28.05.2013 Views

Cinema, che passione ! - San Pio X

Cinema, che passione ! - San Pio X

Cinema, che passione ! - San Pio X

SHOW MORE
SHOW LESS

Create successful ePaper yourself

Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.

“ARRIVANO<br />

I NOSTRI ”<br />

Distribuzione gratuita<br />

Bollettino periodico dei<br />

giovani da 8 a 98 anni<br />

S.<strong>Pio</strong> X - Balduina<br />

www.sanpiodecimo.it<br />

Numero 35<br />

Novembre 2010<br />

Anno V°<br />

<strong>Cinema</strong>,<br />

<strong>che</strong> <strong>passione</strong> !


ARRIVANO I NOSTRI<br />

Autorizzazione del Tribunale n°89<br />

del 6 marzo 2008<br />

DIRETTORE RESPONSABILE<br />

Giulia Bondolfi<br />

TERZA PAGINA<br />

don Paolo Tammi<br />

DIRETTORE EDITORIALE<br />

Marco Di Tillo<br />

COLLABORATORI:<br />

Francesca Adrower, Lùcia e<br />

Miriam Aiello, Bianca Maria<br />

Alfieri, Renato Ammannati,<br />

Alessandra e Marco Angeli, Paola<br />

Baroni, Giancarlo e Fabrizio<br />

Bianconi, Pier Luigi Blasi,<br />

Leonardo Cancelli, Alessandra<br />

Chianese, Monica Chiantore,<br />

Cesare Catarinozzi, Laura,<br />

Giuseppe e Rosa Del Coiro,<br />

Gabriella Ambrosio De Luca,<br />

Andrea e Bruno Di Tillo, Anna<br />

Garibaldi, Massimo Gatti, Paola<br />

Giorgetti, Pietro Gregori,<br />

Giampiero Guadagni, Luigi Guidi,<br />

Lucio, Rosella e Silvia Laurita<br />

Longo, Lydia Longobardi,<br />

Giuliana Lilli, don Nico Lugli, don<br />

Roberto Maccioni, Maria Pia<br />

Maglia, Luciano Milani, Cristian<br />

Molella, Alfonso Molinaro, <strong>San</strong>dro<br />

Morici, Agnese Ortone, Vittorio<br />

Paletta, Alfredo Palieri, Gregorio<br />

Paparatti, Camilla Paris, Giorgia<br />

Pergolini, Maria Rossi, Eugenia<br />

Rugolo, Alessandro e Maria Lucia<br />

Saraceni, Elena Scurpa,<br />

Francesco Tani, Stefano<br />

Valariano, Gabriele, Roberto e<br />

Valerio Vecchione, Celina e<br />

Giuseppe Zingale.<br />

I numeri arretrati li trovate<br />

online sul sito della parrocchia<br />

www.sanpiodecimo.it<br />

OFFERTE<br />

OFFERTE<br />

Per mantenere in vita il<br />

nostro giornale e per far<br />

stampare sempre più<br />

copie lasciate un’offerta<br />

libera in una busta nella<br />

nostra casella di posta<br />

presso la segreteria<br />

parrocchiale.<br />

Per mantenere in vita il<br />

nostro giornale e per far<br />

stampare sempre più<br />

copie lasciate un’offerta<br />

libera in una busta nella<br />

nostra casella di posta<br />

presso la segreteria<br />

parrocchiale.<br />

NUOVI<br />

COLLABORATORI<br />

Chi vuole inviare articoli,<br />

disegni, suggerimenti, può<br />

lasciare una busta nella<br />

nostra casella di posta presso<br />

la segreteria parrochiale di<br />

via Friggeri<br />

Oppure può inviare una mail a:<br />

arrivanoinostri @<br />

fastwebnet.it<br />

Stampato presso la Tipografia<br />

Medaglie d’Oro di via Appiano 36<br />

- 2 -<br />

8<br />

dive<br />

del<br />

set<br />

(Greta Garbo,<br />

Ava Gardner,<br />

Marilyn Monroe,<br />

Sophia Loren,<br />

Brigitte Bardot<br />

Marlene Dietrich<br />

Rita Hayworth<br />

Anna Magnani)<br />

LIBRI SUL CINEMA<br />

CINEMA AMERICANO CLASSICO<br />

(Laterza) 2006 Alonge e Carluccio<br />

JEAN LUC GODARD. SCRITTI E<br />

CONVERSAZIONI (Minimum Fax)<br />

2007 Jean Luc Godard<br />

IL CINEMA E LA SHOAH (Le Mani-<br />

Microart’s) 2005 C.Gaetani<br />

IO WOODY ALLEN (Minimum Fax)<br />

2005 W.Allen<br />

STORIA DEL CINEMA ITALIANO<br />

(Newton & Compton)<br />

2006 Mino Argentieri<br />

LA BELLA VITA. MARCELLO MASTRO-<br />

IANNI RACCONTA (Rizzoli)<br />

2006 Enzo Biagi<br />

STEVEN SPIELBERG (Gremese)<br />

1997 Valerio Caprara<br />

CONVERSAZIONI CON BILLY WILDER<br />

(Adelphi) 2002 Cameron Crowe<br />

FEDERICO FELLINI:FARE UN FILM<br />

(Einaudi) 2003 F.Fellini<br />

LA SCENEGGIATURA. TEORIE, REGO-<br />

LE, MODELLI (Lindau) 2007 Anne Huet<br />

IL CINEMA DEI FUMETTI (Gremese)<br />

2006 Roberto Chiavini<br />

CINEMA E BUDDISMO (Centro<br />

Ambrosiano) 2007 Paolo Colombo<br />

ROSSELLINI (Utet) 2006<br />

Gianni Rondolino<br />

DIZIONARIO DEI CAPOLAVORI<br />

DEL CINEMA (Bruno Mondadori)<br />

2004 Di Giammatteo-Bragaglia<br />

IL CINEMA A ROMA (Edilazio)<br />

2003 Mario Verdone<br />

ANNO ZERO. IL CINEMA NELL’ERA<br />

DIGITALE (Lindau) 2007<br />

Alessandro Amaducci


IL CINEMA<br />

RIVELA UN PO’<br />

DI NOI STESSI<br />

don Paolo Tammi<br />

Al cinema ci sono<br />

entrato con papà.<br />

Era lui <strong>che</strong> mi dedicava<br />

il tempo di sabato e di<br />

domenica. Grande camminatore<br />

e ottimo<br />

conoscitore di Roma<br />

(senza essere romano)<br />

mi portava an<strong>che</strong> a<br />

vedere chiese stori<strong>che</strong><br />

del centro. Fu per questo<br />

<strong>che</strong> – adesso, dopo<br />

tanti anni, la nostalgia si mescola all’ironia – mamma<br />

lo “accusò” della mia vocazione sacerdotale. Del<br />

cinema aveva <strong>passione</strong>. Film di guerra o – come li<br />

chiamava lui- di cappa e spada, film storici e – quando<br />

mi feci più grande – an<strong>che</strong> film polizieschi. Il cinema<br />

lo rilassava e io stavo molto volentieri con lui.<br />

Ora il gusto del relax è passato a me. Al cinema sono,<br />

in genere, di gusti normali. Mi piace un po’ di tutto,<br />

proprio perché non mi illudo – come certi sapientoni<br />

in possesso del diplomino – di essere un gran critico<br />

d’arte.<br />

Di recente, dopo aver visto con un amico un film a<br />

parer mio allucinante, il film “ Inception” con<br />

Leonardo di Caprio, ho discusso con lui e gli ho chiesto:<br />

“Ma tu <strong>che</strong> ci hai capito?” L’ho visto in seria difficoltà.<br />

E più preoccupato di me. Per il semplice fatto<br />

<strong>che</strong> io, quando ho intuito <strong>che</strong> proprio non avrei<br />

seguito una trama così balorda, mi sono rilassato<br />

guardando le immagini, gli effetti speciali (bellissimi)<br />

e i volti degli attori.<br />

Lui ha continuato a lavorare di testa e ne è uscito<br />

malconcio.<br />

Ecco un modo – non certo l’unico – di guardare un<br />

film al cinema. Non razionalizzare troppo, non volere<br />

a tutti i costi capire ma godersi colori, sensazioni,<br />

volti, bellezze, mediocrità e qualcos’altro.<br />

Operare, inoltre, qual<strong>che</strong> piccola proiezione psicologica.<br />

Mi piacerebbe essere come quello? Che ammiro<br />

di quell’altro? Che rifiuto di quell’ altro ancora?<br />

Così il cinema rivela un po’ noi a noi stessi. Diventa<br />

una sorta di film sulla propria vita e un modo intelligente<br />

per riviverne una parte.<br />

Quando ero parroco al quartiere Talenti un gruppo di<br />

giovani e adulti davvero in gamba mise su un cineforum,<br />

con tre proiezioni settimanali.<br />

All’inizio – forse un po’ timorosi del parroco – mi sottoponevano<br />

i titoli, raggruppati secondo una serie di<br />

argomenti e interessi. Poi, data la mia incompetenza,<br />

dissi loro <strong>che</strong> potevano scegliere in totale fiducia da<br />

parte mia.<br />

Ma non posso dimenticare cosa avvenne quando, nel<br />

ciclo dedicato all’omosessualità, proiettarono un<br />

film, di cui ho persino rimosso la memoria del titolo,<br />

perché mi procurò un’aspra serie di rimproveri da<br />

parte di alcuni <strong>che</strong> se ne scandalizzarono non poco.<br />

Sono cose <strong>che</strong> ora ricordo molto divertito. Un buon<br />

film è tutto questo: cultura, relax, allegria, compagnia.<br />

Un modo innocente di stare insieme.<br />

La Chiesa ne ha sempre fatto tesoro. Quel grande e<br />

santo genio di don Giacomo Alberione ha inventato<br />

un modo furbissimo di evangelizzare, attraverso i<br />

media e il cinema, in particolare.<br />

- 3 -<br />

Oggi, tra le tante strutture <strong>che</strong> hanno lui come padre<br />

“spirituale”, ci sono le cosiddette sale della comunità,<br />

eredi degli antichi e gloriosi cinema parrocchiali.<br />

Chi non li ricorda? Alla faccia di tutte le precomprensioni<br />

ideologi<strong>che</strong> fatte altrove contro il cristianesimo,<br />

io nei cinema parrocchiali ci ho visto quasi tutti<br />

i film di Fantozzi, interpretati da un super-ateo quale<br />

Paolo Villaggio. Nel 2008 a Milano duecento cinema<br />

facenti capo a parrocchie raccolsero due milioni di<br />

spettatori. Persino Giuseppe Tornatore in “Nuovo<br />

<strong>Cinema</strong> paradiso” li ha celebrati con una bellissima<br />

memoria. L’Acec, ovvero l’Associazione Cattolica<br />

Esercenti <strong>Cinema</strong>, è l’organizzazione legata alla<br />

Conferenza episcopale italiana, <strong>che</strong> raccoglie tutte le<br />

sale della comunità cristiana e suggerisce indicazioni<br />

per film di buon livello morale e educativo.<br />

An<strong>che</strong> la nostra parrocchia si muove in questa direzione.<br />

I nuovi ambienti, nati dalle riforme strutturali<br />

dell’estate passata, possono ospitare sale multimediali<br />

aperte a tutti, come è stato nel passato – con<br />

strutture fatiscenti – e come è già nel presente, specie<br />

nella cate<strong>che</strong>si dei ragazzi.<br />

Speriamo di riuscirci presto, mai dimenticando <strong>che</strong> la<br />

fede, se non è cultura, dialoga continuamente con la<br />

cultura stessa e non pretende spazi integrali, poiché,<br />

promuovendo la conoscenza di Dio, promuove<br />

soprattutto l’uomo e la sua ricerca di felicità.<br />

Per chi vuole saperne di più su don Paolo, parlare con lui, chiedere<br />

informazioni e sapere del suo lavoro e della sua opera ricordiamo<br />

l’ indirizzo blog e chat:<br />

donpaolotammi.blogspot.com


CINEMA AL FEMMINILE. QUANDO UN<br />

PO’ DI ROMANTICISMO NON GUASTA<br />

Maria Rossi<br />

La carrozzina rotolava sulla scalinata di Odessa e nella sala<br />

eravamo in totale silenzio. Quella della carrozzina è una<br />

delle scene più famose della Corazzata Potemkin di<br />

Ejzenstejn (1926) e noi studenti stavamo, attenti e appassionati,<br />

al corso di cinema all’Università la Sapienza.<br />

L’interesse e l’amore per il cinema hanno accompagnato la<br />

mia vita come quella della mia generazione; il cinema è<br />

un’arte straordinaria e i cineforum e i dibattiti ci hanno<br />

fatto scoprire registi americani ed europei, francesi e tedeschi,<br />

e Bergman, Fellini, Rossellini, Visconti e tanti altri.<br />

Eppure non ho mai perso la testa nè mi sono mai innamorata<br />

di un attore, forse perché né Mastroianni né Delon<br />

erano il mio tipo, molto di più lo sono stati poi Gere o<br />

Clooney ma senza grandi sconvolgimenti; invece ho sempre<br />

ricordato e ricordo con entusiasmo tante attrici.<br />

Insomma con me funzionava più il transfert al femminile<br />

dell’infatuazione verso il maschile. Bergman sarebbe stato<br />

così grande senza la bionda Liv Ullman, o Antonioni senza<br />

Monica Vitti? Onestamente non lo so.<br />

Ma l’interpretazione straordinaria di Sophia Loren ha<br />

immortalato La ciociara e Penelope Cruz ha reso unici alcuni<br />

capolavori del problematico e discusso Almodòvar.<br />

Così Il vangelo secondo Matteo di Pasolini è stato un grande<br />

capolavoro e dal 1964 per diversi anni ha accompagnato<br />

an<strong>che</strong> i nostri cineforum parrocchiali: un film bellissimo<br />

certamente, con tanti interpreti presi dalla strada, ma straordinaria<br />

e dolorosa insieme era la madre del regista nel<br />

ruolo di Maria Addolorata.<br />

Come l’interprete di Maria nel discusso film di Gilson (film<br />

esasperato e pieno di sangue) rendeva estremamente poetica<br />

la figura della Madre <strong>che</strong>, nel bambino <strong>che</strong> cadeva giocando,<br />

vedeva la profezia delle tremende cadute di Cristo<br />

sotto la croce. E cosa dire della Maddalena in Jesus Christ<br />

Superstar (1973)? O di S.Chiara e Giulietta nei famosi film<br />

di Zeffirelli?<br />

In La meglio gioventù di Giordana (2003) mi sono<br />

riconosciuta come tanti miei coetanei. Ero una ragazzina di<br />

V ginnasio quando i miei compagni di liceo corsero, come<br />

tanti altri liceali e universitari, a pulire i volumi infangati<br />

dalla terribile alluvione di Firenze. Appartengono alla mia<br />

generazione tante scelte straordinarie e generose, ma<br />

an<strong>che</strong> tante illusioni sbagliate <strong>che</strong> portarono alcuni di noi a<br />

sposare il terrorismo e la violenza, convinti così di<br />

cambiare il mondo.<br />

Gli interpreti maschili del film erano molto bravi e così la<br />

grande A. Asti ma a me vengono sempre in mente le due<br />

interpretazioni femminili, fragili e forti contemporaneamente,<br />

della compagna terrorista e della fotografa Maya<br />

<strong>San</strong>sa, generosa e solare, <strong>che</strong> è la speranza di un futuro<br />

migliore e positivo per il protagonista.<br />

Se guardando Il Dottor Zivago (1965) mi “scioglievo” per il<br />

tema di Lara, e le disavventure di O. Sharif e della bella e<br />

bionda Julie Christie mi commuovevano, simpatia e<br />

solidarietà erano tutte per Tonia, la moglie e compagna di<br />

gioventù, da cui la Rivoluzione del 1917 aveva diviso<br />

l’affascinante dottore.<br />

Forse è vero <strong>che</strong>, an<strong>che</strong> nelle persone razionali, sogno e<br />

fantasia la fanno da padroni in certi momenti e il cinema<br />

come la lettura hanno sempre avuto un impatto<br />

straordinario su di me.<br />

Una delle scene più belle de Il Gattopardo resta nei miei<br />

ricordi, quella del ballo a palazzo Salina dove una<br />

bellissima e giovane Cardinale balla il valzer con Tancredi-<br />

Delon o ancora meglio con il maturo Principe-Lancaster.<br />

E se la musica di ll Gattopardo come di Il dottor Zivago, di<br />

Jesus Christ come di tutti i film di Zeffirelli ha un ruolo<br />

dominante ed è bellissima, bene allora il ricordo più tenero<br />

è quello della colonna sonora di Tutti insieme appassionatamente<br />

(1965) dove, in un’Austria alla vigilia dell’occupazione<br />

nazista, una istitutrice canterina e carina (Julie<br />

Andrews) non solo teneva a bada una banda di ricchi rampolli<br />

orfani e – ovviamente, come sempre nelle favole – ne<br />

sposava il padre, ma cantava con loro motivi e musi<strong>che</strong><br />

facilmente orecchiabili.<br />

Allora penso <strong>che</strong>, se si dice <strong>che</strong> accanto ad un grande uomo<br />

c’è spesso una donna in gamba, nel cinema di tutti i Paesi<br />

in questi cento anni ci sono state, e ci sono, attrici<br />

straordinarie <strong>che</strong> ci aiutano a sognare.<br />

- 4 -<br />

“MAMMA MIA” CHE FILM!<br />

Alessandra Angeli<br />

Quando si parla di cinema, il mio essere madre mi fa scattare<br />

subito sulla difensiva.<br />

Ancora mi ricordo quando, anni fa, portammo i piccoli a vedere<br />

“Nemo”: prima della proiezione partì quel noto filmato contro la<br />

pirateria, caratterizzato da un montaggio di immagini e da una<br />

musica così aggressivi an<strong>che</strong> per gli adulti, <strong>che</strong> mi presi in braccio<br />

la più piccolina e la strinsi. Dopodichè proruppi più o meno esplicitamente<br />

in una serie di epiteti all’indirizzo di chi aveva così scarsa<br />

sensibilità verso i bambini, destinatari ultimi del film a seguire.<br />

Per carità, acqua fresca rispetto a quello <strong>che</strong> il grande s<strong>che</strong>rmo<br />

continua a sfornare allegramente: ora quando vado al cinema con<br />

i figli incrocio sempre le dita sperando <strong>che</strong> i trailer proposti siano<br />

adeguati all’età degli spettatori. Devi stare con tanto d’occhi e una<br />

buona dose di intuito; non sai mai esattamente cosa ci sia dentro<br />

“l’uovo di Pasqua”. Prendi “Madagascar”, cartone animato con protagonisti<br />

tanti animaletti carini carini; ad un certo punto, tutti si<br />

mettono a ballare e a cantare al ritmo di “mi piace se ti muovi, mi<br />

piace quel <strong>che</strong> muovi…!” Perdoni ora il lettore la mia reazione: ”Ma<br />

brutto deficiente tu <strong>che</strong> non hai trovato un ritornello migliore di<br />

questo, <strong>che</strong> instilla blandamente malizia e volgarità formato<br />

baby!” O forse non è stata solo una svista ma una scelta ben<br />

intenzionale per cominciare a plasmarli fin da piccoli. E’ facile: tra<br />

una risata e l’altra infili una battuta, una scena un po’ sopra le<br />

righe, abituandoli inconsapevolmente, a minime dosi, al marciume<br />

del mondo. La mia carità cristiana viene messa veramente a dura<br />

prova perché la mia reazione istintiva sarebbe quella di sbattere<br />

ripetutamente la testa al muro a tutti coloro <strong>che</strong> stanno dietro<br />

queste “trappole per topi”, superficialità o intenzionalità <strong>che</strong> sia!<br />

Quante se ne vedono di questo genere. Quanto dobbiamo essere<br />

vigili noi genitori, in quante spiegazioni ed inviti alla riflessione<br />

dobbiamo spenderci per allertare i nostri figli! Esci da casa e subisci<br />

l’assalto dei cartelloni con immagini e commenti <strong>che</strong> non hanno<br />

il minimo riguardo per degli occhi ancora innocenti. Dov’è finita la<br />

censura? Parlando con una mia amica, madre di sei figli, ricordavamo<br />

come an<strong>che</strong> Shreck, grande successo, sia subdolamente<br />

inquinato da battute ambigue e maliziose <strong>che</strong> i bambini non sono<br />

nemmeno in grado di cogliere, ma noi adulti sì. Talvolta sembra<br />

<strong>che</strong> non ci sia più una separazione tra mondo-bambino e mondoadulto,<br />

come un unico pappone per far contenti tutti. Perché ai<br />

nostri giorni si dice <strong>che</strong> i genitori non devono essere tanto educatori<br />

dei figli ma soprattutto loro amici. Rimango perplessa di fronte<br />

alla scelta dei film a cui alcuni di essi decidono di portare la<br />

prole: visto <strong>che</strong> il mondo di oggi è così, prima si abituano, meglio<br />

è. Ma io non sono d’accordo. Il tempo dell’infanzia va rispettato e<br />

protetto, finalizzato a crescere nel bene: bisogna prima<br />

“costruire” loro delle spalle ben larghe, delle coscienze pulite. Solo<br />

così, un po’ più grandi ed autonomi sapranno riconoscere e respingere<br />

il male <strong>che</strong> li circonda. Sbagliato buttarli troppo presto nella<br />

mischia, soprattutto se abbandonati a loro stessi. E questo sarebbe<br />

il benessere <strong>che</strong> ha conquistato l’occidente in tanti secoli? Dare<br />

scandalo ai piccoli? Non c’è bisogno di essere dei cristiani per<br />

avvertire an<strong>che</strong> in questo la decadenza dei nostri tempi. Gesù è<br />

molto duro con coloro <strong>che</strong> si macchiano di questa colpa: meglio<br />

per loro sarebbe finire in fondo al mare con una pietra al collo.<br />

Anch’io mi sento un po’ latitante perché penso <strong>che</strong> potrei telefonare<br />

qui, scrivere là, scovare ed aderire a qual<strong>che</strong> associazione di<br />

genitori di buona volontà; ma mi sento accerchiata, come una battaglia<br />

persa in partenza. Anzi, se qualcuno potesse darmi qual<strong>che</strong><br />

aiuto in proposito l’accoglierei volentieri. La verità è <strong>che</strong> siamo<br />

una minoranza, si fanno pochi figli e chi ci governa ha altro per la<br />

testa. Ma se materialmente non abbiamo il coltello dalla parte del<br />

manico, spiritualmente possiamo difenderci assieme ai nostri<br />

ragazzini così come ci dice <strong>San</strong> Paolo, nella sua lettera agli Efesini:<br />

“Vestite l’intera armatura di Dio per contrastare le ingegnose macchinazioni<br />

del diavolo; ……state saldi, dunque, avendo già ai fianchi<br />

la cintura della verità, indosso la corazza della giustizia e calzati<br />

i piedi con la prontezza <strong>che</strong> dà il vangelo della pace; in ogni<br />

occasione imbracciando lo scudo della fede, col quale potrete spegnere<br />

tutti i dardi infuocati del maligno; prendete l’elmo della salvezza<br />

e la spada dello Spirito, cioè la parola di Dio. Mossi dallo<br />

Spirito, pregate incessantemente con ogni sorta di preghiera e di<br />

supplica…”. Affidiamo il nostro discernimento e la purezza dei<br />

nostri figli alle cure materne della Madonna: ripariamoci tutti sotto<br />

il Suo manto benedetto e <strong>che</strong> il Signore abbia pietà di chi si fa<br />

strumento del male in questo mondo. Che Dio sia lodato!


“AFRICA EXPRESS”<br />

CINEMA IN AFRICA<br />

L’Africa è stata, fin dalla nascita del<br />

cinema, un continente <strong>che</strong> si è sempre<br />

prestato ad essere un buon soggetto<br />

per un film an<strong>che</strong> per la sola ambientazione.<br />

Chi di noi non ha visto film quali il<br />

classico “Casablanca” di Michael<br />

Curtiz, lo stupendo “La Mia Africa” di<br />

Sidney Pollak o il drammatico “Hotel<br />

Rwanda” di Terry George senza rimanere<br />

comunque affascinato dalla ambientazione in questa<br />

terra?<br />

Senza contare i vari cinepanettoni del tipo “Natale sul Nilo”<br />

e simili <strong>che</strong> devono la loro fortuna esclusivamente ai luoghi<br />

ove vengono girati. Tutte queste pellicole, però, pur avendo<br />

come sfondo l’Africa o toccando temi ad essa riconducibili,<br />

restano sempre prodotti della industria cinematografica<br />

occidentale. Di africano, inteso come frutto di questa industria,<br />

non hanno nulla. La vera cinematografia africana si<br />

può dire inizi circa 60 anni dopo il 1895, anno in cui i fratelli<br />

Lumiére proiettarono la loro prima pellicola, e dopo oltre<br />

40 anni dalla nascita di una vera e propria industria cinematografica<br />

(Hollywood esordì come capitale del cinema negli<br />

anni ‘20). Essa ha abbozzato i primi passi subito dopo la<br />

conquista della indipendenza da parte dei vari stati coloniali<br />

e, man mano <strong>che</strong> passava il tempo, cresceva la possibilità<br />

an<strong>che</strong> finanziaria di essere artefici e protagonisti di un proprio<br />

accrescimento culturale.<br />

Contrariamente alle arti comunemente intese (letteratura,<br />

pittura ecc.) quella del cinema era sicuramente la più semplice<br />

da sviluppare perché non necessitava di un proprio<br />

patrimonio storico e culturale potendo, quindi, diventare<br />

subito un ottimo strumento di emancipazione e di espressione<br />

di una propria identità. In pratica il cinema diventerà il<br />

modo migliore, per un africano, di raccontare storie e fatti<br />

della propria terra, senza contaminazioni occidentali.<br />

I più importanti letterati dell’epoca compresero immediatamente<br />

le grandi capacità innovative e la portata di questo<br />

nuovo mezzo di comunicazione tentando subito di cimentarsi<br />

e confrontarsi con esso per poter portare avanti le proprie<br />

idee di sviluppo, libertà ed indipendenza.<br />

Ovviamente agli inizi la parola d’ordine dei vari addetti al<br />

cinema è “arrangiarsi”! Ciò vuol dire <strong>che</strong> ogni singola componente<br />

di quella <strong>che</strong> nel mondo occidentale industrializzato<br />

è ormai una perfetta macchina di produzione, in Africa è<br />

estemporanea e creata al momento con limitate risorse<br />

finanziarie e umane. Attori dilettanti, sceneggiature e storie<br />

improvvisate, assenza di studi per ambientazioni <strong>che</strong> vengono<br />

girate all’aperto, in villaggi o in mezzo a fatiscenti caseggiati,<br />

registi autodidatti sono fattori <strong>che</strong> ne caratterizzano i<br />

primi passi. An<strong>che</strong> le vicende raccontate risentono di questa<br />

situazione: la maggior parte dei primi film (o meglio, lungometraggi)<br />

interamente prodotti in Africa raccontavano semplici<br />

scene di vita quotidiana, i classici amori con relativi tradimenti,<br />

oppure faide tra clan ed etnie rivali, così come<br />

avvieniva nella vita di tutti i giorni. Non mancavano, ovviamente,<br />

film su stregonerie, rituali più o meno magici o su<br />

sedicenti taumaturghi, capaci di ogni tipo di guarigione.<br />

In pratica questi film rappresentavano quella realtà urbana<br />

degradata, ma an<strong>che</strong> rurale, dalla quale proveniva la maggior<br />

parte dei primi registi <strong>che</strong>, per mancanza di una vera e<br />

propria “cultura cinematografica”, non potevano <strong>che</strong> ipotizzare<br />

questo tipo di ambientazione e raccontare queste storie.<br />

Questi film vengono oggi comunemente definiti “film di<br />

villaggio”. Nei primi anni di vita il cinema africano, quindi, si<br />

presentava per certi versi aspetti grezzo ma, passato questo<br />

iniziale periodo di assestamento, esso ha iniziato a manifestare<br />

fortissime potenzialità.<br />

Tra le prime nazioni ad avere una propria cinematografia<br />

- 5 -<br />

NOTIZIE E CURIOSITA’ DAL<br />

CONTINENTE NERO<br />

a cura di Lucio Laurita Longo<br />

indipendente oltre <strong>che</strong> di una certa<br />

qualità vi è il Senegal, grazie an<strong>che</strong><br />

ad Ousbane Sembène, nato nel 1923<br />

e morto nel 2007. Questo regista, il<br />

primo africano a potersi realmente<br />

definire così, studia cinema presso<br />

gli studios di Gorki, vicino Mosca e,<br />

al rientro in patria, nel 1963, realizza<br />

il suo primo cortometraggio con il<br />

titolo “Borom Sarret” dal nome del<br />

protagonista, un povero carrettiere<br />

di Dakar di cui ne descrive una giornata-tipo.<br />

L’anno successivo firma<br />

la sua seconda pellicola dal titolo<br />

“Niaye” presentato in anteprima al festival di Locarno. Il<br />

vero e proprio boom del cinema africano è però la nascita, in<br />

Nigeria, di Nollywood, <strong>che</strong> oggi rappresenta, dopo<br />

Hollywood e l’indiana Bollywood, la terza potenza mondiale<br />

per produzione cinematografica.<br />

Il quartier generale sorge alle porte di Lagos ove vengono<br />

prodotti oltre mille film all’anno, circa 30 a settimana, in<br />

special modo in formato home video.<br />

Il suo fatturato oggi ammonta ad oltre 2,50 miliardi di dollari<br />

l’anno ed è sempre in costante aumento, tanto da insidiare<br />

da vicino l’industria americana. Una peculiarità di questi<br />

film è <strong>che</strong>, spesso, vengono recitati in uno dei circa 250<br />

dialetti o idiomi locali e solo una minima parte viene doppiata<br />

in lingua inglese in quanto destinata alla esportazioni,<br />

principalmente verso i limitrofi paesi dell’area sub-sahariana,<br />

ove vanno a ruba. Nonostante tale limitazione (nel<br />

mondo occidentale questo tipo di film hanno mercati molto<br />

ridotti in quanto vengono acquistati esclusivamente da emigrati<br />

africani <strong>che</strong> vogliono, in qual<strong>che</strong> modo, mantenere i<br />

contatti con le proprie origini) la loro produzione e distribuzione<br />

è aumentata ogni anno di più tanto <strong>che</strong> nel 2006<br />

Nollywood si piazza dopo l’indiana Bollywood e davanti alla<br />

consorella americana. Nel suo complesso la cinematografia<br />

nigeriana occupa circa 250.000 persone tra registi, attori,<br />

sceneggiatori, costumisti e doppiatori creando una vera e<br />

propria comunità sulla quale an<strong>che</strong> il governa oggi punta per<br />

incrementare le entrate commerciali del paese. Secondo gli<br />

ultimi dati noti, questa industria rappresenta la terza voce<br />

economica del paese, dopo quella petrolifera e della estrazione<br />

mineraria. Tra gli attori nigeriani vi sono oggi dei veri<br />

e propri divi quali Genevieve Nnaji, Oumarou Ganda, Vincent<br />

Andrew o Rose Okoh. Nomi <strong>che</strong> a noi non dicono assolutamente<br />

nulla ma <strong>che</strong> in patria sono celebri, famosi ed an<strong>che</strong><br />

ricchi come George Clooney, Brad Pitt o Angelina Jolie.<br />

Di recente, però, è iniziata una certa inversione di tendenza<br />

e cominciano ad essere prodotti e girati an<strong>che</strong> film di un<br />

certo livello <strong>che</strong> raccontano storie e narrano temati<strong>che</strong> tutt’altro<br />

<strong>che</strong> leggere quali l’emancipazione femminile, la lotta<br />

alla corruzione (vera piaga in tutto il continente), l’integrazione<br />

tra le diverse etnie e religioni o addirittura parlando di<br />

Aids. In questi film, <strong>che</strong> mettono sotto accusa i mali e le<br />

storture del moderno sistema civile africano, le varie questioni<br />

vengono comunque trattate con i toni leggeri e spesso<br />

scanzonati, tipici della cultura locale.<br />

Il film “Akpegi Boyz” di V. Andrew, racconta di alcune prostitute<br />

nigeriane, di un gruppo di spacciatori e sfruttatori<br />

(detti Akpegi Boyz) e di poliziotti corrotti e termina con la<br />

redenzione della prostituta più cattiva <strong>che</strong>, dopo aver ucciso<br />

o fatto morire tutti, si redime durante una funzione religiosa<br />

cui casualmente partecipa. Questa filmografia comincia<br />

ad essere conosciuta an<strong>che</strong> in Italia tanto <strong>che</strong> da alcuni anni<br />

vengono organizzati due tra i più importanti festival del<br />

cinema africano: quello di Milano e l’ormai famoso Festival<br />

del <strong>Cinema</strong> Africano di Verona, nato nel 1981 su iniziativa<br />

del Centro Missionario Diocesano e della rivista comboniana<br />

“Nigrizia”.<br />

Tutto ciò in attesa <strong>che</strong> arrivi sui nostri s<strong>che</strong>rmi un<br />

“Gladiatore” nato a Lagos o si racconti la storia di un<br />

“Titanic” senegalese salpato da Dakar!


LA FESTA DEL<br />

CINEMA<br />

Pier Luigi Blasi<br />

Per il numero di Novembre della<br />

nostra rivista parrocchiale non si<br />

poteva trovare argomento più<br />

adatto del “ <strong>Cinema</strong>” in occasione<br />

della “Festa del <strong>Cinema</strong> di Roma” <strong>che</strong> mentre scrivo ancora si sta<br />

svolgendo all’Auditorium. Quando qual<strong>che</strong> anno fa fu istituita,<br />

questa manifestazione venne da molti criticata perché sembrava<br />

<strong>che</strong> si volesse entrare in competizione con la Mostra del <strong>Cinema</strong><br />

di Venezia <strong>che</strong> si svolge poco prima , a Settembre, e <strong>che</strong> quest’anno<br />

è giunta alla 67 a edizione.<br />

Io credo <strong>che</strong> Roma, per il suo legame storico con il <strong>Cinema</strong>, meritasse<br />

di vedere una volta l’anno festeggiata la “settima arte”. Non<br />

dimentichiamoci <strong>che</strong> a Roma nel 1936 proprio per dare impulso<br />

all’attività cinematografica, considerata un ottimo strumento di<br />

propaganda per il regime fascista, fu costruita “Cinecittà” assieme<br />

al “Centro Sperimentale di cinematografia” <strong>che</strong> tanti attori<br />

avvia ancora oggi alla recitazione. Negli studi di Cinecittà, <strong>che</strong><br />

potremmo definire l’Hollywood italiana, sono stati girati indimenticabili<br />

film (cito uno per tutti Ben Hur del 1959) fino alla fine degli<br />

anni sessanta quando, vuoi per la fine dei Kolossal, vuoi per il progressivo<br />

affermarsi della televisione, il cinema entrò in un periodo<br />

di crisi. Da alcuni anni i teatri di posa di Cinecittà hanno riacquistato<br />

la loro importanza e sono stati privatizzati.<br />

Non sono un esperto ma apprezzo molto l’arte cinematografica.<br />

Posso dire di essere un appassionato, e quando posso vado al<br />

cinema <strong>che</strong> è l’unico posto dove riesco a vedere i film dopo <strong>che</strong> ho<br />

smesso di vederli alla televisione da quando è subentrata la pubblicità<br />

ad interromperne la visione. Proprio nell’ambito della Festa<br />

del <strong>Cinema</strong>, lo scorso sabato 30 Ottobre, ho avuto il piacere di<br />

vedere all’auditorium il mitico film di Federico Fellini “ La dolce<br />

vita” nella versione restaurata dal regista Martin Scorsese; evento<br />

a cui i mezzi di informazione hanno dato ampio risalto.<br />

Prima della proiezione è salita sul palco, accolta da un lunghissimo<br />

applauso, Anita Ekberg, forse l’ultima protagonista vivente di<br />

quella pellicola, e poi lo stesso regista americano <strong>che</strong> ha curato il<br />

restauro di tanti altri film (cito uno per tutti il “Gattopardo”<br />

altro capolavoro della nostra cinematografia con Luchino Visconti<br />

regista).<br />

La <strong>passione</strong> per il cinema ha radici nella mia infanzia allorquando<br />

il nostro quartiere aveva ben due cinema : il cinema Balduina,<br />

dove oggi si trova un supermercato, ed il cinema Belsito, da quasi<br />

venti anni chiuso e recentemente acquistato dal “Grande Oriente<br />

d’Italia” (Massoneria) <strong>che</strong> lo trasformerà in un centro polifunzionale<br />

(sala conferenze, archivio, biblioteca aperta al pubblico) con<br />

sorprendenti effetti architettonici. All’inizio degli anni 60 la<br />

Balduina, quartiere da poco completato, aveva due moderne sale<br />

cinematografi<strong>che</strong> , mentre oggi i suoi abitanti se vogliono vedere<br />

un film devono spostarsi nei quartieri adiacenti con qual<strong>che</strong><br />

disagio, specialmente per i meno giovani <strong>che</strong> avrebbero maggiormente<br />

gradito di avere un cinema piuttosto <strong>che</strong> un altro supermercato.<br />

Credo <strong>che</strong> piazza della Balduina sia il posto al mondo<br />

con la più alta concentrazione di supermercati, ben tre in meno di<br />

un chilometro quadrato. Ancora una volta si è data la preferenza<br />

alle attività consumisti<strong>che</strong> piuttosto <strong>che</strong> a quelle ricreative.<br />

Bisogna pur mangiare mi potrebbe obiettare qualcuno.<br />

Per me questo non fa onore a chi ci ha amministrato in questi<br />

anni <strong>che</strong> non ha fatto nulla per promuovere la riapertura di una<br />

sala cinematografica nel nostro quartiere.<br />

Ma voglio ritornare al cinema Balduina <strong>che</strong> per quelli della mia<br />

generazione (anni 50) ha significato qualcosa.<br />

Allora il ciclo commerciale dei film era diverso da quello attuale e<br />

la nostra era una sala cosiddetta di “seconda visione” <strong>che</strong> voleva<br />

dire <strong>che</strong> i film arrivavano dopo un po’ di tempo <strong>che</strong> erano stati<br />

proiettati nelle più importanti sale del centro di Roma.<br />

Uno dei film <strong>che</strong> maggiormente ricordo di quel periodo è il dottor<br />

Zivago del 1965 tratto dall’omonimo romanzo di Boris Pasternak<br />

scrittore russo premio nobel nel 1958 per la letteratura <strong>che</strong>, tuttavia,<br />

non potè mai ritirare per l’opposizione del regime comunista,<br />

tanto <strong>che</strong> il libro fu pubblicato in Russia solo nel 1988. Un<br />

altro cinema importante per me è stato il cinema “Smeraldo”<br />

(nome molto frequente per i cinema di quei tempi) <strong>che</strong> ho frequentato<br />

nella mia adolescenza a Gioia del Colle una cittadina in<br />

provincia di Bari dove ho vissuto con la mia famiglia per alcuni<br />

anni. Non molto tempo fa quel cinema di periferia è stato abbattuto<br />

per consentire l’espansione edilizia della città ed ora al suo<br />

posto sorge un palazzo (un po’ come accade nel film “Nuovo cinema<br />

Paradiso” di Giuseppe Tornatore).<br />

Di quel periodo ricordo tutta la serie meravigliosa dei film “spaghetti<br />

– western” di Sergio Leone, accompagnati dalle non meno<br />

meravigliose musi<strong>che</strong> di Ennio Morione. Io andavo allo Smeraldo<br />

il sabato pomeriggio (costo del biglietto 250 lire) dapprima con i<br />

miei compagni di liceo e poi con una sola compagna di liceo <strong>che</strong><br />

da allora non si è più staccata da me perché è diventata mia<br />

moglie da oltre trenta anni.<br />

Devo confessare <strong>che</strong> molti di quei film non li ho visti proprio con<br />

attenzione ma la <strong>passione</strong> per il cinema è rimasta e il ricordo di<br />

quei due cinema mi è ancora molto caro.<br />

- 6 -<br />

RICORDO DI UN AMICO<br />

Bianca Maria Alfieri<br />

Molti anni orsono, subito dopo essermi laureata in “Storia dell’arte<br />

dell’India e dell’Asia Centrale”, venni nominata assistente straordinaria<br />

della stessa materia, e Pallora, direttore della Scuola Orientale<br />

della Sapienza, mi chiese di fare la segretaria della Scuola stessa,<br />

perché quella <strong>che</strong> avevano non era ancora laureata, e non conosceva<br />

altre lingue oltre all’italiano.<br />

Accettai con piacere, perché così avrei avuto l’opportunità di conoscere<br />

tutti i professori <strong>che</strong> insegnavano nei tre Istituti <strong>che</strong> confluivano<br />

nella Scuola, e leggendo gli articoli <strong>che</strong> loro mi consegnavano per<br />

trasmetterli all’editore della “Rivista degli Studi Orientali” potevo<br />

imparare tante cose diverse. Fra i professori più gentili <strong>che</strong> incontrai<br />

c’era quello di”Lingua e letteratura persiana” Alessandro Bausani,<br />

<strong>che</strong> scoprii subito essere un genio, a detta non solo dei suoi studenti,<br />

ma soprattutto dei colleghi, pur essi bravissimi. Bausani conosceva<br />

alla prefezione non solo il persiano(tanto <strong>che</strong> l’allora Shah Reza<br />

Palhevi, nel conferirgli la più alta onorificenza del suo Paese gli<br />

disse:” Professore, Lei sa il persiano meglio di me”), ma an<strong>che</strong> l’arabo,<br />

<strong>che</strong> aveva imparato da solo studiandolo sulla grammatica “storica<br />

“ della Veccia Vaglieri, durante le lezioni liceali <strong>che</strong> non gli interessavano<br />

granché. Ciò lo portò a redigere in italiano la migliore traduzione<br />

del Corano, an<strong>che</strong> secondo numerosi studiosi stranieri.<br />

Conosceva bene an<strong>che</strong> il turco, l’hindi e il sanscrito, l’urdù (parlato<br />

in Pakistan), il pashtu (una delle lingue dell’Afghanistan), il maleseindonesiano),<br />

il thailandese, il birmano, abbastanza il cinese e il<br />

giapponese, tanto da poter tenere delle dotte conferenze in molte di<br />

quelle lingue. Per non parlare di quelle occidentali: oltre al francese,<br />

parlava e scriveva in spagnolo, portoghese, basco, tedesco, inglese,<br />

ungherese, polacco, in varie lingue slave, in russo, norvegese, danese<br />

e persino in finlandese, e naturalmente in esperanto. Fra le lingue<br />

sudamericane conosceva il quechua, parlato dagli indios<br />

dell’Amazzonia, e persino la lingua, <strong>che</strong> non ricordo come si chiami,<br />

degli abitanti dell’isola di Pasqua, ove aveva soggiornato per qual<strong>che</strong><br />

tempo. Nonostante la sua straordinaria cultura, <strong>che</strong> non si limitava<br />

alla mera conoscenza delle lingue(non c’era argomento, sia<br />

religioso <strong>che</strong> profano, su cui non sapesse darti una risposta) egli con<br />

sorridente bonomia soleva dire <strong>che</strong> quando si conoscono le prime<br />

cinque lingue, le altre vengono da sé. Gli amici mi raccontarono <strong>che</strong><br />

un giorno gli chiesero di tradurre in albanese un testo <strong>che</strong> doveva<br />

servire per un processo. Egli accettò, dicendo <strong>che</strong> lo avrebbe restituito<br />

dopo una decina di giorni : quando gli obiettarono come mai<br />

gli ci volesse tanto tempo, rispose:” Ma mi vorrete dare almeno<br />

qual<strong>che</strong> giorno per impararlo?”Aveva un carattere affabile, <strong>che</strong> gli<br />

faceva trattare con lo stesso garbo il più umile pescatore di Porto<br />

<strong>San</strong>to Stefano (dove soleva trascorrere le vacanze estive, guidando<br />

personalmente una bar<strong>che</strong>tta a motore), e il più illustre cattedratico<br />

d’ogni nazione. Naturalmente era invitato a tutti i convegni orientalistici<br />

<strong>che</strong> si svolgevano in ogni parte del mondo ai quali si recava<br />

volentieri, an<strong>che</strong> perché era un grande viaggiatore. Ad alcuni di questi<br />

ebbi la fortuna di partecipare anch’io e così potei diventare grande<br />

amica della sua deliziosa moglie Elsa, <strong>che</strong> lo seguiva ovunque,<br />

visto <strong>che</strong> lui, a suo dire, non era assolutamente capace nemmeno di<br />

farsi la valigia .Per motivi di spazio non mi è possibile raccontare qui<br />

gli innumerevoli aneddoti <strong>che</strong> costellavano la vita di questa coppia<br />

straordinaria, purtroppo prematuramente scomparsa. Vorrei ricordare<br />

tuttavia <strong>che</strong> Alessandro aveva il vezzo di dichiararsi tirchio,<br />

perché quando si andava al bar fra amici si faceva sempre offrire il<br />

caffè, mentre invece la sua casa, a pranzo o a cena, era sempre<br />

piena di ospiti, fossero essi colleghi o semplici conoscenti di varie<br />

nazionalità, a cui ebbi spesso il piacere e l’onore di partecipare.Era<br />

un lettore inesauribile: conosceva benissimo i libri di <strong>San</strong>t’Agostino<br />

e di <strong>San</strong> Tommaso, dei quali discuteva col padre, dirigente<br />

dell’Azione Cattolica, fin da adolescente. Per addormentarsi talvolta<br />

rileggeva Kant o Keplero, in originale, ma amava moltissimo an<strong>che</strong><br />

l’astronomia, tanto da aver installato un piccolo telescopio sulla sua<br />

terrazza e nelle serate più limpide cercava di insegnarmi a riconoscere<br />

le varie costellazioni. Tuttavia, per restare un poco nel tema di<br />

questo numero del giornalino, vorrei ricordare come quest’uomo di<br />

genio avesse una <strong>passione</strong> sviscerata per Totò: conosceva a memoria<br />

tutti i suoi film e si divertiva come un bambino a guardarne le<br />

smorfie e ad ascoltarne le proverbiali battute. Gli piaceva rivederle<br />

an<strong>che</strong> in televisione senza mai stancarsi: persino durante i suoi<br />

numerosi viaggi in Iran, se notava un cinema ove si proiettava un<br />

film di Totò tradotto in persiano, andava subito a vederlo e poi ci<br />

faceva sbellicare dalle risa ripetendo il buffo accento <strong>che</strong> prendeva<br />

il suo beniamino in quella lingua straniera. Quando gli facevano<br />

notare <strong>che</strong> la critica italiana considerava Totò poco più <strong>che</strong> un guitto,<br />

lui ci rispondeva <strong>che</strong> quei parrucconi non capivano niente del suo<br />

grande talento comico e pare proprio <strong>che</strong> ora i fatti gli abbiano dato<br />

perfettamente ragione, riabilitando completamente il Principe della<br />

risata. Addio, caro Alessandro, genio dal cuore bambino.


LA GRANDE<br />

GUERRA<br />

Cesare Catarinozzi<br />

Quando ero bambino, all’ingresso<br />

di ogni cinema era<br />

esposto il cartello “bianco e<br />

nero” o “a colori” per il film<br />

<strong>che</strong> sarebbe stato proiettato,<br />

Come dimenticare il<br />

primo “Totò a colori”? Io e<br />

il mio amico Domenico da<br />

ragazzetti cominciammo a<br />

fumare di nascosto (o<br />

almeno così pensavamo).<br />

E allora nei cinema si poteva<br />

fumare, protetti dall’oscurità.<br />

Al cinema Cola di Rienzo proiettarono in bianco e<br />

nero “La grande guerra” ed io e Domenico, comprate le<br />

sigarette (10 Astor) ci accingemmo all’ impresa.<br />

A scuola di canto, alle elementari, ci avevano insegnato<br />

“Il Piave” e ci avevano imbevuto di retorica postfascista.<br />

I combattenti della guerra 1915-18 dovevano essere necessariamente<br />

grandi patrioti e non, come spesso nella realtà,<br />

poveri diavoli gettati in un conflitto più grande di loro.<br />

“Un’inutile strage” bollò Papa Benedetto XV quella guerra.<br />

La ricostruzione bellica dell’opera è, da un punto di vista<br />

storico, uno dei migliori contributi del cinema italiano allo<br />

studio del primo conflitto mondiale.<br />

Per la prima volta la sua rappresentazione venne depurata<br />

dalla propaganda retorica divulgata durante il fascismo e<br />

nel secondo dopoguerra, e per questo la pellicola ebbe problemi<br />

di censura al momento dell’uscita nelle sale, e fu vietata<br />

ai minori di 18 anni. Fino a quel momento infatti i soldati<br />

italiani erano stati continuamente ritratti come valorosi<br />

disposti ad immolarsi per la patria.<br />

Il film denunciò inoltre l’assurdità e la violenza del conflitto,<br />

le condizioni di vita miserevoli della gente e dei militari,<br />

ma an<strong>che</strong> i forti legami di amicizia nati nonostante le differenze<br />

di estrazione culturale e geografica. La convivenza<br />

obbligata di questi regionalismi (e provincialismi), mai<br />

venuti a contatto in modo così prolungato, contribuì a formare<br />

in parte uno spirito nazionale fino ad allora quasi inesistente,<br />

in forte contrasto con i comandi e le istituzioni,<br />

percepite come le principali responsabili di quel massacro.<br />

“La grande guerra” nacque da un’idea di Luciano<br />

Vincenzoni, influenzato dal racconto “Due amici” di Guy de<br />

Maupassant. Pensato inizialmente per il solo Gassman, fu il<br />

produttore Dino De Laurentis a decidere di introdurre an<strong>che</strong><br />

un personaggio per Sordi.<br />

La sceneggiatura integrava figure e situazioni provenienti<br />

da due libri famosi: Un anno sull’Altipiano di Lussu, e”Con<br />

me e con gli alpini” di Jahier.<br />

Il giornalista e scrittore Carlo Salsa, <strong>che</strong> aveva combattuto<br />

IL REGISTA DEL FILM : MARIO MONICELLI<br />

Nato il 15 maggio 1915 da una famiglia di origine mantovana, Mario Monicelli è<br />

cresciuto nella Viareggio degli anni '30, respirando l'aria delle spiagge alla moda,<br />

allora al centro di vivaci attività letterarie e artisti<strong>che</strong>. Dopo gli esperimenti a<br />

passo ridotto e il pionieristico "<strong>Pio</strong>ggia d'estate" girato nel 1937 insieme a un<br />

gruppo d'amici, l'esordio nella regia professionale avviene nel 1949, in coppia<br />

con Steno con il film "Totò cerca casa". Alcuni titoli lo hanno consegnato per<br />

sempre alla storia del cinema: "I soliti ignoti" del 1958 (con Vittorio Gassman,<br />

Marcello Mastroianni, Totò, Claudia Cardinale), considerato da molti la prima<br />

vera pietra miliare della commedia all'italiana; "La grande guerra" del 1959,<br />

affresco comico e antiretorico insieme, sul primo conflitto mondiale; "L'armata<br />

Brancaleone" del 1966, dove inventò uno spassoso medioevo <strong>che</strong> ci parla dell'oggi<br />

in una inverosimile lingua mac<strong>che</strong>ronica <strong>che</strong> ha fatto epoca. E ancora "La<br />

ragazza con la pistola" (1968), "Amici miei", (1975), "Un borghese piccolo piccolo"<br />

(1978) e "Il mar<strong>che</strong>se del Grillo" (1981) con un grande Alberto Sordi, fino<br />

alle prove più recenti come il delizioso "Speriamo <strong>che</strong> sia femmina" (1985), il<br />

corrosivo "Parenti serpenti" (1992), l'irriverente "Cari fottutissimi amici" (1994,<br />

con Paolo Hendel) e l’ultimo “ La rosa del deserto” con Alessandro Haber, Giorgio<br />

Pasotti e Mi<strong>che</strong>le Placido (2006).<br />

- 7 -<br />

realmente in quei luoghi, prestò la sua opera<br />

di consulente, arric<strong>che</strong>ndo la trama, i dialoghi<br />

e lo sfondo, di particolari vividi ed originali.<br />

Le scene per la maggior parte vennero<br />

girate in provincia di Udine, Gemona del<br />

Friuli, nei dintorni di Tenzone, a Sella<br />

<strong>San</strong>t’Agnese, nel forte di Palmanova e a<br />

Nespoledo di lestizza dal 25 maggio a metà<br />

giugno del 1959. altre scene vennero girate<br />

in Campania a <strong>San</strong> Pietro Infine.<br />

Nel film il romano Oreste Jacovacci (Alberto<br />

Sordi) e il milanese Giovanni Busacca<br />

(Vittorio Gassman) si incontrano durante la<br />

chiamata alle armi della prima guerra mondiale.<br />

Seppure di carattere completamente<br />

diverso sono uniti dalla mancanza di qualsiasi<br />

ideale e dalla volontà di evitare ogni pericolo<br />

e uscire indenni dalla guerra.<br />

Attraversate numerose peripezie durante<br />

l’addestramento, i combattimenti e i rari momenti di congedo<br />

(insieme ad un gruppo variegato di commilitoni e popolazione<br />

civile fra cui la prostituta Costantina, interpretata da<br />

Silvana Mangano), vengono comandati come staffette portaordini,<br />

mansione molto pericolosa, <strong>che</strong> viene loro affidata<br />

perché considerati come i “meno efficienti” a causa del loro<br />

limitato valor militare.<br />

Dopo aver svolto la loro missione, un repentino coinvolgimento<br />

della linea di fuoco li trasporta in territorio nemico e<br />

vengono catturati dagli austriaci. Sorpresi ad indossare cappotti<br />

dell’esercito asburgico, trovati in una baracca, vengono<br />

accusati di spionaggio e minacciati di fucilazione.<br />

Sopraffatti dalla paura ammettono di essere in possesso di<br />

informazioni cruciali per l’esito dello scontro, e pur di salvarsi<br />

decidono di passarle al nemico.<br />

L’arroganza dell’ufficiale austriaco ed una battuta di<br />

disprezzo verso gli italiani (“…courage?! Fegato<br />

dicono…Quelli conoscono soltanto fegato alla veneziana con<br />

cipolla, e presto mangeremo an<strong>che</strong> noi quello!”) ridà forza<br />

alla loro dignità portandoli a mantenere il segreto fino<br />

all’esecuzione capitale (“Giovanni Busacca all’ufficiale<br />

austriaco: “…e allora…senti un po’, visto <strong>che</strong> parli così…mi<br />

te disi proprio un bel gnént!! Hai capito?!? Facia de<br />

merda!!!”). La battaglia si conclude con la vittoria dell’esercito<br />

italiano, senza <strong>che</strong> nessuno venga a conoscenza del<br />

valore del loro sacrificio.<br />

Il confine tra vigliac<strong>che</strong>ria (o amore per la vita ed eroismo,<br />

è molto sottile. Sono convinto <strong>che</strong> in tutti noi sia presente,<br />

al momento opportuno, un “Salvo D’Acquisto”, un eroe<br />

disposto a dare la vita per gli altri.<br />

Ho rivisitato il film assieme ai miei alunni malati terminali<br />

del Policlinico ed altri studenti del carcere romano di<br />

Rebibbia. Ho rivissuto assieme a loro le stesse emozioni<br />

provate un giorno lontano con il mio amico Domenico,<br />

fumando le prime sigarette. Lode all’eroismo dell’uomo<br />

comune, no alla retorica della guerra, <strong>che</strong> è sempre una tragedia,<br />

per chi la vive sulla propria pelle.


YANKEES<br />

DOODLE<br />

Alfredo Palieri<br />

Il famoso motivetto del<br />

titolo era cantato dai soldati<br />

americani <strong>che</strong> nel<br />

1917 si recavano nelle<br />

trincee francesi. Me lo<br />

ricordo nel film “La grande<br />

parata”(nella foto),<br />

versione sonora del 1931, del regista King Vidor ed<br />

interpretato da John Gilbert. Il film era uscito in versione<br />

muta nel 1925 e, grazie ad una sofisticata tecnica<br />

per l’epoca, fu trasformato brillantemente nella<br />

nuova realtà “parlata”.<br />

Quando io l’ho visto avevo 7 anni.<br />

Negli anni successivi sugli s<strong>che</strong>rmi del cinema ci furono<br />

la bambina prodigio Shirley Temple e le scroscianti<br />

risate provocate dai buffi Stanlio & Ollio, le cui comi<strong>che</strong><br />

si faceva proiettare nella sua saletta privata<br />

an<strong>che</strong> Mussolini.<br />

Per allenarci alla conoscenza della Storia, ecco poi<br />

“Ben Hur”, “Scipione l’Africano” e infine “La carica dei<br />

600”. L’avanzata dei cavalieri nella pianura di<br />

Bataclava in Crimea era reso con arte magica e lo<br />

s<strong>che</strong>rmo sembrava esaltarsi allo scalpitio dei cavalli !<br />

Quanti di noi, allora ragazzi <strong>che</strong> giocavamo per le strade<br />

assai più sicure di oggi, hanno imitato i giovani<br />

protagonisti del film “I ragazzi della via Paal”, il film<br />

tratto dal celebre romanzo di Ferenc Molnar ?<br />

A scuola, sotto il fascismo, ci conducevano insieme ai<br />

Balilla e agli avanguardisti a vedere le imprese dei<br />

nostri soldati <strong>che</strong> combattevano in Etiopia nel film<br />

“Luciano Serra, pilota” interpretato dal famoso<br />

Amedeo Nazzari, fascinoso divo coi baffi.<br />

Erano an<strong>che</strong> gli anni dei fratelli De Filippo, semplicemente<br />

strepitosi nelle loro commedie napoletane.<br />

E poi ancora ecco Angelo Musco, comico siciliano.<br />

Divertentissimo il suo film “Cinque a zero” con la partecipazione<br />

di tutta la squadra calcistica della Roma,<br />

con i suoi giocatori dell’epoca Ferraris IV, Bernardini,<br />

Mattei, Eusebio, Martini, Masetti, Volk, Leonardi,<br />

Fasanelli, Dugoni. Per giustificare la sonante sconfitta<br />

calcistica gli attori cantavano “Sarà la luna? Sarà sfortuna?<br />

E allora <strong>che</strong> sarà? Ma è la donna, già si sa !”.<br />

Un’ altra celebre canzone era “Impara a fischiettar !”<br />

del film “Biancaneve e i sette nani”, il più famoso film<br />

a cartoni animati di tutti i tempi. Walt Disney dovette<br />

an<strong>che</strong> ipotecare la sua casa per finanziare la produzione<br />

del film, <strong>che</strong> alla fine costò più di un milione e<br />

SORRISI<br />

Gregorio Paparatti<br />

Uno scozzese ha comprato una<br />

bottiglia di whisky e la messa<br />

nella tasca della giacca. Appena<br />

uscito dal negozio,inciampa e<br />

cade.Rialzandosi, nota una<br />

chiazza scura sulla giacca e sui<br />

calzoni, e dice:<br />

-Signore,ti prego, fa <strong>che</strong> sia sangue !<br />

Il padre al fidanzato della figlia:<br />

-Sara si sta preparando;nell'attesa ti do qual<strong>che</strong> cosa<br />

- 8 -<br />

mezzo di dollari, una cifra astronomica per il<br />

1937. La figlia di un maestro di ballo di Los<br />

Angeles, Marjorie Bel<strong>che</strong>r, allora sedicenne, fu<br />

scelta da Walt Disney per interpretare<br />

Biancaneve: i suoi movimenti aggraziati furono<br />

filmati ed utilizzati nella tecnica del rotoscope<br />

per la realizzazione del lungometraggio <strong>che</strong><br />

valse all’autore uno speciale premio Oscar,<br />

meritatissimo. Il suo film, insieme a “Via col<br />

vento” è quello <strong>che</strong> ha incassato più di tutti<br />

nella storia del cinema.<br />

Nel 1940 in Italia le ragazze impazzivano per<br />

Roberto Villa e per il suo film “Maddalena, zero<br />

in condotta”, diretto dal regista Vittorio De Sica<br />

<strong>che</strong> otto anni più tardi girerà il celebre “Ladri di<br />

biciclette”.<br />

Importanti in quel periodo an<strong>che</strong> i film di guerra americani.<br />

Ricordo “ La famiglia Sullivan” del 1944, con i<br />

cinque fratelli <strong>che</strong> cadevano tutti in guerra combattendo<br />

contro i giapponesi.<br />

Van Johnson , Clark Gable e Tyrone Power erano i<br />

nuovi idoli d’oltre oceano. Meravigliosi e dolcissimi<br />

arrivarono an<strong>che</strong> i film dell’italo americano Frank<br />

Capra, primo fra tutti “La vita è meravigliosa” del<br />

1946 tratto da un racconto di Philip Van Doren.<br />

Nota curiosa: il personaggio del bieco e avaro Henry<br />

Potter, antagonista di James Stewart nel film, ha un<br />

nome simile al maghetto Harry Potter, il maghetto<br />

uscito recentemente dalla penna della scrittrice inglese<br />

J.K. Rowling<br />

Il severissimo Centro Cattolico <strong>Cinema</strong>tografico iniziava<br />

intanto a stilare le sue classifi<strong>che</strong> di consigliata<br />

visione per i film: TUTTI, ADULTI, ADULTI CON RISER-<br />

VA (<strong>che</strong> non era chiaro <strong>che</strong> volesse dire esattamente),<br />

fino all’inevitabile ESCLUSO. Furono proibiti tra l’altro<br />

“La cena delle beffe” diretto da Alessandro Blasetti,<br />

tratto dall'omonimo dramma di Sem Benelli e “Il<br />

ponte di Waterloo” di Mervyn LeRoy.<br />

L’attrice Clara Calamai era sempre sull’orlo dello scandalo<br />

e i ruoli osèe <strong>che</strong> la legano indissolubilmente alla<br />

storia del cinema sono senz'altro quelli da lei sostenuti<br />

in “Ossessione” di Luchino Visconti (1942), dove<br />

sostituisce all'ultimo momento Anna Magnani, e in<br />

“L'adultera” (1946) di Duilio Coletti, grazie al quale<br />

vince un Nastro d'Argento. Ma, amici, udite udite,<br />

sapete <strong>che</strong> il film del 1951 “Arrivano i Nostri” di Mario<br />

Mattoli <strong>che</strong> porta il nome del nostro giornalino fu<br />

escluso dalle visioni? Non ho mai capito perché.<br />

Ricordo <strong>che</strong> nel cast c’erano Franca Marzi, Walter<br />

Chiari, Riccardo Billi e Mario Riva. Nella storia c’erano<br />

ragazzi e ragazze <strong>che</strong> scorazzavano in auto tra<br />

Bologna e Milano. Boh. Del resto, sessant’anni fa,<br />

c’erano “riserve” an<strong>che</strong> se si vedevano appena le caviglie<br />

delle ragazze. Ma nulla di tutto questo ha mai fermato<br />

e fermerà la magica e meravigliosa arte <strong>che</strong> si<br />

chiama cinema, parola di spettatore !<br />

da leggere: ecco il "Signore degli anelli" e quando<br />

l'avrai finito ti porto "Guerra e Pace".<br />

In tribunale,il giudice si rivolge all'imputato dicendo:<br />

-I testimoni affermano <strong>che</strong> quella sera lei era così<br />

ubriaco <strong>che</strong> cercava di arrampicarsi sul lampadario.<br />

E’ vero?<br />

-Beh signor giudice, è vero <strong>che</strong> cercavo di arrampicarmi,<br />

ma non era ubriaco. Volevo solo fuggire a due<br />

leoni <strong>che</strong> mi inseguivano.<br />

Dopo aver spinto per almeno due ore una pesante<br />

ruota <strong>che</strong> ha scolpito nel granito,un uomo preistorico<br />

arriva all'ufficio brevetti annunciando:<br />

- Ho inventato……l'ernia!


LA GRANDE MAGIA<br />

Marco Di Tillo<br />

Verso la fine degli anni cinquanta<br />

i miei genitori prendevano<br />

in affitto una casetta ad<br />

Ostia durante l’estate. La sera,<br />

qual<strong>che</strong> volta, si andava all’arena<br />

Cucciolo <strong>che</strong> credo esista<br />

ancora. All’epoca andare al<br />

cinema era il divertimento maggiore.<br />

Le sale traboccavano<br />

sempre di spettatori an<strong>che</strong> se i sedili erano di ferro, piuttosto scomodi<br />

e lo s<strong>che</strong>rmo sembrava un enorme lenzuolo appeso al muro di<br />

calce bianca. Prima dell’inizio c’era sempre un gran fracasso.<br />

Comitive di ragazzini <strong>che</strong> si rincorrevano, famigliole <strong>che</strong> litigavano<br />

per accaparrarsi il posto migliore, tipetti <strong>che</strong> sgranocchiavano<br />

mostaccioli e caramelle, altri <strong>che</strong> mangiavano bruscolini e lupini<br />

sputacchiando le bucce dappertutto, fidanzati <strong>che</strong> si baciavano irrispettosi<br />

nelle’ultima fila di sedili, incalliti viziosi del tabacco <strong>che</strong><br />

deliziavano il prossimo con il triste fumo delle sigarette o, peggio,<br />

dei sigari toscani e qual<strong>che</strong> altro <strong>che</strong> si era portato da casa an<strong>che</strong> il<br />

classico fiasco del vino e ogni tanto offriva un cic<strong>che</strong>tto ai vicini.<br />

Insomma era proprio una gran “caciara” come diciamo noi romani.<br />

Ma poi, improvvisamente le luci si spegnavano, lo s<strong>che</strong>rmo si illuminava,<br />

la proiezione aveva inizio e subito nella sala trionfava il silenzio<br />

e tutti si concentravano per vedere le immagini dei loro eroi del<br />

momento.<br />

Ecco, è proprio quella la grande magia del cinema.<br />

Seduti al fresco sotto le stelle dell’estate, le persone dimenticavano<br />

i propri piccoli problemi e si concentravano su altro, entrando in un<br />

mondo di fantasia, di avventura, di risate, a seconda della tipologia<br />

di film. Lo so, an<strong>che</strong> i libri permettono una magia simile e an<strong>che</strong> il<br />

teatro, l’opera, i concerti. Ma il cinema è diverso. Forse perché vedi<br />

i personaggi in carne ed ossa, ti identifichi con loro, ti sembrano<br />

vecchi amici. E poi è un’arte relativamente recente, cresciuta an<strong>che</strong><br />

un po’ insieme a noi. La prima pellicola “La sortie des usines<br />

Lumiere” venne girata dai fratelli Lumiere il 19 marzo 1895, quindi<br />

sono passati solo centoquindici anni. Se si pensa <strong>che</strong> la nascita del<br />

teatro si fa risalire addirittura agli uomini primitivi poiché sappiamo<br />

per certo <strong>che</strong> alcuni loro rituali sfociavano in vere e proprie rappresentazioni<br />

e <strong>che</strong> i più antichi esemplari di libro appartengono al I<br />

secolo a.C. e <strong>che</strong> erano sotto forma di rotolo e per lo più scritti a<br />

mano su papiro, allora vediamo quanto è ancora giovanissima questa<br />

creatura chiamata cinema <strong>che</strong> si è sviluppata tutto nel corso del<br />

ventesimo secolo. È vero, oggi le tecni<strong>che</strong> si sono raffinate velocemente.<br />

Ma il succo è sempre lo stesso. Non importa se in<br />

<strong>Cinema</strong>scope, Cinerama o 3D : la magia resta intatta come prima,<br />

quando c’erano solo sbiadite immagini in bianco e nero e storie,<br />

tante storie diverse <strong>che</strong> ci hanno fatto piangere, ridere, sognare.<br />

Sarà forse per questo <strong>che</strong> come copertina di questo numero di<br />

Arrivano i nostri ho scelto un’immagine da “Nuovo <strong>Cinema</strong><br />

Paradiso” di Giuseppe Tornatore. L’ho scelto un po’ perché ha vinto<br />

l’ Oscar come miglior film straniero nel 1990 ma soprattutto perché<br />

è uno dei miei preferiti. Direi <strong>che</strong> lì dentro c’è proprio tutto. La commedia,<br />

la filosofia, la storia, la nostalgia, la forza. E’ un grande film<br />

<strong>che</strong> riesce a farmi commuovere ogni volta <strong>che</strong> lo rivedo.<br />

Il regista, <strong>che</strong> probabilmente non si è più ripetuto su tali livelli<br />

espressivi, ha raccontato un po’ la sua storia, quella di un ragazzino<br />

nato in un piccolo paese della Sicilia, innamorato del cinema e<br />

desideroso di andare sul “continente” per inseguire il proprio<br />

sogno. Ma per farlo deve voltare le spalle al suo paese, ai propri<br />

affetti. “Non tornare più! Non voltarti indietro!” gli dice il proiezionista-mentore<br />

Alfredo, quasi supplicandolo. E lui ascolta il consiglio.<br />

Parte per Roma iniziando a lavorare nel mondo del cinema e<br />

ritorna al suo paese solo dopo molti anni, da regista affermato.<br />

Torna per il funerale di Alfredo, assiste sgomento alla demolizione<br />

del “suo” cinema Paradiso, riabbraccia la vecchia mamma <strong>che</strong> per<br />

tutto quel tempo gli ha mantenuto intatta la sua stanza da ragazzo,<br />

senza spostare nulla. Sul proiettore ad 8mm c’è ancora il filmino<br />

con le immagini in bianco e nero del suo primo grande amore.<br />

E mentre scorrono, insieme alle sue lacrime, forse vengono giù<br />

an<strong>che</strong> le nostre ricordando qual<strong>che</strong> amore passato, il tempo della<br />

giovinezza, delle persone e delle cose <strong>che</strong> non ci sono più o <strong>che</strong> sono<br />

cambiate per sempre.<br />

- 9 -<br />

NUOVO<br />

CINEMA<br />

PARADISO<br />

Al suo debutto<br />

nelle sale cinematografi<strong>che</strong>,<br />

Nuovo<br />

cinema Paradiso<br />

fu un trionfo solo<br />

a Messina, mentre<br />

nelle sale di tutta<br />

Italia stava invece<br />

registrando un<br />

vero e proprio flop.<br />

A svelare i retroscena inediti è stato proprio<br />

il regista Giuseppe Tornatore <strong>che</strong> nel<br />

giugno 2010 ha ricordato: "Lo fecero vedere<br />

gratis, con la promessa <strong>che</strong> se fosse piaciuto,<br />

avrebbero pagato il biglietto". Così è<br />

stato. Quando il film uscì nel 1988, nelle<br />

sale italiane non andò a vederlo nessuno.<br />

Gli incassi furono disastrosi, tranne a<br />

Messina, dove il film andò benissimo e non<br />

capivamo il perché. Il gestore del cinema<br />

"Aurora" si ostinò a tenerlo in cartellone,<br />

invitò la gente a entrare gratis e se il film<br />

fosse piaciuto alla fine avrebbero pagato.<br />

Fu un trionfo <strong>che</strong> poi si espanse in tutta<br />

Italia. Già in precedenza a Messina aveva<br />

riscosso un successo inaspettato un film<br />

<strong>che</strong> era stato ignorato nel resto d'Italia era<br />

successo nel 1981 con il film di Massimo<br />

Troisi, Ricomincio da tre. Fulvio Lucisano,<br />

produttore del film, nell'intervista per<br />

l'edizione in DVD di Ricomincio da tre,<br />

ricorda <strong>che</strong> portò il film in prima proiezione<br />

assoluta a Messina quando nessuno era<br />

interessato, da quell'entusiasmante debutto<br />

iniziò l'enorme successo del film.<br />

Una frase del film, "Ora <strong>che</strong> ho perso la<br />

vista ci vedo di più" è stata inserita in italiano<br />

nella canzone Take the time, al minuto<br />

3 e 45 secondi, dal gruppo americano<br />

progressive metal Dream Theater, contenuta<br />

nell'album Images and Words del<br />

1992. Il paesino della Sicilia Giancaldo, <strong>che</strong><br />

appare nel film, non esiste realmente ma è<br />

solo un'invenzione di Giuseppe Tornatore;<br />

an<strong>che</strong> il cartello della stazione ferroviaria<br />

<strong>che</strong> appare nel lungometraggio è stato<br />

piazzato dal regista per rendere meglio<br />

l'effetto scenico. Le scene del film sono<br />

state girate principalmente a Palazzo<br />

Adriano e a Cefalù, in provincia di Palermo;<br />

la facciata del <strong>Cinema</strong> è stata costruita<br />

nella piazza principale del paese, mentre<br />

l'interno è stato allestito dentro la Chiesa<br />

della Madonna del Carmelo.<br />

Palazzo Adriano, il paese in cui è stato<br />

girato il film, oggi è diventato una famosa<br />

meta turistica grazie alle sue bellezze storico-naturalisti<strong>che</strong><br />

rese visibili dalla pellicola<br />

di Giuseppe Tornatore.<br />

Recentemente alcune scene del film sono<br />

state utilizzate per lo spot televisivo di lancio<br />

della nuova FIAT 500: Alfredo <strong>che</strong><br />

accende il proiettore durante la prima proiezione<br />

privata per padre Adelfio, e<br />

Salvatore <strong>che</strong> ride assistendo ad una pellicola<br />

di Charlie Chaplin.<br />

In una recente puntata dei Simpson viene<br />

rievocata una carrellata di baci con la stessa<br />

colonna sonora del film, chiaro tributo<br />

alla pellicola di Tornatore<br />

Nella versione internazionale del film,<br />

durante lo scorrimento dei titoli di coda<br />

appaiono alcune scene prese dal film stesso,<br />

e tra queste appare qual<strong>che</strong> secondo<br />

dell'incontro tra Salvatore ed Elena da<br />

adulti, sebbene in questa versione la scena<br />

sia stata tagliata.


E ALLORA SI VA COMUNQUE AL CINEMA<br />

Giancarlo Bianconi<br />

Debbo confessare apertamente <strong>che</strong> provo più di una difficoltà<br />

ad accostarmi a questo tema poiché il cinema non rientra tra le<br />

mie passioni più vive. Con ciò - sia subito ben chiaro - non intendo<br />

affatto asserire <strong>che</strong> non mi piaccia o <strong>che</strong> non ci vada, anzi! Ci<br />

vado, e an<strong>che</strong> con una certa frequenza peraltro. Intendo dire solamente<br />

<strong>che</strong> dinanzi ad un film - an<strong>che</strong> se di grande successo - non<br />

riesco a provare <strong>che</strong> emozioni di appena sufficiente intensità. La<br />

musica - la musica classica, quella con la emme maiuscola cioè -<br />

è una delle mie po<strong>che</strong>, ma prepotenti, passioni.<br />

In un contesto del genere uno dei pochi film <strong>che</strong> è riuscito,<br />

e riesce ancor oggi, a toccare tutte le mie corde è quello - ma<br />

sarebbe più corretto dire quelli - della serie di don Camillo.<br />

Perché? La ragione è presto detta; occorre, però, fare preliminarmente<br />

un moderato balzo indietro negli anni. E cioè a quando ero<br />

poco più <strong>che</strong> ragazzino.<br />

A quell’epoca mio padre, quando decideva di tornare al proprio<br />

paesello di origine, in Umbria, (il <strong>che</strong> accadeva in genere circa<br />

tre-quattro volte l’anno quando era ancora in vita mia nonna) mi<br />

si portava sempre dietro per compagnia. E lì, nel corso di tutta la<br />

giornata di permanenza, avevo l’occasione - unica, come ognuno<br />

può ben immaginare - di assistere, ma più <strong>che</strong> di assistere direi<br />

proprio di vivere quasi, la quotidianità degli abitanti del luogo,<br />

peraltro in gran parte amici o comunque coetanei di mio padre, ed<br />

affrontare con loro i vari problemi, piccoli o grandi <strong>che</strong> fossero, <strong>che</strong><br />

di volta in volta si presentavano loro: dalla preparazione della<br />

festa del <strong>San</strong>to patrono all’allestimento, immancabilmente proprio<br />

davanti alla chiesa parrocchiale, di quanto necessitava al comizio<br />

<strong>che</strong> prossimamente avrebbe tenuto un determinato candidato in<br />

occasione delle elezioni ormai imminenti, dalla preparazione del<br />

consueto torneo di ruzzolone e relativa scelta dei premi all’organizzazione<br />

delle onoranze funebri - in dialetto locale storpiate in<br />

“assequio” (da esequie, ndr) - di un qual<strong>che</strong> paesano appena<br />

deceduto, compresa la redazione, stampa e affissione dei relativi<br />

avvisi murali, dalla selezione degli arredi, sacri e non, per la chiesa<br />

parrocchiale in occasione della prossima visita pastorale del<br />

Vescovo alla scelta dei brani musicali da eseguirsi per l’occasione<br />

non solo da parte della piccola fanfara locale ma soprattutto da<br />

parte dei campanari con i loro ingombranti strumenti, dai festeggiamenti<br />

in onore di una qual<strong>che</strong> giovane coppia in occasione del<br />

proprio matrimonio alla preparazione della locale fiera del bestiame<br />

... e così via.<br />

Il tutto vissuto con grande impegno, coscienza e gran senso<br />

di responsabilità da parte non solamente dei singoli incaricati (la<br />

cui scelta peraltro non era stata scevra di infinite complicazioni e<br />

aspre discussioni, come veniva raccontato a mio padre con dovizia<br />

di particolari) ma an<strong>che</strong> dei rispettivi “aiutanti e collaboratori”,<br />

quasi sempre, cosa stupefacente, tutti o quasi, in totale contrapposizione<br />

ideologica. Avevo modo, in sostanza, di assistere - di<br />

vivere, come detto poc’anzi - la vita di una piccola comunità e di<br />

saturarmi così di quella sana e genuina atmosfera paesana,<br />

ruspante come si direbbe oggi, all’epoca già assolutamente inesistente<br />

in città, e, presumo, oggi scomparsa del tutto an<strong>che</strong> nelle<br />

similari piccole comunità. <strong>San</strong>a, genuina e rustica atmosfera <strong>che</strong><br />

ho ritrovato, e rivivo tuttora, nell’assistere a uno qualsiasi dei films<br />

della serie di don Camillo <strong>che</strong> ancora oggi, quando viene program-<br />

LA PASSIONE DI CRISTO<br />

Roberto Vecchione<br />

Il film “La <strong>passione</strong> di Cristo”, uscito nelle sale dei cinema il 25 febbraio<br />

del 2004, racconta le ultime dodici ore della vita di Gesù ed<br />

inizia con la preghiera nell’orto del Getsemani, dove Cristo s’era<br />

diretto al termine dell’ultima Cena e dove resiste alle tentazioni di<br />

Satana. Tradito da Giuda, viene portato davanti a Ponzio Pilato,<br />

governatore romano della Palestina, il quale offre al popolo di scegliere<br />

se salvare la vita di Gesù, già flagellato, o quella del criminale<br />

Barabba. Il male sembra vincere e viene scelto Barabba; Gesù<br />

attraversa Gerusalemme e sale sul Golgota portando sulle spalle la<br />

croce, per essere poi crocifisso davanti alla madre Maria ed altre<br />

donne, tra le quali Maria Maddalena, e morire verso le tre del<br />

pomeriggio. Il film ha provocato un forte coinvolgimento emotivo<br />

e spirituale an<strong>che</strong> da parte dei non credenti ed indubbiamente ha<br />

suscitato momenti di riflessione circa il mistero della <strong>San</strong>tissima<br />

Trinità: in una sola entità l’unione delle tre persone divine del<br />

Padre, del Figlio e dello Spirito <strong>San</strong>to (mediante cui il Padre compie<br />

le opere della creazione, della rivelazione divina e della salvezza).<br />

Le tre persone non sono parti di Dio, ma ognuno è Dio.<br />

- 10 -<br />

mato in televisione, guardo immancabilmente con immutato piacere.<br />

Mi sembra, infatti, di ritrovare me stesso in quelle situazioni,<br />

talvolta comi<strong>che</strong> altre volte serie se non addirittura tragi<strong>che</strong>,<br />

<strong>che</strong> vengono rappresentate nel film, e di rivivere insieme ai personaggi<br />

<strong>che</strong> appaiono sul teles<strong>che</strong>rmo pressappoco le analoghe<br />

vicende di allora e riprovare le medesime sensazioni ed emozioni<br />

del tempo della mia fanciullezza. Si tratta forse di nostalgia per un<br />

sistema di vita ormai totalmente scomparso? Forse dovrei proprio<br />

dire di sì.<br />

Oggi, <strong>che</strong> mio padre non c’è più, quando mi reco al suo paesello<br />

per andare a far visita al piccolo cimitero dove riposano i<br />

nonni e alcuni zii, non trovo più, infatti, quella atmosfera di allora;<br />

sembra <strong>che</strong> su quei luoghi sia calato una profonda e silenziosa<br />

notte; non si vede più nessuno, infatti, nelle viuzze un tempo<br />

pullulanti di persone, e i pochi paesani <strong>che</strong> si incrociano sembrano<br />

ignorarsi reciprocamente, quasi estranei fra loro. Tutti impegnati<br />

con i propri mezzi tecnici e teconologici quasi non parlano<br />

più fra di loro perché non hanno più occasioni di incontro; la piccola<br />

osteria ovviamente non esiste più per la semplice ragione <strong>che</strong><br />

oggi non avrebbe proprio più alcun senso dal momento <strong>che</strong> non<br />

avrebbe più la possibilità di svolgere quella funzione <strong>che</strong> aveva un<br />

tempo, di luogo d’incontro e di scambio cioè. Oggi, infatti, tutti,<br />

giovani e meno giovani di ambo i sessi, sono motorizzati per cui<br />

con i loro più o meno potenti mezzi di locomozione si recano abitualmente<br />

nelle cittadine circonvicine dove esistono molteplici<br />

occasioni di svago e di varia natura sopratutto.<br />

Ovvero, con gli attuali strumenti tecnologici a disposizione<br />

si ritirano in casa o nei luoghi a ciò deputati e passano il tempo<br />

libero con la play station, Internet o altre diavolerie del genere in<br />

completa ed assoluta compagnia solamente di se stessi. Ecco allora<br />

il grande merito <strong>che</strong> presentano, almeno per me, i films di don<br />

Camillo: quello, cioè, di farmi respirare sia pure per poco più di<br />

un’oretta quella sana e genuina atmosfera paesana, come l’ho<br />

definita poc’anzi, ormai perduta per sempre. E il cinema di oggi?<br />

Eh, il cinema di oggi ... secondo il mio parere del tutto personale,<br />

presenta un panorama assai desolante. Gran parte delle pellicole<br />

in corso di programmazione, infatti e sempre salvo qual<strong>che</strong> eccezione<br />

peraltro molto rara, non sono altro <strong>che</strong> o un’ostentata parata<br />

di effetti spettacolari <strong>che</strong> certamente ci lasciano impressionati<br />

in quanto ci inducono a considerare l’avanzata tecnologia raggiunta<br />

<strong>che</strong> ha consentito la realizzazione di tal genere di effetti, ovvero<br />

narrazione di vicende assolutamente borderline - come dicono<br />

le persone <strong>che</strong> parlano bene - e cioè al limite dell’inverosimile e<br />

della pornografia ma, in compenso, sature di turpiloquio, specialmente<br />

quelli - chissà poi perché, o forse, dovrei dire, si sa fin troppo<br />

bene il perché - in uscita e in programmazione sempre in occasione<br />

delle festività natalizie (i famosi cine-panettoni); ovvero<br />

ancora rappresentazioni con trame, talvolta pure avvincenti e<br />

intriganti, ma con un epilogo assolutamente ermetico tanto <strong>che</strong><br />

quando esci dalla sala ti domandi «ma <strong>che</strong> avrà voluto dire il regista?».<br />

E poi ci sono i films talora an<strong>che</strong> gradevoli ma <strong>che</strong>, comunque,<br />

non suscitano alcuna emotività a parte, forse, un qual<strong>che</strong><br />

appena percettibile sorriso, e, infine, quelli belli e interessanti. In<br />

breve: po<strong>che</strong> sono le pellicole <strong>che</strong>, quando esci dalla sala, non ti<br />

inducono ad esclamare malinconicamente «ma chi me l’ha fatto<br />

fare? E ci sono pure andato a spendere i soldi per il biglietto?». E<br />

allora? E allora si va comunque al cinema: ci si va sempre con la<br />

speranza di assistere ad uno spettacolo quanto meno piacevole se<br />

non proprio bello. E qual<strong>che</strong> volta ci si riesce pure. Ma comunque<br />

don Camillo...<br />

Il concetto cristiano di Trinità è impossibile da spiegare o comprendere<br />

in termini umani e razionali, eppure ci fa capire <strong>che</strong> Dio è<br />

Amore, in quanto non lascia l’uomo solo, ma lo colloca in una<br />

comunione di persone in grado di ricevere e di donare amore, a<br />

sua immagine e similitudine. Ogni uomo ha in sé la possibilità di<br />

avvicinarsi all’immagine divina; la famiglia cristiana è una comunione<br />

di persone, segno di quella del Padre, del Figlio e dello<br />

Spirito <strong>San</strong>to. Per amare non sono sufficienti la buona volontà e la<br />

libertà, ma è necessario misurarsi con l’Amore immenso di Dio.<br />

Quanto più si cerca l’amore trinitario in noi stessi, sempre più si ha<br />

voglia di cercarlo e di comprenderlo e di acquisire nuovi parametri<br />

di orientamento sul mistero di Dio e dei rapporti tra l’uomo e il<br />

creato e nelle relazioni fra gli esseri umani. Strettamente collegato<br />

a tale mistero è quello della resurrezione: Gesù Cristo, patendola,<br />

ha distrutto la morte con la morte, ha salvato il genere<br />

umano dal nulla, ha reso immortale l’anima dell’uomo, gli ha consentito<br />

di desiderare la felicità eterna, ha svergognato il demonio<br />

e i suoi inganni, ha distrutto la morte dell’uomo donandogli la vita<br />

ultraterrena. Ne consegue <strong>che</strong> se l’uomo con la sua volontà tenta<br />

di realizzare quella di Dio si può salvare dal nichilismo e può vivere<br />

sereno e felice, nonostante le tentazioni e le idolatrie della vita<br />

quotidiana, con una coscienza della realtà basata su principi di<br />

intelligenza e di amore auto ed etero diretti.


CINEFORUM,<br />

CHE<br />

PASSIONE !<br />

Alessandra<br />

Chianese<br />

Crona<strong>che</strong> dal<br />

Ventesimo secolo.<br />

Correva l’anno…o<br />

meglio eravamo<br />

alla fine degli anni<br />

’70, inizio degli<br />

anni ’80. Eravamo<br />

studenti, a cavallo fra la fine del liceo e l’inizio dell’università.<br />

La <strong>passione</strong> per il cinema era un tratto<br />

comune a molti di noi, a volte era solo un pretesto<br />

per uscire il sabato e la domenica, a volte qualcosa<br />

di più. I soldi non erano tanti e poi c’era un gusto<br />

particolare nel riuscire a divertirsi spendendo il<br />

meno possibile. I luoghi deputati appartenevano a<br />

due categorie ben precise: i cinema di seconda visione<br />

e i cineforum. Il quartiere disponeva di ben due<br />

cinema, il Balduina e il Belsito. Per chi voleva qualcosa<br />

di ancor più economico c’era an<strong>che</strong> il Doria.<br />

I film arrivavano in periferia dopo mesi dall’uscita<br />

nel circuito principale. Pagando un biglietto di<br />

ingresso, si poteva assistere an<strong>che</strong> a più proiezioni<br />

successive. La programmazione era varia, dalla<br />

commedia all’italiana, ai film americani, a ridosso<br />

dell’estate venivano riproposti i classici. Per i veri<br />

cinefili, però, il cineforum era un’esperienza diversa.<br />

In quegli anni spuntavano come funghi, nelle scuole,<br />

nelle parrocchie, presso le associazioni universitarie.<br />

Alzi le mani chi non li ha frequentati almeno<br />

qual<strong>che</strong> volta. La scelta dei film da proiettare era<br />

legata a svariati criteri, si passava dalle retrospettive<br />

di determinati registi o attori, alle selezioni di filmografie<br />

di paesi emergenti, alle rassegne a tema.<br />

Il rituale delle proiezioni era immutabile.<br />

All’ingresso veniva consegnato un foglio ciclostilato<br />

con le note salienti sul film (cast, biografia del regista,<br />

…) dello spettacolo. La sala era quasi sempre<br />

ricavata in uno scantinato assai umido e freddo, le<br />

sedie di legno ribaltabili facevano un rumore incredibile<br />

ogni volta <strong>che</strong> ti muovevi. Prima della visione<br />

si svolgeva una breve introduzione tenuta dall’organizzatore.<br />

Nei casi migliori si trattava di un critico<br />

cinematografico <strong>che</strong> forniva chiavi di lettura e spunti<br />

per quanto avremmo visto di lì a poco. La proiezione<br />

si interrompeva spesso per guasti di varia natura,<br />

il sonoro era “sui generis”. Ricordo di aver visto<br />

“Morte a Venezia” di Visconti nel cineforum della<br />

mia parrocchia, con una colonna sonora <strong>che</strong> invece<br />

della musica di Mahler era un susseguirsi ininterrotto<br />

di fruscii. Il pezzo forte era il dibattito finale.<br />

Si accendevano le luci. Il critico afferrava il microfono<br />

e pronunciava la frase fatidica: “Chi vuole intervenire?”.<br />

Chi non era riuscito a dileguarsi, rimaneva<br />

lì, in un silenzio imbarazzato, sperando <strong>che</strong> qualcun<br />

altro si facesse avanti. A volte la situazione si sbloccava<br />

e ne veniva fuori qualcosa di interessante, a<br />

volte, dopo ripetuti e pressanti inviti, partivano<br />

interventi senza molto senso e la discussione si<br />

chiudeva rapida. Al di là di questi aspetti aneddotici,<br />

devo, però, riconoscere <strong>che</strong> il mio gusto cinematografico,<br />

la conoscenza dei registi principali, la sensibilità<br />

su certe temati<strong>che</strong> e su come vengono affrontate<br />

e svolte nei film, sono nati proprio allora. E’<br />

stato proprio frequentando i cineforum <strong>che</strong> ho conosciuto<br />

le opere di registi importanti come Visconti,<br />

Fellini, Truffault, Rohmer e <strong>che</strong> ho imparato ad<br />

apprezzare un film non solo per gli effetti speciali. E<br />

perché questo non rimanga solo un bel ricordo e una<br />

nostalgia del passato, lancio uno spunto. Potrebbe<br />

essere interessante proporre ai nostri figli (fascia di<br />

età post-cresima/giovani) l’organizzazione di qualcosa<br />

di simile?<br />

- 11 -<br />

CINEMA, CHE PASSIONE !<br />

Vittorio Paletta<br />

Davanti al foglio bianco sto pensando a come raccontare la mia<br />

<strong>passione</strong> per il <strong>Cinema</strong> e a quando è nata questa mia <strong>passione</strong> e,<br />

mentre cerco nei ricordi <strong>che</strong> si affollano pian piano sempre più<br />

vividi nella memoria, di colpo comprendo <strong>che</strong> raccontare dei film<br />

è raccontare della mia vita, perché le diverse stagioni di film <strong>che</strong><br />

si sono susseguite hanno tessuto il canovaccio delle mie stagioni<br />

ed hanno contribuito, nel bene e nel male, alla mia formazione, alla<br />

mia crescita, a rispondere a domande di conoscenza e cultura.<br />

Cerco di ricordare, e… come dimenticare?…...la primissima volta<br />

<strong>che</strong> sono stato al cinema è stato con mio padre, <strong>che</strong> mi portò al<br />

cinema Adriano a vedere, e per ben due volte, la “Corazzata<br />

Potemkin (sic!!)….avevo forse 7 o 8 anni…un’emozione fortissima<br />

….non capii nulla e mi rimase impressa a lungo solo la caduta della<br />

carrozzina dalle scale. Dopo quella esperienza cominciai ad andare<br />

al cinema con mia madre….era tutta un’altra cosa! Andavamo al<br />

cinema “Giulio Cesare”, alle 2 di pomeriggio, dopo aver mangiato<br />

di corsa perché c’era sempre una lunga fila per entrare; spesso<br />

rimanevamo in piedi per tutto il film, oppure entravamo verso la<br />

fine della prima proiezione per essere pronti a metterci seduti<br />

quando i primi si alzavano per uscire; era sempre caldo e confusione<br />

ma io adoravo quella magìa <strong>che</strong> si creava quando spegnevano<br />

le luci, il rumore si placava e iniziava il fim (an<strong>che</strong> se già sapevo la<br />

fine)…I miei film preferiti erano a quel tempo “Tarzan” con<br />

Werstmuller e tutti i film western!<br />

Tarzan era in assoluto ...il Bene!: fortissimo da dominare la natura<br />

e gli animali feroci e allo stesso tempo protettore delle creature più<br />

deboli, difensore delle culture di altri popoli a me assolutamente<br />

sconosciuti. Dei western invece mi interessavano gli avventurosi<br />

viaggi dei pionieri <strong>che</strong> alla fine vincevano sempre sui terribili “selvaggi”<br />

e battevo le mani con entusiasmo quanto “Arrivavano i<br />

Nostri”! Se ci penso oggi, i western hanno inciso molto nella mia<br />

formazione di adolescente; solo parecchio tempo più tardi ho scoperto<br />

quanto fossero distanti dalla verità, solo quando cominciai a<br />

leggere la storia e a pormi delle domande e a discutere… poi vennero<br />

film diversi sull’argomento del tipo “Soldato blù”, <strong>che</strong> sovvertiva<br />

completamente la visuale del bene e del male…. ma dovevano<br />

passare tanti anni ancora ! La sorella di mia madre mi portò a<br />

vedere, per ben 7 volte, il film “Via col Vento”, perché prima, se un<br />

film piaceva, lo tornavi a vedere e a ri-vedere. Fu un altro piccolo<br />

tassello nella mia crescita: la conoscenza delle guerre civili e d’indipendenza<br />

e la conoscenza della schiavitù nel profondo Sud americano…<br />

ma Mamie <strong>che</strong> abbozzava un “Sì, Badroncina!” ad ogni<br />

capriccio e sventura di Rossella, i neri <strong>che</strong> parlavano all’infinito ed<br />

erano sempre perdenti, mi disturbavano, an<strong>che</strong> se adoravo in complesso<br />

tutto il film. Come allora, ancora oggi, se mi capita, mi commuovo<br />

al riso o alle lacrime a vedere tutti i film di Charlie Chaplin!<br />

… ricordo “Il Grande Dittatore” e il suo discorso finale <strong>che</strong> sentivo<br />

mio in ogni parola tanto <strong>che</strong> la prima volta ho pianto…ero ancora<br />

molto giovane! Un ricordo-flash… inizi anni ’50… andai al cinema<br />

con mio padre e mia madre in compagnia di una coppia di amici e<br />

le loro due figlie. Era inverno e doveva essere una giornata fredda<br />

perché il film lo vedemmo con indosso il cappotto. Finita la proiezione<br />

notai <strong>che</strong>, nel mentre noi uscivamo, gli amici si erano tolti il<br />

cappotto e si erano seduti nuovamente in posti diversi. Chiesi ai<br />

miei: perchè? Mio padre mi rispose <strong>che</strong> era il modo più economico<br />

di passare la giornata, dimenticare per un po’ le privazioni, stare<br />

al caldo e sognare; i posti diversi e i cappotti stavano ad indicare<br />

<strong>che</strong> erano entrati nel secondo spettacolo. Era il periodo del neorealismo<br />

di Rossellini e di De Sica, di film come “Sciuscià”, “Roma<br />

Città aperta”, “Ladri di biciclette”, “Miracolo a Milano”… tutti spaccati<br />

di vita <strong>che</strong> noi abbiamo veramente vissuto! Per fortuna le cose<br />

cambiarono… e molto in fretta! Arrivò la fine degli anni ’60 e la<br />

mia voglia di conoscenza mi condusse al cinema d’essai; andavo<br />

al <strong>Cinema</strong> Rialto, portavo i maglioni a collo alto e intervenivo ai<br />

dibattiti finali sui film (uno per tutti ”Il Vangelo secondo Matteo”,<br />

presente il regista: Pier Paolo Pasolini !)<br />

Poi venne l’Amore e…. costrinsi l’allora mia fidanzata a vedere<br />

tutti i film di Mi<strong>che</strong>langelo Antonioni; andavamo al <strong>Cinema</strong><br />

Balduina”, alla programmazione delle tre del pomeriggio e credo<br />

<strong>che</strong> il numero massimo degli spettatori fu di 6-7 persone per il film<br />

“L’Eclisse” con Monica Vitti (ancora mi domando perché la mia<br />

attuale moglie non mi lasciò allora... forse era vero amore!).<br />

Eppoi… eppoi… il matrimonio, i figli, tutto il percorso lavorativo…<br />

tutta la vita, sempre scandita da qual<strong>che</strong> film <strong>che</strong> ha segnato tanti<br />

momenti significativi della mia vita: sono andato al cinema quando<br />

ero allegro con gli amici, quando ero triste per rallegrarmi,<br />

quando ero addolorato per distrarmi, quando ero annoiato per<br />

divagarmi, quando non sapevo come riempire il tempo e quando<br />

avevo pochissimo tempo da perdere ma ero attirato da una trama,<br />

da una musica, da una storia…ed è stata sempre…una grande <strong>passione</strong><br />

!


FILM DI<br />

ARGOMENTO RELIGIOSO<br />

LA VIE ET LA PASSION<br />

DE JESUS CHRIST<br />

Fratelli Lumiere 1898<br />

UOMINI DI DIO<br />

Xavier Beauvois 2010<br />

IL GRANDE SILENZIO<br />

Philip Groning 2005<br />

LA PASSIONE DI CRISTO<br />

Mel Gibson 2004<br />

LA PIU’ GRANDE STORIA MAI RAC-<br />

CONTATA George Stevens 1965<br />

KING DAVID<br />

Bruce Beresford 1985<br />

ATTI DEGLI APOSTOLI<br />

Roberto Rossellini 1969<br />

ATTI DEGLI APOSTOLI<br />

Franco Rossi 1969<br />

I DIECI COMANDAMENTI<br />

Cecil de Mille 1956<br />

GESU’ DI NAZARETH<br />

Franco Zeffirelli 1977<br />

LA BIBBIA<br />

John Huston 1966<br />

LA CITTA’ DEI RAGAZZI<br />

Norman Taurog 1938<br />

BERNADETTE<br />

Henry King 1943<br />

KAROL<br />

Giacomo Battiato 2005<br />

CIELO SULLA PALUDE<br />

Augusto Genina 1949<br />

MARIA GORETTI<br />

Giulio Base 2003<br />

PADRE PIO<br />

Carlo Carlei 2002<br />

DON BOSCO<br />

Lodovico Gasparini 2004<br />

IL VANGELO SECONDO MATTEO<br />

Pier Paolo Pasolini 1964<br />

IL RE DEI RE<br />

Nicholas Ray 1961<br />

MARCELLINO PANE E VINO<br />

Ladislao Vajda 1955<br />

FRATELLO SOLE SORELLA LUNA<br />

Franco Zeffirelli 1972<br />

E VENNE UN UOMO<br />

Ermanno Olmi 1965<br />

CAMMINA CAMMINA<br />

Ermanno Olmi 1983<br />

FRANCESCO GIULLARE DI DIO<br />

Roberto Rossellini 1950<br />

UN GIORNO NELLA VITA<br />

Alessandro Blasetti 1946<br />

LA PORTA DEL CIELO<br />

Vittorio De Sica 1944<br />

PEPPONE E DON CAMILLO<br />

UNA SERIE CHE NON STANCA<br />

Luciano Milani<br />

Nella mia lunga vita confesso <strong>che</strong> non sono<br />

mai stato un appassionato cinefilo. Ho sempre<br />

preferito il teatro, perché più rispondente<br />

alla mia natura di soggetto amante<br />

della realtà, e in certo qual modo il teatro,<br />

con la fisicità degli attori, mi dà il senso<br />

della concretezza, an<strong>che</strong> se naturalmente<br />

anch’esso è rappresentazione di una realtà<br />

ideale creata dall’autore attraverso l’attore.<br />

Negli anni ‘52 – ‘65, tuttavia, mi appassionarono<br />

moltissimo i film di Don Camillo<br />

e Peppone realizzati dalla Cineriz, con le<br />

regie di Julien Duvivier, Carmine Gallone e<br />

Luigi Comencini (l’ultimo della serie: Il<br />

compagno Don Camillo – 1965). Com’è<br />

noto, i due personaggi sono una creazione letteraria di Giovannino Guareschi, impersonati<br />

dagli attori Fernandel e Gino Cervi.<br />

L’eccezionale bravura dei due attori, calati nella realtà politica del periodo storico<br />

vissuto nel nostro Paese e la continua, ilare riflessione a cui i film inducevano, affascinarono<br />

ed ancora affascinano tre generazioni di spettatori.<br />

Ma a parte i momenti ricreativi e riposanti <strong>che</strong> offrivano a tutti, mi inchiodavano allo<br />

s<strong>che</strong>rmo i caustici battibecchi tra i due protagonisti e i sofferti colloqui tra il<br />

Crocifisso e Don Camillo. All’uscita del primo film si era già nel periodo di piena guerra<br />

fredda e dopo la sconfitta del Fronte Popolare (18 aprile 1948), la lotta ideologica<br />

tra democristiani e comunisti era divenuta sempre più accesa. Guareschi aveva<br />

dato un contributo notevole alla vittoria dello Scudo Crociato, da fervente cattolico<br />

qual’era. Fu lui <strong>che</strong> creò lo slogan “Nel segreto della cabina elettorale Dio ti vede,<br />

Stalin no” e molti altri testi <strong>che</strong> venivano stampati nei manifesti elettorali. Per esempio:<br />

il manifesto raffigurante s<strong>che</strong>letri di prigionieri italiani morti di stenti nelle gelide<br />

steppe russe.<br />

Quello di eccezionale efficacia sui molti familiari dei caduti in Russia, dei quali non<br />

si conoscevano neppure i luoghi del seppellimento: “100.000 soldati italiani non<br />

sono tornati dalla Russia. Mamma, votagli contro an<strong>che</strong> per me!”<br />

Ebbene, perdurando la guerra fredda a livello mondiale, ed essendosi incancrenita in<br />

Italia la lotta tra comunisti e democristiani, specialmente dopo le prime scoperte dei<br />

delitti commessi nel “triangolo della morte”, i film di Peppone e Don Camillo contribuirono<br />

certamente a raffreddare il clima arroventato tra comunisti e democristiani.<br />

Per la prima volta si affermava tra gli italiani una nuova forma di critica politica.<br />

Non più il sarcasmo mordace, pungente usato finora, ma l’ironia pacata, faceta della<br />

bonomia dello scrittore parmigiano sapientemente trasfusa nei film dai bravi registi.<br />

Se è vero <strong>che</strong> dopo la visione dei film molti comunisti oltranzisti uscivano piuttosto<br />

irritati, è altrettanto vero <strong>che</strong> per la maggior parte dei cattolici intelligenti lo spettacolo<br />

era davvero gratificante, oltre <strong>che</strong> divertente. A parte la grande simpatia suscitata<br />

dai due protagonisti, Don Camillo – Fernandel e Gino Cervi – Peppone, i colloqui<br />

tra il Crocifisso e l’energumeno parroco si svolgono sempre sul filo della più lineare<br />

ortodossia: le risposte del Cristo infatti, sono sempre permeate dal messaggio evangelico<br />

e costituiscono un rimprovero continuo e severo alle intemperanze caratteriali<br />

del sanguigno parroco di Bargello.<br />

E ciò, an<strong>che</strong> se qual<strong>che</strong> ottuso cristiano nei primi tempi mostrava una certa irritazione<br />

per il metodo adottato dallo scrittore e mantenuto nella trasposizione cinematografica<br />

dai registi: la forma colloquiale come tra comuni mortali. Grande è la simpatia<br />

<strong>che</strong> suscita Peppone, <strong>che</strong> pur aderendo ad un partito ateo, non esita nei momenti<br />

più critici a rivolgersi a Dio, come fa nella malattia del suo bambino.<br />

Nei vari film non mancano le occasioni in cui il sindaco Peppone mostra di agire sotto<br />

l’impulso della propria coscienza fuori da ogni s<strong>che</strong>ma politico proprio del suo partito.<br />

Specialmente nei primi film, quando la lotta politica in Italia era più accesa, il giudizio<br />

della Sinistra fu sferzante, ma successivamente, con l’attenuarsi della guerra<br />

fredda e il progressivo avvicinamento della Sinistra e della D.C. (il Compromesso storico)<br />

il giudizio si andò via via attenuando.<br />

Oggi da noi cattolici viene quasi unanimemente riconosciuto <strong>che</strong> i film, nelle intenzioni<br />

dello scrittore, oltre <strong>che</strong> proporsi la finalità propria di qualsiasi opera cinematografica<br />

(divertimento dello spettatore) ve n’era forse an<strong>che</strong> una pedagogica, se<br />

non apologetica. Il prete Don Camillo desidera <strong>che</strong> il suo Sindaco comprenda una<br />

buona volta l’assurdità di una dottrina nefasta sia sul piano sociale <strong>che</strong> su quello teologico:<br />

l’assurdità del comunismo ateo.<br />

E ancora oggi a me piace rivedere quei film, nei quali sempre più chiaramente si scopre<br />

l’ansia di mostrarci la bontà d’animo regnante nella Val Padana e il patto d’amore<br />

stretto dai due amici – nemici, i quali, pur su fronti diversi e contrapposti lottano<br />

insieme, ciascuno a modo suo, per il bene spirituale e materiale del loro popolo.<br />

Devo aggiungere <strong>che</strong> la frequente rivisitazione dei film mi ha indotto a leggere quasi<br />

tutti i libri di Guareschi an<strong>che</strong> quelli pubblicati postumi. E dalla loro lettura ho potuto<br />

riscontrare <strong>che</strong> da essi traspaiono sempre il senso della trascendenza e il sentimento<br />

del perdono imparato alla scuola del Vangelo.<br />

- 12 -


22 FILM<br />

MUSICALI<br />

IL CANTANTE DI JAZZ,<br />

Alan Crosland 1927<br />

CAPPELLO A CILINDRO,<br />

Mark <strong>San</strong>drich, 1935<br />

IL MAGO DI OZ,<br />

Victor Fleming, 1939<br />

FOLLIE D’INVERNO,<br />

George Stevens, 1938<br />

CANTANDO SOTTO LA PIOGGIA,<br />

Gene Kelly, 1953<br />

BULLI E PUPE,<br />

Joseph Mankiewicz, 1935<br />

UN AMERICANO A PARIGI,<br />

Vincente Minnelli, 1951<br />

WEST SIDE STORY,<br />

Robert Wise, 1961<br />

TUTTI PER UNO,<br />

Richard Lester, 1964<br />

FUNNY GIRL,<br />

William Wyler, 1968<br />

LES PARAPHUIES DE CHER-<br />

BOURG, J. Demy, 1964<br />

MY FAIR LADY,<br />

George Cukor, 1964<br />

TUTTI INSIEME APPASSIONA-<br />

TAMENTE, Robert Wise, 1965<br />

MARY POPPINS,<br />

Robert Stevenson, 1965<br />

CABARET,<br />

Bob Fosse, 1972<br />

JESUS CHRIST SUPERSTAR,<br />

Norman Jewison, 1973<br />

THE ROCKY HORROR PICTURE<br />

SHOW,<br />

Jim Sharman, 1975<br />

GREASE,<br />

Randal Kleiser, 1978<br />

THE BLUES BROTHERS,<br />

John Landis, 1980<br />

LA FEBBRE DEL SABATO SERA,<br />

John Badham, 1977<br />

FLASHDANCE,<br />

Adrian Lyne, 1983<br />

ALL THAT JAZZ,<br />

Bob Fosse, 1979<br />

PELLEGRINANDO IN TERRE FRANCESCANE:<br />

COME IN UN FILM<br />

<strong>San</strong>dro Morici<br />

Agli inizi di ottobre la parrocchia ha organizzato un pellegrinaggio tra l’Umbria e la Toscana: ho<br />

portato con me la solita attrezzatura fotografica, ho raccolto in una cartella del computer le varie<br />

immagini, cosicché ora posso rivedere, rivivere e condividere con voi la bella esperienza di quei<br />

giorni.<br />

Faccio sempre così, dopo un viaggio o dopo un qual<strong>che</strong> evento <strong>che</strong> mi piace memorizzare e sia<br />

la fotocamera <strong>che</strong> la cinepresa mi aiutano allo scopo, attraverso una sequenza temporale di mie<br />

inquadrature. Ebbene sì, con un pizzico di superbia, mi piace produrre il “mio cinema”, <strong>che</strong> è<br />

sostanzialmente una sommatoria di mie impressioni, di mie emozioni vissute in quel momento<br />

di registrazione. Peraltro, con l’avanzare degli anni, il cinema professionistico mi interessa sempre<br />

meno, forse perché fin qui ho visto troppi film di violenza, tra il filone della conquista del Far<br />

West, l’epopea della seconda guerra mondiale, i thriller della serie 007 e le storie catastrofi<strong>che</strong><br />

di fantascienza. Con questo non voglio demonizzare i meriti del cinema d’autore a sfondo sociale<br />

o il fantasioso mondo dei cartoni animati, verso i quali nutro profondo rispetto.<br />

Dico solo <strong>che</strong> l’hobby appassionato dell’immagine “fai da te” riesce a soddisfare la propria voglia<br />

di creatività. E poi ci sono an<strong>che</strong> altri motivi personali <strong>che</strong> risalgono alla mia educazione familiare,<br />

come per esempio la preferenza per il teatro con le sue interpretazioni dal vivo, rispetto<br />

al cinema ove prevale la componente della fiction, notoriamente artificiosa.<br />

Ma, al di là di queste digressioni sui gusti e le inclinazioni dei singoli in tema di rappresentazione<br />

per immagini delle cose della vita, vorrei ritornare a quanto accennavo all’inizio, descrivendo<br />

le tappe del recente pellegrinaggio parrocchiale di due giorni, attraverso proprio lo scorrere,<br />

passo dopo passo, dell’album delle foto scattate.<br />

La prima tappa è stata all’eremo di S. Francesco, posto sopra un’altura fuori Narni.<br />

Il panciuto padre Giuseppe ci racconta la storia del luogo con dovizia di dettagli, concludendo:<br />

“Io rimango qui, ma vi consiglio di andare al Sacro Speco, posto lassù in una spaccatura della<br />

montagna”. Una “salutare” passeggiata di un centinaio di gradini ci permette di visitare e di<br />

sostare in silenzio in un posto <strong>che</strong> invita alla preghiera semplice, spontanea, fatta col cuore, nel<br />

vero spirito del <strong>San</strong>to.<br />

Era la prima di tante altre soste successive <strong>che</strong> ci avrebbero fatto gustare l’”aria” del pax et<br />

bonum. Poi, ridiscendendo lungo l’Umbria verde, abbiamo raggiunto il monastero agostiniano di<br />

<strong>San</strong>ta Chiara della Croce di Montefalco. E qui siamo entrati nel vivo del pellegrinaggio, <strong>che</strong> aveva<br />

come filo conduttore la riscoperta di santità al femminile.<br />

Alcune suore ci parlano della vita della <strong>San</strong>ta (1268-1308), <strong>che</strong> entra nel reclusorio all’età di<br />

sei anni. Da grande è nominata superiora del monastero, divenendo guida per le altre sorelle.<br />

Ha tuttavia un periodo di aridità spirituale <strong>che</strong> è superato attraverso l’apparizione del Cristo sofferente<br />

<strong>che</strong> le confida: “Ho cercato un luogo forte per piantare questa croce: qui e non altrove<br />

l’ho trovato”. Alla morte di Chiara, <strong>che</strong> aveva vissuto un’intera vita apostolica ripetendo: “Io ajo<br />

Jesu Cristo mio crocifisso entro lo core mio”, proprio nel suo cuore si scoprono realmente i segni<br />

della Passione. Le suore <strong>che</strong> ci accolgono con l’usuale semplicità ci fanno comprendere quanto<br />

oggi la <strong>San</strong>ta rappresenti un esempio fulgido di dedizione e di unione con la <strong>passione</strong> d’amore<br />

di Gesù. Riprendendo il cammino, a Foligno, nella chiesa dei frati minori conventuali di S.<br />

Francesco, padre Alfonsi ci parla della beata Angela, coeva di S. Chiara da Montefalco. Già don<br />

Paolo ce l’aveva presentata come “mistica e poi apostola dei lebbrosi, donna sposata, madre e<br />

poi vedova, capace di donare tutta la sua vita al servizio dei fratelli”, fondando un Cenacolo di<br />

vita spirituale e di azione sociale. Donna, quindi, <strong>che</strong> dalle godurie della mondanità, compie uno<br />

straordinario percorso di conversione spirituale, allorché proclama a gran voce <strong>che</strong>…”se cerchi di<br />

essere perfetto nella via di Dio, non tardare a correre alla Croce di Cristo”.<br />

Con la beata Angela abbiamo rincontrato un altro esempio di persona <strong>che</strong> getta via le sue vesti<br />

al cospetto del Cristo crocifisso, provando gioia e consolazione e prendendo coscienza della<br />

responsabilità personale nella realtà delle Sue sofferenze.<br />

An<strong>che</strong> qui, di fronte all’urna con il corpo di Angela, abbiamo ritrovato il silenzio intimo per una<br />

preghiera autentica. La tappa seguente ci ha condotto a Città di Castello nel monastero delle<br />

suore cappuccine di <strong>San</strong>ta Veronica Giuliani, <strong>che</strong> già don Paolo ci aveva anticipato come “una<br />

delle grandi misti<strong>che</strong> della storia, <strong>che</strong> ebbe il dono delle stimmate e il suo cuore, alla morte,<br />

risultò trafitto da parte a parte”. Di nuovo, qui, prendiamo atto di un ulteriore modello di santità<br />

<strong>che</strong> fa riflettere sull’autentico valore dell’esistenza umana nel suo rapporto con il mistero della<br />

croce. L’intensa esperienza d’amore di <strong>San</strong>ta Veronica e il suo Diario manoscritto di 22.000 pagine,<br />

raccolte in 36 volumi, costituiscono “l’espressione più tipica del francescanesimo e della spiritualità<br />

cattolica del ‘700”.<br />

Noi, uomini del terzo millennio ne restiamo profondamente colpiti. Ma non basta, perché la gioiosa<br />

suor Maria Grazia, <strong>che</strong> ci fa da guida, ci permette di assaporare una commovente sensazione,<br />

allorché ci invita, uno alla volta, ad abbracciare materialmente il crocefisso con cui la<br />

<strong>San</strong>ta colloquiava. Personalmente ho provato un forte senso di piccolezza e, al tempo stesso, di<br />

protezione.<br />

Il pellegrinaggio veniva concluso nella chiesa di S. Francesco di Cortona. E’ già pomeriggio inoltrato<br />

e l’occhio della fotocamera ha il tempo di captare un bellissimo tramonto sulla rigogliosa<br />

campagna toscana.<br />

Durante la nostra peregrinatio (animae) il clima è stato mite, il tempo meteorologico è stato clemente,<br />

eppure… noi siamo rientrati a Roma pienamente inzuppati…sì, ma grondanti di “una<br />

pioggia di santità”, come ha voluto sottolineare il nostro parroco. L’album delle foto è ormai<br />

giunto alla sua ultima facciata: la richiudo delicatamente con una sensazione di appagamento,<br />

perché lì dentro rimane custodita una pagina gioiosa del film della mia vita.<br />

- 13 -


LETTERE IN REDAZION E<br />

UN PADRE CHE PERDONA,<br />

NON TIENE IN CONTO E DIMENTICA<br />

A circa centoventi chilometri da Roma, e a soli sette da Todi in Umbria, sorge il<br />

piccolo borgo di Collevalenza le cui origini vengono fatte risalire a diversi secoli a.C. Vi<br />

è un castello gotico e parecchi reperti ar<strong>che</strong>ologici <strong>che</strong> testimoniano la presenza di<br />

popoli antichi, ma il paese è conosciuto soprattutto per il <strong>San</strong>tuario dell’Amore<br />

Misericordioso, eretto per volere di Madre Speranza di Gesù (<strong>San</strong>tomera, Spagna,<br />

30/9/1893 – Collevalenza 8/2/1983). Madre Speranza di Gesù, al secolo Maria Josefa<br />

Alhama Valera, fu una suora spagnola privilegiata da Dio <strong>che</strong> la arricchì – per il bene<br />

di tutti – di numerosi e straordinari doni, e le affidò la missione di annunciare a tutti<br />

la Sua misericordia come unica àncora di salvezza, tanto per i peccatori più incalliti<br />

quanto per le persone c.d. “normali”. Nel Decreto della Congregazione delle Cause dei<br />

<strong>San</strong>ti con il quale fu dichiarata venerabile nel 2002 si legge infatti <strong>che</strong>: “…La sua missione<br />

quotidiana – come ella stessa ha scritto – fu di annunciare a tutti <strong>che</strong> ‘an<strong>che</strong> l’uomo<br />

più perverso, il più miserabile ed abbandonato, è amato da Gesù con tenerezza<br />

immensa. Gesù è per lui un padre e una tenera madre’”. Ben presto Madre Speranza<br />

capì <strong>che</strong> Dio voleva affidarle la missione di far conoscere Dio “non come un Padre sdegnato<br />

per le ingratitudini dei suoi figli, ma come un Padre buono <strong>che</strong> cerca con ogni<br />

mezzo di confortare, aiutare e far felici i propri figli; <strong>che</strong> li segue e li cerca con amore<br />

instancabile, come se non potesse essere felice senza di loro.” Madre Speranza, di cui<br />

è in corso la causa di beatificazione, fu una religiosa di elevatissima spiritualità.<br />

Ricordo, in sintesi ed in maniera del tutto incompleta, quanto segue.<br />

Dal primo venerdì di Quaresima del 1928 ebbe il dono delle stigmate; sempre nel 1928<br />

ebbe un sudore di sangue come Gesù nel Getsemani; nel 1959 Gesù la associò ai dolori<br />

della Crocifissione; nel 1960 le fece vivere quelli della flagellazione; per lungo tempo<br />

ebbe la visione quotidiana di Gesù (cfr. il volume “Madre Speranza” di P. Mario Gialletti,<br />

Ed. L’Amore Misericordioso, 2002). Dopo aver voluto Madre Speranza a Collevalenza<br />

nel 1951, Gesù le ordinò di realizzare alcune piscine per il bagno dei malati e le indicò<br />

Lui stesso il punto dove avrebbe trovato l’acqua necessaria. Iniziati il 1° febbraio<br />

1960, i lavori terminarono il 1° dicembre dello stesso anno; l’acqua fu trovata a 122<br />

m. di profondità, nel punto esatto indicato dalla Madre, dopo aver superato grosse difficoltà.<br />

Lo scopo ed il significato dell’acqua furono chiariti, secondo quanto riportato<br />

dalla Madre, da Gesù stesso durante un’estasi del 3 aprile 1960 con queste parole:<br />

“Decreto. A quest’acqua e alle piscine va dato il nome del mio <strong>San</strong>tuario. Desidero <strong>che</strong><br />

tu dica, fino ad inciderlo nel cuore e nella mente di tutti coloro <strong>che</strong> ricorrono a te, <strong>che</strong><br />

usino quest’acqua con molta fede e fiducia e si vedranno sempre liberati da gravi infermità;<br />

e <strong>che</strong> prima passino tutti a curare le loro povere anime dalle piaghe <strong>che</strong> le affliggono<br />

per questo mio <strong>San</strong>tuario dove li aspetta non un giudice per condannarli e dar<br />

loro subito il castigo, bensì un Padre <strong>che</strong> li ama, perdona, non tiene in conto, e dimentica”<br />

.La Madre stessa ha precisato <strong>che</strong> l’acqua, dono dell’ Amore Misericordioso di Dio<br />

verso i propri figli, avrebbe liberato i fedeli da gravissime malattie dello spirito (il peccato<br />

mortale e veniale) e del corpo (tra le quali tumori, paralisi, leucemie). Ovviamente<br />

l’acqua di per sé non ha alcun potere; è solo un simbolo. E’ Dio <strong>che</strong>, nel suo amore per<br />

noi, compie i miracoli. Nel marzo del 1979 la Chiesa ha autorizzato la pratica della<br />

immersione nelle Piscine, <strong>che</strong> è preceduta da una breve liturgia presieduta da un<br />

sacerdote, e si svolge con modalità piuttosto simili a quella <strong>che</strong> avviene a Lourdes.<br />

Attualmente è possibile nei seguenti giorni ed orari: da marzo a ottobre il lunedì alle<br />

10,30, il giovedì alle 16,00 e il sabato alle 15,30; da novembre a febbraio soltanto il<br />

lunedì e il sabato negli stessi orari. Chi non si vuole immergere, può in qualsiasi giorno<br />

della settimana attingere l’acqua dalla fontana, bere, lavarsi il viso, portare via l’acqua<br />

come vuole. Chiunque volesse approfondire l’argomento, qui trattato in estrema<br />

sintesi, riguardo a Madre Speranza, al <strong>San</strong>tuario ed all’acqua delle piscine, troverà le<br />

più ampie notizie ed informazioni sul sito istituzionale del <strong>San</strong>tuario:<br />

www.collevalenza.it<br />

LUIGI GUIDI<br />

5 Grandi Registi :<br />

FELLINI HITCHCOCK TRUFFAUT SPIELBERG SCORSESE<br />

- 14 -<br />

CHE PALPITO VIENE SE<br />

ASCOLTI LA PREDICA!<br />

(Pensieri tratti dalle omelie di don Paolo)<br />

TUTTI I SANTI<br />

2010<br />

I <strong>San</strong>ti sono persone <strong>che</strong>, nella loro piena<br />

umanità, credono nella Provvidenza.<br />

Dio attraverso la Grazia costruisce l’architettura<br />

della nostra anima.<br />

La tribolazione per amore dei fratelli è rappresentata<br />

dalla veste rossa, colore del martirio,<br />

<strong>che</strong> si trasforma nella veste bianca della fedeltà<br />

e del riposo in Dio.<br />

2009<br />

Le Beatitudini più attuali oggi: Beati coloro<br />

<strong>che</strong> hanno sete e fame di giustizia: l’ansia di<br />

giustizia è un’aspirazione <strong>che</strong> caratterizza i<br />

nostri tempi. Beati i puri di cuore: affinché Dio<br />

possa abitare in noi, eliminiamo tutto ciò <strong>che</strong><br />

impedisce la Sua presenza, ponendo delle sentinelle<br />

a guardia del nostro cuore. Beati i miti,<br />

in contrapposizione all’odierna cultura del litigio.Il<br />

Paradiso è il luogo in cui si vede senza<br />

fine, si ama senza noia, si loda senza stan<strong>che</strong>zza<br />

(S.Agostino).<br />

2008<br />

Apriamo la finestra del Paradiso, an<strong>che</strong> se<br />

dobbiamo rimuovere qual<strong>che</strong> ragnatela, e<br />

scorgiamo una moltitudine di genti di ogni provenienza<br />

e cultura in contemplazione di Dio.<br />

Il Paradiso in terra è il desiderio di vedere Dio,<br />

l’Inferno è la mancanza del desiderio di Dio.<br />

L’Eucarestia è un anticipo di Paradiso.<br />

Se apriamo la finestra della cultura di oggi,<br />

vediamo la morte, ma se non ce la facciamo a<br />

guardare in alto, c’è sempre l’ascensore<br />

dell’Amore di Dio <strong>che</strong> ci porta in Paradiso!<br />

2007<br />

La vita dei <strong>San</strong>ti è un viaggio nel Vangelo. Il<br />

Vangelo è vita, Dio è tutto!<br />

L’equilibrio nella nostra vita sta nel coniugare<br />

il desiderio del cielo e la voglia di vivere.<br />

2006<br />

I <strong>San</strong>ti hanno riconosciuto il primato di Dio<br />

nella loro vita. I <strong>San</strong>ti sono ripieni della pace<br />

di Dio, ma an<strong>che</strong> noi possiamo esserlo.<br />

Lode, onore, gloria, sapienza, grazia, potenza<br />

di Dio: possiamo pronunciare queste parole<br />

ogni giorno della nostra vita, così come le canteremo<br />

contemplando Dio, nella gloria dei<br />

cieli! Abbiamo il Regno di Dio nel cavo della<br />

nostra mano!<br />

MIRIAM AIELLO


LETTERE IN REDAZIONE<br />

DANNY PARKER E<br />

LA MINACCIA VIRTUALE<br />

di Davide Pigliacelli<br />

Il mio romanzo “DANNY PARKER E LA MINAC-<br />

CIA VIRTUALE” torna con la Herald H.E.<br />

Editore! Dopo essere stato premiato in<br />

Campidoglio quest’anno sono sponsorizzato<br />

dal Comune di Roma. Fino a Gennaio 2011<br />

parte dei ricavati delle vendite va in beneficienza<br />

all’Infocarcere. Tutto ciò è possibile grazie<br />

all’Interessamento di Gilberto Casciani, consigliere<br />

alla Regione Lazio impegnato nel sociale<br />

da trent’anni. La nuova edizione parteciperà<br />

alla fiera del libro e mercoledì 8 Dicembre sarà<br />

presentata nella Sala Smeraldo al palazzo dei<br />

congressi in zona Eur dalle 19.00 alle 20.00.<br />

Terrò la conferenza con l’aiuto di alcuni miei<br />

amici, celebrità del doppiaggio italiano come<br />

Alessio Puccio, voce di Harry Potter, i quali<br />

cureranno le letture dal vivo. Con la serie di DANNY PARKER rivoluziono la fantasia,<br />

facendone un mezzo efficace per trasmettere in chiave moderna i principi del<br />

Cistianesimo alle nuove generazioni con un incisività mai tentata prima! Con il<br />

gioco, i sentimenti e le avventure passo messaggi volti a motivare i ragazzi e a renderli<br />

responsabili, tanto <strong>che</strong> gli stessi protagonisti delle vicende sono a loro volta<br />

adolescenti. Il libro è tuttavia an<strong>che</strong> per grandi e piccoli.<br />

Un’altra novità è l’unione dei generi. DANNY PARKER racchiude in sé i gusti di<br />

tutti, unendo fantasy, fantascienza, romanticismo e avventura. Quì i personaggi<br />

delle fiabe a volte lasciano da parte spada e cavallo per indossare jeans e occhiali<br />

da sole. Ecco <strong>che</strong> il famoso giovane elfo lo ritroviamo in scarpe da ginnastica a<br />

parlare di ragazze su una navetta spaziale. Impossibile rimanere delusi ! Invito<br />

tutti i lettori alla conferenza. Ciascun partecipante riceverà una copia omaggio del<br />

libro. Per chi vuole acquistare il racconto il costo è di soli 10 Euro per 250<br />

pagine di avventure. Ordinalo on-line alla Herald H.E. Editore! Sul blog<br />

www.myspace.com/davidepigliacelli troverai interviste e curiosità con file audio<br />

curati da celebri doppiatori <strong>che</strong> riconoscerai dai tuoi personaggi preferiti<br />

del cinema.<br />

L’AUTORE: Davide Pigliacelli , studente alla Facoltà per mediatori linguistici, è<br />

non vedente dall’età di dieci anni. Il romanzo, pieno di fantasia, è ispirato ai<br />

racconti di Harry Potter della scrittrice inglese J.K. Rowling, colei <strong>che</strong>, secondo le<br />

stesse parole dell’autore, ha reso “la sua adolescenza magica” e trasformato i<br />

suoi sogni nella creazione delle avventure di questo nuovo giovane eroe.<br />

GLI STUDENTI GIURATI<br />

AL FESTIVAL DEL CINEMA DI ROMA<br />

Da ormai cinque anni nel periodo tra ottobre e novembre l’Auditorium di Roma<br />

ospita il Festival Internazionale del Film. Quello <strong>che</strong> rende speciale questo festival<br />

e lo distingue dagli altri è la sezione per ragazzi “Alice nella città” nella quale<br />

si trova, appunto, una giuria di soli ragazzi. Per entrare a far parte della giuria,<br />

<strong>che</strong> comprende ragazzi dagli otto ai diciassette anni, ogni anno viene indetto un<br />

concorso nel quale si richiede ai ragazzi delle scuole romane di inviare la recensione<br />

di un film entro maggio. Ci sono due sezioni di giovani giurati : quelli dagli<br />

8 anni ai 13 anni e i più grandi, dai 14 ai 18. Sono stata selezionata e il 27 ottobre<br />

sono approdata nel magico mondo del cinema. E’ stata una fantastica avventura<br />

! Trascorrevamo l’intera giornata nell’Auditorium, ed era impossibile annoiarsi<br />

poiché passavamo da una proiezione all’altra, a un Red Carpet, ad incontri con<br />

attori o registi e persino ad interviste Tv o radiofoni<strong>che</strong>. La sera dormivamo in<br />

albergo e da questo stretto contatto quotidiano è subito nato un ottimo rapporto<br />

ed intendimento tra noi giurati. Ogni giorno assistevamo alla proiezione almeno<br />

di un film e sempre in lingua originale, la qual cosa io penso sia molto importante<br />

poiché aiuta ad entrare meglio nell’atmosfera del film ed a coglierne l’essenza.<br />

Dopo la proiezione avevamo il compito di fare una votazione con voto da uno<br />

a a cinque. Particolarmente interessanti erano gli incontri con le delegazioni dei<br />

film, dai quali emergevano approfondimenti importanti. Vi era an<strong>che</strong> la possibilità<br />

di condividere ciascuno il proprio punto di vista in intense e ric<strong>che</strong> discussioni<br />

gestite dall’équipe <strong>che</strong> era quasi sempre al nostro fianco e con competenza ci aiutava<br />

a comprendere an<strong>che</strong> i film meno … facili. E’ stata un’esperienza unica <strong>che</strong><br />

ogni giovane dovrebbe avere la possibilità di sperimentare, ricca di incontri con<br />

personaggi famosi o meno, di emozioni, riflessioni. Una piena e totale immersione<br />

nel magico mondo del cinema.<br />

CAMILLA PARIS<br />

(17 anni, Liceo Pasteur)<br />

- 15 -<br />

RICORDI DI UNA MAESTRA<br />

Durante il mio lungo periodo<br />

d’insegnamento ho imparato a<br />

conoscere a fondo l’animo dei<br />

ragazzi e a comprendere quanto<br />

incida sulla loro personalità la<br />

condizione familiare. Era quello<br />

il periodo in cui cominciava la<br />

crisi della famiglia. Molti genitori<br />

erano separati, svolgevano<br />

attività di lavoro impegnative<br />

e avevano scarsa disponibilità<br />

di tempo per i propri figli.<br />

Illudendosi di stare a posto con<br />

la coscienza, si preoccupavano<br />

soltanto di farli vivere in<br />

ambienti confortevoli, comprando<br />

loro tante belle cose materiali,<br />

senza rendersi conto <strong>che</strong> questa<br />

condizione privilegiata non<br />

appagava il bisogno d’affetto dei<br />

propri figli. Ricordo <strong>che</strong> un anno,<br />

in prossimità del Natale, festa<br />

della famiglia, rimasi colpita dai<br />

sentimenti espressi a riguardo<br />

da un bambino di nome Davide<br />

nello svolgimento del tema assegnato.<br />

I suoi genitori erano<br />

separati e spesso in viaggio<br />

all’estero. Lo incontravano poco<br />

e, quando lo facevano, lo riempivano<br />

di regali, tra l’invidia dei<br />

suoi compagni. Provai tanta<br />

tenerezza leggendo nel suo<br />

tema una precoce maturità scaturita<br />

da una condizione di dolore<br />

per carenza d’affetto, assolutamente<br />

non appagato dai tanti<br />

doni materiali. Si sentiva un<br />

ragazzo tanto infelice rispetto ai<br />

compagni <strong>che</strong> trascorrevano le<br />

feste e i fine settimana con i propri<br />

genitori. Invidiava il figlio del<br />

guardiano della sua villa e nella<br />

preghiera a Gesù Bambino trapelava<br />

quasi un risentimento per<br />

non essere nato lui in quella<br />

famiglia povera ma felice. Per<br />

stimolare l’interesse dei ragazzi<br />

e suscitare emulazione al fine di<br />

migliorare e arricchire le capacità<br />

espressive, era mia abitudine<br />

far leggere i temi svolti in classe<br />

ad ogni bambino. Ebbene la lettura<br />

del tema di Davide suscitò<br />

la meraviglia di tutti i compagni<br />

<strong>che</strong> fino a quel momento lo avevano<br />

ritenuto il più fortunato. La<br />

mancanza di affetto traspariva<br />

in tutti gli atteggiamenti del<br />

ragazzo, sempre alla ricerca di<br />

chi gli facesse una carezza e gli<br />

dimostrasse tenerezza. La mattina<br />

puntualmente mi aspettava<br />

all’ingresso dell’istituto per<br />

salutarmi per primo e gioiva di<br />

entrare in classe portato per<br />

mano da me. Quando, per non<br />

far torto a nessuno, riservavo lo<br />

stesso trattamento a qual<strong>che</strong><br />

altro alunno, la sofferenza di<br />

Davide era tale da commuovere.<br />

Durante la ricreazione si avvicinava<br />

alla cattedra per attirare la<br />

mia attenzione ed accertarsi <strong>che</strong><br />

l’insegnante fosse ben disposta<br />

verso di lui.<br />

ELENA SCURPA


ASSOCIAZIONE AMICI<br />

DAGAMA HOME<br />

In Zambia sono attualmente presenti<br />

circa 100 Suore francescane<br />

missionarie di Assisi tra le quali vi<br />

sono due Suore italiane <strong>che</strong> vivono<br />

lí da moltissima anni. Tale comunità<br />

è interamente dedita a portare<br />

un concreto aiuto alle varie comunità<br />

locali. Dagama Home è il nome<br />

dato ad una loro missione <strong>che</strong> si<br />

trova a Luanshya, nel nord dello<br />

Zambia, nella regione del<br />

Copperbelt dove vivono, dirette da<br />

Suor Sabine Mwamba, circa 20<br />

suore (tra le quali l'italiana Suor<br />

Ilaria, in Zambia da oltre 40 anni) e<br />

all'interno della quale vi è una<br />

scuola "for disabled children" (per<br />

bambini portatori di handicap).<br />

La scuola, diretta da Sister<br />

Christine Chupe con l'apporto di<br />

insegnanti zambiani, integra an<strong>che</strong><br />

bambini e ragazzi "abili" e li prepara<br />

fino alla maturità, <strong>che</strong> in Zambia<br />

è più o meno a 18 anni.<br />

L'Associazione Amici di DaGama<br />

Home nasce, nel 2007, su iniziativa<br />

di dieci laici romani guidati da don<br />

Paolo Tammi. Dopo il suo primo<br />

incontro, don Paolo ha fatto conoscere<br />

la Missione ai propri parrocchiani<br />

della Balduina e ad alcune<br />

persone della sua ex parrocchia di<br />

<strong>San</strong> Giovanni Crisostomo, a Talenti.<br />

Si sono, quindi, sviluppate varie<br />

iniziative per portare un aiuto concreto<br />

a questa comunità. In particolare<br />

è stato dato corso alla cosiddetta<br />

"adozione a distanza" <strong>che</strong><br />

prevede il versamento, da parte dei<br />

genitori adottivi, di una modesta<br />

cifra mensile al fine di fornire ai<br />

bambini adottati un aiuto concreto<br />

per le loro necessità primarie<br />

(vitto, vestiario ed altro), per quelle<br />

della loro famiglia e per lo studio.<br />

La scelta dei bambini da sostenere<br />

viene curata direttamente<br />

dalle suore della Missione <strong>che</strong> li<br />

individuano in base alle loro reali<br />

condizioni di vita e sociali, spesso<br />

molto precarie. Ad oggi i bambini<br />

adottati a distanza sono migliaia di<br />

cui circa 370 a cura della nostra<br />

parrocchia.<br />

Almeno due volte all'anno un gruppo<br />

di "Amici di DaGama Home" si<br />

reca sul posto al fine di verificare lo<br />

sviluppo dei progetti finanziati, per<br />

individuare la possibilità di nuovi<br />

interventi e aiuti, per incontrare e<br />

fotografare tutti i bambini adottati<br />

e poter, quindi, al proprio rientro in<br />

Italia, aggiornare e relazionare<br />

tutte le persone <strong>che</strong> hanno contribuito<br />

a queste attività.<br />

AMICI DAGAMA HOME<br />

info@amicididagama.it<br />

www.amicididagama.it<br />

TEMA DEL PROSSIMO NUMERO<br />

DIVERSO, DA CHI ?<br />

La diversità fisica e quella mentale.<br />

Che cosa ne sappiamo? Che cosa facciamo?<br />

Che cosa potremmo fare? Associazioni religiose<br />

e lai<strong>che</strong>. Difficoltà logisti<strong>che</strong> e prati<strong>che</strong>.<br />

Il ruolo dei genitori, dei parenti, degli amici,<br />

degli insegnanti, degli operatori.<br />

Inviate i vostri lavori<br />

entro il 7 dicembre a:<br />

arrivanoinostri@fastwebnet.it<br />

ASSOCIAZIONE AMICI DI<br />

DAGAMA HOME<br />

Aiutateci con il vostro contributo!<br />

Banca Intesa S. Paolo filiale 1679<br />

Associazione amici di DaGama Home<br />

IBAN: IT26V0306905071100000003095<br />

Causale: Contributo per i bambini zambiani<br />

www.amicididagama.it<br />

GRAZIE, ANGELO,<br />

PER IL NUOVO CARTELLONE!<br />

Entrando da via Friggeri è possibile vedere il<br />

nuovo grande cartellone a colori con tutte le<br />

attività presenti nella nostra parrocchia,<br />

completo di informazioni, nominativi e<br />

telefoni. Il lavoro, davvero ben fatto, è opera<br />

del nostro Angelo Fabbrocini, rappresentante<br />

del Consiglio Sinodale. Evviva Angelo!<br />

- 16 -<br />

ERRATA CORRIGE<br />

L’articolo “Il nostro grest” dello<br />

scorso numero di Ottobre, è stato<br />

erroneamente firmato Monica<br />

Cantore mentre il cognome esatto<br />

è invece Chiantore. Scuse quindi a<br />

Monica e a tutta la sua famiglia.<br />

Sempre nello stesso articolo al<br />

nostro correttore di bozze è sfuggita<br />

la parola errata “risposarsi”<br />

laddove s’intendeva invece “riposarsi”.<br />

Scuse an<strong>che</strong> per questo.

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!