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implicature scalari e patologia linguistica - Università degli Studi di ...

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CONCLUSIONE<br />

IMPLICATURE SCALARI E PATOLOGIA LINGUISTICA<br />

Una proposta <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o sulla <strong>di</strong>slessia<br />

Karin Martin<br />

Lo scopo <strong>di</strong> questa tesi era quello <strong>di</strong> proporre un nuovo stu<strong>di</strong>o sulla <strong>di</strong>slessia, in<br />

particolare mi interessava suggerire alcune idee per la realizzazione <strong>di</strong> un protocollo<br />

sperimentale per investigare la competenza semantica dei soggetti <strong>di</strong>slessici.<br />

Nella prima parte <strong>di</strong> questo lavoro mi sono concentrata sulla spiegazione delle<br />

principali caratteristiche <strong>di</strong> questo deficit. Numerosi stu<strong>di</strong> hanno <strong>di</strong>mostrato che i<br />

soggetti <strong>di</strong>slessici presentano <strong>di</strong>fficoltà non solo nel dominio fonologico (ritenuto il<br />

fattore causale dei problemi nella lettura nei <strong>di</strong>slessici), ma anche in altri domini<br />

linguistici, come nella morfosintassi e nella semantica, per questo motivo si può parlare<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>sturbo del linguaggio, e non nello specifico <strong>di</strong> <strong>di</strong>sabilità <strong>di</strong> lettura.<br />

Il secondo capitolo è stato de<strong>di</strong>cato alle teorie fondamentali inerenti alla<br />

computazione e all’acquisizione delle <strong>implicature</strong> <strong>scalari</strong>. Abbiamo visto che molto<br />

spesso durante uno scambio comunicativo le persone lasciano intendere concetti che<br />

vanno oltre il significato letterale delle parole e delle frasi. I parlanti quin<strong>di</strong> creano delle<br />

ipotesi per capire cosa si nasconda <strong>di</strong>etro tali enunciati ed arrivano a computare<br />

un’implicatura scalare grazie all’interazione tra fattori grammaticali ed<br />

extragrammaticali. Per quanto riguarda l’acquisizione delle SI Reinhart propone che la<br />

loro computazione richieda un enorme sforzo in termini <strong>di</strong> processing.<br />

Nel terzo capitolo ho cercato <strong>di</strong> unificare la <strong>di</strong>scussione svolta nei primi due<br />

proponendo uno stu<strong>di</strong>o per verificare l’interpretazione dei soggetti <strong>di</strong>slessici <strong>di</strong><br />

asserzioni contenenti termini <strong>scalari</strong>, mi riferisco in particolare ai quantificatori e agli<br />

avverbi <strong>di</strong> frequenza. Dai risultati <strong>di</strong> questo protocollo sperimentale mi aspetto che sia<br />

confermata l’ipotesi che i soggetti affetti da questo deficit abbiano più <strong>di</strong>fficoltà rispetto<br />

ai soggetti normodotati nella computazione delle SI ed inoltre sono convinta che un<br />

confronto con la performance <strong>di</strong> bambini più giovani <strong>di</strong> età possa convalidare la tesi<br />

secondo la quale ci sia un deficit <strong>di</strong> memoria operativa alla base della <strong>di</strong>slessia.<br />

All’interno <strong>di</strong> questo lavoro ho riportato numerosi stu<strong>di</strong> sviluppati nell’ultimo<br />

decennio, volti a far luce sui numerosi aspetti che caratterizzano questo <strong>di</strong>sturbo. Senza<br />

dubbio però sono ancora molte le strade che la ricerca deve esplorare e credo che a<br />

questo scopo sia necessaria la collaborazione tra <strong>di</strong>scipline <strong>di</strong>verse come per esempio la<br />

<strong>linguistica</strong>, la neurobiologia e le neuroimmagini. Una migliore comprensione della<br />

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