciore nel punto in cui lo stava toccando. Adesso la Padrona aveva lo sguardo pieno di frustrazione. «Perché? Perché non mi vuoi?» Vedendo che lo schiavo rimaneva in silenzio, diede uno strattone al suo membro. «Io sono bella.» «Solo per gli altri» gli sfuggì. Lei rimase senza fiato, quasi lui la stesse strangolando. Poi fece scorrere lo sguardo sul ventre e sul petto dello schiavo, su fino al suo viso. Aveva ancora gli occhi lucidi, ma anche colmi di rabbia. Scese dal tavolaccio e rimase a fissarlo dall'alto in basso. Poi lo schiaffeggiò, talmente forte da farsi male. Lo schiavo sputò sangue, e forse anche qualche dente. Nel vedere lo sguardo feroce con cui lei lo fissava, ebbe la certezza che lo avrebbe fatto uccidere e fu pervaso da un senso di calma. Almeno quell'inferno avrebbe avuto fine. La morte sarebbe stata una liberazione. All'improvviso la Padrona gli sorrise, quasi gli avesse letto nel pensiero, quasi fosse riuscita a violare anche l'intimità della sua mente,

dopo aver violato il suo corpo. «No, non ti spedirò nel Fado.» Si chinò a baciargli uno dei capezzoli, poi lo prese in bocca. Fece scorrere la mano sulle sue costole, poi sul suo ventre. La sua lingua guizzava senza posa sulla carne dello schiavo. «Sei troppo magro. Hai bisogno di sangue fresco, non credi?» Continuando a baciarlo e a succhiarlo, scese sempre più giù lungo il suo corpo. Poi accadde tutto molto in fretta. L'unguento. Lei che gli montava sopra. Quella spaventosa comunione dei corpi. Quando lo schiavo chiuse gli occhi voltandosi dall'altra parte, lei lo schiaffeggiò una... due... molte volte. Ma lui si rifiutò di guardarla e lei non era abbastanza forte per costringerlo a voltare la testa. Quando lo schiavo le negò il suo sguardo lei scoppiò in singhiozzi, forti com'erano forti i rumori dell'amplesso. Alla fine la Padrona scese in un turbinio di seta e, poco dopo, lui venne liberato dai ceppi. Puntellandosi su un avambraccio si pulì la bocca. Guardò il sangue sulla propria mano sorprendendosi che fosse ancora rosso. Si sentiva così sudicio che non lo avrebbe stupito se fosse diventato di un marrone rugginoso. Rotolò giù dal tavolaccio, ancora intontito dai dardi imbevuti di anestetico, e andò a rifugiarsi nel suo solito angolo. Seduto con la schiena appoggiata al muro, piegò le ginocchia contro il petto, i talloni vicinissimi ai genitali. Qualche tempo dopo sentì i rumori di una colluttazione appena fuori dalla cella, poi le guardie spinsero dentro una femmina minuta. Lei si accasciò al suolo, ma non appena la porta si chiuse vi si gettò contro. «Perché?» urlò. «Perché mi punite così?» Lo schiavo si alzò in piedi, non sapendo cosa fare. A parte la Padrona, non vedeva una femmina da quando si era risvegliato in cattività. Quella era una servetta, ricordava di averla già incontrata. Avvertì il suo odore e fu assalito dalla sete di sangue fresco. Dopo tutto quello che gli aveva fatto, non riusciva a concepire di bere il sangue della Padrona, ma questa femmina così gracile era diversa.

scongiuro, Padrona. Liberatemi da questa prigionia.»<br />

Lei lo guardò con le lacrime agli occhi. «Non ci riesco... Devo<br />

tenerti. Ho bisogno di tenerti con me.»<br />

Lui cominciò a divincolarsi, e più lottava contro le catene che lo<br />

tenevano prigioniero più il volto della Padrona era soffuso d'amore.<br />

«Sei magnifico» disse, toccandolo in mezzo alle gambe. Aveva<br />

un'espressione malinconica... adorante, quasi. «Non ho mai visto un<br />

maschio come te. Volesse il cielo che tu non fossi di condizione tanto<br />

inferiore alla mia... Ti presenterei a corte come mio consorte.»<br />

Lo schiavo la vide muovere il braccio lentamente, su e giù, e capì<br />

che si stava lavorando quel pezzo di carne che la intrigava tanto.<br />

Grazie al cielo, lui non sentiva niente.<br />

«Lasciatemi andare...»<br />

«Non ti viene mai duro senza l'unguento» mormorò mestamente<br />

lei. «E non raggiungi mai il supremo piacere. Come mai?»<br />

Prese ad accarezzarlo con maggior vigore, finché lo schiavo sentì un<br />

bruciore nel punto in cui lo stava toccando. Adesso la Padrona aveva<br />

lo sguardo pieno di frustrazione.<br />

«Perché? Perché non mi vuoi?» Vedendo che lo schiavo rimaneva in<br />

silenzio, diede uno strattone al suo membro. «Io sono bella.»<br />

«Solo per gli altri» gli sfuggì.<br />

Lei rimase senza fiato, quasi lui la stesse strangolando. Poi fece<br />

scorrere lo sguardo sul ventre e sul petto dello schiavo, su fino al suo<br />

viso. Aveva ancora gli occhi lucidi, ma anche colmi di rabbia.<br />

Scese dal tavolaccio e rimase a fissarlo dall'alto in basso. Poi lo<br />

schiaffeggiò, talmente forte da farsi male. Lo schiavo sputò sangue, e<br />

forse anche qualche dente.<br />

Nel vedere lo sguardo feroce con cui lei lo fissava, ebbe la certezza<br />

che lo avrebbe fatto uccidere e fu pervaso da un senso di calma.<br />

Almeno quell'inferno avrebbe avuto fine. La morte sarebbe stata una<br />

liberazione.<br />

All'improvviso la Padrona gli sorrise, quasi gli avesse letto nel<br />

pensiero, quasi fosse riuscita a violare anche l'intimità della sua mente,

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