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implicature scalari e patologia linguistica - Università degli Studi di ...

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IMPLICATURE SCALARI E PATOLOGIA LINGUISTICA<br />

Una proposta <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o sulla <strong>di</strong>slessia<br />

Karin Martin<br />

Il secondo modello è quello proposto da Baddeley (1986; 1996) che definisce la<br />

memoria operativa come un sistema che ha la funzione <strong>di</strong> mantenere temporaneamente<br />

e poi manipolare l’informazione che si presume sia necessaria in una vasta gamma <strong>di</strong><br />

attività cognitive complesse, come la comprensione <strong>linguistica</strong>, l’appren<strong>di</strong>mento e il<br />

ragionamento. La memoria operativa è <strong>di</strong>visa in tre componenti: il magazzino<br />

fonologico, il taccuino visivo - spaziale e l’esecutivo centrale. Il circuito fonologico a<br />

sua volta è <strong>di</strong>viso in altre due componenti: un magazzino temporaneo e un processo <strong>di</strong><br />

controllo articolatorio. <strong>Stu<strong>di</strong></strong> più recenti <strong>di</strong> Baddeley (2001) hanno permesso <strong>di</strong><br />

precisare che il loop fonologico, definito come memoria operativa verbale, non sarebbe<br />

solo a<strong>di</strong>bito al mantenimento dell’informazione fonologica, ma conterrebbe anche<br />

informazioni <strong>di</strong> tipo morfosintattico, semantico e pragmatico.<br />

Per quanto riguarda il rapporto tra memoria operativa e <strong>di</strong>slessia, ho riportato la<br />

definizione <strong>di</strong> Mc. Laughlin et al. (2002), che vede la <strong>di</strong>slessia come un’inefficienza<br />

della memoria operativa, ere<strong>di</strong>tata geneticamente e determinata neurologicamente.<br />

Inoltre ho accennato ad alcuni stu<strong>di</strong> che confermano la connessione tra abilità della<br />

memoria operativa e successo nella lettura, per esempio lo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Alloway et al.<br />

(2004).<br />

Le ultime due sezioni <strong>di</strong> questo capitolo sono state de<strong>di</strong>cate agli aspetti<br />

morfosintattici e semantici della <strong>di</strong>slessia. Se inizialmente questo <strong>di</strong>sturbo veniva<br />

caratterizzato esclusivamente come un deficit nella capacità <strong>di</strong> lettura, numerosi stu<strong>di</strong><br />

successivi hanno potuto <strong>di</strong>mostrare che anche le abilità morfosintattiche e semantiche<br />

sono danneggiate nei soggetti <strong>di</strong>slessici. Inoltre numerose ricerche sono state condotte<br />

testando soggetti a rischio <strong>di</strong>slessia, ovvero bambini in età prescolare, con lo scopo<br />

principale <strong>di</strong> capire se possono essere identificati dei precursori della <strong>di</strong>slessia. Questo<br />

tipo <strong>di</strong> ricerche sono <strong>di</strong> fondamentale importanza per quanto riguarda una preventiva<br />

<strong>di</strong>agnosi del <strong>di</strong>sturbo e una migliore trattazione clinica per aiutare questi bambini nel<br />

loro appren<strong>di</strong>mento dell’abilità <strong>di</strong> lettura. Attraverso i suoi esperimenti su bambini dai<br />

due ai quattro anni <strong>di</strong> età, Scarborough (1990; 1991) sostiene la tesi secondo la quale le<br />

abilità fonologiche non sono sufficienti a spiegare la variazione nel risultato dei bambini<br />

<strong>di</strong>slessici, le abilità sintattiche invece sono un precursore significativo della <strong>di</strong>sabilità<br />

nella lettura.<br />

Con la scoperta del carattere ere<strong>di</strong>tario della <strong>di</strong>slessia, sono stati condotti<br />

numerosi stu<strong>di</strong> longitu<strong>di</strong>nali con lo scopo principale <strong>di</strong> delineare un quadro dettagliato<br />

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