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implicature scalari e patologia linguistica - Università degli Studi di ...

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IMPLICATURE SCALARI E PATOLOGIA LINGUISTICA<br />

Una proposta <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o sulla <strong>di</strong>slessia<br />

Karin Martin<br />

<strong>di</strong>fferenze <strong>di</strong> interpretazione della <strong>di</strong>sgiunzione nei bambini e negli adulti. Come<br />

sappiamo dalla sezione precedente, l’ambiguità della <strong>di</strong>sgiunzione consiste nel fatto che<br />

ad essa possono essere associati due <strong>di</strong>versi significati: quello inclusivo e quello<br />

esclusivo. Nel primo caso si accetta la con<strong>di</strong>zione in cui i due <strong>di</strong>sgiunti siano entrambi<br />

veri, nel secondo caso non persiste questa possibilità poiché viene attivata l’implicatura.<br />

I risultati dell’esperimento hanno mostrato che i bambini tendono a preferire<br />

l’interpretazione inclusiva (i.e. o A o B o entrambi) rispetto agli adulti che al contrario<br />

preferiscono quella pragmatica (i.e. o A o B ma non entrambi). In sostanza quin<strong>di</strong><br />

l’implicatura viene attivata solo dagli adulti e i bambini preferiscono invece<br />

l’interpretazione logica. Alla stessa conclusione giunge Paris (1973) con una<br />

investigazione sulla <strong>di</strong>sgiunzione.<br />

2.2.1 L’interpretazione logica viene acquisita prima <strong>di</strong> quella<br />

pragmatica<br />

Sulla base <strong>degli</strong> esperimenti appena descritti, Noveck (2001) conduce il primo<br />

stu<strong>di</strong>o sistematico sull’acquisizione delle <strong>implicature</strong> <strong>scalari</strong>, giungendo alla<br />

conclusione che i bambini danno un’interpretazione logica ai termini <strong>scalari</strong> e solo<br />

successivamente imparano ad attivare l’interpretazione pragmatica. In particolare<br />

realizza due esperimenti: nel primo stu<strong>di</strong>a le <strong>implicature</strong> <strong>scalari</strong> generate dai verbi<br />

modali might e must, nel secondo quelle legate ai quantificatori come some e all. Hanno<br />

partecipato agli esperimenti: un gruppo <strong>di</strong> bambini dell’età me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> cinque anni, un<br />

gruppo <strong>di</strong> bambini dell’età <strong>di</strong> sette anni, un gruppo <strong>di</strong> circa nove anni d’età e un gruppo<br />

<strong>di</strong> controllo formato da adulti. La metodologia utilizzata era quella del Truth Value<br />

Judgment Task; in particolare, nel primo esperimento venivano presentate ai bambini<br />

delle scatole contenenti alcuni oggetti e successivamente un pupazzo pronunciava delle<br />

frasi, a volte vere a volte false, per descrivere il contenuto delle scatole. Il compito dei<br />

bambini era quello <strong>di</strong> decidere se il pupazzo aveva detto qualcosa <strong>di</strong> giusto o <strong>di</strong><br />

sbagliato. La frase target conteneva il modale might, un verbo il cui significato risulta<br />

ambiguo tra un’interpretazione logica (i.e. possibilmente e anche necessariamente) ed<br />

un’interpretazione pragmatica (i.e possibilmente ma non necessariamente). Ai soggetti è<br />

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