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03.La Confraternita Del Pugnale Nero_PORPORA

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di soldati, i quali, prima di entrare nella cella, si proteggevano con una<br />

cotta di maglia. Il tavolaccio su cui dormiva era stato munito di cinghie<br />

che potevano essere sganciate dall'esterno, così, dopo essere stato<br />

violentato, le guardie non dovevano nemmeno più mettere a<br />

repentaglio la propria vita per liberarlo. Quando la Padrona voleva<br />

andare da lui, lo drogava tramite il cibo o usando dardi di anestetico<br />

scoccati attraverso una feritoia sulla porta della cella.<br />

I giorni scorrevano lenti. Lo schiavo si sforzava senza posa di<br />

scoprire i punti deboli delle guardie e di astrarsi dalla depravazione di<br />

cui era vittima. E poi, a tutti gli effetti, morì. Fu una morte così atroce<br />

che, quand'anche fosse riuscito a liberarsi dal perfido giogo della<br />

Padrona, non sarebbe mai più stato veramente vivo.<br />

Lo schiavo stava mangiando nella sua cella, cercava di mantenersi in<br />

forze per il prossimo attacco alle guardie, quando vide aprirsi la<br />

feritoia e spuntare una cerbottana. Balzò prontamente in piedi, anche<br />

se non poteva nascondersi da nessuna parte, e sentì la prima puntura<br />

al collo. Estrasse il dardo più in fretta che poté, ma subito venne<br />

trafitto da un altro e da un altro ancora, finché fu sopraffatto da un<br />

senso di pesantezza in tutto il corpo.<br />

Si svegliò sul tavolaccio, in catene.<br />

Seduta accanto a lui c'era la Padrona, a capo chino, i lunghi capelli<br />

che le coprivano il volto. Avvertendo che aveva ripreso conoscenza,<br />

lo guardò negli occhi.<br />

«Devo sposarmi.»<br />

Oh, beata Vergine del Fado, quanto aveva sperato di sentire quelle<br />

parole. Adesso sarebbe stato libero perché la Padrona, avendo un<br />

hellren, non avrebbe più avuto bisogno di uno schiavo di sangue.<br />

Poteva tornare alle sue mansioni di sguattero...<br />

Lo schiavo si sforzò di rivolgersi a lei in modo rispettoso, anche se<br />

per lui lei non era una femmina degna di rispetto. «Padrona, mi<br />

lascerete andare?»<br />

Silenzio.<br />

«Vi supplico, lasciatemi andare» implorò senza ritegno. Considerato<br />

ciò che aveva patito, calpestare il proprio orgoglio in cambio della<br />

possibilità di tornare libero era un sacrificio sopportabile. «Vi

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