implicature scalari e patologia linguistica - Università degli Studi di ...

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IMPLICATURE SCALARI E PATOLOGIA LINGUISTICA Una proposta di studio sulla dislessia Karin Martin 1.6.3 Lo studio di Wilsenach (2006) Come abbiamo visto nei paragrafi precedenti, si stanno moltiplicando gli studi per analizzare le abilità linguistiche in età prescolare e per capire se un loro deficit possa essere sintomo del successivo fallimento nell’acquisizione della capacità di lettura. In questa sezione riporterò un altro studio importante nell’ambito della ricerca dei precursori linguistici della dislessia: quello di Wilsenach (2006), che si propone di investigare una gamma molto ampia di competenze linguistiche nei bambini a rischio di dislessia evolutiva. Questo studio è inserito all’interno di un programma di ricerca a carattere longitudinale condotto presso l’università di Utrecht (Early language development in SLI and dyslexia: A prospective and comparative study) e si occupa principalmente di morfosintassi, precisamente si cerca di capire se i bambini a rischio di dislessia evolutiva siano sensibili alla presenza di modelli morfosintattici nella lingua input che ricevono. Lo studio di Wilsenach, in particolare, si propone di studiare l’elaborazione sintattica nella dislessia evolutiva e nello SLI, analizzando l’acquisizione del participio passato nella lingua olandese. La scelta di mettere a confronto la dislessia con il disturbo specifico del linguaggio viene dalla convinzione che le teorie dello SLI potrebbero risultare potenzialmente utili nella comprensione della dislessia evolutiva e per questo le difficoltà morfosintattiche tipiche nello SLI sono state usate come metro di paragone delle possibili difficoltà morfosintattiche nella dislessia. Numerosi studi hanno identificato problemi nella produzione linguistica da parte di soggetti dislessici durante i loro anni alla scuola dell’infanzia, quindi in età prescolare, ciononostante la letteratura sulla dislessia non è completa, così come è incompleta quella che esplora le capacità linguistiche nei bambini più piccoli a rischio dislessia. Il precursore più forte del deficit di lettura è quello che riguarda l’elaborazione, la rappresentazione e il recupero dell’informazione fonologica. Nonostante questo, esistono degli studi recenti che mostrano che anche le abilità sintattiche possono essere importanti precursori di questo disturbo. Inoltre altre ricerche hanno portato alla luce il fatto che i bambini dislessici, o almeno una parte di essi, presentano numerose difficoltà a livello linguistico generale durante i loro anni precedenti alla scolarizzazione. Nonostante la presenza di queste evidenze, il livello linguistico che viene menzionato 42
IMPLICATURE SCALARI E PATOLOGIA LINGUISTICA Una proposta di studio sulla dislessia Karin Martin più spesso, poiché palesemente danneggiato, rimane quello fonologico. Questo pregiudizio, secondo Wilsenach (2006), può in qualche modo offuscare la vera natura della dislessia, dal momento che anche il livello morfosintattico e quello semantico possono essere compromessi nei soggetti dislessici. Wilsenach prende spunto da alcuni studi condotti in Finlandia e in Olanda e precisamente da alcuni progetti di ricerca longitudinali con i bambini a rischio dislessia che si basano sull’uso di tecniche di neuroimmagine per studiare le abilità di percezione del parlato nei neonati. Per quanto riguarda l’ambito finlandese, uno studio di Guttorm et al. (2001) ha stabilito l’esistenza di una differenza tra i bambini a rischio dislessia e i bambini del gruppo di controllo per quanto riguarda la reazione del cervello nei confronti di sillabe sintetiche come /ba/, /da/, /ga/. In particolare si verifica una differenza nei bambini con o senza rischio dislessia nell’attivazione corticale generata dagli elementi del discorso, collegata ad una povera abilità di lingua ricettiva e di memoria verbale all’età di 5 anni. In un altro studio Guttorm (2004) ha confrontato i due gruppi di bambini facendo loro ascoltare delle sillabe che variavano in lunghezza vocalica (/kaa/ o /ka/) e ha constatato che presentavano differenze emisferiche significative: nel gruppo a rischio dislessia era maggiore la reazione nell’emisfero destro, associato ad una minore performance nei compiti con uso di memoria verbale; mentre il gruppo di controllo evidenziava una maggiore attivazione dell’emisfero sinistro, associata a migliori abilità linguistiche. Per quanto riguarda gli studi condotti in Olanda, Van Leeuwen et al. (in stampa) hanno dimostrato che i bambini normali esibiscono una reazione discrepante quando si presentano stimoli di quattro contrasti differenti tra /bAk/ e /dAk/ in un compito di discriminazione uditiva, mentre i soggetti a rischio di dislessia non mostrano tale responso. Un altro studio di Koster et al. (2005) ha testato le abilità lessicali dei bambini di 17 mesi d’età ed ha mostrato che i bambini a rischio dislessia producono nel complesso meno parole rispetto al gruppo di controllo. Specificando ulteriormente l’esperimento si accorsero che i bambini a rischio producevano meno parole di classe chiusa, inoltre quando la categoria maggiore veniva divisa tra verbi e aggettivi, si riscontrò anche un effetto significativo per i verbi. Secondo Koster et al. quindi, gli elementi lessicali come 43
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