cover_parole in transito_def_Layout 1 - WRITING THEATRE at school

Parole
in transito
TRACCE DI GIOVANI
INVISIBILI
A cura di
Federica D’Armini
Daniela De Lillo
Alina Gavrilita
Elias Rafail

I edizione ottobre 2011
© 2011 Elliot Edizioni s.r.l.
via Isonzo 34, 00198 Roma
Tutti i diritti riservati
Il presente progetto è finanziato con il sostegno della Commissione europea.
L’autore è il solo responsabile di questa pubblicazione e la Commissione declina ogni responsabilità sull’uso
che potrà essere fatto delle informazioni in essa contenute.
This project has been funded with support from the European Commission.
This publication reflects the views only of the author, and the Commission cannot be held responsible
for any use which may be made of the information contained therein.
Traduzione dal greco all’inglese: Linda Zanni
Traduzione dal rumeno all’inglese: Nicoleta Bos¸nigeanu
Traduzione dall’italiano all’inglese: Heather Milligan
Traduzione dall’inglese all’italiano: Giuseppe Maugeri e Manuela Francescon
Cover design: Laura Oliva
www.elliotedizioni.com

Parole
in transito
TRACCE DI GIOVANI
INVISIBILI
A cura di
Federica D’Armini
Daniela De Lillo
Alina Gavrilita
Elias Rafail

Modi differenti per ricercare la medesima strada: quella che conduce alla scoperta
delle possibilità per resistere, far fronte, trasformare, sviluppare e costruire […] un
percorso, una comunità, una società civile capace di integrare le differenze e le uguaglianze
nel rispetto di tutti e di ciascuno.
Different ways of searching for the same path: the one leading to the discovery of one’s ability
to resist, cope, transform, develop and build… a path, a community, a civil society capable
of integrating the diversity and equality of each and every one of its members.
ELENA MALAGUTI, Articolazioni teoriche della resilienza, in Costruire la resilienza. La
riorganizzazione positiva della vita e la creazione di legami significativi, a cura di B.
Cyrulnik ed E. Malaguti, Edizioni Erickson, Trento, 2005.

Prefazione
I testi raccolti nella presente pubblicazione rappresentano l’esito del percorso
di formazione che 157 giovani 1 – di età compresa tra i dodici e i venticinque anni
– e 61 operatori 2 hanno intrapreso all’interno dei Laboratori sulle Teorie e Tecniche
di scrittura teatrale e rappresentazione realizzati nell’ambito del progetto transnazionale
di Trasferimento dell’Innovazione (ToI) «Writing Theatre», co-finanziato
dalla Comunità Europea attraverso il Programma di Apprendimento Permanente
(LLP) – Programma settoriale Leonardo da Vinci (2009-2011).
L’intervento è stato sviluppato su tre contesti nazionali (Italia, Grecia e Romania)
e relativi territori locali e regionali: in Italia sono state coinvolte le regioni
Trentino Alto Adige, Lazio e Basilicata; mentre in Grecia e Romania sono state
coinvolte le aree territoriali comprese, rispettivamente, da Atene e Bucarest.
Tutti i testi proposti derivano da trame e racconti concepiti da giovani autori selezionati
attraverso la pubblicazione di un bando. I testi vincitori sono stati successivamente
rielaborati e riadattati nell’ambito dei Laboratori, attraverso la collaborazione
tra i formatori Writing Theatre (formati nell’ambito dello stesso progetto)
e i giovani autori partecipanti. Il lungo lavoro realizzato ha prodotto testi individuali
e collettivi che disegnano storie, a volte oniriche e a volte legate al vissuto quotidiano
o al contesto sociale degli autori, ambientate in luoghi lontani o sospesi nel
tempo, all’interno di una scuola o di una famiglia, secondo stili molto diversi. Sono
monologhi, poesie, canzoni, brevi o lunghe pièces teatrali, «visioni o quadri».
5

La prima parte di questa pubblicazione è dedicata ai giovani autori italiani – si
tratta a volte di stranieri residenti in Italia. I testi vengono proposti sia in originale,
sia in versione inglese.
La seconda parte presenta i testi elaborati all’interno dei Laboratori realizzati in
Grecia, sia in versione originale, sia in inglese e italiano.
Infine, l’ultima parte è dedicata agli scritti dei giovani autori romeni, anch’essi
in versione originale, inglese e italiana.
A tutti i ragazzi e agli operatori che li hanno supportati e seguiti va il nostro ringraziamento
per aver dedicato a noi tempo prezioso e aver reso Writing Theatre
un’esperienza umana e di vita, possibile.
Note
1. Tra i quali: dropouts, studenti a rischio di abbandono, studenti scuole superiori, immigrati,
disoccupati, giovani con disabilità mentali, giovani a rischio (dipendenza da droghe,
criminalità).
2. Tra cui Psicologi, Educatori, Insegnanti, Orientatori e Assistenti Sociali operativi
presso: ONG, Scuole secondarie superiori, Centri di assistenza, recupero e reinserimento
(che si occupano di adulti e minori con disabilità mentali, delinquenza minorile, giovani
dipendenti da droghe, donne e bambini), Servizi sociali che si occupano di disoccupati, immigrati
e rifugiati, Centri di assistenza sanitaria territoriali, Case famiglia, Agenzie per l’orientamento
e la formazione, Centri Giovani.
6

Introduzione
E poi […] vennero i testi dei ragazzi […]. E sorridi, pensando alla fatica di appoggiare
la penna sul foglio bianco, di metterti in gioco raccontando il percorso fatto, il viaggio.
Sì, il viaggio potrebbe essere un buon contenitore, in fondo tutti siamo alla ricerca
di qualcosa che ci spinga ad affrontare una nuova esperienza, per comprendere e
scoprire noi stessi, luoghi che non ci appartengono, culture lontane e diverse. I testi
proposti erano tanti […] ma era necessario un loro riadattamento, era il momento di
utilizzare quanto avevamo appreso […]. E si parte […] dai testi che hanno scritto i ragazzi.
I racconti, proprio come i loro autori, sono molto diversi tra loro, per storia, stile,
ambientazione […]. La lettura richiede più attenzione del previsto: cosa valorizzare?
Quali stimoli fornire? Come giungere a elaborare un solo «atto unico»? […]. Dovevamo
giocare con le parole e con i personaggi, farli vivere e plasmarli rispettando il
senso e lo stile che l’autore aveva dato alla storia […]. E lentamente, attraverso la nostra
penna, la trama ha preso vita, i personaggi, i luoghi, le dinamiche erano davanti
a noi. Stava avvenendo la trasformazione: da formati a formatori […]. Trasmettere
quanto avevamo appreso è stata la parte più difficile ed emozionante del percorso.
Tutto quello che avevamo sperimentato sulla nostra pelle, doveva essere messo al loro
servizio. […] Ci rimbocchiamo le maniche. Ci confrontiamo con i ragazzi.
[Estratti dai Diari di Bordo degli operatori Writing Theatre coinvolti nei Laboratori
realizzati in Italia]
Non è la prima volta – e, speriamo, non sarà l’ultima – che storie e racconti di giovani
che sperimentano la propria capacità comunicativa vengono collazionati e va-
7

lorizzati in una pubblicazione a stampa. Ma non è altrettanto frequente che un simile
risultato sia raggiunto in esito a un percorso di maturazione che coinvolge gli
autori e i propri mentori in un processo di apprendimento continuo e reciproco.
Un processo che non nasce in una redazione, che non coinvolge solo professionisti,
che si realizza in un contesto di cooperazione transnazionale. Un processo
che prende avvio dallo scambio e dalla condivisione di esperienze, riflessioni e prospettive
tra persone – poiché le strutture sono fatte di persone – che hanno scelto
e portato avanti un percorso professionale diverso (editori, ricercatori, attori, formatori,
operatori sociali, orientatori) e che nonostante la distanza geografica, culturale
e linguistica (tre Paesi – Italia, Grecia e Romania – e quattro lingue – italiano,
inglese, greco e romeno) hanno deciso di condividere una nuova sfida.
Chi conosce il duro lavoro della progettazione e l’ancor più arduo compito della
realizzazione di un progetto, conosce la difficile e lunga tessitura di reti e relazioni
che esso implica, comprende la sfida sottesa al disegnare scenari possibili che
devono essere concretamente «fattibili e sostenibili».
Nel nostro caso, siamo stati spinti dalla volontà di intervenire per riproporre e
riaffermare – implicando ripensare noi stessi e stimolare gli altri a riconsiderare –
l’efficacia e la validità di metodi e strumenti che promuovono la cooperazione e la
«contaminazione» tra il contesto educativo-formativo informale e quello formale.
Metodologie (cui sono associati fondamenti teorici, tecniche e strumenti specifici)
che si inseriscono nel più ampio quadro delle pratiche che hanno come obiettivo
il recupero o re-inserimento di soggetti a rischio di esclusione socioeconomica
e occupazionale (siano essi giovani o adulti) e che sono basate su una categoria
pedagogica ormai ampiamente riconosciuta: l’assunzione della cura del sé. E
nonostante tale riconoscimento sia testimoniato da tanta letteratura centrata sul
ripensamento delle discipline pedagogiche, formative e psicologiche, tali pratiche
e metodi (tra cui possiamo citare la narrazione, l’autobiografia, le storie di vita
quali tecniche da anni applicate anche nell’educazione degli adulti), sono ancora
oggi «osservate con sospetto» – sia dai sistemi e servizi preposti (educativi, formativi,
socio assistenziali, ecc.), sia dai professionisti di settore (docenti, formatori,
counsellors, ecc) – adottate raramente o in modo discontinuo o, a volte, applicate
in modo poco professionale, con il rischio che, in prospettiva, continuino a rappresentare
«un’alternativa» poco affidabile o credibile solo agli occhi di «pochi».
Il terreno di gioco che abbiamo scelto per la nostra sfida è il Teatro per l’inclusione
sociale, vale a dire l’applicazione, in chiave pedagogico-formativa, delle tecniche
di scrittura e recitazione proprie del Teatro Sociale. Di conseguenza, il
contesto (setting) didattico adottato è stato il Laboratorio, in quanto rimanda alla
sperimentazione e al learning by doing in un luogo diverso dall’aula, organizzato
come una comunità di pratiche fondata sulla scoperta e valorizzazione delle
8

capacità riflessive, auto-riflessive e attuative degli individui (giovani e adulti) che
ne fanno parte.
In un panorama generale di riscoperta che lo sviluppo sociale ed economico di
un Paese è strettamente connesso alla crescita personale e professionale dei singoli
individui, riportare l’attenzione su pratiche basate sull’utilizzo e promozione
delle capacità «altre» (creative e riflessive) – attivabili per individuare risposte originali
rispetto a problemi esistenti – e il loro applicarle in contesti di apprendimento
che valorizzino il confronto e la sperimentazione su base esperienziale (il laboratorio)
consente di riaffermare:
• la centralità del formando in quanto individualità irripetibile, la cui «cura» richiede
necessariamente la disponibilità di servizi formativi, educativi e di orientamento
in grado di valorizzarne anche le conoscenze apprese in contesti
informali e non formali di apprendimento;
• la necessità di integrare e aggiornare ruoli e competenze dei «mediatori» della
formazione e degli operatori di orientamento, in modo tale che essi stessi nell’apprendere
collaborino proattivamente alla co-costruzione del sapere di altri,
in qualità di facilitatori di processi (il facilitatore organizza e gestisce la formazione
costruendo una relazione maestro-allievo diversa da quella prevista nei
modelli didattici tradizionali, in cui si dà voce a chi apprende e lo si considera
autonomo e responsabile del proprio apprendimento e sviluppo);
• l’esigenza di ritarare i processi educativi e formativi applicando una logica che
promuova la cooperazione e integrazione tra figure, competenze e attorialità
diverse, appartenenti allo stesso sistema.
L’ambito formativo che abbiamo scelto è la scrittura, e in particolare quella teatrale,
in quanto implica la visione di uno spazio (quello scenico) che rimanda non solo
all’individuo, ma anche alla collettività (il contesto, il pubblico o i lettori) e al
gruppo (quello con cui si lavora all’interno di un laboratorio o su un palco).
Scrittura, lettura, riflessività, disciplina, lavoro di gruppo, comunicazione, lingua
e linguaggio (verbale e paraverbale), collaborazione, partecipazione, scambio e
confronto, sono «competenze» a cui tutti, giovani o adulti, studenti o professionisti,
dobbiamo saper ritornare, imparare e re-imparare per tutto il corso della vita.
9

Preface
The scripts collected in this book are the result of a training course whose participants
included 157 young people 1 – ranging from 12 to 25 years old – and 61
professionals 2 who took part in a series of workshops on the Theory and Techniques
of Theatre Writing and Performance as part of the Transnational project of
Transfer of Innovation (ToI) «Writing Theatre», co-funded by the European
Community through the Lifelong Learning Programme (LLP) – Leonardo da
Vinci (2009-2011) sub-programme.
The project has been implemented in three different national contexts (Italy,
Greece And Romania). In Italy have been involved the Trentino Alto Adige,
Lazio and Basilicata Regions while in Greece and Romania were involved Athens
and Bucharest and their respective surrounding regions.
All of the scripts presented come from plots and stories created by young authors
and were selected after the publication of an announcement. The winning
scripts were subsequently reworked and readapted during a series of workshops
through the collaboration of Writing Theatre Trainers (trained through the
same project) and the participating young authors. The outcome of their extensive
hard work are individual and collective works that sketch out stories, at
times dreamlike and at others expressions of the daily life or the social context of
the authors, set in faraway places or places frozen in time, inside a school or a
family, using a variety of different writing styles. There are monologues, poems,
songs, short and long theatrical pieces, «visions and portraits».
10

The first part of this collection is dedicated to young Italian authors, some of
whom are foreigners who are residents in Italy. The scripts are presented both in
the original Italian and in English.
The second part presents scripts elaborated during a series of workshops that
took place in Greece in the original Greek, Italian and English.
Finally, the last part is dedicated to the writings of young Romanian authors,
also presented in the original Romanian, Italian and English.
We would like to thank the young people and professionals who followed
them and provided them with support for their precious time and for making
Writing Theatre, a human, life-changing experience, possible.
Notes
1. Among them are dropouts, students at risk of dropping out, high school students,
immigrants, the unemployed, mentally disabled youth and at-risk youth (drug addicted
and criminals)..
2. Among them are Psychologists, Trainers, Teachers, Counsellors and Social Workers
working for NGOs, high schools, counselling, rehabilitation and reintegration centers (that
work with mentally disabled adults and minors, juvenile delinquents, young drug addicts,
women and children); social services for the unemployed, immigrants and refugees; area
healthcare centers, groups homes, orientation and training agencies and youth centers.
11

12
Introduction
And then […] the kids scripts arrived […] And the smiles, thinking about the difficulty
of putting pen to the blank page, of putting yourself on the line recounting
your own experiences, your journey. Yes, the journey could be a good vessel; in the
end, we are all searching for something that pushes us to confront new experiences,
to understand and discover ourselves, places that are foreign to us, faraway and different
cultures. Many scripts were presented […] but they needed to be reworked, it
was time to use what we had learned.[…] And that’s how it all began […] from the
scripts written by these kids. The stories, just like their authors, are all very different
from one another, their stories, their style, their setting […] They required a more
careful reading that we expected: What do you develop? What stimulus do you provide?
How do you elaborate on a one act play? […] We had to play with the words
and the characters, breathe life into them and mould them while continuing to respect
the meaning and style given to the story by the author […] And slowly,
through the work of our pen, the plot began to take on a life of its own, the characters,
the places, the dynamics were there in front of us. A transformation was taking
place: from trainees to trainers […]. Passing on everything that we had learned was
the most difficult and emotional part of the process. Everything we had experienced
personally had to be made available to them. […] We’ll roll back our sleeves and face
up to these kids.
[Taken from the daily log of the Writing Theatre trainers involved in the workshops carried
out in Italy]

It is not the first, nor, we hope, will it be the last time that stories written by young
people experimenting with their own ability to communicate are collected and
presented in a published form. Though, it is equally rare that a similar outcome is
reached through a growth process involving authors and their mentors in a continuous
and reciprocal learning process.
This process is one that does not originate from an editorial staff, does not only
involve professionals and that takes place in a context of transnational co-operation.
A process set off by people exchanging and sharing experiences, reflections
and perspectives – since the structures are made up of people. People who have
chosen and pursue different professions (editors, researchers, actors, trainers, social
workers and counsellors) and who, despite geographic, cultural and linguistic
differences (three countries – Italy, Greece and Romania – and four languages
– Italian, English, Greek and Romanian) have decided to undertake a new challenge
together.
Anyone who is familiar with the difficult task of project planning and the even
more difficult task of seeing a project through is also familiar with the complicated
and time-consuming tasks of creating networks and relationships that go along
with this.
In our case, we were all motivated by the desire to get involved in order to
question and reaffirm, which also implied us rethinking and stimulating others
to reconsider, the efficacy and validity of methods and tools used to promote cooperation
and «contamination» between informal and formal education-training
contexts.
These methodologies (associated with theoretical and technical fundamentals
as well as with specific tools) fit into the broader framework of practices aimed at
the rehabilitation or re-integration of individuals at risk of socio-economic and
occupational exclusion (both young people and adults) and have their roots in a
pedagogical category that is now widely recognized: accepting the responsibility
of caring for oneself. Although much literature centred on the rethinking of pedagogical,
educational and psychological disciplines attests to this, these practices
and methods (such as narration, autobiography and life stories, techniques for
years used in the education of adults) are «looked upon with suspicion» even today,
both by the specific systems and services (educational, training, social welfare,
etc.) and by professionals in this sector (teachers, trainers, counsellors, etc.),
are rarely or discontinuously adopted or are at times even used unprofessionally,
creating the risk that, in perspective, these methods continue to be unreliable and
credible «alternatives» only in the eyes of a few.
The playing field we have chosen for our challenge is the Theatre for social inclusion,
namely the application, from a pedagogical-training standpoint, of the
13

techniques of writing and acting of the Social Theatre. As a consequence, the didactic
context (setting) is that of the Workshop as a forum for experimentation and
learning-by-doing in a place other than the classroom, organized as a community
of practices rooted in the discovery and development of the individual participants’
(young people’s and adults’) ability to reflect, self-reflect and put into action.
When we rediscover that the social and economic development of a country is
strictly linked to the personal and professional growth of its single individuals, attention
is drawn back to the practices that use and encourage the development of
«other» abilities (creative and reflective) – activated in order to identify original responses
to existing problems – and their application in learning contexts that exploit
confrontation and experimentation based upon experience (the workshop),
allowing the following to be reaffirmed:
• The centrality of the trainees as unique individuals, whose «care» necessarily requires
the availability of training, educational and counselling services capable
of developing even the knowledge acquired in informal and non-formal learning
contexts.
• The need to integrate and update the roles and competences of training and
counselling «mediators», so that as they learn they proactively collaborate in
the co-construction of others’ knowledge, as facilitators of processes (a facilitator
organizes and manages training by building a teacher – student relationship
that is different from the one found in traditional didactical models, in which
the learners are given a voice and are considered autonomous and responsible
for their own learning and development).
• The need to recalibrate educational and training processes applying a logic that
promotes cooperation and integration among roles, skills and the different acting
skills belonging to the same system.
We have chosen writing as our field of training and in particular theatre writing
because it implies envisioning a space (the stage) that recalls not only the individual
but also the collectivity (the context, the audience, the readers) and the group
(the one with which one works in a workshop or on a stage).
Writing, reading, reflection, discipline, group work, communication, language
as well as verbal and paraverbal communication, collaboration, participation,
exchange and confrontation are the «skills» that everyone, young people and
adults, students and professionals must know how to learn, re-learn and go back
to throughout the course of their lives.
14

ITALIA
ITALY

Destini e destinazioni
ASL RmB (Roma)
Associazione culturale giovanile «Officina 2.0» (Canale Monterano – Roma)
Casa famiglia «Il giardino di pace» (Roma)
Apofil Rionero-Venosa
TESTI VINCITORI DI
Giulia Barbieri Eduardo, Antonela Brocco, Andreza Carcione, Pasquale Coppola,
Elisa Ferrazza, Giuseppe Gerardi, Giulio Longo, Germana Magagnini,
Matteo Marani, Ilaria Morelli, Valentina Ricci, Angelo Vacirca
ADATTATI SCENICAMENTE CON
Fabrizio Bordignon, Carlotta Leoni, Vincenza Lopreiato, Sabina Parisi,
Simona Pettinari, Antonio Roma, Paola Ventura
Personaggi
Nino, il barista (35-40 anni)
Giulia, l’estetista (30 anni)
Maria, avvocato (32 anni)
Rapper (20 anni)
Andreza, la mamma (25 anni)
Angelo, ragazzo (20 anni)
Pietro, il depresso (25 anni)
Elena, la scrittrice (33 anni)
SUPERVISIONE ARTISTICA A CURA DI
Daniela De Lillo
Siamo in un bar all’aeroporto: voci, emozioni, storie s’incrociano, si rincorrono,
si accavallano in un andirivieni continuo di arrivi e partenze, abbandoni e addii,
ricostruzioni e cambiamenti. Depositario di tante parole e di tanti pensieri è
Nino, il proprietario del bar, uno che ha fatto del suo mestiere una missione: ascoltare
gli altri. In una giornata come tante, si avvicendano al suo bancone tante
facce e storie diverse. La storia di Giulia, estetista, che vuole mollare tutto, in
cerca di una vita più coinvolgente, che si contrappone a Maria, giovane avvocato
emergente che cerca la spiritualità a Delhi. Angelo, al suo primo viaggio, cerca una
ragione per l’abbandono di suo padre, mentre Andreza torna con suo figlio in
Brasile, la sua terra d’origine. Un gruppo di giovani cerca la poesia tra le strade
17

di Berlino. Pietro è afflitto dal mal d’amore. Elena, vecchia amica ritrovata del
barista, grazie al suo diario è diventata un’affermata scrittrice. Per tutti Nino ha
un’attenzione, per tutti quelli che hanno una meta da cercare. Ma lui ce l’ha una
meta? Forse qualcuno che gli faccia lasciare la mitica Luisona, la pasta del famoso
racconto di Stefano Benni, che, rimasta in vetrina per tempo immemorabile,
un bel giorno viene divorata da un ignaro avventore del bar, provocando
profondo dissenso tra i clienti abituali e fan della decana delle paste.
Si sentono voci e suoni tipici dell’aeroporto. Il barista entra in scena, rimanendo davanti
al sipario chiuso, in proscenio. Tiene un libro sotto il braccio, vede il pubblico
in sala e dice…
Nino: Salve, scusate, sono proprio in ritardo oggi, arrivo subito da voi, prima
però, perdonatemi, ma devo svolgere il mio rito quotidiano. [apre il libro] Vedete
questo piccolo libro? È la bibbia del barista, almeno per me… Leggo una
paginetta a caso, prima di aprire il bar, e da lì capisco come andrà la giornata…
Qual è il libro? Il bar sport di Stefano Benni. Un capolavoro! Beh vediamo
cosa mi risponde oggi…
Sfoglia il libro, ma non riesce a decidersi. Guarda il pubblico.
Nino: D’accordo, visto che siete qui… a voi la scelta… dite il numero della pagina…
beh, non tutti e tutti un numero diverso… me lo dica lei… sì, proprio
lei, in terza fila… lei, con il naso, le orecchie e la bocca… dica un numero…
magari il suo numero fortunato.
Aspetta che lo spettatore dica un numero, poi cerca la pagina e comincia a leggere.
Nino: Fantastico! La mia storia preferita… la Luisona! «Al bar non si mangia quasi
mai. C’è una bacheca con delle paste, ma è puramente coreografica. Sono paste
ornamentali, spesso veri e propri pezzi d’artigianato. Sono lì da anni, tanto
che i clienti abituali, ormai, le conoscono una per una. Entrando dicono: “La
meringa è un po’ sciupata, oggi. Sarà il caldo”. Oppure: “È ora di dar la polvere
al krapfen”. Solo, qualche volta, il cliente occasionale osa avvicinarsi al sacrario.
Una volta, ad esempio, entrò un rappresentante di Milano. Aprì la bacheca e
si mise in bocca una pastona bianca e nera, con sopra una spruzzata di quella
bellissima granella in duralluminio che sola contraddistingue la pasta veramente
cattiva. Subito nel bar si sparse la voce: “Hanno mangiato la Luisona!”. La
Luisona era la decana delle paste, e si trovava nella bacheca dal 1959. Guardan-
18

do il colore della sua crema i vecchi riuscivano a trarre le previsioni del tempo.
La sua scomparsa fu un colpo durissimo per tutti. Il rappresentante fu invitato
a uscire nel generale disprezzo. Nessuno lo toccò, perché il suo gesto malvagio
conteneva già in sé la più tremenda delle punizioni. Infatti fu trovato appena
un’ora dopo, nella toilette di un autogrill di Modena, in preda ad atroci
dolori. La Luisona si era vendicata». Bellissima questa storia, non trovate?
Chissà chi sarà la mia Luisona…
Aumentano i rumori, mentre un altoparlante annuncia l’atterraggio di un volo.
Nino: Oh mamma! Già è atterrato il volo da Berlino… allora è proprio tardi…
sento avanzare le truppe dei passeggeri… che si cominci la giornata… da Nino
allo scalo… bibite succose e paste fresche e prelibate… tranne la Luisona, naturalmente,
sepolta per sempre tra le viscere dell’ingordo rappresentante!
Apertura sipario e coreografia con passaggi di persone, in arrivo e in partenza. Alla fine,
troviamo il barista, al banco, con la divisa, che sistema le cose.
Nino: Per chi non lo sapesse, il termine bar deriva dalla parola inglese barrier, cioè
‘sbarra’. Infatti, all’epoca della prima colonizzazione dell’America del Sud, l’angolo
riservato alla vendita degli alcolici, nelle osterie o nelle bettole, era per l’appunto
diviso dal resto del locale da una sbarra, da cui deriva la parola bar. Altri
invece sostengono che il termine derivi dalla contrazione del termine barred (che
significa ‘sbarrato’), in quanto nel diciannovesimo secolo, nel periodo in cui in
Inghilterra era proibita la vendita di bevande alcoliche, sulle porte degli spacci
venivano inchiodate delle assi sulle quali questa parola veniva pennellata in calce.
Da noi qui in Italia con il termine bar si intende essenzialmente un locale in
cui vengono principalmente serviti e consumati sia analcolici sia alcolici, in particolare
caffè, cappuccino e cioccolate calde, oltre a cibi come pizzette, tramezzini,
cornetti, paste, tipo quella di Benni, e altri prodotti tra dolci e salati vari.
Il barista si mette ad asciugare i bicchieri. Entra Giulia.
Giulia: Buongiorno.
Nino: Buongiorno a lei!
Giulia si dirige subito al tavolino e lascia il suo trolley con sopra un enorme beauty.
È ben vestita, molto giovanile e dinamica. Fa tutto in maniera rapida e ansiosa ma
trasmette allegria. Si rivolge al barista con un sorriso a 360 gradi.
19

Giulia: Un cappuccino, un cornetto e un bicchiere d’acqua, altrimenti stamattina
non mi sveglio. Grazie.
Nino: Glielo porto subito al tavolo!
Giulia apre il beauty-case, si sistema un po’ il trucco, leggero ma efficace. Nel frattempo
si avvicina il barista che le mette la colazione sul tavolino. Giulia sempre con il sorriso
e molto ansiosa di fare ciò che ha in mente, beve subito un po’ d’acqua.
Giulia: Sa a che ora apre l’agenzia di viaggi?
Nino: Di solito alle 9.
Giulia: Ok, aspetterò qui se non le dispiace!
Tira fuori un bloc-notes, una penna, due buste portalettere e due francobolli, e inizia
a scrivere. Entra, correndo, Maria, avvocato emergente con una vistosa borsa di Louis
Vuitton.
Maria: Mio Dio stavo per fare tardi anche qui… appena in tempo prima che
chiudesse il check-in… [al barista] Un ginseng grazie!
Nino: Subito!
Maria [al barista con cui da qui in poi si rapporterà]: Secondo lei sono vestita bene
per l’India?
Il barista la guarda stupito.
Maria: No scusi, è che sono un po’ agitata… se lei sapesse…
Nino [tra sé]: Cominciamo la giornata!
Maria: Come dice?
Nino: No, dicevo… è una brutta giornata?
Maria: No, non esattamente… direi una giornata storica, memorabile, insospettabile,
inaspettata, curiosa, aggressiva, imprevista, sorprendente…
Nino: Prego… [porgendole la tazza].
Maria: Eh?
Nino: Il suo ginseng…
Maria: Ah sì, grazie! Il ginseng mi piace… mi tira su… che dice, ne troverò in India?
Nino: Direi di sì, ma se fossi in lei, non ne abuserei!
Maria: Mi trova agitata? [guardando il barista con stupore].
Nino [quasi difendendosi]: L’ha detto lei che è agitata… una giornata sorprendente…
aggressiva…
20

Maria [ignorandolo]: Vede, tutto è cominciato ieri mattina… mi sono detta:
«Entro o non entro? Adesso che scusa gli racconto? Che per l’ennesima volta
ho fatto tardi e non ho neanche completato la memoria… e i fascicoli dei ricorsi…
e la documentazione del signor Prestinari… Prastinari…», mai che
mi ricordassi un nome… comunque, mi pare Prestinari… al diavolo lui e come
si chiama. Insomma, proprio davanti alla porta del capo…
Nino [incuriosito]: Proprio davanti alla porta del capo…
Maria [fissandolo]: …«al diavolo tutti quanti!», mi sono detta. Ho girato i tacchi
e sono tornata a casa, nella mia tana, nell’unico posto dove posso girare scalza,
senza vestiti, coi capelli in disordine, niente trucco perfetto, niente sorrisi obbligati,
’fanculo!!
Nino: ’fanculo!
Maria [piccata]: Scusi?! ’fanculo a chi?
Nino: ’fanculo… lo ha detto lei… a casa… niente sorrisi obbligati… ’fanculo!
Maria [di nuovo ignorandolo]: Sì certo, la mia casuccia, il mio angolo di libertà…
pensavo che sarebbe bastato e… invece… guardi, mi creda, è incredibile…
nemmeno il mio piccolo nascondiglio era più sicuro… mi sono guardata allo
specchio del bagno [tirando fuori uno specchietto dalla borsa e legandosi i capelli
con una coda]: «Maria… da cosa stai scappando? Da questa vita ordinaria?
Dai capi firmati? [chiudendo lo specchietto e aggirandosi nervosa intorno agli
sgabelli davanti al bancone, mentre il barista le sposta continuamente la tazza da
uno sgabello all’altro, seguendola con lo sguardo]. Da cosa scappi Maria? Dal tuo
capo, dalla tua dedizione totale al lavoro… il protocollo da seguire, sempre uguale,
stessi orari, stesse formalità, stessi aperitivi, stesse uscite con gli amici,
pub, cinema, discoteche… e la vita che ti passa davanti… la tua famiglia ambiziosa,
gli anni di studio per diventare avvocato, l’insofferenza, i mille lavoretti
per non dipendere dai tuoi… i sensi di colpa… le storie d’amore… le delusioni…
e di nuovo rifugiarsi nel lavoro… il lavoro che sognavi da bambina…
e che adesso non ti basta più! Allora? Non mi rispondi? Da cosa scappi?
Da te stessa? Rispondi… avanti rispondi… rispondi».
Nino: Signora, la prego, si calmi!
Maria [sedendosi comodamente sul primo sgabello e aprendo di nuovo la borsa]: Ma
sono calmissima… ho capito tutto, capisce? Ho la risposta alle mie domande…
ora lo so… «non scappo da me stessa, ma verso me stessa»… esattamente
questa semplice frase mi son detta ieri. Saranno state le tre del pomeriggio…
me lo ricordo perché, da quel momento, mi sono tolta l’orologio… il
pregiatissimo Rolex… è finito nel contenitore «indifferenziata»… [il barista
ha un fremito] mi sono cambiata… ho prelevato tutti i miei risparmi… sono
corsa in agenzia e ho fatto un biglietto per Delhi, solo andata. Poi ho preso il
21

cellulare e ho cancellato tutti i numeri… tranne uno… quello del taxi… ho
prenotato la corsa per le sette di stamattina ed eccomi qui.
Nino: Ma è sicura di quello che fa? E poi il Rolex nell’indifferenziata! A me sembra
che lei abbia una vita invidiabile…
Maria: Ma che scherza? Ci provi lei a vivere così… comunque, non è la vita che
mi rappresenta! Io ho bisogno di fare una scelta. Perché ho scelto Delhi? Perché
è totalmente diversa: lingua, cultura, cibo… Lì potrò finalmente iniziare
una nuova vita. Un viaggio introspettivo?! [puntandolo con lo sguardo] Da oggi
in poi voglio guardare le persone in faccia… ma in modo diverso… in modo
vero… senza trucco, con i capelli in disordine, senza sorrisi obbligati, senza
capi firmati…
Nino [indicando la Louis Vuitton]: …magari con qualche eccezione.
Maria: Allude a questa?!?! [sorride] La mia Louis Vuitton!! Questa mi serve… mi
serve a ricordare quello che ero… e a non dimenticare più quello che voglio essere…
[finisce il suo ginseng]. Quanto mi costerà?
Nino: Due euro…
Maria: Ecco… [gli dà una banconota e si allontana].
Nino: E il resto?
Maria: Non ha più importanza…
Maria esce spavalda. Durante tutto il colloquio tra l’avvocato e il barista, Giulia continua
a scrivere e strappare fogli, ma ascolta con attenzione quello che dice quella donna
che sente molto vicina per la decisione di partire.
Nino: Il Rolex nella cesta… io, prima di partire per Delhi, le farei passare una
giornata qui dentro… così, per esercitarsi a guardare le persone negli occhi!
Giulia: Io una donna così, la trovo coraggiosa! Lei dice che l’India potrebbe essere
un buon posto per fare un po’ di ordine nella propria vita? L’India, l’India,
l’India. Sì certo, potrebbe servirmi con tutta la sua storia, il suo spiritualismo.
Ma poi, a me, mica serve lo spiritualismo… io mi voglio divertire, stare in
compagnia… che me ne faccio di uno spazio per interiorizzarmi!? Sono già
stata abbastanza sola nella mia vita. Eppure con il mio lavoro ne incontro di
gente… sa… faccio l’estetista… alla gente, io la faccia la guardo con la lente…
quando va bene, perché, quando va male, guardo unghie, piedi… cosce e
chiap… va be’, lasciamo stare! Le sembrerà strano, ma anche io sto cercando
una nuova meta!
Nino: Tutti qui cercano una meta.
Giulia: E tu? Qual è la tua?
Nino: Siamo passati al tu?
22

Giulia: Hai più o meno la mia età! Allora, ce l’hai una meta?
Nino: Guarda che io normalmente ascolto le storie, non le racconto! Ogni giorno
qui vedo tanta gente che passa, che parte, che torna, che riparte, mentre io
sto sempre qui, fermo, immobile, in questo luogo senza tempo, a ripetere le
stesse azioni ogni giorno. Ma questa vita a me piace! [prende una scopa e comincia
a spazzare] Il bar è un luogo fantastico, punto di incontro di misteriosi avventori,
ognuno dei quali ha qualcosa da lasciarti… oltre alle briciole delle
brioche sul pavimento…
Giulia: Scusa… ma il cornetto è così… quando è fresco… perché oggi trovare
un cornetto fresco, mica è facile…
Nino: Tutto sta nel presentarlo… come per la Luisona…
Giulia: La Luisona?
Nino: È una vecchia storia… in un vecchio bar…
Entra un ragazzo molto alternativo, che si muove ballando sulla musica che sente attraverso
le cuffiette dell’iPod. Si avvicina al banco.
Nino: Prego, desidera?
Il ragazzo continua a muoversi, senza rispondere. Il barista gli fa segno di togliersi le
cuffiette. Il ragazzo ne toglie una.
Rapper: Sì? Che c’è?
Nino [alzando la voce]: Prendi qualcosa?
Rapper: Coca e tramezzino… per cinque.
Nino: Cinque?
Rapper: Per me e il mio gruppo… a Berlino stiamo andando, una storia raccontando…
al raduno dei poeti, della strada siam profeti… una storia narreremo;
è di un uomo il caso estremo, che schiacciato e frantumato dagli stress quotidiani,
cerca ansioso su nel cielo il suo albero a sei piani…
Mentre Giulia e il barista lo guardano interdetti, entrano i componenti del gruppo, che
cominciano a rappare con lui. Durante il pezzo, si avvicinano altri avventori, tra cui
Andreza, una giovane ragazza brasiliana, che piano piano si inserisce e balla con loro.
Rapper: Il signor Rocco Piano,
Avvocato di Pantano,
Dal cognome sembra sano
Ma a guardarlo è molto strano.
23

24
Ma un bel giorno Rocco è stato
Dentro al traffico incastrato
Nella macchina bloccato
E dal fumo intossicato.
Della radio alza il volume
Cerca invano un po’ di lume
Guarda il cielo: «Mamma mia
Questa è proprio una poesia»
Bada bene una poesia
Non ho scritto fantasia
Fantasia cercare vuole
Manca il verde e questo duole
Vede il verde solo ahimè
Nel semaforo e nel tè
Non nel rap che sto scrivendo
Tra le strade e nel cemento
Al tramonto ancora spera
E ripensa ad una sera
È il ricordo di suo zio
Che somiglia tanto al mio
Son passati tanti anni
Capodanno e compleanni
Quando a Napoli lui stava
La sua aria respirava
Respirava aria fresca
Buona solo come esca
Per pescare una chimera
Aspettando primavera
Caro zio aspetta e spera
Si sta già facendo sera
Tra palazzi e strade a caccia
Ma del verde non c’è traccia

Ed ora tocca a me
Aspettare come te
Di arrivare al sesto piano
Dove il verde sembra strano
Sembra strano sì perché
Il colore lì non c’è
Ed è il verde che cerchiamo
Io tu e Rocco Piano.
Tutti i presenti applaudono. I rapper passano con il cappello, vanno dal barista e versano
il contenuto sul bancone.
Rapper: Bastano per lo spuntino?
Nino: Bastano, bastano! Complimenti e in bocca al lupo per il raduno. Fatemi
sapere come è andata… al ritorno.
Rapper: Al ritorno non pensare, a noi basta sol poetare!
I rapper e gli avventori si allontanano. Rimane Andreza, la ragazza brasiliana.
Giulia [ad Andreza]: Tu non vai? Vuoi perdere l’aereo?
Andreza: Ma io non sono con loro e non vado a Berlino. Vado in Brasile. Là sono
nata. Ci torno dopo più di vent’anni!
Giulia: Che emozione!
La luce si chiude intorno ad Andreza, in un’atmosfera di ricordo. Musica di sottofondo.
Andreza: Ancora mi ricordo il giorno della mia partenza. Come fosse ora. Aeroporto
di Rio de Janeiro… è pieno di gente che va di fretta, cammina veloce…
chi va avanti, chi va nella direzione opposta… ma dove vanno tutte queste persone…
ma soprattutto dove sto andando io? E poi cos’è, dove si trova questo
coso che dicono che vola? …non ci capisco niente… ora dobbiamo fare un’altra
fila… dobbiamo lasciare i bagagli… ma, dico io: se noi ce ne andiamo da
qui, perché i nostri bagagli non possono venire con noi? Questi due continuano
a parlarmi nella loro stupida lingua… non capiscono proprio che non capisco
nulla di quello che dicono? Accanto a me c’è un altro bambino, ha più o
meno la mia età, non dice una parola… mi hanno detto che è mio fratello. Lo
hanno detto proprio loro, le suore dell’orfanotrofio. È brasiliano pure lui, ma a
me non sembra che mi somigli… i due signori che ci hanno portato via, «i tuoi
25

nuovi genitori», hanno detto le suore… questi due «genitori» mi guardano e ridono…
forse sono felici. O forse… trovano divertente la mia espressione…
Devo proprio avere una faccia persa… mi sento persa… Ma sono ancora in
Brasile? Perché il viaggio in auto dal mio orfanotrofio fin qui è stato lunghissimo…
forse sono già in Italia dove hanno detto che andremo… però no… hanno
detto che dobbiamo prendere una cosa che vola in cielo… in cielo a parte gli
uccelli… non ho mai visto volare niente, tanto meno oggetti. Forse mi stanno
facendo uno scherzo… Arriviamo davanti a una specie di lungo tappeto che si
muove… ma che stregoneria è questa? Ma dove sono finita? Non ci voglio salire
lì sopra… magari finisco in quel buco! Però Andreza, calma… gli altri che ci
salgono, non hanno paura… Ci vanno tutti tranquilli… E si lasciano andare…
Luce su una fila di bidoni che i musicisti cominciano a suonare sotto il racconto incalzante
di Andreza.
Andreza: Mi trascinano di nuovo… ora di fronte a me c’è un enorme spiazzo…
E… non posso credere ai miei occhi… quelli laggiù lontano che cosa sono? E
che cos’è questo rumore che sento sopra di me… è troppo forte… ma che succede…
alzo la testa e vedo che uno di quei cosi che volano è proprio lo stesso
macchinario che mi sta di fronte. Ma come fa una cosa così enorme e pesante a
volare in aria come un uccello? E se mi mangia? …ma questo bambino non dice
proprio niente… basta che mangia… raccatta tutto… anche da terra… non
può essere mio fratello… Prendiamo un’altra macchina… questa però è grossa…
e ci entrano tante persone… ma io un posto del genere, com’è che non l’avevo
mai visto? Pieno di macchinari strani… Di persone che camminano veloci
come matte… tutte queste file per dare a dei signori un pezzo di carta… tutti
questi negozi… il tappeto che cammina… e questi enormi uccelli metallici
con le ali più grandi di un’aquila che volano nel cielo… Scommetto che le mie
compagne dell’orfanotrofio non le hanno mai viste certe cose! Se glielo raccontassi,
non ci crederebbero mai… Ma che fa questa signora? Adesso mi ha preso
la mano… ogni tanto si gira e mi urla qualcosa nella sua lingua… Ho il cuore
che mi sale in gola… stiamo sotto l’aereo… la gente sale da piccole scale che
camminano… passa dentro un enorme tubo… ed entra dentro quel grosso coso…
ora tocca a me, ma io ho paura… e se poi quando vola un altro uccello lo
colpisce e cade? Non so perché mi giro indietro di scatto… vorrei tornare indietro,
scappare lontano… però se vado indietro torno in orfanotrofio, e io non
voglio tornare in quel posto. Va be’, ormai ci siamo… saliamo… ma è stretto
qua dentro… da fuori sembrava più grande… e poi perché tutte queste sedie?
Sono strane queste sedie, non sono di legno… sono grandi, alte… e tutte del-
26

lo stesso colore… Tutte uguali… Però sono comode… un po’ pelose, ma comode…
le finestre sono piccole, non ci fanno vedere quasi niente… ecco di
nuovo la voce invisibile… ma quanto parlano… Aspettiamo tanto… io mi addormento…
quando mi sveglio sono legata alla pancia da una strana cosa… La
signora accanto a me dorme e quel bambino ha smesso di mangiare e mi guarda
fisso… mi metto delle cose all’orecchio, come ha fatto il tizio vicino a me… e
arriva della musica… una bella musica… è come una magia… mi riaddormento…
mentre mi immagino quali altre stregonerie mi attendono…
Cambio luce. Sfuma la musica. Andreza si siede accanto a Giulia e ordina un caffè.
Giulia: Scusa se mi intrometto… ma la tua storia è proprio coinvolgente… vivevi
in un orfanotrofio? In una foresta?
Andreza: Già e non era un gran che! Avevo sette anni. Quel viaggio diede avvio a
un altro viaggio che, tra fatiche e sofferenze, mi ha condotto fino alla donna
che sono oggi. Non è stato facile… quei genitori non sono stati un gran che…
ma oggi va meglio, oggi c’è lui!
Giulia: Il tuo fidanzato?
Andreza: Mio figlio Jamail. Da quel mese di agosto 1992, in cui misi piede in
quell’aereo, in quell’enorme spaventoso macchinario, il mio destino era segnato…
ora so che ad attendere il mio arrivo, al di là dell’oceano, c’era un tesoro
tutto mio… La mia meta è proprio qua, ora, in questo giorno, in questo
momento. Il domani è oggi. È Andreza e Jamail. Ed ora conosceremo insieme
la mia terra… [si alza e indica qualcosa] Eccolo lì, lo vedi? Mi sta salutando!
Devo andare! Lo spaventoso uccello metallico ci aspetta! Quanto pago?
Nino: Offre la ditta!!! Buon viaggio!
Andreza: Grazie!
Giulia: E salutaci Jamail!
Andreza esce.
Giulia: Certo che hai proprio ragione! In questo bar, si vive di tutto!
Nino [sorridendo]: Storie… te l’ho detto, e le storie non sono che le persone e le
persone sono sempre uniche… io resto incantato a vedere e a sentire… cerco
di capire chi è turista e chi viaggiatore! Ho un vero proprio catalogo di tipi…
definizioni di tanti passeggeri…
Giulia: E io? Che tipo di passeggero sono?
Nino: A una prima occhiata, si direbbe che non sei ancora un passeggero. Hai
detto che vai verso una meta… ma la tua meta è più nella tua testa, che nel cie-
27

lo. Però nascondi una buona dose di coraggio, che forse ti farebbe salire sul
primo aereo in decollo.
Giulia: Probabilmente hai ragione, farei bene a cercare la mia meta in me stessa…
anche questo richiede coraggio… ma, vedi, mi sento improvvisamente vecchia
e non voglio invecchiare senza aver vissuto. La donna di prima ha lasciato una
situazione comoda per andare a cercare se stessa a Delhi, Andreza ha fatto del
suo bambino la sua meta, quei ragazzi cercano la poesia delle cose, e io?
Mentre i due chiacchierano, entra Angelo e va a sedersi al tavolino, ma poi si rialza
subito. Ripete il gesto più di una volta.
Nino: «Non si parte da nessuna parte senza aver prima sognato un posto e, viceversa,
senza viaggiare, prima o poi finiscono tutti i sogni o si resta bloccati sempre
nello stesso sogno», Wim Wenders… Comunque, mi sembri un tantino
complicata. Io sono più bravo nel riconoscere atteggiamenti… usuali, semplici,
diciamo. Guarda questo ragazzo che sta entrando, è palese… evidente.
Giulia: Cosa?
Nino: Dài, guardalo bene. Si vede.
Giulia: Non capisco.
Nino: È la sua prima volta! E ha una fottuta paura!
I due sorridono e Angelo, accorgendosi dell’attenzione rivoltagli, timidamente si dirige
verso il barista.
Angelo: Ciao, io sono Angelo… Va be’, non che debba interessarti, è solo che io
mi presento sempre…
Nino: Io mi chiamo Nino.
Angelo: Posso avere un bicchiere d’acqua… Nino? [avvicinandosi al tavolo di
Giulia] …bella questa borsa, ma è una Trussardi? Lo sai che da piccolo ho sfilato
con degli abiti Trussardi? [imbarazzato] Comunque ciao, non mi sono
neanche presentato. Angelo, piacere.
Fa per darle la mano, lei incredula e divertita porge la mano e con una grande stretta
si presenta.
Giulia: Sono Giulia, piacere mio! …sei in partenza? E dove…
Nino: Ecco l’acqua!
Angelo si dirige verso il bancone, cercando nervosamente qualcosa in tasca.
28

Angelo [al barista]: Grazie! [tirando fuori un tubetto dalla tasca]… senta scusi, o
posso darle del tu? Posso? [senza aspettare la risposta del barista] …quante ne
prendo secondo te? [riferendosi alle pillole che fa uscire dal tubetto].
Nino: Dipende.
Angelo [con voce tremolante]: Da cosaaa?
Nino: Vuoi soltanto rilassarti o vuoi proprio dormire?
Angelo: Non voglio capire che sto volando.
Nino: È la prima volta vero? [sorridendo a Giulia che risponde al sorriso complice].
Una dovrebbe bastare, quelle sono forti! Funzionano. Fidati. Io di queste cose…
uuuuh. Tutti i giorni.…
Angelo: Ok, grazie.
Mentre Angelo si avvia al tavolo, con il bicchiere da una parte e le pasticche dall’altra,
Giulia si alza e va verso il bancone, visibilmente irritata.
Giulia [al barista]: Ma che fai? Sei matto? È così giovane! Che gli fai prendere?
Nino: Ebbene sì, sono un incantatore di serpenti… via, scherzo! Quelle pasticche
sono solo erbe… valeriana… ma si sa, nella vita basta crederci! O no?
Giulia: Cosa vorresti dire?
Giulia torna al tavolo e cerca di dare un ordine ai fogli sparsi. Il barista ride. Angelo,
quasi come per un gesto estremo, ingerisce la compressa, e subito un senso di rilassatezza
pervade il suo corpo. Poi sottovoce tra sé:
Angelo: Se fosse qui, ora, lo fisserei negli occhi e gli vomiterei tutto il male che gli
voglio. Potrei addirittura picchiarlo, come faceva con mamma. Ma guarda un
po’ se per colpa di quello stronzo di mio padre devo rovinarmi il giorno più
importante della mia vita! C’ho messo tutto ’sto tempo per decidermi a partire,
e ora che sono qui, che faccio??? Penso a mio padre! Mio padre?! Il fatto è
che non ho ancora capito perché mi ha abbandonato, a quattro anni, ma come
si fa? [rivolgendosi a Giulia e al barista] Secondo voi, come si fa ad abbandonare
un bambino di quattro anni? Lui, mio padre, si era semplicemente
stancato. Si era stancato di avere una famiglia. Certo! Si fa così! Ti stanchi,
prendi la famiglia e la metti fuori di casa, fuori dalla vita. Che poi, che me ne
frega, neanche lo penso a quello!
Nino [a Giulia] Forse dovevo dargli qualcosa di più forte…
Giulia, sdegnosa nei confronti del barista, si alza e va a sedersi al tavolo di Angelo.
29

Giulia: Mi dispiace, Angelo, per quello che ti è successo…
Angelo [continuando il suo discorso]: Per fortuna mamma ha trovato Carlo! Mi
sta proprio simpatico. Grande Carlo! Grande! Se non fosse stato per lui, non
sarei qui… e non riesco a calmarmi! Ho paura [si alza e cammina nel locale].
Giulia: È normale… è la prima volta!
Angelo [come riprendendosi]: Eh? Eeh sì. Sì, è la prima volta. Non ho mai… [continuando
a camminare] non ho mai avuto il coraggio prima. Ora sono pronto
però. È solo che ho paura del mal d’aereo. Mia madre ci soffre. Magari è ereditario!
[sorridendo] Mia madre, quante cose belle che ha fatto per noi, me
e mio fratello Alessandro! Da sola ci ha cresciuti. Potrei scrivere un libro su
mia madre. [si avvicina al tavolo di Giulia e guarda la borsa] Se ci penso… non
era Trussardi. No, sì, sì! Era Trussardi. Che bello io e mio fratello su quella
passerella, quanta gente! Almeno duemila persone che ci ammiravano. La
gente batteva le mani, i miei parenti ci facevano un sacco di foto e complimenti,
è stata una giornata bellissima.
Musica. Angelo si gira di spalle al pubblico e parte la proiezione di vecchie foto o video
dei due fratelli, mentre si anima la scena con una coreografia. Angelo si volta verso
Giulia, mentre il video e la musica si fermano.
Angelo: Se non era per Carlo neanche partivo oggi. Lui è il mio vero padre. Non
vedo l’ora di arrivare lì.
Giulia [tornando al suo tavolo] E dove vai di bello?
Angelo: Di bello? Allora, sono partito da Senigallia, no, da Oriolo, no, da Cesano
che poi ci sono pure nato a Cesano. [ridendo] No scusa, a Senigallia. Senigallia,
e finalmente ho deciso di andare, in realtà non l’ho deciso ora, è una vita
che ci penso, ora basta ci vado. Carlo mi ha regalato il biglietto.
Giulia [scocciata]: Sì, ma dov’è che vai?
Angelo: Mio padre, non Carlo, l’altro… quello che mi ha generato… è un chirurgo
molto famoso… certe volte immagino di avere un incidente, di arrivare
di corsa al Pronto Soccorso, essere portato in sala operatoria, finire sotto i ferri…
sotto le mani di mio padre, che però non sa chi sono io, non sa come è
cambiata la mia faccia… sono un adulto, l’adulto che ha preso il posto di quel
bambino di quattro anni, fermo, sulla porta, a salutarlo… Poi, come in un
film, riconosce la grossa voglia che ho sulla pancia, e allora piange e fa di tutto
per salvarmi… [a Giulia] sono un po’ folle, non credi? Ma ora non devo
pensare a lui, ma a un altro viaggio, quello vero… il primo viaggio e il biglietto
me lo ha pagato Carlo… vado in Guatemala…
Giulia: Guatemala? Però! Deve essere bello il Guatemala!
30

Angelo: Sì. Bellissimo! E tu dove vai? Stai partendo? O stai arrivando?
Giulia: Sto… non so ancora dove, ma sto partendo…
Angelo [interrompendola]: Mi sento proprio pronto. È fantastico! Meno male
che mi sono fatto convincere. Dagli amici e da Carlo, soprattutto! Te l’ho detto?
Carlo è il compagno di mia madre, lui è un tipo tranquillo. Dovresti conoscerlo…
scusa… parlo troppo… è che sono superagitato… [rivolgendosi al
barista e indicando le pasticche] Forse è meglio prenderne un’altra, che ne pensi?
Io non sento nulla. Ma funzionano ’ste cose?
Nino: Vai tranquillo. È un attimo. E poi pensa che stai andando in Guatemala!
Verrei anche io. Se potessi lasciare questo posto!
Arriva la chiamata del volo per Guatemala, parte la musica, arrivano gli amici con
zaini e valige. Parte la coreografia e sulla musica si sente Angelo urlare.
Angelo: Mamma mamma che ansia! [a Giulia] Vai Giuliaaa! Prendi il primo aeroplano
che ti capitaaaaaaaa [esce di scena].
Giulia: Certo che questo non si può certo definire un posto tranquillo! È da
quando sono arrivata che cerco di scrivere una lettera, ma non ci riesco. Ma tu
come fai? Ogni giorno, non fai che vivere le storie degli altri!
Nino: Un po’ come succede agli attori a teatro… mi sarebbe piaciuto fare l’attore…
magari un giorno lo farò e racconterò le storie che ho sentito e vissuto qui
dentro.
Entra Pietro, camminando lentamente e trascinandosi dietro una borsa (tipo quelle
da palestra) con un atteggiamento rassegnato. Guarda l’ora sul suo orologio, poi su
quello a parete.
Pietro [a Giulia]: Scusi, sa l’ora?
Giulia: Non so… più o meno le otto…
Pietro: Più o meno…
Pietro, insoddisfatto, va a sedersi a un tavolo e chiede un tè.
Giulia [al barista]: Ho bisogno di concentrazione! Devo, e dico devo, scrivere
questa lettera!
Nino: Che ne pensi di un po’ di musica?
Giulia: Grazie mille [sorridendo], questo si che mi aiuterà! [prende la lettera e inizia
a leggerla sotto voce, come se la stesse leggendo a se stessa] «Cari mamma e
papà, ho deciso di partire per un viaggio, non so quanto lungo. Mi sono accor-
31

ta di aver lavorato per costruirmi un futuro e ora che ci sono riuscita non so cosa
farmene. Ho bisogno di pensare a me, oltre al lavoro. E vi ringrazio per gli
sforzi che avete fatto per mandarmi a scuola, aprire lo studio era il mio sogno
e voi mi avete aiutato. Ma adesso ho capito che quello non è tutto nella vita.
Non può essere tutto. Penso a voi due, alla nostra famiglia, a quanto, nonostante
i sacrifici, eravamo felici e a quanto voi siete felici, ora. Lo desidero anch’io,
essere felice con un compagno con cui condividere la mia vita. Voglio
essere orgogliosa dei miei figli, voglio essere felice della vita che sto vivendo e
voglio sentirmi completa. Ho bisogno di capire, ho bisogno di capire la mia
vita. Ho bisogno di prendere delle decisioni, perché adesso so cosa voglio.
Non vi preoccupate per me, starò bene. Mi basta stare all’aeroporto per incominciare
a respirare un’aria diversa, un’aria di vita. Mi farò sentire io appena
trovo una sistemazione. Vi voglio bene… la vostra Giulia».
Giulia alza lo sguardo e sorride al barista, quasi per ringraziarlo di quel momento
di calma, e in quel momento entra Elena che canta sul motivo musicale diffuso nel
bar. Va verso il bancone.
Pietro [a Elena]: Scusi, sa l’ora?
Elena: Più o meno le otto…
Pietro: Più o meno…
Giulia: E questa è andata. Ora passiamo agli altri.
Nino: Lettere d’addio??? [girandosi verso Elena] Cosa posso servir… ma tu… sei
Elena la rossa…
Elena [smettendo di cantare]: Scusi?
Nino [cantando anche lui la canzone]: Ti ricordi? Tutte le sere… la stessa musica…
al Bluenight… io ero un giovane banchista… sono Nino… allora avevo
ancora tutti i capelli…
Elena: Ma certo… il Bluenight… una vita fa! Sono contenta di vederti!
Nino: Ma dove eri sparita??? Da una notte all’altra… scomparsa… mi sei mancata…
con quella mania di scrivere un diario…
Elena: È proprio con quel diario che ho cambiato la mia vita…
Nino: …che vuoi dire? Dài, racconta!
Elena: La storia è un po’ lunga… ma sono arrivata in anticipo e devo aspettare
mio marito…
Nino: Pure un marito??? Dài, dimmi…
Giulia: Addio lettera… qui si prospetta un’altra storia da ascoltare…
Elena si siede sullo sgabello e tira fuori un vecchio diario.
32

Nino: Non mi dire che è quello…
Elena: Già, e questa è la pagina del mio ultimo giorno da escort. «Caro diario…
ecco cosa mi è accaduto oggi… stenterai a crederci… dunque… sono le otto…
apro gli occhi, e sento le urla della mia coinquilina che mi rompe per le
scarpe lasciate sempre sparse per la casa. Alle urla segue l’inesorabile rumore
dell’aspirapolvere. La luce che penetra dai buchi della serranda di fronte al
mio letto, accompagnata dal rumore dei lavori stradali (che sembrano essere
senza fine), mi fa pensare che oggi sia la giornata dei rumori, e che la mia giornata
cominci davvero col piede sbagliato.
Persa ormai la speranza di restarmene ancora un po’ sotto le coperte, mi alzo
di scatto e, passando per il corridoio, punto decisa verso il bagno, limitandomi
a fulminare con gli occhi Jill, iperattiva e rompicoglioni sempre di più ogni
mattina!
“L’acqua calda della doccia che ti picchia forte sulla pelle è il miglior rilassante
che conosca”, pensavo mentre aprivo e miscelavo l’acqua. “Elenaaa, guarda
che se non ti sbrighi, la prossima bolletta la paghi tu!”. Nonostante il mio sistema
nervoso, pronto a esplodere, faccio finta di niente, entro nella doccia e
sento già quel ticchettio sulla pelle immaginato poco prima. Dopo i pochi minuti,
passati più in fretta del solito, il ritorno al crudo ambiente grigio-marrone
del nostro appartamento mi suggerisce una certa fretta di darmela a gambe
levate. Guardando a testa alta la strada e il cielo raggiante di questa bella
mattinata, arrivo al bar, dove Giovanni, come ogni giorno, mi capisce dallo
sguardo e mi serve subito cappuccino e cornetto (integrale al miele, ovviamente).
Giovanni è uno di quelli come me. Venuti da adolescenti a cercare
fortuna in una grande città e finiti a sbattere ai margini di quella società urbana.
Mentre bevo il cappuccino, il mio sguardo cade verso il secondo sgabello,
dove è seduta la solita donna che ogni giorno, alla stessa ora, si siede per consumare
il suo “secondo” spuntino della giornata: il brunch, come lo chiamano
quelli “come lei”. Indossa l’ennesimo tailleur, accompagnato dall’ennesimo
paio di scarpe décolleté, e pronta a ripartire per l’ennesimo appuntamento.
Io invece, con tuta e scarpe da ginnastica, sembro un mostro rispetto a lei,
nonostante credo di esserle coetanea. Una donna lei, una donna di successo.
Una troia io, e nemmeno di tanto successo. Nonostante sia già mattina da un
bel po’, non ho nessuna fretta. Una di quelle come me, la mattina, non ha mai
molto da fare. Torno a casa. Appena Jill rientra in casa, decido nuovamente di
uscire, per avere un po’ di tranquillità. Fino alle 23 non ho niente da fare,
quindi decido di farmi un giro, prendo un autobus semivuoto, diretto verso la
periferia. Dopo un po’, ormai rimasta sola, scendo. E passeggiando, vedo una
signora anziana impegnata ad aprire la saracinesca della sua osteria. Vedo
33

che si trova in difficoltà e mi avvicino per darle una mano. Lei, per ringraziarmi,
mi invita a mangiare un boccone insieme. Il locale era praticamente deserto.
Accetto ben volentieri: la signora ha l’aria simpatica ed è molto disponibile
nei miei confronti. Era da tempo che qualcuno non mi trattava così. Durante
la sera parlammo delle nostre vite e io, in un impeto di coraggio, le dissi la
verità sul mio conto e, con immensa, quanto gradita sorpresa, scoprii che la
cosa non la disturbava affatto, anzi… mi comprendeva.
Fu così che, durante la conversazione, la signora notò il mio diario, poggiato
come sempre accanto a me.
A nessuno era stato permesso accedere al mio diario… fino a quel momento…
ma quella sera… qualcosa stava accadendo… non so… forse quella conversazione,
in quel preciso giorno, in quel posto… quella luminosa anziana signora
mai incontrata prima che sembrava volermi comprendere e accettare
per ciò che ero diventata… il suo sguardo delicatamente insistente sul mio
diario… d’un tratto senza motivo lo aprii e cominciai a leggere e mentre leggevo
sorpresi me stessa a ricostruire la storia della mia vita… come se stessi leggendo
e raccontando la storia di qualcun altro… Improvvisamente la dolce signora
mi interruppe e prendendomi la mano lasciò cadere nel palmo un bigliettino
da visita: “Mauro Verdi Editore, Casa Editrice Piccola Città”. Non
dicemmo nulla, ci guardammo negli occhi e mentre si alzava per accogliere i
clienti che stavano entrando, con un fil di voce, le dissi: “Ci penserò… grazie”.
Senza salutare uscii di fretta per andare al lavoro. Presi il bus verso il centro,
verso il night-club, ero in ritardo, ma una volta scesa, mi fermai di colpo davanti
all’entrata. Nella mano stringevo forte ancora quel bigliettino… lo rilessi:
“Casa Editrice Piccola Città… 333.4455667, Mauro Verdi Editore… Piccola
Città… Casa Editrice… 333…”. Caro Diario… andiamo a casa… cambiamo
vita…».
Nino: E, quindi, cosa avete fatto, tu e il tuo diario?? La storia è avvincente!
Elena: Dopo una notte passata insonne tra i miei pensieri e le pagine della mia vita,
decisi di spedire una copia del mio diario allo sconosciuto editore. Ora, dopo
cinque anni, la signora Elena Verdi è una affermata scrittrice, ha due figli
e un marito eccezionale che, una volta, era un piccolo editore. Non finirò mai
di ringraziare la signora Domenica, piccola ristoratrice, con la quale mangio
tutti i finesettimana.
Alla fine della storia, il barista e Giulia applaudono. Anche Pietro, distoglie lo sguardo
dall’orologio e applaude.
Nino: Fantastica!!!! Sei stata fantastica!
34

Pietro: Scusi, Elena! Non ho potuto fare a meno di ascoltare il suo racconto e volevo
congratularmi con lei per tutta la forza che ha dimostrato di avere e la
consapevolezza con la quale oggi racconta la sua storia. Il raccontare apertamente
il proprio vissuto è indice di grande maturità e sicuramente di esempio
per tutte quelle persone che come me non hanno la forza di reagire. Grazie…
grazie… grazie ancora. Sarebbe così gentile da farmi un autografo?
Elena prende un foglietto dalla borsa e scrive un autografo.
Pietro: Sa… anche sulla mia vita si potrebbe scrivere un libro. La mia è una storia
di vita, di passione, d’amore… [sospirando] eh sì… una bella, grande storia
d’amore finita male. Lei era tutto per me, era l’aria che dovevo respirare per vivere,
l’acqua che dovevo bere, il cibo che dovevo mangiare, il fiore che dovevo
annaffiare, l’autobus che dovevo prendere, il…
Elena: Mi scusi… signor??
Pietro: Pietro, mi chiamo Pietro!
Elena: Signor Pietro, vada avanti…
Pietro: Sì, mi scusi. È che quando parlo di lei non posso fare a meno di lasciarmi
andare, abbandonarmi a quelle sensazioni così piacevoli, così eccitanti, così…
Il barista tossisce molto forte in modo seccato.
Pietro: Eravamo fidanzati da quasi un anno, tutto andava bene. Ogni appuntamento
sembrava essere il primo, i crampi allo stomaco, le mani sudate, le gambe
che tremano…
Giulia: Andiamo al sodo… perché è finita?
Nino: Beh, è abbastanza facile intuirlo… sicuramente l’ha lasciato lei dicendogli
che non lo meritava, che lui era troppo per lei, che non riusciva a capirlo… un
classico!
Giulia: L’hai lasciata tu? O, come dice l’esperto [indicando il barista in modo ironico],
t’ha lasciato lei?
Pietro: Tutto finì a causa di un tradimento.
Elena: Ecco, lo sapevo, come sempre voi uomini dovete rovinare tutto.
Giulia: Scusa che ne sai, magari è stata lei!
Nino: Potrebbe essere che lei lo abbia tradito con il suo migliore amico… E così
doppio tradimento l’amico e la fidanzata, che storia!
Elena: O magari lei lo ha visto flirtare con la cassiera del supermercato sotto casa,
l’ha seguita dopo la chiusura e l’ha visti entrare in un motel.
Giulia: Scusate, perché non ce lo facciamo dire da lui?
35

Elena: Parli pure, Pietro.
Pietro: Dicevo… i giorni seguenti mi sentivo sempre più piccolo e il dolore mi
corrodeva l’anima. Con gli altri fingevo che le cose andavano bene, non volevo
che sapessero, e così pensavo all’unica cosa che mi faceva stare bene: il ricordo
di noi ancora insieme.
Nino: Insomma, l’hai tradita tu? O ti ha tradito lei?
Giulia: Che importanza ha? Non vedi come soffre???
Nino: Ho capito che soffre, ma se è finita un motivo ci sarà e a questo punto io
sono curioso.
Pietro: Ogni giorno ero sempre più consapevole che lei non era più mia e che
qualunque cosa facessi non aveva senso. Iniziai a non mangiare più, a non uscire
più, mi ero convinto di non avere più nessun motivo per vivere. Il mondo
piano piano sembrava cadermi addosso, sembrava che le luci dei lampioni
al mio passaggio si spegnessero… Ma non era così. Era la mia illusione, il
mio pensiero, che mi portavano a vedere la realtà ben diversa da com’era… è
così che ho deciso di partire, anzi di ripartire da zero.
Elena: Bravo!! Era quello che volevo sentirti dire! Il punto è proprio questo: non
puoi crogiolarti nel tuo dolore fino a sparire… devi reagire. Devi continuare a
vivere, devi buttarti in ogni situazione, devi riappropriarti dei tuoi spazi.
Pietro: Lo so, ma non ho la forza, non ho la spinta.
Nino: Dovresti cambiare aria, andare in un posto dove tutto è possibile… [silenzio]
So io dove potresti andare: Amsterdam!!!
Giulia ed Elena [parlando tra di loro]: Sì, Amsterdam, città perfetta. Romantica
ma non troppo, trasgressiva quanto basta, e magari potresti incontrare la
persona giusta.
Pietro: Non saprei, con la mia ragazza parlavamo spesso di fare un viaggio, ma
Amsterdam, non l’abbiamo mai nominata. Forse è un po’ troppo per cominciare.
Nino: Ma no, è la meta perfetta per te. Vai e… vai!!
Parte una musica. Coreografia, durante la quale, i tre aiutano Pietro a sistemare il
bagaglio, gli stringono la mano, lo salutano e lo spingono fuori scena. Sul finire della
musica, si vede Elena salutare qualcuno e raccogliere le sue cose.
Elena: Ecco, è arrivato il mio Pigmalione… devo andare… ciao Fabrizio…
Nino: Lasciami un indirizzo, un telefono…
Elena: Farò di meglio… ti lascerò qualche riga del mio diario… arrivederci!
Elena esce, lasciando un foglio sul bancone. Il barista lo prende, deluso.
36

Nino: Ma aspetta… dammi il tuo numero… magari posso pubblicare le avventure
di un barista all’aeroporto… il suo diario… che me ne faccio…
Prende il foglio e comincia a leggere…
Nino: «Un lungo viaggio è il mio
attraverso le vostre vite,
i vostri racconti,
le vostre emozioni,
le ombre,
gli entusiasmi,
i dolori,
le risa,
gli sguardi…
e tutte le mie speranze si animano
mescolandosi alle vostre parole
e ai vostri silenzi».
Bella però! Sembra scritta proprio per me!
Giulia: Magari riuscissi io a trovare qualcuno che mi scrive questa lettera!
Nino: Serve una mano?
Giulia: Lascia perdere… magari puoi far ripartire un po’ di musica!
Nino: Agli ordini!
Giulia [legge la seconda lettera]: «Bellezze mie, oggi non vedendo neanche una
mia chiamata vi chiederete che fine abbia fatto. Tranquille, sono partita. Strano
eh?! Ma stamattina mi sono svegliata e guardandomi allo specchio ho scoperto
un’amara verità: sono invecchiata e non me ne sono neanche accorta! Lo
so, lo so… voi me lo dicevate da una vita, ma sapete quanto possa essere testarda.
Mentre preparavo la valigia ho pensato tanto a voi, ai vostri viaggi, ai vostri
incontri. E io? Io sono rimasta indietro: ferma a un uomo che non mi ha mai
saputo apprezzare, ferma in un posto che mi ha fatto solo invecchiare e non
crescere. Ho pensato a quante volte, solo ascoltare i vostri racconti mi faceva
sentire viva e diversa… e così ho deciso: non so ancora dove andrò. Sono all’aeroporto
e aspetto l’apertura dell’agenzia, nel frattempo fantastico sulle destinazioni:
Londra, India, Amsterdam. Vedremo cosa deciderò, vi terrò aggiornate.
E tranquille: è la cosa più viva che potessi fare!» [piega il foglio soddisfatta
e lo mette nella busta delle lettere].
Nino: Finito? Concluso? Deciso?
Giulia: Sì, ora non mi aspetta altro che l’apertura dell’agenzia. Ma che ore sono?
Nino: Le nove e mezza.
37

Giulia: Ma allora avrà già aperto!
Nino: Non credo che aprirà oggi… il proprietario è partito… anche lui…
Giulia: Tu lo sapevi… perché mi hai fatto restare qui a perdere tempo?
Nino: A perdere tempo? Credi che avresti deciso di andare, se non avessi sentito
tutte queste storie? Le storie della gente… quelle ci fanno cambiare… quelle
sono la nostra esperienza… l’ho fatto per te…
Giulia: Beh… in fondo, per cambiare la propria vita, non serve partire per un
viaggio, basta ascoltare e ascoltarsi… e tu… chi sei? Il traghettatore delle anime
inquiete?
Nino: Io? Io sono quello che resta… fino a quando… qualcuno o qualcosa, lo
spingerà altrove… io sono la Luisona!
Prende il libro e comincia a leggere a Giulia la storia della Luisona. Nel frattempo la
musica sale e un andirivieni di personaggi, entrano ed escono dalle quinte. Lentamente
il sipario si chiude e si sente solo una voce che chiude.
Nino: Addio Luisona!!!
38

Come un fantasma
AUTORE
Desi Bovo
RIELABORAZIONE DI
Annalisa De Pretis
Palcoscenico nero e vuoto. Si sentono in sottofondo rumori di città: traffico, chiacchierio
indistinto, qualche clacson. All’apertura del sipario si vedono i Grigi già in movimento.
I Grigi sono attori di entrambi i sessi, circa una ventina, vestiti di grigio
(pantaloni, giacca, tailleur, jeans e magliette) dalle facce anonime. I Grigi attraversano
la scena, escono e rientrano dalle quinte, come se ognuno di loro fosse diretto da
qualche parte. Sono chiusi nel loro percorso, non si guardano, non si toccano. È un via
vai di automi.
Tra i Grigi c’è anche Giulia.
Giulia è un’adolescente sui diciotto anni, anche lei vestita di grigio, ma con una maglietta,
appena visibile, rossa. Giulia si muove con i Grigi, ma è un po’ meno automa,
più attenta a ciò che la circonda e dà l’impressione di essere un po’ persa, di non sapere
bene dove sta andando. È anche molto triste.
Al centro del palcoscenico c’è Sara. Sara è un’adolescente sui sedici anni: è un fantasma.
Ha un vestitino leggero lungo fino ai piedi e un velo che le copre le spalle; entrambi
gli indumenti sono bianchi. Sara è immobile al centro del palco, rivolta verso
il pubblico, sguardo sfocato. È come se non fosse lì.
I Grigi intanto continuano il loro andirivieni: qualcuno ha fretta, guarda in continuazione
l’ora e cammina veloce; qualcuno è distratto, legge un giornale mentre cammina;
qualcuno è al cellulare; altri camminano veloci e indifferenti a ciò che hanno
intorno. I Grigi non si accorgono di Sara e quando le passano vicino la urtano e la
spintonano.
39

A un tratto il velo di Sara cade a terra e tutti i Grigi si immobilizzano, è un fermo immagine
che li blocca in un’azione: guardare l’ora, passarsi una mano tra i capelli, sistemare
la cravatta, rispondere al telefono, ecc.
I rumori di fondo della città si abbassano, ma sono ancora udibili.
Sara [tenendo in mano un lembo del velo e trascinandoselo dietro mentre avanza in proscenio.
Esprime una solitudine infinita]: Sono fredda e ho gli occhi di ghiaccio
e in questo momento mi sento uno straccio.
Mentre parla Sara continua ad avanzare quasi scivolando fra i corpi immobili di
fronte a lei. Nessuna reazione da parte dei Grigi, che restano immobili. Anche Sara
non sembra fare fatica a superare i corpi che incontra nella sua avanzata. Sara è leggera,
quasi eterea.
Sara: Sfioro ogni cosa che mi passa vicino
e accarezza questo mio dolce visino.
Alla fine della strofa, Sara è giunta in proscenio.
Sara [rindossando il velo, avvolgendocisi e giocandoci come a voler sottolineare le proprie
parole, spiegarle meglio]: Apro queste mie ali trasparenti e delicate,
gelide e impolverate.
Tra queste ali è rimasto solo freddo e polvere bianca
e mi chiedo cosa resterà di me, lieve e stanca.
Mentre Sara recita gli ultimi due versi, i rumori della città cominciano ad aumentare
di volume, fino a coprire quasi del tutto la sua voce. Sara continua a parlare ma
non udiamo la sua voce.
Sara: Io sono come la sera
tenebrosa e nera
Io sono come il vento…
Intanto dietro di lei, quasi risvegliati dal rumore della città, i Grigi ricominciano a
muoversi, concludono l’azione bloccata a metà, ma restano fermi ai loro posti.
Sara [rendendosi conto di essere schiacciata dai rumori, di essere invisibile, comincia
a recitare di nuovo la poesia a un volume più alto, va vicino a qualcuno dei Grigi,
cercando un contatto, una comunicazione. È arrabbiata, è intenzionata a far-
40

si «sentire», ciò nonostante i Grigi reagiscono come se una folata di vento li investisse,
e non si accorgono di lei]: Io sono come la sera
tenebrosa e nera
Io sono come il vento,
ti guardo, ti accarezzo e ti sento.
Non ho volto, non ho colore, non ho nome…
Su quest’ultimo verso Sara sta tenendo per le spalle Giulia, che le dà la schiena. Giulia
però, a differenza degli altri, sente il contatto con Sara e si gira di scatto. Le due ragazze
restano immobili a fissarsi.
Sara [con voce dolce]: Non ho volto, non ho colore, non ho nome
Ma al mio passaggio lascio le orme.
Mentre recita questi versi rivolti a Giulia, tende una mano per carezzarle il volto, ma
Giulia si ritrae. Intanto i rumori della città si trasformano in sonorità quasi musicali.
Sara tenta di nuovo di sfiorare Giulia, ma l’altra si nasconde dietro a uno dei Grigi,
che con il finire dei rumori cittadini sono tornati manichini immobili. Sara presa
dall’ansia di voler in tutti i modi stabilire questo contatto diventa più decisa nel suo
avvicinarsi a Giulia.
Giulia in risposta usa i corpi dei Grigi come scudo, li sposta ponendoli tra lei e Sara, li
usa per nascondersi e man mano creerà una sorta di barriera umana di sei o sette corpi
(è un abbozzo di scala umana che, con un paio di movimenti, verrà creata in una
scena successiva).
D’un tratto Sara si ferma, si arrende. Giulia dopo un’esitazione iniziale le si avvicina.
Di nuovo le due ragazze si fissano. Sara allunga una mano, ma la lascia sospesa
nell’aria, senza cercare di toccare Giulia. Giulia guarda la mano tesa ma non si muove.
Poi, con voce rotta:
Giulia: Sei morta. Eri la mia migliore amica.
Lentamente cerca di toccare la mano del fantasma. Le mani delle due ragazze giocano
nell’aria, quasi carezzandosi, ma senza sfiorarsi. Su questo gesto le sonorità che
hanno mantenuto l’atmosfera inquieta e irrisolta si trasformano in musica.
Giulia [diventa sempre più inquieta e nervosa nel suo tentativo di afferrare la mano
di Sara. Poi d’un tratto fa un passo indietro e urla all’amica]: Non è giusto!
Dovevi vivere!
41

Sara si stringe nel velo alla rabbia dell’amica. Giulia a sua volta si richiude la giacca
quasi coprendo del tutto il rosso della maglietta. Volta le spalle a Sara, confondendosi
con i Grigi vicino a lei. La musica diventa gravemente malinconica.
Sara: Io… sono quella che sono stata
Tu… mi hai conosciuta… e cercata.
Giulia continua a ignorarla, intanto alcuni Grigi, come guidati dalla musica, si dispongono
a semicerchio intorno alle due ragazze, mentre quelli posizionati prima da Giulia
iniziano a formare la scala umana. Giulia adesso è l’unica che dà le spalle a Sara.
Sara [come a volerle spiegare]: Lui… mi ha ripresa.
Giulia si volta a guardare l’amica.
Sara [sorridendo, triste]: Lei mi accompagna…
I Grigi allargano il semicerchio fino a circondare Sara, vicino alla scala umana, e
Giulia di fronte a lei. Ognuno di loro è mortale. I gesti dei Grigi, lenti ed eleganti,
sono rituali come inesorabili. Ognuno di loro dovrà morire e ognuno di loro ferma la
propria corsa di fronte alla morte.
Su quest’ultimo verso, Giulia, commossa, prende per mano Sara, sempre in quel modo
leggero per cui si sfiorano senza toccarsi davvero. Sara inizia a salire la scala umana,
aiutata da Giulia che la tiene per mano.
Sara [al culmine della scala]: Noi, dall’alto, guardiamo… [lasciando andare la mano
dell’amica che è troppo in basso e fa fatica a raggiungerla] Voi, vivete.
La luce sulla scala umana, con Sara al vertice, inizia ad abbassarsi.
Sara [sorridendo a Giulia che ha ancora la mano protesa verso di lei]: Loro… sognano.
La luce sulla scala si spegne definitivamente. Resta illuminata solo Giulia, ancora di
spalle, che lentamente abbassa il braccio proteso.
Giulia [spalle al pubblico]: Ho il cuore di ferro
Ho un sentimento di cera
Ho l’emozione della sera…
42

Sulle sue parole la musica inizia a trasformarsi di nuovo in sonorità e la luce ricomincia
a salire. Quando il palcoscenico è illuminato, vediamo che Sara è scomparsa e i
Grigi sono di nuovo nelle posizioni dell’inizio, ognuno intento a compiere la propria
azione.
Giulia si guarda intorno alla ricerca dell’amica. Mentre era di spalle, la giacca le si
è aperta, e adesso la maglietta rossa è molto visibile. Giulia silenziosamente inizia a
piangere. I suoni si ritrasformano in rumori cittadini.
Giulia è immobile al centro del palcoscenico. I Grigi ricominciano il loro via vai cercando
di evitarla, ma talvolta qualcuno la urta.
D’un tratto Giulia si toglie la giacca. I rumori tacciono, sul palcoscenico c’è silenzio.
I Grigi si guardano intorno disorientati.
Giulia + voce off di Sara: Leva le tue delicate mani dagli occhi
ti devo vedere.
Leva le tue profumate mani dalla bocca
ti voglio sentire ancora parlare.
Leva le tue candide mani dalle orecchie
ascolta ancora il tuo e il mio respiro…
Giulia [sorridendo al pubblico, e asciugandosi gli occhi]: Due anime divise
ma le vite sono le stesse,
sempre.
Ricominciano i rumori e il via vai dei Grigi. Giulia resta immobile al centro del palcoscenico.
Qualche secondo, poi il sipario si chiude e restano solo i suoni.
Buio. Silenzio.
43

Cuore in vacanza s’innamora
AUTORE
Antonio Lorenzin
ADATTAMENTO DI
Katia Assuntini
Buio in scena. Nel silenzio una voce off di adolescente maschio, ispirata, intensa. È la
voce di Antonio.
Antonio [voce off]: Barcellona. Meta di molti. Come tutta la Spagna, del resto.
Gaudí. La Sagrada Familia. E le sue altre opere. Stupende. Magnifiche. Ma
nulla in confronto a ciò di cui l’uomo vive. Quella cosa che se non ci fosse si
sopravvivrebbe, senza vivere. Quella cosa che Gaudí forse non ha mai provato.
Quella cosa che si chiama amore. L’amore. Il cuore che batte. L’emozione
che ti suscita soltanto un’altra persona.
Stacco.
Si illumina la scena. È un autobus stilizzato, molto colorato, prospettico, file di poltroncine
da tre da un lato e dall’altro. Ai lati e dietro, i finestrini, come degli schermi,
su cui scorrono la strada, la città, il viaggio, come nei vecchi film anni Quaranta.
Sul proscenio, all’estrema destra, l’autista; all’estrema sinistra, appoggiata su un sedile,
la guida con il microfono in mano, che guarda distrattamente fuori dal finestrino.
Sull’autobus una ventina di persone sedute, prevalentemente quaranta-cinquantenni
a coppie; chi parla, chi legge, chi ascolta musica, chi dorme, chi si sposta per parlare
con un altro gruppo, chi fa le riprese di ciò che scorre fuori dai finestrini e chi fa le
foto in posa al proprio amato.
44

Bisbiglio confuso di persone che parlano, qualche risata, rumore dell’autobus in movimento,
ma sempre con la musica predominante.
Buio, sfuma la musica, stessa voce off di prima. Mentre parla, un occhio di bue illumina
le persone o i gruppi indicati.
Antonio [voce off]: Una noia totale. Gioventù in minoranza in un gruppo in media
sui cinquanta, circa. Non me ne intendo. Quaranta, cinquanta, uguale. Ho
quindici anni, sai cosa ne so della differenza tra quelli di quaranta e cinquanta.
Un po’ di rughe in più. Boh. E poi l’unico ragazzo di tutta la corriera, io. E una
ragazza, dodici anni, lei. Peggio ancora. Anch’io ero vecchio per lei.
Buio. Musica ripresa del pezzo musicale precedente.
Si riaccende la luce solo sul ragazzo, Antonio, che si sporge a guardare nel sedile davanti
a lui la ragazza, Alessia, che fa i compiti. Sfuma la musica e si alza l’audio ambiente,
prende forma la realtà anche sonora dell’autobus.
Alessia [girandosi]: Ciao, Alessia.
Antonio [saltando sul seggiolino davanti accanto a lei]: Antonio. Tutto bene?
Alessia: Sì, e tu?
Antonio: Anch’io. [indicando i libri] Ma ti sei portata i libri in vacanza?
Alessia: Per forza, devo fare un sacco di compiti.
Antonio: Ma dài, è quasi l’ultimo dell’anno! Io ho deciso che li faccio tutti dopo,
quando torno a casa.
Alessia: E chi li sentiva i miei?!?
Antonio: Ma come vai a scuola?
Alessia: Così… buono, perché buono vogliono i miei genitori! Tranne in Musica,
[mentre parla mostra il libro che sta leggendo, è un testo di educazione musicale]
discreto… Ma cosa mi interessa come è fatto uno strumento? Cioè, capisco
le note, la respirazione, eccetera, ma cosa me ne faccio io se so che la tromba ha
questo, quello o quell’altro?
Antonio: Fortuna che alle superiori non si fa!!!
Miodrag [al microfono]: Benvinguts a Barcellona! Esto es el primer lavoro de
Gaudí. Mira che lampiones en esta plaza! Che lindos soy!
Antonio [con il naso attaccato al finestrino e, con la scusa, molto vicino ad Alessia]:
Ma guarda che lampioni! No, veramente. Il solito pirla di architetto. Ma cosa
li pagano a fare questi? Vengo io e faccio tutto. Anche meglio.
Alessia [ironica]: Ah sì?
Antonio: Non mi dirai che ti piacciono!
Alessia: Boh! Però sono meglio dei libri di Storia dell’arte, qui almeno si vede.
45

Antonio: E soprattutto niente interrogazioni.
Alessia: Sì, forse anche per quello!
Ridono. Poi Alessia si alza e va a sedersi vicino alla madre. L’autobus è tutto illuminato.
Musica: Love the Way You Lie, Eminem-Rihanna.
Alessia e Antonio sono seduti distanti, lui la guarda cercando di non farsi notare. Lei
ogni tanto gli sorride. I «vecchi», dietro, continuano a fare attività varie, come prima.
Qualcuno si accorge della passione di Antonio, e ridacchia.
Sfuma la musica, sale l’audio ambiente, la luce si concentra su Antonio e Miodrag,
che gli si avvicina e gli parla in confidenza.
Miodrag: Vayas a sentarte cerca de tu morosa, che fai ancora qui?
Antonio [imbarazzato]: Possibile che quando un ragazzo parla con un ragazzo…
è solo un amico e quando parla con una ragazza… è fidanzato?
Miodrag [ridendo e allontanandosi]: Como quieras, mi amigo!
Buio, inizia la musica, flamenco. Antonio viene in proscenio e parla verso il pubblico,
accennando ogni tanto dei passi di danza.
Antonio: Zoppicai parlando. Come se il mio cuore volesse tapparmi quella lurida
boccaccia che invece voleva esprimere l’idea del cervello. In quel momento capii
che non provavo solo amicizia, ma amore. Volevo sapere se mi amava. Se mi
pensava. Se poteva esserci qualcosa tra di noi. Volevo sapere cosa pensava. Pensavo
a cosa potesse pensare. Cosa sta facendo lei? Sorride? Piange? Perché?
Facevo paura a me stesso. Non capivo. Il cuore. Fermati. Fammi pensare col
cervello.
Niente. Battito. Ti-ta. Ti-ta. Ti-ta ti-ta. Ti-ta ti-ta. Ti-ta ti-ta ti-ta. Ti-ta ti-ta
ti-ta. Ti-ta ti-ta ti-ta ti-ta ti-ta. Ti-ta ti-ta ti-ta ti-ta. Il cuore accelerava. Cosa
pensa? Cosa fa? Pensa a me? A chi pensa? E il flamenco. I tacchi che picchiavano
davano ancora più velocità al mio cuore. Tutto il mio corpo era in subbuglio.
Sudato. Battito a mille. Ecco come m’attirò nella sua esca infernale. Sì,
perché lei mica mi amava. Il bus ci accompagnò all’hotel. Ero stremato.
Maledetto amore, perché mi colpisci ancora? Dormendo avrei forse tolto
quell’amore di dosso. La mattina dopo feci anche la doccia, come per riuscire
a lavarmi via l’amore. Ma quel dannato rimase. Però si placò e mi fece perlomeno
vivere. Vivere amando, senza soffrire troppo.
Ancora due passi di danza, il pezzo musicale finisce. Buio.
Risale l’audio dell’autobus, di nuovo luce su loro due seduti.
46

Antonio: Vuoi ascoltare musica?
Alessia: No, grazie. Sono stanca.
Antonio: Hai ragione. Sappi comunque che se non vuoi svegliarti perché sei
stanca, dovrai farlo poi, perché dobbiamo visitare la città; se vuoi svegliarti sei
pronta per la giornata e non devi faticare dopo. Insomma, non hai tanto tempo
per dormire e non potresti fare altro che cercare di svegliarti.
Alessia: Che hai detto?
Antonio: No, volevo dire che…
Alessia [interrompendolo]: Sì, sì, ho capito… però ho sonno!
Antonio: Beh, io ascolto il cd di Michael; se vuoi, puoi ascoltare anche tu [canticchiando
She’s going in Hollywood / She’s going in Hollywood tonight / She’s going
in Hollywood / She’s going in Hollywood tonight / It’s true, that you…].
Alessia chiude gli occhi. Antonio dopo pochi secondi si toglie una cuffia e, dando di gomito
ad Alessia, gliela porge.
Antonio: Questa devi proprio ascoltarla!
Alessia [sbadigliando]: Ok…
Antonio [canticchia: I like the way are you holding me / it doesn’t matter how you’re
loving me / I like the way are you loving me / it doesn’t matter how you’re holding
me / I like the way… Too bad, Hollywood… / Too bad / Hollywood… / Monster
/ He’s a monster He’s an animal…]: Stupenda! Non capisco molto, ma quel
poco che capisco mi basta.
Alessia: Finalmente è finita!
Antonio: Sono un po’ una lagna le ultime canzoni dei cd, eh?
Alessia: Abbastanza.
Antonio: Senti questa… Prima non l’avevi sentita, Hollywood tonight. All’inizio
parte che sembra una canzone da cerimonia. Aspetta che parta. Vedrai che ti
piacerà.
Miodrag: Ti-tu. Siamo arrivati. Esta mañana visitamos la Sagrada Familia y la
casa de Gaudí.
Alessia [rendendogli le cuffie]: Tieni.
Antonio [guardandola]: L’hai fatto apposta perché non ti piace la mia musica?
Alessia sorride. Stacco con buio. Musica: Hate That I Love You, Rihanna. Antonio
viene di nuovo avanti verso il pubblico, come per parlarci in confidenza.
Antonio: Non avevo mai visto una cosa più bella. Meraviglioso. Ritiro quello che
ho detto prima su Gaudí, guardando quei lampioni. Gaudí è un grande. Nes-
47

suno, soprattutto io, poteva fare di meglio. Mi guardavo in giro, stupefatto: aveva
ideato tutto quel genio. Nonostante ciò a volte il mio sguardo si perdeva
cercando lei, Alessia. Stupendo nome. Dopo aver visto questo, tornammo sull’autobus.
Ancora lei. Vicino a me. Ti amo. Quando tornammo in albergo, mi
misi sul letto e ascoltai I Like the Way You Love Me. Mentre la ascoltavo, pensavo
a lei, e la immaginavo dove pensavo fosse. A cena, lei si sedette lontano da
me. Ci rimasi male. E qui il fato rientrò in scena. Mise lei esattamente di fronte
a me. Non dovevo girare il collo, spostare la sedia. Era esattamente di fronte
a me. Due tavolate più avanti, ma sempre di fronte a me. Ma la mattina del
giorno dopo, lei non c’era. Ascoltai ciò che dissero i suoi genitori, facendo finta
di non ascoltare: «È rimasta in albergo, non stava tanto bene… ».
Musica: La notte, Modà. Dietro i finestrini inizia a piovere e la città ingrigisce.
Antonio: NO! Non… Perché? Io… lei… Cosa? E… ma… come? Non può essere.
Mattina senza lei. Mattina senza sole. Sembrava che ne risentisse anche la
natura. Tutto era grigio. Compensava il mio dolore. Riuscì anche ad attenuarlo.
Ascoltando musica forte alternata a debole.
E mi divertii lo stesso, al vedere gli altri, ma dentro di me, il buio. Notte.
Notte. / Il sole spento mi guarda / piangendo pure lui. / Io piango ma non lacrime:
/ piango il cuore, / un attimo di dolore. / ’Notte.
Questi erano i sentimenti dentro di me. Fuori di me, ridevo con Miodrag e il
suo amico.
Tornammo in hotel. Lei era ancora nella sua stanza. Vado? Non vado? Vorrà
compagnia? Sì vado, sai che noia la solitudine! Non è detto, magari le piace.
E allora vado e le chiedo! E se dorme? Picchiando sulla porta la svegli. E magari
non ha neanche la forza di venire ad aprire. Ahhhhhhhh! Tilt.
Alla fine, domanda non domanda, non andai.
Stacco. Buio.
Luce sull’autobus. Musica. Antonio con le cuffie e un fumetto. Cupo. D’improvviso
sobbalza quando Alessia gli va vicino.
Alessia: Mi siedo qui?
Antonio: Certo. Ciao.
Alessia: Ciao.
Antonio: Stai meglio?
Alessia: Abbastanza.
Antonio: Ti è passato il mal di gola?
48

Alessia: Abbastanza.
Antonio: Hai lottato per uscire?
Alessia: Abbastanza.
Antonio: Certo che hai la risposta automatica. Il tuo «abbastanza» mi ricorda la
risposta alla domanda com’è andata a scuola… «bene».
Alessia: Forse.
Poi prende il cellulare e inizia a mandare sms. Antonio resta lì come un cretino. Dopo
un po’ Alessia si mette una cuffia e dà l’altra ad Antonio.
Alessia: Vuoi? Sappi che non ascolto truzzo come te.
Antonio: Ok.
Alessia: Così ti fai una cultura al di fuori del truzzo.
Antonio: Io? Ma se una volta ascoltavo punk, rock eccetera?
Alessia: Ok. Questa è Californication.
Antonio: Guarda che la conosco, anzi so tutto il testo a memoria e la so anche
suonare con la chitarra, pure con l’assolo. È il mio cavallo di battaglia.
Alessia [ironica]: Wow!
Stacco. Buio. Parte la musica di Californication. Occhio di bue su Antonio in proscenio,
decisamente depresso.
Antonio: Lei non mi ama, ormai non ho dubbi. Non mi vede nemmeno. Ma il
mio cuore batte per lei! È arrivata la notte di Capodanno. Si festeggia. Anch’io
vorrei festeggiare, ma lei? Speravo che venisse con me, invece… Mi guardo
dietro. Avanti. Niente. Lei non c’è. Maledetto nuovo anno, non sei ancora nato
e già mi fai questo?
Mi giro. Lei. Con i suoi. Ma vai! Ma vieni! Ma chi sono!
Leggero cambio luce che illumina fiocamente i passeggeri dell’autobus tutti eleganti
ed eccitati; tra loro Alessia. Nuova musica, una musica da festa. Sul fondale un enorme
orologio comincia il conto alla rovescia 59, 58, 57, ecc.
Antonio [ancora in proscenio]: L’anno nuovo arrivò senza che noi sapessimo
quando fosse esattamente. Perlomeno lei era lì vicino a me, in quella mandria
di vecchi che mi augurarono buon anno.
Consiglio: non festeggiate in Piazza di Spagna se siete a Barcellona, festeggiate
in spiaggia. Piazza di Spagna: non c’è niente, Plaza Catalunya: c’è solo casino,
e ambulanze… La spiaggia invece è strafica!!!
49

Nel viaggio di ritorno parlammo ancora, ma il mio amore si stava esaurendo
pian piano. E così il cuore tornò tranquillo, senza rimpianti. E io stetti bene.
L’amore se ne andò com’era venuto: mi svegliai dopo aver festeggiato Capodanno
e quasi non l’amavo. Mi svegliai il giorno dopo e non l’amavo più.
Alla fine della battuta l’orologio sul fondale segna 00:00. Buio. Rumore di fuochi
d’artificio e musica forte.
Resta la musica e l’orologio sul fondale inizia a scorrere velocissimo. A un tratto si ferma
sulle 13:15. Luce su palco, la scena è completamente diversa. È un piccolo monolocale
molto «spagnoleggiante». Divano letto chiuso, un tavolino con due sedie, un
piccolo armadio e un fornello da campeggio appoggiato su un mobiletto.
Alessia, che adesso ha circa trent’anni, entra ed esce dalla quinta che «dà sul bagno»;
si sta vestendo, e intanto parla al cellulare. In sottofondo c’è la voce in spagnolo di una
piccola televisione. In tutta questa seconda parte la voce della televisione in sottofondo
è sempre presente.
Alessia [mentre esce ed entra in scena e si veste]: Insomma, stamattina ero per strada
e uno all’improvviso urla: «Alessia!». Così mi giro e vedo un ragazzo… Aveva
un viso familiare, ma non sapevo proprio chi fosse. Lui, mi guarda con degli occhi
lucidi… No, forse non dorme da giorni. A un certo punto mi dice: «Sei
tu?». Ma che domande: ovvio che sono io! Ma lui insiste: «Sei tu Alessia?». Però
ti giuro, io non avevo idea di chi fosse, così glielo chiedo, no? Gli dico: «Sì, sono
io. Ma tu chi sei?». E lui: «Antonio. Ti ricordi?». Niente, buio totale. Poi lui
mi dice: «Era Capodanno e lo festeggiammo qui, a Barcellona». Ma io, niente,
continuo a non ricordarmi. E lui: «Dài, quel viaggio organizzato, quand’era?
Sì, il 2010, e noi due eravamo gli unici ragazzi e siamo stati quasi sempre insieme:
io ti ho fatto ascoltare musica truzza e il cd di Michael, tu altra musica truzza
e canzoni vecchie. Eravamo… ». A quel punto ho capito! Era un tipo che avevo
incontrato la prima volta che sono venuta a Barcellona, ero con i miei e
lui, che aveva un paio d’anni più di me, continuava a starmi appiccicato e a farmi
ascoltare della musica orribile. [Alessia ride per qualcosa che dice l’amica al telefono]
Eh, lo so anch’io che sono passati più di dieci anni! Che ne so, si vede che
ha una memoria spaventosa, io non lo avrei mai riconosciuto… Però forse si ricorda
di me perché anche per lui era la prima volta a Barcellona. Come fare per
dimenticarsi di una città così? È per questo che mi sono trasferita qui!… Comunque
per farla breve mi ha chiesto di uscire stasera… Sì, mi ha invitata a cena.
Ma, non lo so, dovrebbe passare a prendermi tra poco, no, non sono ancora
pronta… È che non so se mettermi il vestito rosso o quello a fiori… Sì, lui è
davvero carino, mica me lo ricordavo così carino, e poi mi sembra anche in
50

gamba… No, non lo so, abbiamo parlato solo cinque minuti, per la strada, stasera
mi racconterà un po’ di cose… Allora? Vestito rosso o a fiori? Dài, provo
il rosso… [come Alessia ha infilato il vestito, si sente il campanello] Accidenti, è
già qui e io non sono ancora pronta… [ridendo] Sì, sì un’ottima scusa per farlo
salire… Dài, ora vado, ti chiamo domani e ti racconto… Sì, sì, ciao!
Alessia riattacca e risponde al citofono.
Alessia: Ciao, puoi salire un attimo che sto finendo di prepararmi?
Mentre aspetta che Antonio arrivi, Alessia raccoglie un sacco di vestiti e li butta nell’armadio.
Antonio entra in scena, anche lui sui trent’anni, jeans e maglione. È un
bel ragazzo, ma ha l’aria stanca e tirata.
Alessia: Scusami sono un po’ in ritardo, siediti intanto che ti verso un bicchiere
di vino.
Antonio si siede sul divano, Alessia porta due bicchieri di rosso.
Alessia: Facciamo un brindisi! Agli incontri dell’ultimo dell’anno!
Antonio: Già, sembra che io e te siamo destinati a vederci solo a Barcellona il 30
di dicembre… È un po’ strano, no? Il destino…
Alessia: Eh sì, abbastanza.
Antonio: Vedo che non hai perso la risposta automatica…
Alessia [ridendo]: È vero, mi ero dimenticata di quanto ti dava fastidio che rispondessi
sempre «abbastanza». Dài, finisco di prepararmi, ci metto un attimo.
Alessia esce in quinta.
Antonio: Allora oramai vivi qui?
Alessia [da fuori scena]: Sì, sono cinque anni!
Antonio: Quanto ti invidio! Anche io avrei voluto trasferirmi prima. Però finalmente
ce l’ho fatta, domani vado a vedere casa nuova. Dalle fotografie sembra
stupenda, spaziosa e con un sacco di luce…
Alessia [rientrando in scena e iniziando a preparare la borsa]: Ora sono io che invidio
te, io vivo in quaranta metri quadri e una finestra sola!
Antonio: Beh, però è davvero molto carino qui.
Alessia: Sì, abbastanza, oh scusami, la risposta automatica! E invece questa casa
dov’è?
51

Antonio: Non troppo lontano da qui, ma non lo so con esattezza, non conosco
le strade ancora. Mi sembra che si chiami Carrer d’Alcolea…
Alessia: Sì, so dov’è. Beh, ma se hai voglia, visto che domani è domenica, vengo
con te, così ti insegno la strada…
Antonio:Ma certo! Grazie!
Alessia: Ok, sono pronta, finalmente!
Antonio: Perfetto. Ti va di andare a mangiare qualcosa? Italiano?
Alessia: Sì, saranno due anni che non mangio italiano.
Alessia si mette la giacca, Antonio in piedi sembra imbarazzato.
Alessia: Andiamo?
Antonio [titubante]: S-sì…
Alessia: Problemi?
Antonio: No, sono solo in imbarazzo…
Alessia: E perché?
Antonio: Ecco, non ho prenotato l’albergo perché pensavo di entrare oggi a casa
nuova. Poi c’è stato un disguido e mi hanno rimandato a domani, ho telefonato
in un sacco di posti ma è il 30 dicembre non ho trovato nemmeno una camera.
Così, però solo se non ti scoccia, ecco, pensavo… non è che mi ospiti
per stanotte?
Alessia: Ma certo! [guardandosi intorno] Staremo un po’ stretti…
Antonio: Grazie. Allora andiamo?
I due escono. Buio in scena.
Luce in scena. Alessia è mezza addormentata nel suo letto. Entra in scena Antonio
con la colazione.
Antonio: Buongiorno.
Alessia: Buongiorno a te… Oh, grazie!
Alessia inizia a mangiare, Antonio è in piedi titubante…
Alessia: Sei già pronto per uscire?
Antonio: Ecco, prima di andare a vedere la casa devo fare una cosa… Te l’avrei
detto ieri sera, ma poi abbiamo parlato d’altro… sono un po’ in imbarazzo…
Ma non è come sembra, io…
Alessia: Così mi preoccupi, che è successo?
Antonio: Ecco, devo andare all’aeroporto: tra un’ora arriva mia moglie!
52

Alessia resta con la brioche a mezz’aria. Scioccata.
Antonio: Davvero, ora non c’è il tempo, ma dopo, dopo ti spiego tutto…
Alessia: Non mi sembra ci sia granché da spiegare. Grazie per la colazione e chiudi
la porta quando esci.
Antonio: Davvero, non è come sembra.
Alessia: Certo, ora se non ti dispiace…
Antonio: Va bene vado, ma promettimi che più tardi mi farai spiegare…
Alessia: Come no… Ciao.
Antonio esce di scena. Alessia scoppia a piangere mentre finisce la brioche.
Buio in scena.
Luce in scena. Si sente la voce di Alessia da fuori scena. È al telefono.
Alessia: Sì, sì, lo ammetto. Mi piace. Mi piace proprio tanto. Strano, perché dieci
anni fa non lo calcolavo neanche. Però questo è farsi male. [entrando in scena]
Cosa vuole questo da me? Mi piace. Di più. Mi potrei innamorare. I suoi
modi, le sue carinerie. Certo, anch’io! Come fa a non essere sposato uno così?
Insomma, mi ha mandato un messaggio per vederci nel pomeriggio e io gli ho
pure detto di sì. Idiota. Idiota. Perché dire di sì? [imitando la voce di Antonio]
«D’accordo… ci troviamo in Plaza Catalunya davanti all’Hard Rock Cafè, alle
15, ok?».
Idiota, io, non lui! Idiota. Alle 14:50 sono lì, davanti all’Hard. Lui non c’è.
Non c’è neanche alle 15. E io, come una deficiente, invece di andarmene resto
lì a sperare in quest’amore impossibile. Perché? E continuo a dirmi che deve
arrivare, non può darmi buca! E invece mi arriva un sms: «Scusami, ma non
posso venire. Possiamo fare per stasera»… No, non gli ho ancora risposto! E
che gli dico? Non voglio farmi del male, ma neanche rimpiangere per sempre
questa occasione, anche se mi sa che l’occasione la vedo solo io. Però scusa,
perché non sta con sua moglie a festeggiare il Capodanno? Perché telefona a
me? Non lo so che gli rispondo… ci devo pensare… Ora vado a fare la spesa,
devo ricordarmi di comprare i dodici acini d’uva. Sì, e poi ne mangio uno ad
ogni rintocco… da sola! Come… Ma davvero secondo te dovrei dargli una
possibilità… non lo so, ci penso… Sì, dài, ci sentiamo dopo.
Alessia riattacca e resta seduta sul divano pensierosa. Dopo un po’ prende il cellulare
e sillaba mentre scrive il messaggio.
Alessia: Stasera alle dieci passa da qui. Dobbiamo parlare.
53

Buio in scena.
Luce in scena, Alessia passeggia nervosa e continua a guardare l’orologio.
Alessia [fra sé]: Ora basta aspettare!
Si sente il campanello. Dopo un attimo Antonio entra in scena, trafelato e tutto scarmigliato.
Antonio: Scusa per il ritardo, la città è un delirio.
Alessia resta in silenzio, offesa.
Antonio: Ci stiamo separando!
Alessia continua a restare in silenzio.
Antonio: Ci credi se ti dico che non ti ho mai dimenticata?
Alessia [acida]: Cos’è, il ritornello che il primo amore non si scorda mai? Invece
che sei sposato mi pare tu te lo sia dimenticato in fretta l’altra notte!
Antonio: Te lo ripeto, ci stiamo separando.
Alessia: È per questo che siete a Barcellona insieme?
Antonio: Francesca è spagnola. Ci siamo conosciuti in Italia, ma ci siamo sposati
qui, per la sua famiglia. Abbiamo sempre vissuto in Italia e lei vuole restare
là, ma i documenti andavano firmati qui, per questo è venuta. Oggi ho fatto
tardi dall’avvocato, per questo ho saltato il nostro appuntamento…
Alessia: Voglio bere!
Si versa del vino e lo offre ad Antonio.
Antonio: So che volevi festeggiare in spiaggia, ma rischiamo di restare bloccati in
macchina se usciamo ora, è quasi mezzanotte. Che vuoi fare?
Alessia: Questo significa che l’argomento «tu sposato – io amante» è già chiuso?
Antonio: Io ti amo, ti amo da quel primo incontro. Non pensavo di essere ancora
innamorato, ma me ne sono accorto subito, appena ti ho rivista. Avrei lasciato
mia moglie comunque, ma dopo ieri notte ho pensato fosse giusto accelerare
i tempi, per me, per te e anche per lei.
Alessia: Ah!
Antonio: Allora, che vuoi fare?
54

Alessia prende un sacchettino dal tavolo e tira fuori un grappolo d’uva.
Alessia: Qui a Barcellona c’è una tradizione, si mangia un acino d’uva ad ogni
rintocco, dicono che porta fortuna.
La luce si abbassa, ritorna la musica da festeggiamento del primo Capodanno, botti e
rumori. L’orologio sul fondale inizia il conto alla rovescia: 10, 9, 8, ecc.
Alessia e Antonio si guardano in silenzio. L’orologio segna le 00:00. Alessia dà un
chicco d’uva ad Antonio, Antonio invece la bacia.
Buio.
55

SCENA I
Mi chiamo Kleopatra
AUTORE
Ana Isabel Andrade Luna
ADATTAMENTO DI
Elisa Bortolomedi
Atto unico
Sipario chiuso, una sedia sul proscenio e un occhio di bue puntato su Kleopatra. Kleopatra
è una ragazza sui vent’anni. Veste in maniera elegante, con gonna plissettata
e camicetta, è seduta in maniera molto composta.
Voce fuori scena: Allora, parlami di te…
Kleopatra [prendendo un bel respiro e sorridendo]: Sinceramente non saprei da dove
iniziare, perché credo che ogni storia racchiuda milioni di momenti e ricordi
ed eventi; [poi come colpita da un’intuizione] anche se la mia storia è tutta nel
mio nome.
Mi chiamo Kleopatra. Con la K, mi raccomando, non con la C. È stata mia
madre a decidere il mio nome, lei sola!
Mia madre ama la Storia, la Grecia, ma soprattutto l’Egitto e l’antica Roma. È
innamorata della Storia, della lingua, della cultura. A dire il vero, è innamorata
anche dei personaggi storici, anche se preferisce gli antichi romani agli egizi.
[sorridendo tra sé e sé] Per «personaggi storici» intendo gli uomini… Sul serio,
mia madre adora gli uomini romani, ma non quelli di oggi, quelli di secoli fa.
Dice che sono affascinanti, [prosegue maliziosa] anche se non ne capisco il motivo,
dato che di loro ci restano solo statue e statue e statue e nient’altro; anche se
avevano dei bei corpi, questo va detto. [si ferma un attimo come riflettendo, poi
56

torna al pubblico e ricomincia a parlare] Sì, non c’è dubbio, la passione di mia
madre per la Storia antica ha segnato tutta la mia vita, da prima che nascessi si
può dire… Non ci crederete, ma si è innamorata e ha sposato mio padre, e mio
padre si chiama Giulio Cesare. A volte credo che si sia innamorata di mio padre
per il suo nome. [quasi tra sé e sé] La cosa che mi è sempre sembrata più strana, e
anche un po’ inquietante, è che tra l’imperatore Giulio Cesare e Cleopatra ci fu
una relazione amorosa, che si tradirono e finì anche abbastanza male. Ma questi
sono solo dettagli per mia madre, [imitando la voce della madre] «notizie storiche
di scarso valore». Per lei Giulio Cesare era un affascinante e indomito condottiero
e Cleopatra una donna forte, colta, sicura e bella. Per questo, credo, ha
sempre amato moltissimo mio padre e, fin da quando ero piccola, ha sempre desiderato
che io diventassi una donna istruita e di molta esperienza. [imitando di
nuovo la voce della madre] «Lei sarà il mio diamante», diceva ogni volta, quando
con i suoi amici, in salotto, si cominciava a parlare dei figli. Il suo diamante! È
cominciato tutto così. Mia madre era convinta che Cleopatra fosse una donna
dalla cultura enciclopedica, e allora si è rimboccata le maniche per farmi essere
all’altezza del mio nome [in crescendo di ritmo] mi trascinava in biblioteca almeno
due volte la settimana, mi ha insegnato addizioni e sottrazioni quando andavo
ancora all’asilo, mi faceva leggere libri, scrivere racconti, visitare musei.
Kleopatra resta un attimo sospesa, poi riprende ironica.
Kleopatra: Ma Cleopatra era anche una regina! E questo, per mia madre, significava
che conosceva le buone maniere e sapeva sempre come comportarsi, e
allora [mimando con gesti stilizzati ciò che dice] le posate si usano così, la mano
si tende così, a tavola si sta così, le spalle devono essere dritte, testa alta, cammina
più dritta, sii più femminile, se incontri un uomo lo saluti così, se incontri
un anziano cosà, se passa un’altra ragazza fai questo, se passa un ragazzo
quest’altro.
Sul finire della battuta cambiano le luci e si apre il sipario. Kleopatra resta in fermo
immagine nell’ultima posa assunta, spalle al pubblico, mano protesa come se aspettasse
che il cavaliere del ballo la invitasse.
SCENA II
All’apertura del sipario, la sedia sulla quale sta Kleopatra diventa parte della scenografia.
È la sedia di un tavolo da cucina. Siamo in una cucina modesta ma ordina-
57

ta: al centro, la tavola con quattro sedie di cui una è quella sulla quale sta seduta Kleopatra.
In scena lei e la madre, la quale sta riassettando, quarantacinque anni, ancora
piacente e un po’ stravagante nell’abbigliamento, che comunque risulta elegante e
curato. Il dialogo si ricongiunge con quanto stava raccontando Kleopatra nella scena
precedente.
Mamma: Se incontri un extraterrestre, mi raccomando, sii gentile!
Kleopatra [lamentosa, stanca, mentre infila un cardigan ampio che era appoggiato
su un’altra sedia]: Oh mamma sei così ossessionata da tutto quello che riguarda
la mia educazione che non ti accorgi che sto diventando matta!!! [più
decisa] Ma non lo vedi che potrei andare a prendere il tè a Buckingham Palace
e far sfigurare la regina?
Vibra un cellulare sulla tavola, Kleopatra lo guarda e lo mette in tasca.
Mamma: Oh che diamine Kleopatra, è maleducazione non rispondere al telefono.
Kleopatra [decisa e tagliente]: È molto più maleducato disturbare le persone intorno
a te con una suoneria insistente!
Mamma: Ma… [poi indecisa si ammutolisce, prende un cesto di panni stirati e mentre
esce di scena dice fra sé e sé] Ah se solo la regina Cleopatra avesse avuto un cellulare…
Kleopatra scuote la testa. Il telefono suona di nuovo e lei stavolta risponde.
Kleopatra: Pronto? Sì, ciao Emma, scusa ma non avevo la suoneria… sì, come
sempre, lo so, che c’è? …ma no, nulla, stavo discutendo con mia madre tanto
per cambiare! Ma tu che ne pensi? Se fossimo nate ai tempi della mamma
saremmo state come loro? Sì, sì, certo che è carattere, ma a volte me lo chiedo,
a volte mi domando come sarebbe stato se fossi nata ai tempi di Cleopatra…
Oppure se fossi nata negli anni di mia madre, gli anni Cinquanta-Sessanta.
Mi chiedo come sarei stata di carattere, o quali sarebbero stati i miei genitori,
quale sarebbe stato l’amore della mia vita, dato che in quegli anni ti sposavi
giovanissima, oppure se avrei lavorato e fatto cosa… Sì, sì, sto bene, è solo che
è un po’ di tempo che sono incanta dagli anni Cinquanta e Sessanta, dalla musica
in particolare. Sono incantata dalle voci, soprattutto, perché è come se
sentissi che dentro c’è la verità; forse mi sbaglio, o dovrei spiegarmi meglio,
ma ogni volta che l’ascolto, quella musica tocca ogni angolo del mio corpo e
diventa padrona di me… No non sto esagerando, davvero. È realmente così
che mi sento, è come se la musica fosse un’amica, e può darsi che sia stata crea-
58

ta con scopi diversi da quelli che noi intendiamo adesso, e questa creazione per
fortuna non si è mai fermata e non si è mai dispersa e va avanti da secoli e secoli,
coraggiosa e fiera, capace di unire come di separare, con il potere di rallegrare
e di tormentare. [conclude in tono celebrativo] Oddio, sto diventando un’invasata
come mia madre… Parlo della musica come lei parla della Storia…
Non lo so, dev’essere una caratteristica delle donne della mia famiglia quella
di lasciarsi sedurre e affascinare da epoche passate. Spero solo di non chiamare
mia figlia Aretha. Comunque… Cosa mi volevi dire?
Sfumando, sale la musica di sottofondo mentre si spengono le luci: Aretha Franklin, I
Say a Little Prayer for You.
SCENA III
Si alzano le luci. La madre è in cucina che prepara un tè.
Mamma [urlando]: Kleopatra… Scendi che sono le cinque ed è pronto il tè! [breve
pausa, riprende più insistente] Kleopatra quante volte te lo devo dire che non
si fanno attendere le persone? Se lo fai con me lo potresti fare anche…
Si interrompe perché entra Kleopatra in tuta da ginnastica o pigiama camminando
come uno zombie e la abbraccia scoppiando a piangere.
Kleopatra [singhiozzando]: Mamma, io non voglio più fare l’archeologa o l’antropologa
come ho sempre sognato, è un po’ che ci penso e ho capito che non
è la mia strada.
La mamma, dopo un attimo di shock, inizia a singhiozzare molto più forte di Kleopatra
e le due si abbracciano in un quadretto che ha del melodrammatico.
Mamma [si riprende e singhiozzando lievemente]: Oh piccola mia, con la mia ossessione
ho rischiato di farti diventare matta.
Kleopatra: Sì, sono d’accordo… E ora che faccio?
Mamma: Intanto siediti.
Mentre Kleopatra si siede, la madre versa due tazze di tè. Poi si siede a sua volta e sorridendo.
59

Mamma: Cosa pensi che avrebbe fatto la regina, per risolvere i suoi problemi?
Kleopatra [parlando tra sé]: Ma che cazzo ne so! [si gira verso la madre e gentilmente
le dice] Non lo so mamma, dimmelo tu!
Mamma [serena e accomodante]: Io credo che se la Regina si fosse sentita insoddisfatta
di tutto ciò che aveva e di tutto ciò che conosceva sarebbe sicuramente
andata a cercare qualcosa di nuovo!
Kleopatra [tra sé]: Ah, a questo non avevo proprio pensato…
SCENA IV
La mamma è in scena, continua ad affacciarsi nelle quinte, sembra essere in attesa di
qualcosa. Suonano alla porta, lei esce e rientra portando una valigia, seguita da Kleopatra
vestita in maniera semplice, jeans e maglietta.
Mamma: Oh tesoro, sono le cinque passate, hai già bevuto il tè? Te lo servo, tu
siediti e raccontami tutto!
Kleopatra [seduta sulla sedia dell’inizio]: Mamma sono stata via cinque mesi, direi
che il tè può aspettare.
La mamma, come se non l’avesse sentita, riempie due tazze e si siede.
Mamma: Su su, siediti e raccontami.
Kleopatra [inizia a parlare svogliata, fissando la tazza]: Sono stata in Francia:
shopping. Sono stata in Inghilterra: discoteche. In Spagna: concerti. In India:
centri benessere. E ora sono tornata a casa, con le idee ancora più confuse di
prima: mamma, cosa avrebbe fatto Cleopatra?
La mamma sorseggia il tè. Dopo qualche secondo di silenzio, Kleopatra inizia a sfogliare
il giornale che è sul tavolo.
Mamma: Tesoro, lo sai che è maleducazione leggere a tavola.
Ma Kleopatra non l’ascolta neppure, d’un tratto scatta in piedi e legge a voce alta.
Kleopatra [con voce solenne]: Senti mamma «Diventa un attore subito».
Kleopatra inizia a sfilarsi jeans e maglietta e dalla valigia prende la gonna e la camicetta
dell’inizio, mentre si veste parla concitata.
60

Kleopatra: Ti rendi conto? Diventare un’attrice famosa, andare a New York, recitare
con Johnny Depp… [tra sé girandosi a pubblico] altro che Giulio Cesare!
Riparte la musica di Aretha che accompagna la chiusura del sipario, mentre sta abbottonando
la camicia. Si chiude il sipario e Kleopatra si trova sul proscenio.
SCENA V
Kleopatra è sul proscenio con l’occhio di bue puntato come all’inizio.
Kleopatra: Ecco come sono arrivata qui. E mentre venivo, già pensavo che avrei
incontrato qualche attore famoso a cui chiedere un autografo. Poi sono arrivata,
ma mi sembra tutto diverso da come me lo aspettavo: lì fuori ci sono un
sacco di ragazzi come me; la segretaria ci ha spiegato qualcosa, ma io non ho ascoltato
tutto, perché non vedevo l’ora di andare a fare le prove, e, invece, ora
vi devo parlare di me…
Pensavo che avrei risposto che voglio fare l’attrice per la fama e per conoscere
personaggi famosi, e invece… vi ho raccontato di mia madre… Però, mentre
parlavo, ho capito una cosa [si alza ed inizia a camminare sul proscenio]: sono
orgogliosa di chi sono e del nome che porto. Sono sicura che questa sia la mia
strada, sono anche sicura che se Cleopatra fosse nata nel 1990 avrebbe fatto
l’attrice e sarebbe stata pure molto brava! Già lo era ai suoi tempi. Ringrazio
mia madre per il nome che mi ha dato e per tutto quello che ha significato, ma
adesso è ora di chiudere il libro di Storia. Non avrei mai immaginato di arrivare
qui, così lontana dal futuro che m’immaginavo da bambina, ma alla fine, io
sono solo io. E allora: «Addio Cleopatra con la C! E benvenuta Kleopatra…
con la K!».
Inchino. Buio.
61

62
Personaggi
Partita di calcio
Aziza: ha quindici anni ed è marocchina
Stefano: ha diciassette anni ed è italiano
Signore anziano: è il Tempo
Il giorno: bambino sui sei anni vestito di giallo con un sole fra i capelli
La notte: bambina sui sei anni vestita di blu scuro con la luna fra i capelli
Methab: amico di Aziza, sui sedici anni, pakistano
Garik: amico di Aziza, sui quattordici anni, ucraino
David: amico di Aziza, sui sedici anni, kosovaro
Ardit: amico di Aziza, sui sedici anni, albanese
Mariem: amica di Aziza, sui quindici anni, pakistana
Elisa: amica di Stefano, sui quindici anni, italiana
Roberto: amico di Stefano, sui diciassette anni, italiano
Giulio: amico di Stefano, sui diciassette anni, italiano
Martina: amica di Stefano, sui sedici anni, italiana
Filippo: amico di Stefano, sui sedici anni, italiano

SCENA I
Sul palcoscenico ci sono tre panchine sistemate a semicerchio. Due sono vicine, poi c’è
un cestino per i rifiuti e un lampione e la terza. La scena rappresenta un classico giardinetto
cittadino un po’ periferico.
Sulla panchina di sinistra sono seduti Aziza e i suoi amici; Ardit ha in mano un pallone
da calcio. Vicino a loro c’è una radio. Sulla panchina opposta c’è il gruppo di Stefano.
I due gruppi sono in fermo immagine.
Sulla panchina centrale è seduto un signore anziano vestito di chiaro. Ha un’espressione
serena e sfoglia un giornale. Vicino a lui, per terra, i due bambini giocano con
un enorme mappamondo e intanto canticchiano Girotondo di Fabrizio De André:
Se verrà la guerra, Marcondiro’ndero
se verrà la guerra, Marcondiro’ndà
sul mare e sulla terra, Marcondiro’ndera
sul mare e sulla terra chi ci salverà?
Ci salverà il soldato che non la vorrà
ci salverà il soldato che la guerra rifiuterà.
La guerra è già scoppiata, Marcondiro’ndero
la guerra è già scoppiata, chi ci aiuterà.
Ci aiuterà il buon Dio, Marcondiro’ndera
ci aiuterà il buon Dio, lui ci salverà.
Buon Dio è già scappato, dove non si sa
buon Dio se n’è andato, chissà quando ritornerà.
L’aeroplano vola, Marcondiro’ndera
l’aeroplano vola, Marcondiro’ndà.
Se getterà la bomba, Marcondiro’ndero
se getterà la bomba chi ci salverà?
Ci salva l’aviatore che non lo farà
ci salva l’aviatore che la bomba non getterà.
La bomba è già caduta, Marcondiro’ndero
la bomba è già caduta, chi la prenderà?
La prenderanno tutti, Marcondiro’ndera
siam belli o siam brutti, Marcondiro’ndà
Siam grandi o siam piccini li distruggerà
siam furbi o siam cretini li fulminerà.
Ci sono troppe buche, Marcondiro’ndera
ci sono troppe buche, chi le riempirà?
Non potremo più giocare al Marcondiro’ndera
63

non potremo più giocare al Marcondiro’ndà.
E voi a divertirvi andate un po’ più in là
andate a divertirvi dove la guerra non ci sarà.
La guerra è dappertutto, Marcondiro’ndera
la terra è tutta un lutto, chi la consolerà?
Ci penseranno gli uomini, le bestie i fiori
i boschi e le stagioni con i mille colori.
Di gente, bestie e fiori no, non ce n’è più
viventi siam rimasti noi e nulla più.
La terra è tutta nostra, Marcondiro’ndera
ne faremo una gran giostra, Marcondiro’ndà.
Abbiam tutta la terra Marcondiro’ndera
giocheremo a far la guerra, Marcondiro’ndà…
Alla fine della canzone il mappamondo scivola in quinta e i due bambini ridendo lo
inseguono ed escono.
Cambio luce. I due gruppi di ragazzi si animano. Aziza e i suoi amici iniziano a
chiacchierare. Ardit palleggia, si unisce a lui anche David. Dalla radio si sente musica
rock. Anche il gruppo di Stefano si anima. Parlano a voce alta e ogni tanto lanciano
occhiate al gruppo opposto, poi ridono. Il vecchio signore continua a leggere il giornale.
A un certo punto Stefano si dirige verso Aziza; ogni tanto si gira a guardare gli
amici e ridacchia. I ragazzi stranieri lo guardano sospettosi.
Aziza [rivolgendosi agli amici]: Ma questo che vuole? Cos’ha da ridere?
Gli amici maschi di Aziza sono tesi come pronti a uno scontro. Mariem dice qualcosa
nell’orecchio di Aziza. Stefano si ferma davanti al gruppo, in posa da bullo, e guarda
fisso Aziza.
Aziza [a Stefano, con voce provocatoria, ma si sente che è in imbarazzo]: Allora, che
vuoi? Sono forse sporca in faccia?
Stefano continua a guardarla, poi si gira verso gli amici e ridacchia. Il signore anziano
smette di leggere il giornale e guarda i ragazzi.
Signore anziano [parlottando tra sé]: Sempre uguali, altezzosi e pieni di sé, impareranno
mai? Sono stanco di vedere sempre le stesse scene… [poi riprende il giornale
canticchiando] Marcondiro’ndero / se ci sarà la guerra Marcondiro’ndà…
Aziza [a Stefano, arrabbiata]: Perché ridi? E perché continui a fissarmi?
64

Stefano [prendendola in giro e facendole il verso]: Cos’hai da ridere? Cos’hai da ridere?
Cos’hai da ridere?
Si sentono le risate degli amici di Stefano. Methab fa per alzarsi irato, ma Mariem
lo ferma. David e Ardit si mettono in posa difensiva vicino ad Aziza, mentre Garik
comincia ad avere paura.
Stefano [ignorando gli amici di Aziza]: Come fa una come te a stare con dei tipi
così! Tu dovresti stare insieme a noi [indicando di sfuggita il suo gruppo] e non
con questi… [guarda gli amici di Aziza con boria] Sfigati!
Via musica.
Methab: Che hai detto?
Mariem [ancora trattenendolo, sottovoce]: Dài, lascia perdere, sennò finisce male…
Stefano: Finisce male, sì!
I suoi amici adesso sono in piedi pronti a intervenire.
David: Lasciaci in pace e vattene!
Ardit [urlando all’altro gruppo]: Che avete a guardare? Volete qualcosa?
Roberto e Giulio [fissando Garik con tono melenso assolutamente falso]: Ciao Garik,
dov’eri oggi all’uscita della scuola? Ti abbiamo cercato tanto… Volevamo
salutarti… Ti siamo mancati?
Garik sta quasi per piangere, Ardit si avvicina a lui.
Ardit: Tranquillo, ci siamo noi, non ti fanno niente… Ci siamo noi.
Garik [sottovoce]: Sì, ci siete voi. Ma domani? Ti prego Ardit, di’ a Methab di
non provocarli… Per favore.
Il signore anziano ha ascoltato l’ultima parte della conversazione.
Signore anziano: Anche questo non cambia mai i più giovani, i più piccoli soffrono
sempre più degli altri. Ci dev’essere per forza qualcosa di sbagliato nella
mente degli uomini. Sì, ci deve essere un grosso sbaglio da qualche parte.
Stefano [rivolto al gruppo]: Buoni, buoni, non siamo qui per fare casino. Voglio
solo parlare con lei [indica con il mento Aziza].
Mariem: Lei ha un nome! Si chiama Aziza e mi sa che non vuole parlare con te!
65

Gli amici di Aziza sogghignano. Aziza invece è come pietrificata e continua a fissare
Stefano.
Stefano: Va bene, va bene. Voglio parlare con Aziza. Posso parlarti?
Aziza [quasi vergognandosi]: Sì…
Stefano: Allora ecco, ti ho notata e, ecco, mi chiedo perché una ragazza come te
sta con gente così, che crea problemi e fa solo casini… Tu dovresti stare con
noi! Non sei mica come loro!
Sulle parole di Stefano cresce il silenzio e il disagio del gruppo di Aziza.
Aziza [timida, quasi sconcertata]: Ma anch’io sono straniera… Io, anche se sono
anche italiana, cioè, volevo dire, io sono arrivata in Italia che ero piccola, avevo
sei anni e non mi ricordo quasi nulla del mio Paese. Però non sono nemmeno
italiana perché non sono nata qui e poi…
Methab [interrompendola]: Ma che stai dicendo? Ti giustifichi con questo? O
pensi che sarebbe più facile mollarci e andare con lui? Cos’è, adesso pensi di
essere come un’italiana solo perché un tizio ti si fila?
Mariem [prendendo Methab per un braccio]: Ora smettila, certo che Aziza non ci
lascerebbe mai… [ad Aziza] Vero?
Signore anziano: E loro, i piccoli, come dei pesciolini in una rete si divincolano
e si agitano tentando di scappare dai pregiudizi, dall’ignoranza, dagli stereotipi.
Pesciolini che si dimenano e si intrappolano sempre di più…
Aziza [rivolta a Stefano]: Lasciami perdere! Lasciaci perdere tutti.
Stefano fa una risatina e si gira per andarsene.
Stefano: Ciao sfigati!
Stefano esce di scena, seguito dai suoi amici.
David [dando una pacca sulla schiena di Garik]: Puoi respirare ora…
Methab: Cosa non darei per prenderli a pugni…
Ardit [cupo]: Già!
Mariem: Methab, falla finita!
Methab [abbracciando e baciando Mariem]: Sì, sì…
Garik [timido]: Io dovrei andare a casa…
David: Tranquillo, io e Ardit veniamo con te. Methab, Mariem venite anche voi?
Mariem [guardando Aziza]: Ragazzi voi andate, noi restiamo ancora un po’.
66

Methab: Ma…
Mariem: Chiacchiere tra donne!
I ragazzi si alzano e escono di scena.
Mariem: Allora?
Aziza: Niente!
Mariem: Dimmi che hai!
Aziza [alzandosi e parlando a raffica, nervosa e agitata]: Non lo sopporto, va bene?
È borioso, prepotente e lo prenderei a schiaffi! Lo odio! Però, poi, mi sento una
cretina perché mi piace. Potevo dire un sacco di cose e invece sono rimasta
lì come una bambola a farmi insultare.
Mariem: Calmati ora. E poi è vero, è uno stronzo ma è davvero bello!
Aziza [ridendo]: Ma hai visto, quando se n’andato, che bel…
Mariem [interrompendo]: Paio d’occhi?!?
Aziza: Sì, begli occhi! [tornando seria] Ma che stiamo dicendo? È un italiano, bullo
e strafottente. Ma come fa a piacermi? Hai fatto bene te a metterti con Methab,
almeno vi capite… Ma io!
Mariem: Per te è più difficile. Tu sei italiana e sei anche marocchina…
Aziza: O forse non sono nessuno dei due. Non sono nulla…
Signore anziano: Pesciolini nella rete… Si dibattono e cercano la libertà. Sentono
il mare infinito intorno a loro, ma la rete non cede, anzi si stringe. Pesciolini
nella rete… Eppure sarebbe così facile… Ma no! Da secoli e secoli i pesci
restano intrappolati nella rete. Pochi riescono a liberarsi.
Mariem: Dài, è tardi, andiamo a casa.
Aziza: Ok.
Le due ragazze escono di scena.
SCENA II
Stesso giardinetto con le panchine. Il vecchio signore è ancora seduto al suo posto, tra
le braccia ha il bambino vestito di giallo che si sta addormentando.
Signore anziano: Su su, è tardi, per te è ora di riposo, va’ a coricarti piccolo Giorno
e chiama tua sorella, è la sua ora.
Giorno, il bimbo in giallo, esce di scena sfregandosi gli occhietti, mentre Notte, la
bimba in blu, entra saltellando.
67

Signore anziano: Ciao Notte, benvenuta…
Notte corre in braccio al signore anziano.
Notte: Ciao Tempo.
Durante questo breve scambio le luci si sono abbassate a creare un notturno. D’improvviso
entra in scena Garik trafelato e subito dopo Stefano, Giulio, Filippo e Roberto
che lo mettono in mezzo, lo spintonano, deridendolo e insultandolo.
Giulio: Non è tardi per un moccioso come te…?
Filippo: Dovresti essere a casa con mammina…
Roberto: Perché la notte si fanno brutti incontri… non te l’ha detto nessuno?
Notte si stringe al signore anziano, spaventata.
Signore anziano [uscendo di scena con Notte in braccio]: Ho visto troppe volte
questa cattiveria…
Sull’uscita del signore anziano parte la musica ad altissimo volume. Intanto i bulli
sfottono Garik; gli hanno preso il suo zaino e se lo lanciano l’un l’altro, mentre Garik
cerca di afferrarlo. Entrano in scena Aziza e David. Come vedono la scena corrono
verso il gruppo. David, che è abbastanza grosso, riesce a prendere lo zaino e lo rende
a Garik, poi fronteggia i bulli.
La musica si abbassa. David e Giulio stanno per venire alle mani, ma vengono fermati
dalla voce di Aziza.
Aziza [urlando]: Smettetela! Smettetela tutti! Perché fate così? Cosa vi abbiamo
fatto di male noi? Continuate a umiliarci, a deriderci, ma perché? Solo perché
siamo stranieri? E che vuol dire? E poi scommetto che la metà di voi non sa
neppure da che Paese veniamo, e se lo sa, di sicuro non saprebbe trovarlo sul
mappamondo. Siete solo degli ignoranti e prepotenti! [rivolta a Stefano] Tu,
soprattutto, mi parli, mi sorridi e poi insulti i miei amici! Ma chi ti credi di essere!?
E io ho anche pensato che potevamo essere amici, che stupida eh?
Tutti restano un attimo attoniti per lo sfogo di Aziza, Stefano soprattutto la guarda
fisso come se cominciasse a capire il punto di vista di lei. Poi gli amici tornano a fare
i bulli.
68

Filippo [ridacchiando]: Come se ce ne fregasse qualcosa di dove siete nati…
Giulio: E brava la nostra araba, guarda guarda com’è focosa! Te le ha cantate eh?
Roberto [tirando Stefano per un braccio]: Forza andiamo, il divertimento è finito!!!
Pepata la ragazza, però!
Stefano [liberandosi dalla stretta di Roberto e riprendendo l’aria da bullo per non
sfigurare davanti agli amici]: Vuoi sapere perché lo facciamo? Perché è divertente
vedere che tutti hanno paura di noi, che si nascondono come topi quando
ci vedono… ma tanto li becchiamo sempre…
Rientra il vecchio signore e torna a sedersi sulla panchina. I ragazzi restano in stop.
Signore anziano: È proprio vero, li beccano sempre. Qualcuno becca sempre
qualcun altro. Dall’inizio dell’Uomo, c’è sempre qualcuno che cerca, insegue,
perseguita e uccide l’altro diverso da sé. Bianchi contro neri. Neri contro bianchi.
Gialli contro bianchi. Bianchi contro rossi. Tailleur contro caffettani, sari
contro tuniche, perizoma contro armature, cappotti contro kippah, kefiah
contro jeans. E li beccano sempre, non importa chi becca chi…
Aziza: Hai detto che è divertente? Divertente???
Stefano: Sì, divertente, e allora?
Aziza sta per ribattere, ma David la prende per mano.
David: Forza, andiamo via, non ne vale la pena.
I tre stanno uscendo, seguiti dalle risate dei bulli.
Giulio: Bravi scappate!
Poco prima di uscire in quinta, Aziza si gira e torna di corsa davanti a Stefano.
Aziza [calma e determinata]: Va bene, facciamo un patto. Una partita di calcio!
Se vinciamo noi, ci lascerete in pace e non ci darete più fastidio, se vincete voi
io lascio il mio gruppo e vengo con voi! Domani qui alle tre. Accetti?
Stefano [un po’ sconcertato]: Va bene, facciamo la partita! [poi riprendendo il solito
tono] Occhio a non farti male!
Tutti i ragazzi escono di scena. Rientra di corsa Notte, che va di nuovo in braccio al
vecchio signore.
69

Signore anziano [parlando alla bambina]: Questa non me l’aspettavo, e brava
la nostra Aziza, una partita di calcio! [ridacchia tra sé] Beh, sempre meglio di una
guerra, no piccola? Una partita di calcio e in palio c’è il rispetto, vuoi vedere
che questi ragazzi sono più svegli di quello che immaginavo? Aziza è stata
coraggiosa. E Stefano, belloccio e così immaturo. Ma a lei piace. E a lui piace
lei. Difficile essere ragazzi, difficile innamorarsi, difficile se sei anche un pesciolino
nella rete. Chissà, Notte, chissà chi vincerà? Chissà se… ma tu guarda
se un gruppo di ragazzini doveva farmi tornare curioso, io che ho visto millenni
di sbagli sempre uguali… eppure… dài, Notte, secondo te chi vincerà?
[ma Notte si è addormentata] Andiamo piccola…
Il vecchio signore esce portando fuori Notte, intanto rientra Giorno, che attraversa il
palco correndo e ballando. La luce sale al suo passaggio.
SCENA III
I ragazzi entrano in fila, sono in pantaloncini e maglietta, pronti alla partita. Si
schierano sul palco, ognuno fronteggia l’altro.
Elisa [a Mariem]: Ciao araba! Sei pronta a perdere?
Mariem la ignora e sorride a Methab.
Martina [ad Aziza, sottovoce]: Credi di conquistarlo così?
Aziza: Conquistare chi?
Martina: Non fare la finta tonta, si vede lontano un miglio che ti piace Stefano!
Aziza [arrossendo]: E come no!
Martina: Ma che credi che lui starebbe con una come te? Si diverte e basta, fidati!
Mariem [intervenendo perché Aziza c’è rimasta male]: Fidarsi di te? E da quando
sei la sua migliore amica?
Giulio: State zitte voi, allora si comincia?
Filippo: Vi facciamo neri? [poi ride della battuta]
Ardit: Cosa non darei per avere Ibrahimovic qui…
Garik: Ma è serbo e tu albanese!!!
Ardit: E chi se ne frega, lui è bravo!
Methab: Anche Zidane sarebbe utile… un altro immigrato, no?
David: Dài, fatela finita, concentriamoci!
Roberto: Allora marmocchi avete finito di blaterare?
70

Rientra il vecchio signore, si posiziona nel centro del palco e suona l’inizio della partita.
Parte una musica ad alto volume, i ragazzi simulano un’azione senza palla e a rallentatore.
Giulio atterra con uno spintone David. Martina blocca Aziza, mentre Elisa
si occupa di Mariem. Roberto sta per urtare Ardit che però lo scavalca. Garik tiene
occupato Filippo, mentre Stefano spintona Methab. Ardit calcia verso Methab,
chiamandolo. Methab si libera da Stefano e giunge davanti al pallone che il vecchio signore
ha posizionato a terra. Calcia e segna. I ragazzi restano tutti un attimo immobili.
Il vecchio signore fischia e i ragazzi stranieri esultano, mentre la musica sfuma.
Aziza [andando di fronte a Stefano]: Adesso dovete mantenere la promessa!
Stefano [guardando di sfuggita i suoi amici, esitante]: Sì.
Stefano e i suoi escono di scena senza una parola. Aziza e i suoi amici si complimentano
a vicenda e ridendo escono di scena. Il vecchio signore prova due palleggi, ma la palla
cade via e lui, con un’alzata di spalle, torna a sedersi. Dopo qualche attimo uno zaino
vola in scena e subito dopo entra Mariem seguita da Elisa e Martina che la spintonano.
Mariem: Vi ho detto di lasciarmi in pace!
Martina: Pensavi davvero che una stupida partita avrebbe cambiato le cose?
Mariem: Ma l’avevate promesso!
Elisa: E allora? [e dà a Mariem una spinta così forte che la fa cadere]
Entrano in scena David e Garik. Sulla loro entrata risale la musica, la stessa della partita
di calcio. David prende per un braccio Elisa e l’allontana da Mariem, intanto entrano
Giulio e Roberto. Giulio da uno spintone a David, Garik corre da Mariem, mentre
Elisa e Martina vanno da Roberto. David reagisce e i due finiscono a terra avvinghiati.
Entra Stefano che resta attonito a fissare la scena. Subito dopo entra Aziza.
Aziza [dopo un attimo di sconcerto, vedendo Stefano lì fermo a guardare]: Verme!
Bugiardo! Codardo! Avevi promesso! Sei un bugiardo e mi fai schifo! Avevi
promesso, avevi promesso [Aziza è così arrabbiata che sta per piangere].
Stefano la guarda ma non le risponde, poi però afferra Giulio per le spalle e lo separa
da David che resta a terra ansimante.
Stefano [con un tono cupo]: Forza andiamo, sono solo degli sfigati.
Stefano e i suoi vanno alla loro panchina. Aziza aiuta David ad alzarsi, poi con Mariem
e Garik vanno sulla panchina. Entrambi i gruppi restano in silenzio.
71

Signore anziano [canticchiando]: Se verrà la guerra, Marcondiro’ndero / se verrà
la guerra, Marcondiro’ndà / sul mare e sulla terra, Marcondiro’ndera / sul mare
e sulla terra chi ci salverà? / Ci salverà il soldato che non la vorrà / ci salverà il
soldato che la guerra rifiuterà… [tra sé e sé, guardando Stefano] Ci avevo quasi
sperato…
Dopo qualche attimo di silenzio, gli amici di Stefano salutano ed escono di scena. Stefano
resta solo sulla panchina. Sta riflettendo. Ogni tanto Aziza lo guarda, poi fa finta
di nulla e chiacchiera con i suoi amici. Stefano si alza e va deciso verso Aziza.
Stefano: Mi dispiace. Scusami. Scusatemi tutti. Non ho fatto nulla per mantenere
la promessa. [guardando Aziza] Ma io non sono così, credimi. Lascio io il
mio gruppo, non voglio essere come loro.
Tutti guardano Stefano strabiliati. Ardit accenna quasi un sorriso. Sono tutti silenziosi.
Mariem da una piccola gomitata ad Aziza perché dica qualcosa.
Aziza: Va bene, scuse accettate. [poi con un tono glaciale] E ora scompari dalla mia
vista.
Mariem: Ma Aziza…
Stefano: Ma ti ho spiegato, mi sono scusato, io…
Aziza: Va’ via.
Stefano si gira e lentamente esce.
Aziza [rivolta ai suoi amici]: Non dite una parola [poi si alza ed esce di scena].
David: Io non ho capito bene…
Mariem: Per forza sei un maschio!
Methab: E allora? Quel bullo non penserà mica che bastino due scusette per risolvere
tutto.
Garik: Ma ad Aziza piace Stefano, vero?
Mariem: Sì, e tanto.
Methab: Ma se è un verme!
Ardit: Magari era sincero.
Methab: E come no…
Mariem: Lascia perdere, forza. È ora di andare a casa.
David: Io continuo a non capire…
Ardit: Sarà per le botte che ti sei preso…
72

I ragazzi escono di scena.
Signore anziano: Ci salverà il soldato che la guerra rifiuterà… staremo a vedere…
Stefano e Aziza. Forse sono l’inizio della pace… Ma dov’è finita Notte?
[chiamando] NOTTE!!!
La bambina entra in scena, buio su palco.
SCENA IV
Luce su palco mentre Giorno lo attraversa ballando. Gli amici di Aziza entrano con
gli zaini come a fine scuola. Arriva anche Stefano che si avvicina a loro.
Stefano: Ciao.
Tutti lo ignorano. Stefano esce. Dopo qualche istante anche gli altri escono di scena,
salutandosi e ridendo. Passa Notte sul palco e la luce cala al buio. Pochi secondi, poi
sale la luce seguendo Giorno che danza attraversando la scena. Di nuovo i ragazzi entrano,
questa volta entrambi i gruppi. Stefano entra per ultimo, ignora i suoi vecchi
amici che lo deridono.
Giulio: Adesso sei amico degli immigrati???
Filippo: Non sei mai stato dei nostri, troppo codardo…
Martina: E non sei nemmeno così figo!
Stefano arriva davanti ad Aziza.
Stefano: Ciao.
Ardit: Ciao.
Aziza: Vattene.
Stefano esce. Dopo qualche istante anche gli altri escono di scena, salutandosi e ridendo.
Poi di nuovo passa Notte sul palco e la luce cala al buio. Pochi secondi e la luce risale
seguendo Giorno che danza attraversando la scena. Entrano in scena Aziza, Mariem
e Methab e vanno sulla panchina. Poco dopo entra Stefano, si avvicina ma il silenzio
e lo sguardo dei tre lo ferma. Senza una parola si gira e se ne va.
Mariem [ad Aziza]: Quanto pensi di andare avanti?
73

Aziza: In eterno! Voglio che si senta come mi sono sentita io umiliata e ferita e…
Methab: E brava Aziza!
Mariem: Smettila Methab, non lo vedi che è un’idiozia? Lui è cambiato e tu lo ami,
allora mi spieghi che aspetti?
Aziza: E se fingesse? E se io cedo e lui ricomincia a sfottermi? Perché dovrei fidarmi?
Methab: Già, perché dovremmo fidarci?
Signore anziano: Questa è una bella domanda! Perché dovrebbero fidarsi l’uno
dell’altro? Quando già si sono traditi e i loro padri lo hanno fatto prima di loro,
così come i loro nonni e bisnonni… si tradiscono dall’inizio dei tempi e ora,
perché dovrebbero fidarsi?
Mariem [rispondendo ad Aziza]: Perché il tuo cuore già gli crede! E ora andiamo
che ho fame.
I tre escono di scena. Di nuovo passa Notte portando il buio e, dopo pochi istanti,
Giorno che riporta la luce. I ragazzi con i loro zaini rientrano in scena. Stefano per
ultimo, ma più sicuro e deciso. Passa davanti alla panchina del vecchio gruppo che lo
insulta con fischi e parolacce.
Stefano: Ma state zitti! Siete patetici!
I vecchi amici restano spiazzati e incapaci di reagire. Stefano va diretto da Aziza.
Stefano: Ora basta! Dimmi cosa devo fare per convincerti che sono diverso! Qualunque
cosa vuoi che faccia io la farò.
Aziza: Non mi stai mentendo?
Stefano: No! Sono sincero, davvero.
Aziza: Non lo so, io non so se…
Stefano [interrompendola]: Mi piaci davvero e vorrei che tu fossi la mia ragazza!
Aziza resta senza fiato. Ardit, Garik e David cominciano a ridacchiare, mentre Mariem
stringe forte la mano dell’amica che continua a restare in silenzio. Il silenzio è
sempre più lungo, tutti guadano Aziza, anche i vecchi amici di Stefano, anche il vecchio
signore, ma lei non apre bocca.
Methab: Ora basta! Se ha convinto me che è cambiato credo proprio che dovresti
dargli una possibilità!
Aziza si alza in piedi, seria.
74

Mariem [temendo uno scoppio di rabbia]: Aziza, calma, ok?
Ma Aziza d’improvviso abbraccia Stefano e lo bacia sulle labbra. Martina scappa di
scena urlando «Stronzo» a Stefano, inseguita da Elisa. Poi anche i tre ragazzi se ne
vanno.Stefano si siede sulla panchina insieme ai suoi nuovi amici, tenendo Aziza sulle
ginocchia.Inizia la musica.
Signore anziano: E bravi i nostri innamorati, mi hanno stupito! Vuoi vedere che
oltre alla curiosità, dopo tanti secoli, ritrovo anche la speranza…
La musica sale di volume, finché in scena entra Notte portando con sé il buio.
75

Buio.
Tutti contro uno
AUTORE
Adel Wieser
ADATTAMENTO DI
Giada Gatti
Donna [voce off]: Bene Thomas, come sai sceglieremo solo quindici ragazzi che
parteciperanno allo stage della Schwarz apparecchiature. È un’occasione importante
per voi, perché dopo lo stage ci potrebbe essere la possibilità di un’assunzione.
Tu parli molto bene il tedesco e mi hai detto che non avresti problemi
a trasferirti a Monaco anche per un lungo periodo, e questo è ottimo. Dobbiamo
però valutare molti ragazzi, lo capisci, no? Riceverai comunque una
nostra risposta per posta, tra un paio di settimane scriveremo a tutti i candidati.
Spero di rivederti presto, è stato un piacere conoscerti.
Thomas [voce off]: Anche per me, grazie e arrivederci.
Luce in scena. Siamo nella camera di un ragazzo. Letto singolo, un armadio, una cassettiera,
una piccola scrivania con sopra un computer. Poster alle pareti e un po’ di disordine.
Thomas, in jeans e maglietta, sta sdraiato sul letto e gioca a un videogioco.
È distratto e continua a sbagliare. D’un tratto si alza ed esce di scena. Rientra, strascicando
i piedi, poco dopo.
Thomas [impaziente]: Le Poste!
Si ributta sul letto e riprende il videogioco, ma dopo un attimo tende l’orecchio come
a un rumore. Scatta in piedi ed esce di scena. Nuovamente rientra abbattuto.
76

Thomas: Meno male che dovevano scrivere dopo due settimane.
Comincia a girare per la stanza, accende il pc, poi mette della musica, si siede al pc che
ancora non è avviato e impaziente agita il mouse. Poi di nuovo tende l’orecchio, si alza
e scappa fuori. Rientra in scena con una lettera, la rigira tra le mani. Si siede sul
letto guardando la busta chiusa. Poi si alza e va a spegnere la musica. Di nuovo si siede
con la busta in mano. Fa per aprirla, ma ci ripensa.
Thomas: E se è andata male? Va quasi sempre male!
Thomas poggia la lettera sul letto, accanto a sé. Esce di scena. Rientra dopo un attimo
con una lattina di Coca-Cola, da un’occhiata alla lettera, poi si siede al computer
e inizia a scrivere qualcosa. Dopo qualche secondo squilla il cellulare.
Thomas: Pronto? Ohi, Francesco, come butta? Tutto al solito… no, al computer.
Stasera? Ma chi c’è? …e chi è Paolo? …ah, quello! E che c’entra con noi?
…che ha detto? …ti ha detto che siamo amici da anni? …no, no, lo conosco
dalle elementari… va buono, ci penso… sì, ci vediamo lì. A dopo. Sì… ciao.
Thomas riattacca e continua a guardare il telefono.
Thomas: Amici? Quel pezzo di… ora dice che siamo amici! Capito, ora fanno
tutti gli amici. Ciao Thomas qui, ehi Thomas là, ma ti ricordi alle medie, ti ricordi
al parco quando giocavamo insieme. Ma giocavamo chi? Loro giocavano.
A sfottermi, giocavano. Era il loro gioco preferito. «Il pazzo, il pazzo, è arrivato
il pazzo», che bel gioco. Nemmeno fossi stato un cane randagio!
Butta il cellulare sulla scrivania, arrabbiato, si alza e riprende la busta.
Thomas: Quella donna al colloquio mi ha detto di stare tranquillo, che avevo ottime
possibilità. E come no? Ma che possibilità ha uno come me?
Inizia a rivolgersi alla busta come parlasse con la donna del colloquio.
Thomas: Lei è molto gentile, ma perché dovrei crederle? Potrebbe fingere, no?
Così, giusto per essere educata. Certo, sono estroverso e socievole all’apparenza,
ma non le ho mica raccontato che a scuola mi chiamavano «il pazzo». Sì,
perché ero strano, e poi perché ho cominciato a menare le mani. Ma che scelta
avevo? Tutti mi trattavano come un cane. E che c’è di diverso ora? Che pos-
77

sibilità ha uno come me? Certo, certo, sono sveglio e non ho paura di lavorare.
Parlo il tedesco, sai che figata! Ma non si esce dalla merda quando ci sei cresciuto
dentro, inutile sperare! Inutile!
Thomas sta per accartocciare la busta chiusa, poi si ferma.
Thomas: E se per una volta fosse andata bene? Se potessi davvero andare via e ricominciare?
Io qui non ci voglio restare, non ne posso più di merda e merda
e merda. Io voglio…
Thomas resta in silenzio un attimo, poi poggia con delicatezza la busta sul letto, si alza
e si avvicina all’armadio. Attaccata all’anta c’è una cartolina di mare, Thomas
la guarda, poi la stacca e legge il retro. La poggia sul letto. Torna all’armadio e tira
fuori uno zaino da campeggio, butta anche quello sul letto, sopra la cartolina. Poi inizia
a tirare fuori dall’armadio vestiti su vestiti e a infilarli nello zaino. Dopo pochi
momenti non c’entra più nulla. Thomas si ferma.
Thomas: No, così no, non posso buttare dentro tutto quello che capita.
Capovolge lo zaino e lo svuota sul letto. Poi inizia a scegliere i vestiti. Nel cumulo trova
una maglietta logora e stinta, che sicuramente è troppo piccola per lui. La guarda
con attenzione e sorride tra sé.
Thomas: E di te che ne faccio? Sei in quell’armadio da quanto? Dieci anni? Eh sì,
avevo sette anni quando mamma me l’ha regalata. Non mi ricordo nessun altro
regalo di mamma. Né compleanni né Natale. Sei un pezzo unico!
Resta in silenzio, pensieroso, seduto a terra con le spalle appoggiate al letto. Allunga una
mano e riprende la busta chiusa.
Thomas: E se me ne vado che ne sarà di mia madre? Non mi ricordo una volta in
cui mia madre mi abbia fatto un regalo, o sia venuta a prendermi a scuola. Io
restavo lì, con lo zaino in spalla e guardavo i genitori degli altri bambini che
abbracciavano i propri figli e chiedevano cos’era successo di nuovo quel giorno
a scuola. Deprimente. Questo me lo ricordo.
Però credo che mamma abbia sempre fatto il possibile, solo che era troppo impegnata
a litigare con le mie sorelle… anche di questo mi ricordo, di quando
tornavo a casa e sentivo che stavano litigando e urlando e sapevo che mi dovevo
nascondere perché presto avrebbero iniziato a picchiarsi. Mi sa che que-
78

sta maglietta con la scritta ABBRACCIAMI me l’ha regalata dopo una di quelle
crisi. Come faccio ad andarmene e a lasciare mia madre in questo casino? Ma
se non me ne vado continuerà così, violenza, violenza, violenza. Ne ho vista
fin troppa di violenza! L’ho usata anche, ma ora non più. No, ora non più, l’ho
deciso. Ma come faccio a restare qui se non voglio mai più alzare le mani su
qualcuno? Qui o picchi o muori, non c’è scelta!
Thomas posa di nuovo la lettera sul letto.
Thomas: Tanto dubito che mi abbiano scelto…
Inizia a piegare accuratamente la maglietta. Poi la mette nello zaino.
Thomas: Si fa così, per scherzo, per illudersi un po’!
Musica. Ricomincia a piegare i vestiti e ogni tanto ne mette qualcuno nell’armadio
e qualcun altro nello zaino. Quando ha finito riprende la busta e ricomincia a rigirarla
fra le mani. La musica si abbassa. Poi, come se di nuovo le parlasse.
Thomas: Il problema non è la risposta. Il problema sono io. Se va bene, ok. Ma
se va male che faccio? Resto qui a distruggermi? Me ne vado lo stesso? Che faccio?
Che ne so io di come ci si comporta fuori? Che faccio?
La musica si alza di nuovo. Thomas si prende la testa tra le mani e resta immobile fino
alla fine del pezzo. Fine musica.Thomas prende il telefono.
Thomas: Ohi Francesco sono io, stasera non vengo. No, non ho voglia. Sì sì, alla
prossima, ciao.
Thomas prende lo zaino, lo chiude e lo appoggia vicino alla porta. Torna al letto e vede
la cartolina che ci aveva appoggiato sopra. La prende in mano.
Thomas: Troppi ricordi per un giorno solo… Ma questo è un monito, non un
ricordo. Se cresci con un padre alcolista che poi un giorno scompare è bene avere
qualcosa che ti ricordi di lui, che ti ricordi di non diventare come lui. La
cosa buffa è che l’unico ricordo di quell’uomo è un ricordo felice. Mi sa che è
per questo che fa ancora più male. Vedere di sfuggita una famiglia… un viaggio
al mare, due genitori felici e sereni e un bambino che dorme nel sedile posteriore
della macchina, vedere di sfuggita una famiglia normale. Vedere co-
79

me poteva essere se lui fosse stato un altro invece dell’ubriaco che mi svegliava
di notte, puzzando di vino, mi dava dei soldi e spariva per mesi. Già, un
monito. Il monito di cosa potrei perdere, del male che potrei fare se restassi
qui e diventassi come lui. Ma forse sono già come lui… io non lo so se ci si può
riscattare, se si può essere diversi… Ma comunque non voglio essere come lui.
Riapre lo zaino e ci mette dentro la cartolina.
Thomas: Qualunque cosa, ma non come lui.
Torna al letto, riprende la busta in mano.
Thomas: Forza!
Apre la busta e legge la lettera. Resta immobile con lo sguardo fisso, un’espressione indecifrabile.
Poi si alza lentamente, piega il foglio e se lo mette nella tasca dei jeans.
Spegne il pc e lo stereo. Si guarda intorno, prende lo zaino e apre la porta.
Thomas [guardandosi indietro per un attimo]: Forza!
Thomas esce di scena. Musica e luce che si abbassa illuminando solo la busta aperta
abbandonata sul letto. Buio.
80

Personaggi
Notte prima… della prima
Apofil Rionero – Venosa – Potenza
TESTI VINCITORI DI
Pino Simone D’Incenzo, Marco Cannati,
Lorenzo Romaniello, Felisya Fornarini, Raffaele Santopietro
ADATTATI SCENICAMENTE CON
Aldo Marinetti, Luigi Gilio,Vincenzo Blasi,
Isabella Urbano, Maria Rosa, Nino Giuralarocca
SUPERVISIONE ARTISTICA A CURA DI
Federica Festa e Lidia Giansanti
PROTAGONISTI
Lorenzo, 16 anni, protagonista dello spettacolo, milanista
Teresa, 15 anni, costumista
Raffaele, 16 anni, tifoso dell’Inter
Felisya, 14 anni, innamorata di Raffaele
Lea, 15 anni, amante dei cani, amica di Felisya
Marco, 16 anni, dipendente dai Videogiochi
Pino, 17 anni, suonatore di tammorra.
VOCI FUORI CAMPO
Mamma, Telecronista, Zanetti
SECONDARI/CORPO DI BALLO
Dante
Vergil
Calciatori
1° Uomo nero
2° Uomo nero
81

Un gruppo di ragazzi è alle soglie del primo debutto teatrale. Il giorno prima,
come sempre, si incontrano alla villa comunale, confrontandosi su dubbi e paure.
Durante la notte, alcuni di loro fanno sonni agitati: chi sogna di entrare in un
videogioco, chi di diventare un grande calciatore, chi, addirittura, di svegliarsi
con il colore della pelle cambiato. Finalmente, suona la sveglia. È il grande giorno.
La sala del teatro è piena di gente. L’ansia sale. All’aprir del sipario, però, la
compagnia non è ancora pronta. In scena c’è solo Teresa, la costumista, che, suo
malgrado, è costretta a intrattenere il pubblico, raccontando di sé e dei suoi compagni
di avventura. Finalmente arriva in suo soccorso Pino che, con la sua tammorra,
coinvolge tutti, attori e pubblico, sulle note di una canzone di Eugenio
Bennato che racconta la storia e le emozioni dei briganti, protagonisti, durante la
lotta per la conquista dell’unità d’Italia, delle battaglie contro i soprusi nella bellissima
terra di Lucania.
Il giorno prima.
In scena una panchina. Siamo in una villa, luogo di ritrovo di un gruppo di adolescenti
che si prepara al debutto in teatro all’indomani. Entrano Teresa e Lorenzo e si
fermano alla panchina. Teresa deve prendere le misure a Lorenzo perché deve finire
di cucire il suo costume.
Lorenzo: Ecco vedi, non c’è nessuno, siamo i primi.
Teresa: Allora vieni qui Lorenzo che ti prendo le misure. Devo finire il tuo costume
da re… Domani c’è lo spettacolo e ieri durante la prova ti si è strappato il
mantello.
Felisya e l’amica Lea entrano in scena dal lato opposto alla panchina.
Felisya: Che bella giornata, sembra quasi primavera.
Lea: È vero, ma io non vedo l’ora che arrivi l’estate.
Felisya: …andiamo a prenderci un bel gelato al Dancing?
Lea: Veramente dovrei andare a prendere il cane per la solita passeggiata.
Felisya: A proposito di cani! Ieri mi è capitata una cosa incredibile…
Lea: Un nuovo fidanzato?
Felisya: Beh… non proprio… cioè, il fidanzato c’era, ma per la mia Liù!
Lea: Hai deciso di fare accoppiare la tua cagnolina?
Felisya: Non io! Lui ha deciso!
Lea: Ma lui chi? Io non ci capisco niente!
Felisya: Raffaele… Il re dell’Orange… Il principe del nostro spettacolo!
Lea: Ma chi? Il Cobra?
82

Felisya: Eh?
Lea: Raffaele, detto il Cobra! Lascialo perdere, che è meglio. Ma poi, non ti sei fidanzata
con Marco? Come fa a piacerti un altro?!
Felisya: Ma a me piace tanto. E poi recita benissimo la parte del principe.
Lea: Dai retta a me, quello altro che principe! Comunque… che c’entra il Cobra,
scusa volevo dire «il principe», con la tua Liù?
Felisya: Ieri stavo qui, per la solita passeggiatina… Lui arriva, si avvicina e si mette
a giocare con il cane. «Ma come è carina! Che bel muso! Quanti anni ha?».
Insomma, con la scusa del cane, sembrava proprio che… Insomma…
Lea: Ti voleva rimorchiare!
Felisya: È quello che ho pensato, e infatti, con la scusa di ripetere il copione, mi
ha dato appuntamento alle dieci sotto casa!
Lea: E tu glielo hai dato? Sei proprio una fatua!
Felisya: Non c’è niente di male! Facciamo lo spettacolo insieme! E poi… È troppo
fico! Stavo tutta in fibrillazione! Vado di corsa a casa per prepararmi… Ho
rovesciato tutto l’armadio! Non sapevo cosa mettermi! Ho provato il vestitino
viola con i miei tacchi preferiti, ma mi è sembrato un po’ troppo elegante e allora
sono passata ai jeans neri con il top di paillettes nero. Sembravo pronta
per un funerale! Alla fine, ho scelto il vestitino blu con le mie amate ballerine.
«Sarò semplice e carina», mi sono detta.
Lea: Secondo me ti sta meglio il vestito rosso! Io avrei messo quello! Più divertente!
Felisya: Sì, divertente… come quello che è successo dopo!
Lea: Cioè?
Felisya: Alle dieci in punto il cellulare squilla… È lui! «Calma, Felisya… Fatti
coraggio e senza balbettare, rispondi».
«Pronto?», «Ciao come va? Sei pronta?», mi dice lui. «Un minuto solo e scendo…».
E lui: «Puoi portare anche il tuo cane?», «Cosa? Il cane? Devo portare il
cane??? Ma che cane?». Non riuscivo proprio a capire e lui mi spiega, tutto
contento, che ha pensato di fare accoppiare le mia Liù con il suo Hiroshi. «Si
certo… è una bella idea, ma adesso Liù dorme», gli ho risposto io un po’ nervosa.
«Allora io provo a casa, da solo, dopo la partita. Ci vediamo un altro giorno!».
Capisci che idiota? E io che credevo… Insomma, alla fine, tra tutte le
prove di vestiti… Non mi sono neppure ripetuta la parte!
Lea: Altro che vestiti, avresti fatto meglio a portare il cane dal toelettatore.
Felisya: Spiritosa!
Lea: Comunque, eccolo che arriva! Il tuo principe!!!
Felisya: Eeeeeeeeh… Me ne sono accorta, va be’, facciamo le disinvolte…
Raffaele si avvicina alle ragazze e viene subito raggiunto anche dai due cani.
83

Raffaele: Ciao Felisya… cos’hai? Sembri nervosa!
Felisya: Eh niente… è l’agitazione per lo spettacolo!
Lea: Infatti! È molto preoccupata di non ricordarsi niente! Tu la sai la parte del
principe?
Raffaele: E certo! Ma che vi credete… io sono un principe nato.
Lea: Per me tu sei solo il Cobra!
Raffaele: Cosa?
Felisya: Lascia stare… Lea scherza! Guardate… lì ci sono Teresa e Lorenzo! Ehi?
Ragazzi?!
Felisya si avvia verso la panchina, gli altri la seguono.
Raffaele [a Lea]: Poi mi spieghi questa storia del Cobra!
Raffaele vede Lorenzo, dunque tira fuori e sventola la bandiera dell’Inter.
Raffaele: Forza Inter! [a Lorenzo che sta in piedi con le braccia aperte a farsi prendere
le misure] Avete perso! Scoppola! A dormire, forza Inter.
Lorenzo: Lasciami perdere, non mi interessa proprio… Domani c’è lo spettacolo,
altro che calcio.
Raffaele: Sì, sì, dici così perché abbiamo vinto 4 a 0.
Raffaele rimane avvolto nella bandiera e tenta di togliersela, ma gli si arrotola. Entra
Marco.
Marco [batte cinque a tutti]: Ciao, bella! Come va? Resto solo dieci minuti perché
devo ritornare a casa. Ho lasciato il computer in pausa, devo finire l’ultimo
livello di Hitman, l’ultimo mio videogioco. Il tempo solo di fumarmi una
sigaretta. Allora siete proprio convinti che vogliamo fare questo spettacolo
domani?
Raffaele: Perché, hai paura?
Marco: Paura io! Guarda che sono arrivato al quarto livello, eh!
Lorenzo: Ma il videogioco è finto, mentre il pubblico è vero, Marco!
Teresa: È normale avere un po’ di paura.
Marco: Allora ve lo dico: ho una paura grandissima, peggio che andare dal dentista.
Marco si siede sulla panchina e si accende una sigaretta.
84

Felisya: Allora chi manca?
Lea: Indovina un po’? Sempre lui… Ma eccolo che arriva, la lumaca.
Entra Pino.
Pino: Scusate ragazzi, ho fatto tardi, dovevo finire le prove di tammorra.
Raffaele: Tu l’unica volta che arrivi puntuale è quando devi prendere i soldi dalla
mamma.
Teresa: Siamo alle solite, domani abbiamo lo spettacolo e io devo ancora provarti
il costume!
Felisya: Ti ricordi domani di venire puntuale per lo spettacolo?
Pino: Vi prometto! Domani sarò puntualissimo. A che ora è l’appuntamento a
teatro? Alle otto?
Tutti: Alle sei!
Lea: Io ho una vergogna!
Teresa: Domani viene a vedermi anche il mio ragazzo.
Pino: Speriamo di non sbagliare la scena… altrimenti… sai che figuraccia!?
Teresa: Che emozione, non vedo l’ora, spero che i costumi siano perfetti.
Raffaele: Oh… domani esce pure la schedina. Speriamo di vincere.
Teresa: Dài ragazzi! È ora di muoversi, e ricordatevi: domani alle sei in teatro per riprovare
la canzone. Mi raccomando, stasera ripassate le vostre parti a memoria.
Tutti: Ciao, a domani.
Escono tutti in gruppo, tranne Teresa che finisce di sistemare la valigia.
Teresa [tira fuori le trecce di Giulietta e comincia a recitare]: «Oh Romeo Romeo…
Perché sei tu Romeo…», [inciampa sulle trecce] Devo accorciarle un
po’… altrimenti la prima attrice casca proprio sul più bello. Certo, non credevo
che una costumista avesse tutte queste responsabilità! Però mi piace, mi
piace il teatro… è come vivere in un sogno. A proposito… meglio che mi sbrighi…
stasera, a letto presto… [enfatizzando] «Non devo preoccuparmi… dopotutto…
domani è un altro giorno».
Teresa esce sulle note di Via col vento. Buio.
La luce si riaccende. Coni di luce. Ognuno dei personaggi, sotto un cono di luce, è in
pigiama e vive la sua serata, in attesa del debutto del giorno successivo. Compie delle
azioni senza gli oggetti: Lorenzo ripassa la parte, Marco gioca al videogame, Pino
suona la tammorra, Felisya si prova un vestito, Lea fa esercizi con la voce, Raffaele fa
dei palleggi.
85

Lea [guardandosi allo specchio]: Mamma mia che ansia! Ma chi me lo ha fatto fare!
Meglio che mi faccia un esercizio di respirazione, così mi calmo e dormo…
Dopotutto domani è un altro giorno!
Buio su Lea che esce.
Pino: Se continuo a suonare la tammorra i vicini mi uccidono. Meglio dormici
su, domani è un gran giorno, anzi, domani è un altro giorno.
Buio su Pino che esce.
Lorenzo: Basta ripetere! Tanto no, non mi ricorderò mai nulla. E se domani non
vado? E dico che sto male? [mette la sveglia] Sveglia alle sette e non ci penso
più… Domani è un altro giorno!
Buio su Lorenzo che esce.
Felisya: Che sonno… È ora di andare a dormire, Felisya! Domani vedrò di nuovo
il mio principe… un altro sguardo… domani… un altro giorno…
Buio su Felisya che esce.
Raffaele: Sono preoccupatissimo, stasera gioca l’Inter! Speriamo bene! Forse dovrei
ripassare ancora la parte, altrimenti… Che ne sarà di me? «Francamente
me ne infischio»… Che attore!!!
Raffaele esce sul finale musicale di Via col vento. Buio.
Parte il video con le immagini e l’audio dell’incontro fra Dante e Vergil, i due personaggi
del videogioco Devil May Cry. Si illumina luce sogno, in proscenio, una pedana/letto.
Sopra c’è sdraiato Marco, che dorme e sogna. Lo spettatore assiste al suo sogno.
Dallo schermo elastico esce Dante. Si avvicina a Marco, presentandosi.
Dante: Sono Dante, figlio del nobile re Spada, e sono qui per proteggerti perché
so bene che, fortuitamente, ti sei trovato nel bel mezzo di una guerra senza
neppure rendertene conto. Non temere, finché starai con me sarai al sicuro!
Marco [intimorito]: Mi chiamo Marco e sono il proprietario di questo videogioco…
ma dove sono?
Si ode un tuono.
86

Dante: Non preoccuparti e sta dietro di me. [Marco si alza e si pone dietro Dante]
Sta arrivando ora il demone-ombra, è un buon guerriero, ma lo conosco
bene. Saprò come disfarmi di lui.
Dante sfila la spada, combatte nel vuoto e vince.
Dante: Marco, è finita. Ora dobbiamo metterci in salvo!
Marco [terrorizzato]: Perché questa lotta? Perché tutta questa violenza? Perché
combattete?
Dante fa segno a Marco di accomodarsi.
Dante: Marco, questa è una storia lunga che cercherò di spiegarti brevemente,
sperando di far chiarezza tra i tuoi mille punti interrogativi. Circa cinque anni
fa, la mia famiglia venne sterminata da un drago che riposava da millenni in
un lago. Si dice che questo drago fosse l’incarnazione dell’ultimo re che dominò
il mio Paese prima della sconfitta subita dai miei avi, i quali lo detronizzarono.
Una leggenda narra che questo re non sia mai morto e che si sia trasformato
in un enorme drago sputafuoco. Quando, dopo un sonno durato
millenni, il drago si risvegliò, nulla poterono i guerrieri e le armi dei miei avi.
Uccise tutti, tranne mio padre, che allora era ancora un infante e che mia nonna
mise in salvo grazie a un amuleto particolare in grado di allontanare qualsiasi
forza del male da chi lo indossa. Successivamente il drago scomparve;
nessuno sa che fine abbia fatto e tutti si aspettano un imminente attacco poiché
l’atmosfera è diventata pesante ed è sceso un grigiore inspiegabile, la palude
comincia a gorgogliare come acqua bollente in una pentola. Tornando al
medaglione, mio padre, prima di morire, lo donò a me, destando così l’invidia
di mio fratello Vergil. Egli adesso ha scatenato una vera e propria guerra contro
di me, arruolando eserciti di mostri orribili e disposti a tutto pur di ottenere
il potere, proprio come lui! Ti trovi qui per un caso fortuito: un essere umano
può entrare a far parte della nostra storia solo se riesce ad accendere il pc nel
momento esatto in cui io, con una mano, stringo l’amuleto e, con l’altra,
sguaino la mia spada. Ecco! Tu sei stato il fortunato, o lo sfortunato!
Marco: Non credo alle mie orecchie… come posso essere stato così sfigato!? Ok,
calma! Ho capito, Dante. Ora voglio sapere solo un’ultima cosa: come diavolo
posso tornare al mio mondo e alle mie cose?
Dante: Tutto avverrà! Tornerai presto a casa, ma ora sei qui: puoi limitarti a fare
da spettatore o decidere se schierarti dalla mia parte o da quella di Vergil.
Così renderesti la tua permanenza in questa realtà più emozionante!
87

Marco: No! Non se ne parla nemmeno! Io sto con te e rimango con te… Non vedo
come potrei aiutarti, sono basso e non so neanche impugnarla una spada!
Dante [con una pacca sulla spalla]: La tua stima mi aiuterà… Ma ecco Vergil!
Entra Vergil.
Marco: Mio Dio, è altissimo!
Vergil [digrigna i denti e si avvicina lentamente a Dante]: Stupido fratello, non ne
hai abbastanza? Consegnami il medaglione e avrai la tua vita salva!
Dante: È stato donato a me perché potessi dominare sul nostro Paese portando
pace e tranquillità… Tu saresti il contrario, sei il male personificato!
Musica e coreografia: Vergil, con scatto felino, balza in avanti brandendo la sua lunga
spada per uccidere Marco. Dante lo blocca da dietro, lo tiene ben fermo e lui si dimena
come un’anguilla; cerca di liberarsi, ma Dante è superiore, lo colpisce, e Vergil,
urlando, scompare dentro lo schermo elastico.
Dante: Che brutta fine! E pensare che avremmo potuto governare il Paese insieme,
in armonia. La sete di potere e le manie di grandezza non portano mai cose
buone, ricordalo Marco! Se vuoi, ora, puoi tornare alla tua realtà… si aprirà
una porta virtuale e tu sarai libero.
Dante scompare alle spalle di Marco.
Marco: Quasi quasi rimango, così non dovrò più ascoltare gli assilli di mia madre,
le pretese della mia ragazza, il peso di un lavoro stabile che non riesco a
trovare, e, come se non bastasse… lo spettacolo di domani! Ma cosa dico! È la
mia vita e devo combattere a denti stretti – proprio come ha fatto Dante – ogni
giorno, per renderla migliore e per diventare migliore! Vado! Dante, allora
ciao… [grida] Addio Dante! Buona fortuna e grazie, ovunque tu sia!
Sul video viene sparata una forte luce. Il video si spegne. Marco si sveglia di scatto.
Urla. Buio.
Luce su Raffaele addormentato. Si gira e il pallone rotola dal palco. Rumori e voci da
stadio. Dalla platea entrano i calciatori, salutando i tifosi.
Pubblico: Inter! Inter! Inter!
Si sente la voce registrata del telecronista.
88

Telecronista: I nostri giocatori sembrano in forma… [Raffaele avanza e afferra il
pallone che gli rilanciano dalla platea dove era finito] Ma ecco il nostro bravissimo
Santopietro… Sembra energico e agguerrito, pronto per vincere!
Il pubblico dei tifosi lo incita.
Pubblico: Santopietro, Santopietro…
Telecronista: Le squadre sono pronte. Aspettiamo solo il fischio d’inizio dell’arbitro.
Luce solo su Raffaele/Santopietro che palleggia.
Santopietro: Oddio! Vuoi vedere che tra un po’ mi viene un infarto? Ho troppa
adrenalina in corpo… Mamma mia… Mi sa proprio che ora giro i tacchi
e me ne vado.
Luce su tutti i giocatori/danzatori che salgono sul palco e si posizionano.
Telecronista: È la prima volta che il nostro Santopietro gioca una partita di campionato.
C’è qui con me proprio chi lo ha scoperto e lo ha portato fin qui: il
campione Javier Zanetti. Vuole dire qualcosa per incoraggiarlo?
Zanetti: Dài, forza Raf, ti capisco! Anche io avevo paura la prima volta che ho
messo piede in campo, ma poi ci si fa l’abitudine! Ora pensa solo a giocare e a
dare il meglio di te stesso.
L’arbitro fischia per far iniziare la partita.
Coreografia: i calciatori/danzatori simulano una partita di calcio. Alla fine Raffaele
cade a terra.
Telecronista: Azione fallosa nei confronti di Santopietro.
Fermo luce su Raffaele. Gli altri restano immobili.
Santopietro: Non può finire così, non posso deludere i miei compagni e soprattutto
i tifosi! Dài, forza, rialzati… Non è niente. Ora devo rendere l’impossibile
possibile.
Luce diffusa. Il pubblico acclama. Raffaele si alza e va verso il gruppo di giocatori.
89

Telecronista: Ecco che Santopietro si rialza! Che energia questo giocatore!
Zanetti: Forza ragazzi, dobbiamo vincerla questa partita! Santopietro… Dài!
Stai andando alla grande, continua così…
Telecronista: L’Inter si sta giocando lo scudetto! Santopietro! Tutto è nelle tue
mani, anzi nei tuoi piedi!
Pubblico: Santopietro, Santopietro!
Riprende la coreografia con effetto rallenty e simulazione di un fallo contro Santopietro.
Stop musica. Raffaele, a rallenty ma senza musica, posiziona il pallone sull’immaginario
dischetto. I danzatori escono, sempre a rallenty. Intanto si sentono le grida
del pubblico, la voce del telecronista e di Zanetti.
Pubblico: Rigore! Rigore!
Zanetti: Dài, ricorda che l’aria di rigore è la tua dimora, i giocatori avversari, il
pallone e la porta sono le tue prede. Tu sei il predatore, distruggile.
Telecronista: Calcio di rigore per Santopietro.
Santopietro: Non vi deluderò… Farò questo gol.
Zanetti: Mi fido di te… Vai e segna! San Siro è con te!
Inizia la base di Momenti di gloria. Il pubblico è in delirio, poi silenzio totale: Santopietro
tira e di nuovo ovazione… Raffaele si lancia sul letto come se fosse una porta…
Si sente il suono della sveglia.
Raffaele [come svegliandosi di colpo]: Gol! Gol!!! [si guarda intorno… prende il telefonino,
spegne la sveglia] Ma insomma, chi ha messo la sveglia a quest’ora? Proprio
sul più bello… ma abbiamo vinto? Capitan Zanetti? Capitan Zanetti?
Raffaele esce, portando via il pallone. Buio.
Si sente la voce della mamma di Lorenzo. Luce su Lorenzo, sulla pedana, che dorme.
Mamma: Lorenzo! Svegliati che è tardi! Lorenzo!
La sveglia continua a suonare. Lorenzo continua a rigirarsi nel letto, tira fuori un
braccio dalle coperte, ma non riesce a trovare la sveglia sul comodino per spegnerla. La
mamma continua a chiamarlo, urlando.
Lorenzo: Mia madre, la più terribile delle sveglie esistenti sul pianeta Terra. Produce
un suono squillante e fastidioso che neanche il più esperto dei cinesi è
riuscito mai a riprodurre.
90

Mamma: Svegliatiiiiiiiiiii, è tardissimooooooooo.
Lorenzo: Sì, mamma.
Mamma: Lorenzo! Svegliati che è tardi!
Lorenzo finalmente si alza.
Mamma: Sei sveglio? Lorenzo!
Lorenzo: Sìììììììì, sono sveglio! Almeno credo! Uffa! Tutti i giorni la stessa storia.
Ma se una madre così la metto su eBay, secondo voi, qualcuno la compra? Accetto
anche scambi… che durino almeno trent’anni! Mamma mia che sonno…
non vedo nemmeno la porta del bagno…
Esce, come per entrare in bagno, e riesce subito. La sua faccia è terrorizzata e incredula.
Esce di nuovo. Rientra con uno specchio. Tentenna e poi si specchia. È diventato
un nero.
Lorenzo: Mio Dio, sono nero, tutto nero! Che cosa mi è successo, cosa è successo
stanotte… Saranno state le mozzarelle che ho mangiato ieri! [guardandosi
ancora allo specchio] Ooooh mio Dio! La mia pelle! La mia bellissima pelle! E
ora? Che faccio? [mentre si infila una maglietta] Però! Che muscoli, che corpo…
c’ho pure la tartaruga! Beh, devo ammettere che anche così sono un gran
bel figo. Torniamo alla realtà: non può essere stato il cibo… Forse una pozione
di mia madre… Deve esserci una spiegazione plausibile!
Prende l’iPod. Parte una musica. Entra il corpo di ballo. Coreografia hip hop. Lorenzo
spegne l’iPod. Nel frattempo finisce di vestirsi, e il suo volto è ancora incredulo.
Lorenzo: Urca, è tardissimo! È ora di andare a scuola… ’sta tuta rossa è perfetta…
nero e rosso… che figata! Forza Milan! Sempre!
Musica. Lorenzo esce da destra, ma un gruppo di ragazzi lo respinge verso il palco. Lo
circondano.
Lorenzo: Ehi ragazzi, che c’è? Che avete?
Raffaele: Oh, ma questo chi è? Chi lo conosce? Da dove viene?
Pino: Oh, ma chi sei? Chi ti conosce!
Lorenzo: Ragazzi, sono io, Lorenzo!
Marco: Ma levati dalle palle! Vattene!
91

Lorenzo cerca di uscire a sinistra, ma dalla stessa quinta, entrano due uomini vestiti
eleganti con occhiali da sole che lo spintonano. Lorenzo cerca di allontanarsi.
Lorenzo: E mò che faccio?! Fammene andare prima che finisca a mazzate!
Uomo 1: Ehi tu, dove credi di andare, negro di merda!
Uomo 2: Guarda che ti teniamo d’occhio!
Lo inseguono e lo prendono dalle braccia. Avanzano anche gli altri.
Lorenzo: Perché m’inseguite? Non ho fatto niente! Lasciatemi stare! Aiuto, io
non ho fatto niente!
Uomo 1: Dicci chi sei.
Uomo 2: Che cosa hai intenzione di fare?
Uomo 1: Stai organizzando un attentato, eh?!
Lorenzo: Ma io non so nemmeno organizzare una festa di compleanno, figuriamoci
un attentato!
Uomo 1: Allora vuoi mettere qualche bomba, sporco negro.
Lorenzo: Al massimo due tric-trac, dei miniciccioli… Credetemi, io stamattina
ero bianco!
Uomo 2: Ah ah, eri bianco?! E cos’è successo, ora?
Uomo 1: Ti sei bruciato nel forno?
Lorenzo: No, credetemi… ero bianco… davvero… lasciatemi stare.
Raffaele: Adesso basta! Lasciatelo andare!
Uomo 2: Perché, lo conosci?
Lorenzo: Ma certo che mi conosce! È il mio migliore amico!
Raffaele: No, non lo conosco… ma non mi piace quello che fate!
Uomo 1: Fatti da parte! Non ti impicciare!
Uomo 2: Già, togliti di mezzo!
Marco: Perché? Sennò che fai?
Lorenzo: Ragazzi… lasciate perdere…
Musica. Coreografia tra i due gruppi hip hop. Alla fine, i due uomini scappano e gli
altri se ne vanno ridendo. Nel frattempo, Lorenzo, si è riparato vicino alla pedana. Si
gira e rigira, come se stesse facendo un incubo. Si sente la sveglia. Lorenzo si alza di
scatto, prende lo specchio.
Lorenzo: Oh Dio, è stato solo un brutto sogno, ho solo sognato!
La mamma nell’altra stanza, urla.
92

Mamma: Lorenzo sei svegliooooo?
Lorenzo: Sì mamma, sono sveglio! Mamma, sei la sveglia più dolce del mondo!
Buio.
Musica di scena. Tutti entrano ad attrezzare il palcoscenico per lo spettacolo. Coreografia.
Tutti escono. Teresa si avvicina al baule, tira fuori un costume. Entra il regista,
Marco, trafelato e toglie una scala.
Marco: Sbrigati Teresa, fra quindici minuti cominciamo e voglio che sia tutto sistemato
a puntino.
Teresa: Marco, ma che cosa hai? Non ti ho mai visto così deciso!
Entra Lea.
Marco: Sì, eh? È che ieri sera giocando al videogioco…
Lea: Marco, non è il momento di parlare di questo…
Marco: Sì, hai ragione Lea, fra poco inizia il gioco vero! Tutti ai posti di combattimento
allora!
Lea: Oddio, hanno detto che c’è il teatro pieno, e c’è pure il tuo ragazzo.
Teresa: Davvero? Che emozione!
Entra Lorenzo.
Lorenzo: Oh Lea! Non sai che sogno ho fatto stanotte, anzi che incubo! Ero diventato
nero!
Lea: Ma dài, che bello!
Lorenzo: Ma come «che bello»? È stato un incubo!
Lea: Sì, ma mò sei bianco, ti sei risvegliato e ti devi muovere ché comincia lo spettacolo.
Entra Raffaele e si avvicina a Lorenzo.
Raffaele [rivolto a Lorenzo]: Ma veramente stanotte hai fatto un incubo? Io, invece,
ho fatto il sogno più bello della mia vita: ero un giocatore e giocavo nell’Inter.
Lorenzo: Ancora con l’Inter! Meglio stare nel Milan!
Raffaele: Seeee, c’erano miei idoli: Eto’o, Milito, capitan Zanetti e altri, nella
partita più bella del campionato… il derby di Milano contro di voi.
Lorenzo: E magari alla fine hai fatto un gol e avete vinto voi?
93

Raffaele: Certo!
Lorenzo: Almeno nei sogni!
Raffaele: Alla fine tiravo il rigore della vittoria. Pallone sul dischetto, rincorsa e
tiro. Il pallone arriva come un missile sotto l’incrocio dei pali. Gol gol gol!!!
Lorenzo: E poi ti sei svegliato e noi abbiamo vinto lo scudetto!
Lea: E chi eri? Quale giocatore?
Raffaele: Io, capisci ero proprio io… Santopietro, me stesso… è stato bellissimo!
Lorenzo e Raffaele escono mentre parlottano fra loro; entrano Felisya e Lea.
Raffaele: Ciao Felisya, allora s’è svegliato il tuo cane?
Felisya: Certo!
Raffaele: Allora poi gli facciamo fare la scena del bacio, con il mio, eh?
Felisya: Sì, sì!
Raffaele esce.
Felisya: Hai visto come mi ha guardato?
Lea: Ma che vuoi che ne so io… Non so niente!
Marco [entrando]: Dài sbrighiamoci! Ripassiamo il balletto e poi in camerino! Si
va in scena fra dieci minuti!
Lea: Mamma mia!!!
Canzone e coreografia. Tutti escono. Si chiude il sipario. Annuncio di inizio spettacolo.
Il sipario si riapre, mentre Teresa sta cercando di spostare il baule di scena.
Teresa: Tutto io devo fare!!!
Si accorge che il sipario si è aperto e il pubblico è lì a guardare.
Teresa: Madonna mia, c’è il pubblico! E mò che faccio? Lo spettacolo doveva cominciare
fra dieci minuti… Questa è la volta buona che il regista mi licenzia…
[al pubblico] Eh, ehm buonasera, c’è stato un errore, io sono solo la costumista,
stavo finendo di mettere a posto le ultime cose, non dovevo essere qui… [sorride
imbarazzata] E va beh, vi racconto qualcosa, almeno ci provo… E così il
resto della compagnia finisce di prepararsi. [apre il baule e prende un peluche]
Ecco, questo sembra il cane di Lea… lei li adora i cani. [prende una sciarpa dal
baule dell’Inter] Ah, questa sciarpa mi ricorda un ragazzo. A lui piace giocare a
calcio, il suo sogno è sempre stato quello di diventare un calciatore famoso e
94

giocare nella serie A. Ha sempre una sciarpa addosso, estate e inverno, anche
quando va a scuola; l’estate la mette in testa per ripararsi dal sole e l’inverno per
il freddo. [tira fuori una felpa rossa] E questa, invece, è di Lorenzo, che una volta
ha sognato di diventare tutto nero! [Teresa indossa una corona] E questa mi ricorda
una mia amica che passa le ore a scegliere i vestiti! [prende una tammorra]
La musica nostra, come la suona Pino, che ci piace tanto… [prende il suo camice
da sarta] Questo grembiule è il mio preferito, è il mio abito da sartina. Quando
lo indosso sono Teresa, la sarta di scena. Sono la Cenerentola della compagnia,
ma sono felice ogni volta che un abito viene indossato e prende vita sulla
scena. E mi sembra di diventare la principessa dello spettacolo, di essere una,
due, dieci, cento attrici. Riesco a creare tutto quello che voglio con il mio ago
e il mio filo, [lo indossa] e con il mio grembiule mi sento una regina!
Entra Pino.
Pino: Hai visto la mia tammorra?
Teresa gli fa grandi gesti, per indicare il pubblico…
Pino: Salve a tutti!
Teresa [cercando di salvare la situazione]: Signori, ecco a voi il primo dei nostri artisti…
Un applauso, prego… dài… coraggio presentati al nostro pubblico.
Pino: Mi chiamo Pino, che sarebbe Giuseppe, come mio nonno paterno, ma il
diminutivo mi suona meglio, e anche su Fb mi trovate come «Pino D’Incenzo».
Sono nato il 17 ottobre 1991 nell’ospedale di Melfi, ma sono di Rionero
in Vulture. Sono del segno della Bilancia, il che mi crea non pochi problemi,
cioè sono molto sensibile verso le arti e l’armonia e i miei interessi mi fanno
sentire un alieno fra i miei coetanei…
Teresa: Hai detto che sei portato per l’arte e l’armonia: cosa intendi?
Pino: Mi piace soprattutto la musica, l’ho sempre avuta intorno perché mio fratello
e mia sorella, fino a quando abitavano a casa, ne ascoltavano tanta. Da
piccolo, la Befana mi regalò un pianino tipo quello che si vede nei fumetti di
Charlie Brown, ma avevo già le dita grosse e non mi riusciva tanto bene, e neppure
per la chitarra le mie dita erano adatte. Sentivo un gran senso del ritmo
e le percussioni in genere mi affascinavano… Iniziai prendendo delle pentole
dalla cucina di mia madre… Le percuotevo con cucchiai di legno, poi mio
fratello mi raccontò che un suo amico suonava sui fustini del Dash. Questa
passione mi ha portato a fare un po’ di sacrifici per comprarmi una tammorra,
che mi suona meglio e fa parte delle mie tradizioni.
95

Teresa: Puoi farci sentire qualcosa?
Pino: Se qualcuno mi aiuta…
Teresa: Beh, noi qui abbiamo un autentico gruppo di briganti lucani…
Si accende lo schermo elastico, dove vengono proiettate immagini della Basilicata,
mentre Pino accenna un ritmo con la tammorra.
Teresa: …arrivano dalle colline e dalle montagne…
Dall’elastico cominciano a uscire tutti i personaggi con strumenti percussivi.
Teresa: …escono dalle grotte, si affacciano dalle torri dei castelli… Si muovono
tra le spighe, gli uliveti, le vigne…
Felisya [mentre si posiziona sul palco]: …sono forti e pieni di speranze…
Lea [raggiungendola]: …hanno voglia di esserci, di lottare, hanno voglia di essere
protagonisti.
Marco [avanza]: Hanno voglia di gridare, di scuotere il mondo.
Lorenzo [avanza]: Hanno voglia di raccontarsi…
Raffaele [avanza]: …raccontare a voi e a tutti le loro storie…
Teresa [avanza]: …le nostre storie e i nostri sogni…
Pino [avanza]: …la nostra musica.
Coreografia e canzone finale Vulesse addeventare di Eugenio Bennato.
96

C’era una volta…
Prendendo spunto da un famoso monologo di Gigi Proietti, Una favola, in
cui un anziano signore si avventura in un tradizionale «C’era una volta…», finendo
per confondere storie, situazioni, personaggi, in un incalzante ritmo comico,
il gruppo degli operatori e degli allievi di Roma ha ritrascritto, in una storia collettiva,
la storia di Cenerentola, una Cenerentola dei nostri giorni…
«Toh! Si spegne un televisore e s’accende un camino. E perché? Perché dicono che
il televisore abbia sostituito il caminetto nelle case, nelle famiglie, ma non è vero.
Davanti al fuoco una volta si raccontavano le favole, ma ormai i bambini le conoscono
solo dai cartoni animati giapponesi. I grandi se le ricordano poco, i vecchi le
confondono» [Gigi Proietti].
…e i giovani? Le reiventano!
Cenerentola a Tor Bella Monaca
AUTORI: Fabrizio Bordignon, Carlotta Leoni, Vincenza Lopreiato, Sabina Parisi, Simona
Pettinari, Antonio Roma, Paola Ventura
C’era una volta una famiglia che abitava in un palazzo al quinto piano di Tor
Bella Monaca, un quartiere periferico e malfamato della città.
97

La loro vita trascorreva tranquilla, mentre il padre divideva in bustine la cocaina,
per poi spacciarla, la matrigna seduta sul divano guardava appassionatamente
Uomini e donne alla tv, insieme alle due figlie Chanel e Jessica, che nel frattempo
mandavano messaggini al cellulare e si facevano reciprocamente il french alle
unghie. Giada, la figlia del padre avuta da un precedente matrimonio, chiamata
da tutti Cenerentola, cercava intanto un posto tranquillo dove poter studiare,
ma veniva continuamente disturbata dalle richiesti incessanti di tutta la famiglia:
«Cenere’ ma ’ndo cazzo stai? Sempre su quei libri de merda!».
Nonostante tutto, Cenerentola continuava a frequentare con determinazione
la scuola, perché lo studio era la sola cosa di cui le importava e in particolare era
appassionata dai corsi tenuti dal simpatico e giovane professore di musica, Spartaco
detto Tito, da spartito. Finché, un brutto brutto giorno, degli uomini di legge
in divisa, accompagnati da rabbiosi cani antidroga e capeggiati dall’integerrimo
capitano Desio Fiamma, irrompono nella casa sfondando la porta e travolgono
la povera Giada, che in quel momento studiava nell’unico cantuccio tranquillo
dell’appartamento, situato proprio dietro la suddetta porta. La nostra povera
Cenerentola, travolta dalle forze dell’ordine, perde conoscenza e si risveglia in ospedale
qualche giorno dopo in seguito al trauma cranico. Al suo capezzale trova
soltanto il professor Tito, che la guarda con un’espressione preoccupata e le
racconta tutto quello che è successo, dell’ordinanza di isolamento del padre stabilita
dopo l’arresto, e dei giorni che lei ha passato priva di conoscenza.
Appena dimessa dall’ospedale, il giovane l’accompagna a casa e un altro duro
colpo fa vacillare la nostra Cenerentola: la matrigna e le sorellastre hanno preso
possesso della casa relegandola in una soffitta piccina piccina. Da quel momento
la sua vita cambia drasticamente, è costretta ad abbandonare la scuola e a portare
avanti l’attività illegale del padre.
I giorni e i mesi passano duramente e per Cenerentola continua inesorabile la
dura vita tra faccende di casa e lo spaccio nel quartiere. Il professore da tempo
non ha più notizie della bella Cenerentola, ma un giorno, guardando la tv, sente
che stanno cercando dei giovani cantanti per un talent show televisivo, gli viene
l’idea di proporlo alla sua allieva prediletta e si presenta a casa di Cenerentola.
Sull’uscio della porta trova la matrigna cattiva che, senza neanche farlo entrare,
gli dice che da quando hanno portato via il padre non ha più notizie della figliastra,
ma ben contenta dell’invito propone al professore di portare in trasmissione
le sue due figlie, spacciandole per straordinarie cantanti. A tutta la scena assiste
la portiera Tina, detta «la fatina», mentre fa le pulizie su per le scale.
Cenerentola non viene informata della visita, e arrivati al fatidico giorno dell’esibizione
canora, le sorelle si preparano con fermento, mentre Giada si affretta a
concludere le ultime faccende di casa, convinta di poter andare insieme a loro.
98

Pronte e acconciate, matrigna e sorellastre, si affrettano a uscire, chiudendo malignamente
la porta e lasciando chiusa a chiave dentro la povera Cenerentola. Tina
la portiera, sempre in ascolto di tutto quello che accade nel palazzo, sente i lamenti
della fanciulla e corre in suo aiuto: espertissima com’è ad aprire le porte, la
libera e l’accompagna in trasmissione. Intanto il professore, dispiaciuto per l’assenza
della sua allieva prediletta, conduce suo malgrado le sorelle sul palco per esibirsi
in Vamos a ballar di Paola e Chiara, ma in quel momento arriva Giada, il professore
la vede, e in un impeto di gioia scaraventa via le sorellastre, corre a prendere
per mano Cenerentola e la porta dolcemente sul palco, dove rivolgendosi al
pubblico dice: «Ecco a voi la dolcissima Giada con la sua voce melodiosa». Mentre
dalla bocca della dolce fanciulla escono soavi note musicali, che inebriano tutti
i presenti, i loro sguardi pieni d’amore si incrociano sulle note di Non abbiam bisogno
di parole del grande cantante Ron. Da quel momento i due non staccarono
più i loro sguardi, si amarono perdutamente e vissero felici e contenti.
Cenerentola a Cinecittà 2
TESTO DI Giulio Longo, Elisa Ferrazza, Valentina Ricci
RIADATTATO DA Paola Ventura e Lidia Giansanti
C’era una volta in un quartiere di Roma, Cinecittà 2, una famiglia composta
da: il vero padre Geppetto che faceva il falegname, la matrigna Lasedia che aiutava
il padre in falegnameria, le due sorellastre Bà e Bu che studiavano per fare le
estetiste e Cenerentola Laroscia che faceva la casalinga.
Tutta la famiglia passava il tempo a mangiare pasticcini e diventavano tutti
ciccia e brufoli, e le due sorellastre passavano tutto il tempo a litigare tra di loro, e
poi con Cenerentola, dicendosene di tutti i colori. Le due perfide erano gelose di
Cenerentola, perché lei mangiava ma non ingrassava e perché essendo più bella
di loro aveva i vestiti più belli e andava sempre a ballare con una borsa nera.
Un giorno arrivò l’invito del principe, che chiedeva a Cenerentola di andare a
ballare alla discoteca «una borgata» a Cinecittà 2. Cenerentola era felice, ma le sorellastre
invidiose dicevano a Cenerentola di non andare a quel ballo. Fino a quando
non intervenne il padre che picchiò le sorellastre e mandò Cenerentola al ballo.
Ma la famiglia era troppo povera e Cenerentola non aveva il vestito. A un certo
punto arrivò la fatina, la «signorina buonasera di Canale 5», bionda, bella, annunciatrice,
che dice a Cenerentola: «Io sono venuta qui per aiutarti ad andare
al ballo. Non puoi andare con questi stracci addosso, ti aiuto io con la mia bacchetta».
E fu così che fece alla ragazza un vestito elegante a campana, color panna,
firmato Armani, le diede due anelli grossi, trasformò i cani e i gatti in sette ca-
99

valli bianchi e un albero in una carrozza. Disse però a Cenerentola che entro mezzanotte
doveva stare a casa perché l’incanto sarebbe svanito.
Fu così che Cenerentola andò al ballo e incontrò il principe Amadeus: si avvicinarono,
parlarono, si innamorarono e il principe chiese subito alla ragazza di
sposarlo e se volevano mettere su famiglia. Ma mentre ballavano, a Cenerentola
venne il mal di pancia e fu costretta ad andare in bagno. Nel frattempo arrivarono
le sorellastre, che andarono da Amadeus e gli dissero che Cenerentola aveva
mangiato troppi dolci e per questo che si era sentita male. Proprio in quel momento,
Cenerentola uscì dal bagno e vedendo il suo principe con le cattive sorellastre
litigò con il principe. Amadeus per giustificarsi disse: «Ma pijiamo a ridere
che qua ’a vita è tanto breve!!».
Ma nel frattempo suonò la mezzanotte e Cenerentola scappò via dal ballo perdendo
la scarpetta di cristallo celestina. Ritornò a casa sconsolata e sconvolta e,
incontrate le sorellastre, che erano scappate dalla festa appena vista Cenerentola
uscire dal bagno, disse loro: «Dovevate farvi gli affari vostri!!». Le sorellastre offese
risposero: «Noi saremo pure ciccione, ma se tu continui a fare l’acida rimarrai
zitella a vita!».
Il giorno dopo arrivò a casa della famiglia il maggiordomo del principe, che
proprio la sera prima aveva visto Cenerentola perdere la sua scarpetta, e fu così
che il principe ritrovò la sua amata. Il padre fu felice di questo matrimonio, invece
le sorellastre invidiose e gelose no.
Cenerentola e il principe Amadeus si sposarono e festeggiarono con i razzi, ed
ebbero due bambini: Amadeus Junior e Frankus, e andarono a vivere…
…dentro a una Asl che prima era una stalla (fine di Giulio).
…dentro una reggia ai Parioli (fine di Valentina).
100
E tutti vissero felici e contenti.

Destiny and destinations
ASL RmB (Rome),
Youth Cultural Association «Officina 2.0» (Canale Monterano – Rome),
Group home «Il giardino di pace» (Rome),
Apofil Rionero-Venosa
WINNING SCRIPT BY
Giulia Barbieri Eduardo, Antonela Brocco, Andreza Carcione, Pasquale Coppola,
Elisa Ferrazza, Giuseppe Gerardi, Giulio Longo, Germana Magagnini,
Matteo Marani, Ilaria Morelli, Valentina Ricci, Angelo Vacirca
ADAPTED FOR THE STAGE BY
Fabrizio Bordignon, Carlotta Leoni, Vincenza Lopreiato, Sabina Parisi,
Simona Pettinari, Antonio Roma, Paola Ventura
Characters
ARTISTIC SUPERVISION BY
Daniela De Lillo
Nino, the barman (35-40 years)
Giulia, the aesthetician (30 years)
Maria, the lawyer (32 years)
Rapper (20 years)
Andreza, the mother (25 years)
Angelo, the kid(20 years)
Pietro, the depressed man (25 years)
Elena, the writer(33 years)
We are in a bar at the airport: voices, emotions and stories intertwine and
overlap in the continuous comings and goings of arrivals and departures, desertions
and goodbyes, renewal and transformation. A depository of words and
thoughts. And Nino, the owner of the bar, is a man who has turned his job into
a mission: to listen to others. During a day like any other, one person after another
cycles past his counter, many different faces, many different stories. The story
of Giulia, the aesthetician, who wants to pack it all in for a more exciting life and
Maria, the young, up-and-coming lawyer looking for spirituality in Delhi. Angelo,
travelling for the first time, searching for why his father abandoned him.
While Andreza is returning with her son to Brazil, the place where she was born.
101

A group of young people pursue poetry in the streets of Berlin. The lovesick
Pietro. Elena, her friendship with the barman recently rekindled, thanks to her
diary, has become a well-known writer. Nino listens to all of them, to anyone
looking for something. But is he looking for anything? Maybe for someone who
can persuade him to leave the mythical Luisona, the pastry from the infamous
story by Stefano Benni, devoured one fine day by an ignorant customer after being
left in the window for an eternity, causing deep dissent among the other regular
clients and pastry connoisseurs.
Voices and typical airport sounds can be heard. The barman enters the scene, standing
in front of the closed curtains in the forestage. He has a book under his arms, he
looks at the audience and says…
Nino: Hello, sorry, today I’m really late. I’ll be right with you. But first, I apologize,
I have to go through my daily routine. [he opens the book] See this little
book? It’s the barman’s bible… at least for me… I just open it up and pick a
page and read it before opening the bar… and from that I know how the day
is going to go… What book is it? Bar Sport by Stefano Benni… a masterpiece!…
So, let’s see what it has to tell me today…
He flips through the book but cannot decide. He looks at the audience.
Nino: Ok… seeing as you’re all here… you choose… tell me a page number…
Wait, don’t all tell me different numbers… You tell me… yes… you in the
third row… you with the nose, ears and mouth… tell me a number… your
lucky number…
He waits for the spectator to tell him a number, then looks for the page and begins to
read.
Nino: …fantastic! My favorite story… the Luisona! «You hardly ever eat at a bar.
There’s a showcase full of pastries you can order, but it’s just for show. They’re
ornamental pastries, sometimes examples of true craftsmanship. They’ve
been there for years, so long the regulars know each and every one of them.
When they come in they say, “The meringue is a little off today. Must be the
heat”. Or, “It’s time to dust off the doughnuts”. But every now and then the
occasional customer dares to approach the memorial. For instance, once a
sales rep from Milan came in. He opened the case and put a huge black and
white pastry in his mouth with those wonderful silver sprinkles, typical of re-
102

ally bad pastries. The people in the bar immediately started talking, “Someone
ate the Luisona!”. The Luisona was the king of pastries and had been in
the case since 1959. The old people could tell the weather forecast just by
looking at the color of its cream. It’s disappearance was a blow for us all. The
sales rep was asked to leave in scorn. No one laid a hand on him because that
evil gesture of his was by itself his greatest of punishment. In fact, he was
found just an hour later in the toilet of a motorway café in Modena in terrible
pain. The Luisona got its revenge». Beautiful story, don’t you think? Who
knows who my Luisona will be…
The noise increases while a loudspeaker announces a flight landing.
Nino: Oh my! The flight from Berlin has just landed… So it really is late… I
hear troops of passengers coming… And let the day begin… to Nino’s during
the stopover… juice and delicious, fresh pastries… except for the Luisona,
naturally, forever buried in the bowels of the gluttonous sales rep!
The curtains open to a choreography of people walking through the airport, arrivals
and departures. Finally, we see the barman at his counter in his uniform, tidying up.
Nino: For those of you who don’t know, the word bar comes from the English
word barrier. In fact, during the first colonization of South America, in the
dives and taverns, the corner reserved for the sale of alcohol was deliberately
separated from the rest of the place by a bar, and that’s where the word bar
comes from. But other people believe that the word is short for barred because
in the nineteenth century, when the sale of alcohol was prohibited in England,
a board was nailed across the shops with the word barred painted on it.
Here in Italy, by bar we mean essentially a place where mainly alcoholic and
non-alcoholic beverages are served and consumed, in particular coffee, cappuccino
and hot chocolate, in addition to things like little pizzas, sandwiches,
croissants, pastries like Benni’s and several other sweet and savory things.
The barman begins drying glasses. Giulia enters.
Giulia: Good morning.
Nino: Good morning to you!
Giulia immediately heads for a table where she leaves her trolley with an enormous
toiletries bag on top. She is well-dressed, very young and dynamic. She does everything
103

quickly and nervously though she communicates happiness. She addresses the barman
with a 360 degree smile.
Giulia: A cappuccino, a croissant and a glass of water, otherwise I won’t wake up
this morning. Thank you.
Nino: I’ll bring it right over to you!
Giulia opens her toiletries bag and fixes her make-up, light but effective. In the meantime,
the barman approaches and puts her breakfast on the table. Giulia takes a sip
of water with her usual smile, anxious to do everything she has in mind.
Giulia: Do you know what time the travel agency opens?
Nino: At 9, usually.
Giulia: Ok, if you don’t mind, I’ll just wait here.
She takes out a notebook, a pen, two envelops and two stamps and begins writing.
Maria, an up-and-coming lawyer, runs in with a flashy Louis Vuitton bag.
Maria: My God, I was almost late getting here too… just in time before they
closed the check-in… [to the barman] A ginseng, thank you!
Nino: Coming up!
Maria [to the barman, who she will be talking to from now on]: In your opinion,
am I dressed right for India?
The barman looks at her dumbfounded.
Maria: No, excuse me, it’s just that I’m a little anxious… if you only knew…
Nino [to himself]: Let the day begin!
Maria: What did you say?
Nino: No, I was saying… has it been a bad day?
Maria: No, not really… Today’s been historic, memorable, unexpected,
strange, aggressive, unforeseen, surprising…
Nino: Here you are… [handing her the glass to her]
Maria: Huh?
Nino: …your ginseng…
Maria: Oh, yes, thank you! I like ginseng… It picks me up… what do you think,
will I be able to find it in India?
Nino: I would think so. But if I were you, I wouldn’t drink too much of it!
Maria: Do I look anxious to you? [looking at the barman astonished]
104

Nino [almost defensively]: You said you were anxious… a surprising day… aggressive…
Maria [ignoring him]: You see, it all began yesterday morning… I told myself
«Do I go in or not? Now, what excuse am I going to give him? That for the
umpteenth time I was late and hadn’t even finished the reports… or the appeals
files… or the documentation of Mr. Prestinari, Prastinari…», I can never
remember his name… Anyway, I think it’s Prestinari… to hell with him
and his name… So, right in front of the boss’s door…
Nino [curious]: Right in front of the boss’s door…
Maria [staring at him]: …«they can all just go to hell!», I told myself. I turned on
my heels and went home, to my little nest, the only place where I can walk
around barefoot, naked, my hair a mess, without perfect make-up… no
mandatory smiles… fuck you all!!
Nino: Fuck you!
Maria [firey]: Excuse me?! Fuck you to who?
Nino: Fuck you… You said it… at home… no mandatory smiles… fuck you.
Maria [ignoring him again]: …yes, right, my little home, my little corner of freedom…
I thought it would be enough and… instead… Look, believe me, it’s
incredible… not even my little hideout is safe anymore… I looked at myself in
the bathroom mirror… [taking a little mirror out of her purse and tying her hair
back in a ponytail] «Maria… what are you running from? From this ordinary
life? Designer clothing?» [closing the little mirror and walking nervously around
the stools in front of the counter while the barman constantly moves her glass from
one stool to another, following her with his eyes] What are you running from
Maria? From your boss, from your total dedication to your job… the protocol
to follow, always the same, same hours, same formalities, same cocktails, same
outings with friends, pub, cinema, discos… and your life passing by before
your eyes… your ambitious family, the years of study to become a lawyer, the
impatience, the thousands of little jobs so you didn’t have to rely on your parents…
feelings of guilt… relationships… disappointments… and again taking
refuge in your job… the job you dreamed of as a child… that now just isn’t
enough! Well…? You aren’t going to answer me?… What are you running
from…? From yourself…? Answer me… come on, answer me… answer me…
Nino: Lady, please, calm down!
Maria [sitting comfortably down on the first stool and again opening her bag]: But
I’m very calm… I’ve figured it all out, you know? I have the answer to my
questions… Now, I know… «I’m not running away from myself… but toward
myself»… This simple phrase is just what I told myself yesterday… It
must have been three in the afternoon… I remember because, right then and
105

there, I took off my watch… my precious Rolex… It ended up in the garbage
can… [the barman shivers]… I’ve changed… I withdrew my entire savings…
I ran to the travel agency and bought a ticket to Delhi, one way. Then I picked
up my mobile and cancelled all the numbers except for one… the one for the
taxi service… I booked a taxi for 7 this morning and here I am…
Nino: But, are you sure you know what you’re doing? And then, your Rolex in
the garbage can! To me, it looks like you’ve got a pretty good life…
Maria: What, are you joking? You try and live like this… Anyway, I’m not my
life! I need to make a choice. Why did I choose Delhi? Because it’s totally different:
language, culture, food… There I’ll finally be able to start over. An introspective
trip?! [pointing at him with her gaze] From now on I want to look
people in the face… but in a different way… in a real way… without makeup,
with my hair a mess, without the mandatory smiles, without designer
clothes…
Nino [pointing at her Louis Vuitton]: …but maybe with just a few exceptions…
Maria: Are you talking about this?!?! [she smiles] My Louis Vuitton!! I need
this… I need it to remember who I was… and to never forget what I want to
be… [she finishes her ginseng] How much is it…?
Nino: Two euros…
Maria: Here… [she gives him a banknote and steps away]
Nino: And your change?
Maria: It’s not important anymore…
Maria boldly walks out. All throughout the conversation between the lawyer and the
barman, Giulia has continued to write and tear up sheets of paper, listening carefully
to what Maria says since she feels close to her because of her decision to leave.
Nino: Her Rolex in the garbage… if you ask me, before leaving for Delhi, I’d
make her spend a day inside this place… That way she could practice looking
people in the eye!
Giulia: I think a woman like her is courageous! She thinks India might be a good
place to sort out your life? India, India, India. Yea, right, out of everything in
her story, I could use her spirituality. But then, I don’t even need spirituality…
I want to have fun, hang out with friends… What do I need a space for
introspection for? I’ve been alone enough in my life. Even though in my job I
meet plenty of people… You know… I’m an aesthetician… People, I look at
their faces through a microscope… When I’m lucky, because when I’m not,
I look at nails, feet… thighs and butts… Oh, forget it! It might seem strange,
but I’m looking for new horizons too!
106

Nino: Everyone here is looking for something.
Giulia: And you… What’s your name?
Nino: Nino.
Giulia: And you, Nino… What are you looking for?
Nino: Are we on a first name basis now?
Giulia: You’re about my age, aren’t you! So, are you looking for something?
Nino: Look, normally I listen to people’s stories, I don’t tell them! Everyday lots
of people sit at my counter, leaving, coming back, leaving again, while I’m always
here. I don’t move, immobile in this timeless place, going through the
same motions every day. But I like this life! [he reaches for a broom and begins
to sweep] A bar is a fantastic place, a meeting place for mysterious customers.
Every one of them has something to leave for you… besides just pastry
crumbs on the floor…
Giulia: Sorry… but this croissant is so… When it’s fresh… because these days it
just isn’t easy to find fresh croissant…
Nino: It’s all in the presentation… like the Luisona…
Giulia: The Luisona?
Nino: It an old story… in an old bar…
A very alternative-looking boy walks in. He moves dancing to the music he is listening
to on the earphones of his iPod. He approaches the counter.
Nino: Yes, what can I get for you?
The boy keeps moving, not answering. The barman gestures for him to take off his
earphones. The boy takes one off.
Rapper: Yea? What do you want?
Nino [raising his voice]: Can I get you anything?
Rapper: Coke and sandwiches… for five.
Nino: For five?
Rapper: For me and my friends… to Berlin we’re going, a story we’re telling…
to the gathering of the poets, in the streets we are the prophets… a story we
will tell, about a man and his hell, crushed and shattered by anxiety, he searches
the sky for a six story tree…
While Giulia and the barman watch him bewildered, the rest of the group comes in
and begins rapping along with him. As they are rapping, the other customers, including.
Andreza, a young Brazilian woman, gradually begin dancing with them.
107

108
Rapper: Mr. Rocco Piano
A lawyer from Pantano
From his name he seems sane
Though he looks a little strange.
One fine day
Stuck in traffic
Suckin’ fumes
It was tragic
He cranks up the radio
Searchin’ for a little glow
He looks up, oh me
This is truly poetry
Mark my poetry
I ain’t writin’ fantasy
Fantasy likes the search
There’s no green and it hurts
We only see a bit of green
In traffic lights and in tea
Not in this rap or the beat
of this jungle concrete
At dusk he was wishin’
then one evening he’s thinkin’
of his uncle’s memories
And the presence of the trees
Many years have gone past
Birthdays, New Years go fast
When he was still in Napoli
And the air he breathed.
He breathed the fresh, clean air
Just as nature declared
He was chimera fishing
For the spring he was waiting

His dear uncle waiting, wishing
As the evening begins nearing
Among the buildings and the streets
There’s no sign of the trees
So now it’s up to me
To sit here waiting, gloomily
To get to the sixth floor
Where green is not the norm
Why to see it is rare
is ‘cause this color isn’t there
we’re searching for the color green
Rocco Piano, you and me.
Everybody applauds. The rappers pass the hat and then go to the barman and dump
the contents on the counter.
Rapper: That enough for the snack?
Nino: It’s enough, it’s enough! My compliments and good luck on your trip. Let
me know how it went… when you come back.
Rapper: Don’t think when we get back / For us it’s enough if we rap!
The rappers and customers walk away. Andreza stays, the Brazilian girl.
Giulia [to Andreza]: Aren’t you going? Do you want to miss your plane?
Andreza: But I’m not with them. I’m not going to Berlin. I’m going to Brazil. I
was born there. I’m going back after more than twenty years!
Giulia: How exciting!
The light closes in around Andreza, creating an ambiance of remembrance. Background
music.
Andreza: I still remember the day of my departure. As if it were today. Rio de
Janeiro airport… full of people in a hurry, walking fast… some going forward,
some going backward… Where are all these people going… But, more
than anything, where am I going? And then, what’s that? Where is that thing
they say flies?… I don’t get it… Now we have to get in another line… We
have to leave our bags… But, I mean, if we’re leaving, why can’t our bags
109

come with us? These two guys keeping talking to me in their stupid language…
Haven’t they figured out that I don’t understand a word of what
they’re saying? Next to me there’s another little boy more or less my same age.
He doesn’t say a word… They told me he’s my brother. They were the ones
who said it, the nuns from the orphanage. He’s Brazilian too but I don’t think
he looks a thing like me… The two people who took us away, «your new parents»
the nuns said… These two «parents» look at me and smile… Maybe
they’re happy… Or maybe… they think the look on my face is funny… I
must really look lost… I feel lost… Am I still in Brazil? Because the car trip
from the orphanage to here was really long… Maybe I’m already in Italy
where they said we’re going… But no… They said we have to get on something
that flies through the sky… Something that flies that isn’t a bird… I’ve
never seen anything fly, much less an object. Maybe they’re playing a trick on
me… We get to a kind of long belt that moves… What kind of witchcraft is
this? Where have I ended up? I don’t want to get on top of that thing… I
might end up in that hole! But Andreza, calm down… The other people getting
on it aren’t afraid… They’re all calm… and they let themselves go…
Light on a line of drums that the musicians begin to play during Andreza’s lively story.
Andreza: They drag me off again… this time in front of me there’s an enormous
clearing… And… I can’t believe my eyes… those things way down there, what
are they? And what’s that noise over my head… It’s too loud… What’s going
on?… I lift my head and see that one of those flying things is exactly like the
machine right in front of me. How can something so huge and heavy fly
through the air like a bird?… And if it eats me up?… This kid just doesn’t say
a thing… He’s just happy if he gets something to eat… He scrambles after
every little crumb… even off the ground… He can’t be my brother… We take
another car… This time it’s big… and lots of people get inside… But a place
like this, how is it that I’ve never seen it? Full of strange machines… of people
walking fast like lunatics… all these lines just to give people a piece of paper…
all these shops… the belt that moves… and these enormous metal birds with
wings bigger than an eagle’s flying through the sky… I bet my friends from the
orphanage have never seen anything like this! If I told them about it, they’d
never believe me… Wait, what’s this woman doing? Now she’s taking my
hand… Every now and then she turns and shouts something in her language…
My heart moves up into my mouth… We’re under the plane… People
are going up the little stairs that move… They go inside an enormous
tube… and go inside that big thing… Now it’s my turn, but I’m scared… And
110

what if while we’re flying another bird runs into it and we fall to the ground? I
don’t know why I suddenly turn around… I want to go back, run far away…
But if I go back, I go back to the orphanage, and I don’t… want to go back to
that place. Ok, almost there… We’re in… But, it’s a little cramped in here…
From the outside it looks bigger… And then why are there all these chairs?
These are strange chairs, they aren’t made of wood… They’re big, high… and
all the same color… All the same… But they’re comfortable… a little fuzzy…
but comfortable… The windows are small, they hardly let you see anything…
There it is again, the invisible voice… Man, they talk a lot… We wait a long
time… I fall asleep… When I wake up, a strange thing is fastened around my
waist… The woman next to me is sleeping and that kid has stopped eating and
is staring at me… I put these little things in my ears, like the guy next to me…
and I hear music… beautiful music… like magic… I fall asleep again… while
I imagine what other kinds of witchcraft await me…
Light change. Music fades. Andreza sits down next to Giulia and orders a coffee.
Giulia: Excuse me if I interrupt you… but your story is really interesting… You
lived in an orphanage? In a forest?
Andreza: Yes, and it wasn’t so great! I was seven years old. That journey opened
the way for another journey that, through struggle and suffering, made me the
woman I am today… It hasn’t been easy… Those parents weren’t so great…
but now it’s going better. Now I have him!
Giulia: Your boyfriend?
Andreza: My son, Jamail. In that August 1992, when I set foot on that airplane,
that enormous, frightening machine, my destiny was decided… Now I know
that, awaiting my arrival, beyond the ocean, was a treasure only for me… My
destination is right here, now, today, this moment. Tomorrow is today. It is
Andreza and Jamail. And now we are both going to my country together…
[she gets up and points at something] There he is, do you see him? He’s waving
to me! I’ve got to go! That scary metal bird is waiting for us! How much do I
owe you?
Nino: It’s on the house!!! Bon voyage!
Andreza: Thank you!
Giulia: And say hello to Jamail for us!
Andreza exits.
Giulia: You sure are right! You see it all in this bar!
111

Nino [smiling]: Stories… I told you, and the stories are nothing but the people
and the people are always unique… I’m always fascinated to see and hear… I
try to understand who’s a tourist and who’s a traveller! I actually have a catalog
of different kinds of people… definitions for all different types of passengers…
Giulia: And me? What kind of passenger am I?
Nino: At first glance, I’d say you aren’t a passenger yet. You told me you’ve got a
destination, but your destination is more in your head than in the sky.
Though you’re hiding a good dose of courage which might just make you get
on the first plane you see and take off.
Giulia: You’re probably right, I’d better look inside myself for my destination…
You need courage to do that too… But look, I suddenly feel old and I don’t
want to get old without having lived. The woman who was here earlier left a
comfortable life to go find herself in DELHI, Andreza made her son her destination,
those kids try to see the poetry in everything, and me?
While the two are chatting, Angelo comes in and goes to sit at a table, but then he immediately
gets back up. He repeats this gesture many times.
Nino: «You never leave a place without first dreaming of another place and, vice
versa, without travelling sooner or later all dreams end or you are forever
trapped inside the same dream», Wim Wenders… Anyway, it seems a tad
complicated. I’m better at recognizing attitudes… say, unoriginal, simple attitudes.
Take this guy walking in, it’s clear… obvious…
Giulia: What?
Nino: Come on, look at him closely. You can see it.
Giulia: I don’t get it.
Nino: It’s his first time! And he’s freaking scared!
The two of them smile and Angelo, realizing that they are looking at him, shyly walks
toward the barman.
Angelo: Hi, I’m Angelo… Well, not that it should interest you, it’s just that I always
introduce myself…
Nino: I’m Nino.
Angelo: Can I have a glass of water… Nino? [approaching Giulia’s table]… Nice
bag, is it a Trussardi? You know, ever since I was a boy I’ve been modelling
Trussardi clothing? [embarrassed] Anyway, hi, I didn’t even introduce myself.
Angelo, it’s a pleasure.
112

He extends his hand. She extends her hand in disbelief and amusement and introduces
herself with a big handshake.
Giulia: I’m Giulia, my pleasure!… Are you about to leave? And where are you
going…
Nino: Here’s your water!
Angelo walks toward the counter, nervously looking for something in his pocket.
Angelo [to the barman]: Thanks! [taking a little tube out of his pocket]… Listen,
excuse me Sir or Nino, can I call you Nino? [without waiting for the barman’s
answer] How many should I take in your opinion? [referring to the pills he is
shaking out of the little tube]
Nino: It depends.
Angelo [his voice shaking]: On whaaaat?
Nino: Do you just want to relax or do you really want to sleep?
Angelo: I don’t even want to know I’m flying.
Nino: It’s your first time, isn’t it? [smiling to Giulia who smiles back at him knowingly]
One should be enough, those things are strong! They work. Trust me.
I, about these things… uhhhhh… Everyday…
Angelo: Ok, thanks.
While Angelo is walking toward the table with the glass on one side and the pills on
the other, Giulia gets up and walks toward the counter, visibly irritated.
Giulia [to the barman]: What are you doing? Are you crazy? He’s so young! What
are you telling him to take?
Nino: Well, yes, I’m a snake charmer… Come on, I’m joking! Those pills are just
herbs… valerian… But everyone knows, in life believing is enough! Or isn’t it?
Giulia: What do you mean?
Giulia returns to her table and tries to tidy up some loose sheets of paper. The barman
laughs. Angelo dramatically swallows the pill and his body immediately relaxes. Then
whispering to himself:
Angelo: If he were here now, I’d look him straight in the eyes and vomit up all
the hate I feel for him. I might even hit him, like he hit mom. Just look at
me… Would you believe I could ruin the most important day of my life because
of that asshole father of mine! It took me so long just to decide to leave
113

and now that I’m here what do I do???? I think about my father! My father?!
The fact is, I still can’t figure out why he abandoned me, at four years old.
How can you go and do a thing like that? [turning to Giulia and the barman]
In your opinion, how can you leave a four year old boy? He, my father, just
got tired. He got tired of having a family. Sure! There you go! You get tired,
you take your family and you kick them out of the house, out of your life. But
then, what do I care, I don’t even think about him!
Nino [to Giulia]: Maybe I should’ve given him something stronger…
Giulia gets up, contemptuous of the barman, and sits down at Angelo’s table.
Giulia: Angelo, I’m sorry about what happened to you…
Angelo [continuing with what he was saying]: Luckily mom found Carlo! He’s a
real nice guy. Carlo’s great! Great! If it weren’t for you, I wouldn’t be here…
and I can’t relax! I’m scared [he gets up and walks around the bar].
Giulia: It’s normal… it’s the first time!
Angelo [getting himself together]: What? Oh, yes. Yes. it’s my first time. I’ve never…
[continuing to walk] Before, I never had the guts. Now, I’m ready
though. It’s just I’m afraid of getting airsick. My mother gets airsick. Maybe
it’s hereditary! [smiling] My mother, she did so many wonderful things for us,
for my brother Alessandro and I! She raised us by herself. I could write a book
about my mother [approaching Giulia’s table and looking at her bag] and if I
think about it… It wasn’t Trussardi. No, yes, yes! It was Trussardi. My brother
and I were just gorgeous on that runway, so many people! At least two thousand
people admiring us. People clapped, my relatives took tons of pictures of
us and gave us tons of compliments. It was a beautiful day.
Music. Angelo turns his back to the audience and old photos and videos of the two
brothers are projected while on the stage there is choreography. Angelo turns to Giulia
and the video and music stop.
Angelo: If it weren’t for Carlo, I wouldn’t even have left today. He’s my true father.
I can’t wait to get there.
Giulia [turning back to her table]: And where are you going?
Angelo: Where am I going? Well, I left from Senigallia, no, from Oriolo, no,
from Cesano and I was even born in Cesano. [laughing] No, sorry, in Senigallia.
Senigallia, and I finally decided to leave. Actually, I didn’t decide just now.
I’ve been thinking about it forever. Now, enough of thinking about it, I’m going.
Carlo gave me the ticket.
114

Giulia [irritated]: Yes, but where is it that you’re going?
Angelo: My father, not Carlo. The other one… my real father… is a very famous
surgeon… Sometimes I imagine having an accident and being rushed to the
emergency room, taken to the operating room, going under the knife… into
the hands of my father, but he doesn’t know who I am. He doesn’t know how
my face has changed… I’m an adult, the adult who has taken the place of that
four year old child, standing in the doorway waving to him… Then, like in a
movie, he recognizes this big birthmark I have on my belly and then he cries
and does everything he can to save me… [to Giulia] I’m a bit foolish, don’t
you think?… But now I shouldn’t think about him, but about another journey,
the real one… my first trip and the ticket Carlo paid for for me… I’m going
to Guatemala…
Giulia: Guatemala? Wow! Guatemala must be beautiful!
Angelo: Yes! Really beautiful! And you, where are you going? Are you leaving?
Or are you just getting back?
Giulia: I’m… I don’t know where I’m going, but I’m going…
Angelo [interrupting her]: I really feel ready. It’s fantastic! Good thing I let them
convince me. My friends and Carlo more than anyone else! Didn’t I tell you?
Carlo is my mother’s partner. He’s an easy-going guy. You should meet
him… Sorry… I talk too much… It’s just I’m really nervous… [talking to the
barman and pointing at the pills] Maybe I’d better take another one, what do
you think? I don’t feel anything. Do these things really work?
Nino: Go ahead. It’ll be over before you know it. And then just think, you’re going
to Guatemala! I’d come too, if I could ever leave this place!
There is an announcement for the flight to Guatemala. The music starts up. His
friends arrive with backpacks and luggage. The choreography starts up and above the
music Angelo’s shouting can be heard.
Angelo: Oh my God, the anxiety! [to Giulia] Go Giuliaaa! Take the first flight
you seeeeeeeee. [he exits the scene]
Giulia: You sure couldn’t call this place peaceful! I’ve been trying to write a letter
since I got here but I can’t manage to do it. How do you do it? Everyday,
you do nothing but live other people’s stories.
Nino: A bit like actors in the theatre… I would’ve liked to be an actor… Maybe
one day I will, and tell the stories I’ve heard and lived here.
Pietro comes in, walking slowly, dragging a bag behind him (a gym bag) with a demoralized
attitude. He checks the time on his watch, then on the clock on the wall.
115

Pietro [to Giulia]: Excuse me, do know what time it is???
Giulia: I don’t know, eight o’clock, give or take…
Pietro: Give or take…
Unsatisfied, Pietro goes to sit at a table and asks for some tea.
Giulia [to the barman]: I need to concentrate! I must, and I mean I must, write
this letter!
Nino: What do you think about a little bit of music?
Giulia: Thanks a lot [smiling], this will really help me! [she picks up the letter and
begins reading it in a low voice, as if she were reading it to herself] «Dear Mom
and Dad, I’ve decided to go on a trip. I don’t know for how long. I realized
that I’ve been working to build my future and now that I’ve built it, I don’t
know what to do with it. I need to think about myself, not just about work.
And I want to thank you for the effort you made to send me to school, help me
open my studio. It was my dream and you helped me. But now I understand
that this is not all there is to life. It can’t be all there is. I think about the two of
you, about our family, about how happy we were despite the sacrifices and
about how happy you are, now. I want it too, to be happy with a partner who
I can share my life with. I want to be proud of my children. I want to be happy
about the life I’m living and I want to feel complete. I need to figure things
out. I need to figure my life out. I need to make some decisions, because now
I know what I want. Don’t worry about me, I’ll be ok. Being at the airport is
enough to start getting a fresh outlook on things, to begin to feel alive. I’ll let
you know as soon as I get things sorted out. I love you… your Giulia».
Giulia looks up and smiles at the barman, almost as if she is thanking him for that
moment of tranquillity, and just then Elena comes in, singing the tune playing in the
bar. She walks toward the counter.
Pietro [to Elena]: Excuse me, do you have the time?
Elena: Eight o’clock, give or take…
Pietro: give or take…
Giulia: One down, now let’s get on to the others.
Nino: Goodbye letters??? [turning toward Elena] What can I get… but you…
you’re Elena the red…
Elena [as she stops singing]: Excuse me?
Nino [singing the song as well]: …do you remember? Every night the same music…
at the Bluenight… I was a young bartender… I’m Nino… Then I had
a full head of hair…
116

Elena: Why sure… the Bluenight… that was ages ago! I’m happy to see you!
Nino: Where did you disappear to??? From one night to another… gone… I’ve
missed you… and your obsession with writing in your diary…
Elena: It’s precisely that diary that changed my life…
Nino: …what do you mean? Come on, tell us!
Elena: It’s kind of a long story… I got here early and I have to wait for my husband…
Nino: And even a husband????? Come on, tell me…
Giulia: So long letter… Here I foresee another story to listen to…
Elena sits down on the stool and takes out an old diary.
Nino: Don’t tell me that’s…
Elena: Yes, and this is the entry from my last day as an escort: «Dear Diary…
Here’ what happened to me today… I can hardly believe it… Anyway… it’s
eight o’clock… I open my eyes and I hear my housemate shouting and getting
on my case about me always leaving my shoes laying around the house. After
her shouting, I hear the relentless drone of the vacuum sweeper. The light filtering
through the holes in the blinds in front of my bed, along with the seemingly
endless noise of roadwork outside convince me that today is the day of
noise, and that I really got up on the wrong side of the bed.
By then I’d lost all hope of staying a little while longer under the covers. I
jump out of bed and, crossing the hallway, head straight for the bathroom,
limiting myself to just glaring at hyperactive Jill, every morning more and
more a pain in my ass.
“Hot water from the shower pounding on your skin is the best relaxant I
know of”, I think as I turn on the water and adjust it to the right temperature.
“Elenaaaaaa, look if you don’t hurry up you’ll have to pay the water bill the
next time!”. In spite of the fact my nervous system is about to explode, I pretend
nothing is wrong, get in the shower and let the water patter down on my
skin, just as I imagined it a few moments ago. After a few minutes, which seem
to go by quicker than usual, the return to the harsh, grey brown reality of our
apartment tells me to get out of there as fast as my legs will take me. Lifting my
face to the street and to the bright sky of that beautiful morning, I get to the
bar and Giovanni, just like every other day, reads my face and immediately
brings me a cappuccino and croissant (whole wheat with honey, of course).
Giovanni is like me. When he was a teenager he came to the big city to seek his
fortune and ended up at the margins of this urban society. While I’m drinking
my cappuccino, my gaze falls on the second stool, where every day the
117

118
same woman at the same time sits down to her ‘second’ small meal of the day:
brunch, as people ‘like her’ call it. She is wearing one of her numerous suits,
with one of her numerous pairs of pumps and is ready to leave again for one of
her numerous appointments. I, on the other hand, in my sweats and gym
shoes, look like a monster compared to her, despite the fact that we are probably
the same age. She’s a woman, a successful woman. I’m a whore, and not
even a successful one. Even though it’s been morning for a while now, I’m not
in any hurry. A woman like me, in the morning, doesn’t ever have much to
do. I go back home. As soon as Jill gets home, I decide to go out again, for a bit
of peace and quiet. I don’t have anything to do until 11 pm, so I decide to go
for a ride. I take a half empty bus to the suburbs. After a while, by then, alone
on the bus, I get off. And as I walk around, I see an old woman, busy trying to
open the rolling shutters of her restaurant. I see it’s difficult for her and walk
up to give her a hand. To thank me, she invites me to have something to eat
with her. The place is practically deserted. I eagerly accept her invitation. The
lady is nice and friendly to me. It’s been ages since someone treated me like
that. Over the course of the evening we talk about our lives. And I, in a rush of
courage, tell her the truth about my life and, with great and much appreciated
surprise, I discover that it doesn’t bother her at all. On the contrary… she
understood me. That’s how, during our conversation, the woman noticed my
diary, which was lying next to me as usual.
I had never allowed anyone access to my diary… until that moment… but
that night… something was happening to me… I don’t know… maybe it was
that conversation. That very day, in that very place… that radiant old woman
that I had never met before seemed to want to understand me and accept me
for what I had become… Her delicately persistent gaze on my diary… Out of
the blue, for no reason at all, I open it and begin reading and while I’m reading
I surprise myself as I reconstruct the story of my life… As if I were reading
and telling the story of the life of someone else… Suddenly, that sweet woman
interrupts me, takes my hand and drops a business card into my palm. “Mauro
Verdi Editore, Casa Editrice Piccola Città”. We don’t say anything to each
other, we just look each other in the eyes while she gets up to welcome the customers
coming in. In a faint voice, I say “I’ll think about it… thank you”.
Without even saying goodbye, I quickly leave to go to work. I take the bus
downtown, toward the nightclub. I’m late, but once I get off, I stop dead in
front of the entrance. I’m still clinging tightly to that card in my hand… I read
it again “Casa Editrice Piccola Città… 333.4455667. Mauro Verdi Editore…
Piccola Città… Casa Editrice… 333…”. Dear Diary… let’s go
home… Let’s change our life…».

Nino: And so what did you two do, you and you diary?? This story’s got my on
the edge of my seat!
Elena: That night I didn’t sleep a wink, I just kept thinking about my life and my
diary and I decided to send a copy to this unknown publishing house. Now,
after five years, Mrs. Elena Verdi is an accomplished writer, has two children
and an exceptional husband who was once a small publisher. I’ll never be able
to thank Mrs. Domenica, the owner of that little restaurant, enough. And I
still eat with her every weekend.
At the end of her story, the barman and Giulia applaud her. Even Pietro, prys his eyes
away from his watch and applauds.
Nino: Fantastic!!!! You’re fantastic!
Pietro: Excuse me, Elena! I couldn’t help overhearing your story and wanted to
congratulate you on your strength and the awareness with which you tell your
story. Talking openly about your own life is a mark of great maturity and really
sets an example for all those people like me who don’t have the strength to
act. Thank you… Thank you… Thank you again. Could you be so kind as to
give me your autograph?
Elena takes a piece of paper out of her bag and autographs it.
Pietro: You know!… Someone could write a book about my life as well. Mine is
a story of vitality, passion, love… [sighing] Ah, yes… A wonderful, great story
of love gone bad. She was everything to me. She was the air I needed to
breathe to live, the water I needed to drink, the food I needed to eat, the flower
I needed to tend, the bus I needed to take, the…
Elena: Excuse me, Mr.???
Pietro: Pietro, my name’s Pietro!
Elena: Mr. Pietro, go on…
Pietro: Yes, excuse me. It’s just that when I talk about her, I can’t help letting myself
go, surrendering myself to those feelings, so pleasurable, so exciting, so…
The barman coughs loudly, annoyed.
Pietro: We’d been together for almost a year, everything was going well. Every
date seemed like the first, stomach in knots, sweaty palms, shaky legs…
Giulia: Get to the point… why did you break up?
Nino: Well, it’s pretty easy to guess why… I’m sure she left him saying she didn’t
deserve him, he was too much for her, she couldn’t understand him… a classic!
119

Giulia: Did you leave her? Or, as the expert says [pointing ironically at the barman],
did she leave you?
Pietro: It all ended because of a betrayal.
Elena: There, I told you, as usual you men have to go and ruin everything.
Giulia: Excuse me, what do you know, maybe it was her!
Nino: Maybe she cheated on him with his best friend… that way it was a double
betrayal, the friend and the girlfriend. What a story!
Elena: Or maybe she saw him flirting with the supermarket cashier near their
house, followed them after closing and saw them go into a motel.
Giulia: Excuse me, why don’t we let him tell us?
Elena: Go on, Pietro, tell us.
Pietro: As I was saying… over the next few days I felt smaller and smaller and the
pain was eating away at my soul. With other people I pretended things were
going well. I didn’t want them to know, and I thought about the only thing
that made me feel better: the memory of us when we were still together.
Nino: So, did you cheat on her? Or did she cheat on you?
Giulia: Who cares? Can’t you see what he’s going through!!!
Nino: I know he’s suffering, but if it’s over there must be a reason why, and now
I’m curious.
Pietro: Every day I grew more and more aware that she was no longer mine and
that nothing I did made any sense. I stopped eating, I stopped going out. I was
convinced I no longer had any reason to live. The world seemed to be caving
in on me little by little. It seemed as if the lamplights were slowly going out as
I passed by… But it wasn’t like that at all. It was my imagination, my
thoughts, that made me see things much differently from how they really
were… and that’s how I decided to leave, no, to begin again from zero.
Elena: Good for you!! That’s what I wanted to hear you say! That’s just the
point: you can’t wallow in your pain until you cease to exist anymore… you
have to react. You have to keep living. You have to throw yourself at every opportunity,
you have to reclaim your space.
Pietro: I know, but I don’t have the strength. I don’t have the motivation.
Nino: You need a change of scenery, to go to a place where anything is possible…
[silence] I know where you could go… Amsterdam!!!
Giulia AND Elena [talking to each other]: Yes, Amsterdam, the perfect city. Romantic,
but not too romantic, a little unconventional, but not too much. And
you just might meet Ms Right.
Pietro: I wouldn’t know. My girlfriend and I often talked about going on a trip,
but Amsterdam, we never talked about going there. But isn’t it a bit much for
the first time?
120

Nino: No way! It’s the perfect destination for you. So go… go!
Music starts to play. There is choreography and in the meantime the three of them
help Pietro collect his luggage, shake his hand, wave goodbye and push him out of the
scene. As the music ends, we see Elena wave to someone and collect her things.
Elena: There he is, my Pygmalion has arrived… I’ve got to go… Hello Fabrizio…
Nino: Leave me you address and telephone number…
Elena: I’ll do better than that… I’ll leave you a couple of lines from my diary…
see you later!
Elena exits, leaving a sheet of paper on the counter. The barman picks it up, disappointed.
Nino: But wait… Give me your number… Maybe I could publish the adventures
of an airport barman… Your diary… What am I going to do with this…
He picks up the piece of paper and begins reading…
Nino: Mine is a long journey
through your lives,
your stories,
your emotions,
the shadows,
the enthusiasm,
the pain,
the laughter,
the glances,
and all my hopes are brought to life
mixing with your words
and your silence.
But it’s beautiful! It seems like it was written just for me!
Giulia: I wish I could find someone to write this letter!
Nino: Do you need a hand?
Giulia: Forget it… why don’t you put a little music on!
Nino: Your wish is my command!
Giulia [reading the second letter]: «My dear ones, Since today you still haven’t received
a call from me, you’re probably asking yourselves what has happened
121

to me. Don’t worry, I’ve left. Strange, huh?! But this morning I woke up and,
looking at myself in the mirror, I’ve realized the bitter truth: I’ve grown old
and I haven’t even realized it! I know, I know… you’ve been telling me that
all my life, but you know how stubborn I can be. While I was packing, I
thought a lot about you both, about your travels, about your experiences. And
me? I’ve remained behind, stuck with a man who has never appreciated me,
stuck in a place that has only aged me and hasn’t helped me grow. I’ve thought
about how often just listening to your stories made me feel alive and different…
and so I’ve decided. I still don’t know where I’m going. I’m at the airport
and am waiting for the travel agency to open. In the meantime, I’m fantasizing
about possible destinations: London, India, Amsterdam. We’ll see
what I decide. I’ll keep you posted. And don’t worry: it’s the best thing I can
do to make me feel alive!» [she folds the paper satisfied and puts it in an envelope]
Nino: Finished? Settled? Decided?
Giulia: Yes, now all I have to do is wait for the agency to open. But, what time is it?
Nino: Half past nine.
Giulia: Well, by now it should be open!
Nino: I don’t think it’ll open today… the owner is out of town… he’s left too…
Giulia: You knew it… Why did you make me stay here, wasting my time?
Nino: Wasting your time? Do you think you would’ve decided to leave if you
hadn’t heard all of these stories? The stories of people… The ones that make
us change… Those are our experiences… I did it for you…
Giulia: Well… in the end, to change your own life, you don’t need to embark
on a journey. All you have to do is listen to other people and listen to yourself…
And you… Who are you? The ferryman of restless souls?
Nino: Me? I am the one who remains… until… someone or something pushes
him elsewhere… I am the Luisona!
He picks up the book and begins reading Giulia the story of the Luisona. Meanwhile,
the music starts up and people begin coming and going, entering and exiting backstage.
Slowly the curtain descends and only one closing voice is heard.
Nino: Goodbye Luisona!!!
122

Like a ghost
AUTHOR
Desi Bovo
REVISED BY
Annalisa De Pretis
A black and empty stage. Sounds of the city can be heard in the background: traffic,
indistinct chatter, horns honking. As the curtain rises, you can already see the Greys
moving around. The Greys are actors and actresses, about twenty in all, dressed in
grey (pants, jacket – suits - jeans and tee-shirts) with anonymous faces. The Greys
move across the stage, exiting and re-entering backstage, as if they were all going somewhere.
They are closed inside their own worlds, not looking at each other, not touching
each other. They are like robots coming and going.
Giulia is also there among the Greys.
Giulia is an adolescent girl, about eighteen years old. She is also dressed in grey,
though she is wearing a red tee-shirt that is just barely visible. Giulia moves around
with the Greys but is a bit less robot-like, more attentive to her surroundings and looks
a bit lost, as if she does not know exactly where she is going. She is also very sad.
Sara stands in the center of the stage. Sara is an adolescent girl, about sixteen years old:
she is a ghost. She is wearing a light, floor-length, little dress and a veil that covers her
shoulders, both are white.
Sara is standing still at the center of the stage, facing the audience, her gaze unfocused.
It is as if she were someplace else. In the meantime, the Greys continue their comings
and goings: some are in a hurry, always looking at their watches and walking quickly;
some are distracted, reading the newspaper while walking; some are talking on
their mobiles; some are walking fast, indifferent to what is around them. The Greys
do not notice Sara and when they walk past her they bump into and push her.
123

Suddenly Sara’s veil falls to the ground and all the Greys stop, a freeze frame stopping
them in the middle of an action: looking at their watches, running a hand through
their hair, adjusting their ties, answering the phone, etc.
The background noise of the city lowers, but is still audible.
Sara [still holding a corner of her veil in her hand and dragging it behind her while
she advances to the forestage. She conveys a sense of infinite solitude]:
I’m cold and have eyes of ice
My worn out body is paying the price
Sara continues talking as she moves forward, almost slipping through the motionless
bodies in front of her. The Greys do not react to her and remain frozen. Sara seems to
move effortlessly past the bodies she meets as she walks forward. Sara is light, almost
ethereal.
Sara: I brush against everything that that I pass
Caressing my face, like blades of grass.
At the end of this verse, Sara reaches the forestage.
Sara [putting her veil back on, wrapping it around her and playing with it as if she
wanted to emphasize her own words, clarify them]:
I open my wings delicate and filmy,
frosty and dusty.
Between these wings there’s only cold, white dust,
I wonder what will remain of me, weary and soft.
While Sara is reciting the last two verses, the noise of the city begins to increase until
it almost completely drowns out her voice.
Sara continues to talk but we do not hear her voice.
Sara: I am like the night
mysterious, devoid of light
I am like the wind.
Meanwhile behind her, as if reawakened by the noise of the city, the Greys begin moving
again, finishing the actions they were frozen in the middle of, though remaining
in their places.
124

Sara [realizing that she is being crushed by the noise, that she is invisible, she again
begins reciting her poem, this time in a louder voice. She approaches some of the-
Greys, searching for contact, communication. She is angry and intends to make
herself heard and felt. Despite her attempts, the Greys react as if a breeze has
brushed past them and do not notice her]:
I am like the night
mysterious, devoid of light.
I am like the wind,
I watch you, caress you and I listen.
I have no name, no colour, no face
During this last verse, Sara rests her hands on Giulia’s shoulders, who has her back to
Sara. Giulia, unlike the others, feels Sara’s touch and whirls around. The two girls
stand still and stare at each other.
Sara [in a sweet voice]:
I have no name, no colour, no face
Everywhere I go I leave my trace.
While reciting this last verse facing Giulia, she reaches out her hand to touch her face
but Giulia withdraws. Meanwhile, the sounds of the city become almost musical.
Sara again tries to touch Giulia but she hides behind one of the Greys, which have
frozen again like mannequins with the dying out of the city sounds. Sara, eager to establish
contact in any way, becomes more determined in her efforts to approach Giulia.
Giulia responds by shielding herself with the bodies’ of the Greys, moving them
and putting them between herself and Sara, hiding behind them and little by little
creating a kind of human wall of six or seven bodies (the beginnings of the human
stairway that, in a couple of movements, will be created in a subsequent scene).
All of a sudden Sara stops, she gives up. After some initial hesitation, Giulia moves toward
her. Again, the two girls stare at each other.
Sara reaches out her hand but leaves it suspended in the air without trying to touch
Giulia. Giulia looks at the outstretched hand but does not move.
Then, her voice cracking.
Giulia: You are dead. You were my best friend.
She slowly tries to touch the hand of the ghost. The two girls’ hands play in the air, almost
caressing but not touching each other. With this gesture the sounds, creating an
unsettling and unresolved atmosphere, transform into music.
125

Giulia [becoming more and more restless and anxious in her attempt to grasp Sara’s
hand. Then she suddenly takes a step back and shouts at her friend]: It isn’t fair!
You should have lived!
Sara squeezes the veil around her at her friend’s rage. Giulia in turn closes her jacket,
almost completely covering her red tee-shirt. She turns her back to Sara, making herself
indistinguishable from the Greys standing around her.
The music becomes grim and melancholy.
Sara: I… I am what has been
You… you looked for me… and found me then
Giulia continues ignoring her and, in the meantime, some of the Greys, as if led by the
music, form a semi-circle around the two girls while those standing in front of Giulia
begin to form a human stairway. Now Giulia is the only one with her back to Sara.
Sara [as if she were trying to explain something to her]: He… took me back
Giulia turns to look at her friend.
Sara [smiling, sad]: She accompanies me…
The Greys widen their circle until they are surrounding Sara, close to the human
stairway, with Giulia in front of her. Every one of them is mortal. The slow and elegant
gestures of the Greys are ritualistic. Every one of them must die and every one of
them stops their running in front of death. Upon this last verse, Giulia, emotionally
moved, takes Sara by the hand, again very lightly, barely brushing against one another,
never actually touching. Sara begins to walk up the human stairway with the help
of Giulia, who holds her hand.
Sara [at the top of the stairway]: We watch from above…
Letting go of the hand of her friend, who is too far below her and difficult to reach.
Sara: All of you live.
The light on the human stairway, with Sara at the top, begins to dim.
Sara [smiling at Giulia who is still reaching out her hand to Sara]: They… dream.
126

The light on the stairway goes out once and for all. The only remaining light is on
Giulia, her back still to the audience, as she slowly lowers her extended arm.
Giulia [her back to the audience]:
I have a heart of iron
My feelings, of wax
My emotions, of the twilight…
With her words, once again the music begins to transform into noise and the lights begin
to raise.
When the stage is illuminated we see that Sara has disappeared and the Greys are
again in the same positions they were in at the beginning, each of them caught up in
their own actions.
Giulia looks around her, searching for her friend. While her back was turned, her
jacket opened and now her red tee-shirt is clearly visible. Giulia quietly begins to cry.
The noise transforms into city sounds.
Giulia is standing still in the center of the stage. The Greys begin their coming and going
again, trying to avoid her, but every once in a while one of them bumps into her.
Suddenly, Giulia takes off her jacket. The noise ceases and there is silence on the stage.
The Greys look around themselves disoriented.
Giulia + voice off Sara:
Lift your delicate hands from your eyes
I want to see you.
Lift your fragrant hands from your mouth
I want to hear you speak again.
Lift your childlike hands from your ears
listen again to my breath and yours…
Giulia [smiling at the audience and drying her eyes]:
Two souls divided
yet two lives shared
forever.
The noise starts up again along with the coming and going of the Greys. Giulia remains
motionless in the center of the stage.
After a few seconds, the curtains close and there is only noise.
Darkness. Silence.
127

A heart on holiday falls in love
AUTHOR
Antonio Lorenzin
ADAPTED BY
Katia Assuntini
Darkness on stage. The silence broken by the voice off of an adolescent boy, inspired,
intense. It is Antonio’s voice.
Antonio [voice off]: Barcelona. The destination of many. Like all of Spain, after
all. Gaudi. La Sagrada Familia. And his other works. Stupendous. Magnificent.
But they’re nothing compared to what man experiences. That thing that
if it didn’t exist, you’d survive, but you wouldn’t really be alive. That thing
that Gaudi perhaps never felt. That thing called love. Love. The beating heart.
The emotion only another person can arouse.
Cut. The stage is lit. A stylized bus, very colourful, rows of seats, three on each side. At
the sides and back, windows like TV screens showing the streets as they move by, the
city, the trip, like in old films from the forties.
In the forestage, to the extreme right, the driver; to the extreme left, leaning on one of
the seats, the guide, microphone in hand, looking absent-mindedly out the window.
About twenty people on the bus, mostly couples in their forties and fifties, some talking,
some reading, some listening to music, some sleeping, some moving around talking
to different groups of people, some filming what is going by outside the window
and some taking posed pictures of their beloved.
Confused murmur of people talking, laughter, the sound of the bus moving, but the
sound of the music is always predominant.
128

Darkness, the music fades, the same voice as before. While he is talking, the spotlight
illuminates the people or groups indicated.
Antonio [voice off]: Total boredom. Youth in the minority in a group with an average
age of fifty, roughly. I don’t know. Forty, fifty, it’s all the same. I’m fifteen,
what do I know about the difference between someone who’s forty and
someone who’s fifty. A few more wrinkles. Who knows. And then the only
kid on the whole bus, me. And a girl, twelve years old, her. Even worse. Even
I was too old for her.
Darkness. Music taken from the previous musical piece. The lights go on and are only
on the boy, Antonio, leaning out over the seat in front of him to look at the girl,
Alessia, doing her homework. The music fades and the surrounding noise increases,
the reality of the bus in terms of sound also begins to take shape.
Alessia [turning around]: Ciao, Alessia.
Antonio [jumping over the seat in front of him into the one next to her]:
Antonio.Everything ok?
Alessia: Yes, what about you?
Antonio: Me too. [pointing at her books]. So, you brought your books on vacation?
Alessia: I had to, I have a ton of homework to do.
Antonio: Come on, the year’s almost over! I’m going to do it all later, when I get
back home.
Alessia: Are you kidding? I don’t want to have to argue with my parents!
Antonio: So, how are you doing in school?
Alessia: Well… good, because good is what my parents want! Except in Music [as
she is talking she shows him the book she is reading, a music education textbook]
fair… Really, what do I care how an instrument is made? I mean, I understand
the notes, the breathing, and all that, but what do I care what the parts
of the trombone are.
Antonio: You’re lucky you don’t have to study that in high school!!!
Miodrag [into the microphone]: Benvinguts a Barcellona! Esto es el primer lavoro
de Gaudi. Mira che lampiones en esta plaza! Che lindos soy!
Antonio [with his nose smashed against the window and, using this as an excuse,
very close to Alessia]: Look at those street lamps! No, really. The same stupid architect.
What do they pay these guys to make these things! Even I could do all
that. And even better.
Alessia [ironically]: Oh yea?
Antonio: Don’t tell me you like them!
129

Alessia: I don’t know! But they’re better than the Art History books, at least here
you can see them.
Antonio: And most of all, no tests
Alessia: Yes, maybe that’s why!
They laugh. Then Alessia gets up and goes to sit next to her mother. The bus is completely
illuminated. Music Love the Way You Lie, Eminem – Rihanna.
Alessia and Antonio are sitting far from each other. He looks at her, trying not to be
noticed. Every now and then she smiles at him. The «old people», behind continue in
their various activities as before. One of them notices Antonio’s passion for Alessia and
chuckles. The music fades, and the ambient noise grows, the light focuses on Antonio
and Miodrag, who approaches him and whispers.
Miodrag: Vayas a sentarte cerca de tu morosa, what are you still doing here?
Antonio [embarrassed]: How is it that when a guy talks to another guy… it’s only
a friend and when a guy talks to a girl… it’s his girlfriend?
Miodrag [laughing and walking away]: Como quieras, mi amigo!
Darkness and the music begins, flamenco. Antonio comes to the forestage and talks in
the direction of the audience, every now and then alluding to some dance steps.
Antonio: My voice was shaky. Like my heart wanted to put a sock in my stupid
mouth that only wanted to express what my brain was thinking. Just then, I
figured it all out, it wasn’t just friendship, it was love. I wanted to know if she
loved me. If she was thinking about me. If there could be anything between
us. I wanted to know what she was thinking. I thought about what she might
be thinking. What’s she doing? Is she laughing? Crying? Why?
I was scaring myself. I didn’t understand. My heart. Stop it. Let me think with
my brain. Nothing. Just beating. Ba-boom. Ba-boom. Ba-boom ba-boom.
Ba-boom ba-boom. Ba-boom ba-boom ba-boom. Ba-boom ba-boom baboom.
Ba-boom ba-boom ba-boom ba-boom ba-boom. Ba-boom ba-boom
ba-boom ba-boom. My heart sped up. What’s she thinking? What’s she doing?
Is she thinking about me? Who’s she thinking about? It’s flamenco. The
pounding heels made my heart beat even faster.
My whole body was in turmoil. Sweaty. A thousand beats a minute. This is
how she lured me into her infernal trap. Right, because she didn’t even love
me. The bus took us to the hotel. I’d had it.
Damn love, why do I still fall for you? Maybe a little sleep would help me get
rid of that love. The next morning I even took a shower, like I could wash love
130

away. Yet that damned love was still there. But it subsided and at least allowed
me to live. Live loving, without suffering too much.
Another couple of dance moves and the music piece is over. Darkness.
The noise of the bus starts up again, light is again cast on their two seats.
Antonio: Do you want to listen to some music?
Alessia: No thanks, I’m tired.
Antonio: You’re right. But remember, if you don’t want to wake up because
you’re tired, you’re going to have to because we’ve got to see the city. If you
want to wake up, you’ll be ready for the day and later it won’t be so hard. Anyway,
you don’t have much time to sleep and you won’t be able to do anything
but try and wake up.
Alessia: What did you say?
Antonio: No, what I wanted to say was…
Alessia: Yea, right. I got it… but I’m tired!
Antonio: Well, I’m going to listen to this Michael Jackson CD. If you want, you
can listen to it too. [singing She’s going Hollywood / She’s going Hollywood
tonight / She’s going Hollywood / She’s going Hollywood tonight / It’s true, that
you…]
Alessia closes her eyes. After a few seconds, Antonio takes off one of his earphones and,
elbowing Alessia, hands it to her.
Antonio: You’ve got to listen to this!
Alessia [yawning]: Ok…
Antonio [singing I like the way you are holding me / It doesn’t matter how you’re loving
me / I like the way you are loving me / it doesn’t matter how you’re holding me
/ I like the way… too bad, Hollywood… / Too bad / Hollywood… / Monster / He’s
a monster He’s an animal…]: Great! I don’t get much of it, but the little I get
is enough.
Alessia: Finally, it’s over!
Antonio: The last few songs on the CD are kind of boring, aren’t they?
Alessia: Yea, pretty boring.
Antonio: Listen to this… you’d never heard Hollywood Tonight before. At first
it sounds like church music. Wait ‘til it gets going. You’ll see, you’ll like it.
Miodrag: Ti-tu We’re here. Esta mañana visitamos la Sagrada Famiglia y la casa
de Gaudi.
Alessia: Here. [giving him back his earphones]
131

Antonio [looking at her]: You did it on purpose because you don’t like my music,
didn’t you?
Alessia smiles. Cut to darkness.
Music: Hate that I love you, Rihanna. Antonio moves to the front of the stage toward
the audience, as if he were whispering to them.
Antonio: I had never seen anything so beautiful. Amazing. I take back what I
said before about Gaudí, looking at those street lamps. Gaudí is a master. Nobody,
not even I, could do better. I looked around me, astounded: that genius
created all of this. Even so, from time to time I gazed around aimlessly, looking
for her, Alessia. What a wonderful name. After seeing all that, we went
back to the bus. There she was again. Close to me. I love you. When we got
back to the hotel, I laid down on the bed and listened to I Like the Way You
Love Me. While I was listening to it, I thought about her and imagined where
she might be. At dinner, she sat far away from me. I felt bad. And here again
fate intervened. She put her right in front of me. I didn’t even have to turn my
head, move my chair. She was right in front of me. Two tables ahead of me,
but in front of me. But the next morning, she was gone. I overheard what her
parents were saying, pretending not to listen: «She stayed in the hotel, she didn’t
feel very well… ».
Music: La notte, Modà. Outside the windows it starts to rain and the city turns grey.
Antonio: NO! She isn’t… Why? Me… her… What? And… but… how? No way.
A morning without her. A morning without sun. Even nature seemed to suffer
from her absence. Everything was grey. It made up for my pain. It even
managed to ease it a bit. Alternating loud music with quiet music. And I had
fun anyway, looking at the other people, but inside, darkness. Night.
Night. / The faded sun watches me / crying like me. / I am crying, but without
tears: / my heart is crying, / a moment of pain. / Night.
This is what I felt inside. Outside, I was laughing with Miodrag and his friend.
We got back to the hotel. She was still in her room.
Do I go? Do I not go? Does she want company? Right, I’ll go, you know how
boring it is being alone! Not necessarily, maybe she likes it. So then I’ll go and
ask her! And if she’s sleeping? Knocking on the door will wake her up. And
maybe she’s even too weak to answer the door. Ahhhhhhhhhhhh! Tilt.
In the end, question or no question, I didn’t go.
132

Cut. Darkness.
Light on the bus. Music.
Antonio with earphones and a comic book. Sulking. Suddenly he is startled when
Alessia comes up to him.
Alessia: Can I sit here?
Antonio: Sure. Hi.
Alessia: Hi.
Antonio: How do you feel?
Alessia: Pretty good.
Antonio: How’s your sore throat?
Alessia: Pretty good.
Antonio: You’ve sure got a ready response. Your «pretty good» reminds me
ofanswers to questions like how did it go at school… «fine».
Alessia: Maybe.
Then she picks up her mobile and begins text messaging.
Antonio sits there like an idiot. After a while, Alessia puts in one of the earphones and
gives the other to Antonio.
Alessia: Want one? Just know, I don’t listen to cheesy music like you.
Antonio: Ok.
Alessia: This way you get to know something besides just cheesy music.
Antonio: Me? And if I used to listen to punk, rock, etcetera?
Alessia: Ok. This is Californication.
Antonio: I’ve heard of it, you know. In fact, I know all the lyrics by heart and I
even know how to play it on the guitar, even the guitar solo. It’s my specialty.
Alessia [ironically]: Wow!
Cut. Darkness. Californication starts to play. Spotlight on Antonio in the forestage,
definitely depressed.
Antonio: She doesn’t love me, there’s no doubt about it now. She doesn’t even
see me. But my heart beats for her! New Year’s Eve is here. Time to party. I
want to party too, but what about her? I was hoping she’d come with me,
but… I look behind me. In front of me. Nothing. She isn’t here. Damn New
Year, you haven’t even got here and you’ve already done this to me. I turn
around. It’s her. With her parents. All right! Way to go! I’m too good!
133

Slight lighting change, weakly illuminating the passengers on the bus, all dressed elegantly
and excited; among them, Alessia. New music, party music. An enormous clock
against the backdrop begins the countdown 59, 58, 57, etc.
Antonio [still in the forestage]: The New Year arrived without us knowing exactly
when. At least she was there next to me, in the middle of that herd of old fogies
wishing me a happy New Year.
A piece of advice: don’t celebrate New Year’s Eve at Piazza di Spagna; if you’re
in Barcelona, celebrate it on the beach.
Piazza di Spagna: there’s nothing there. Plaza Catalunya: total chaos, and ambulances…
but the beach is freaking cool!!!
On the way back, we kept talking but my love was slowly waning. And this is
how my heart was stilled, with no regrets. And I was ok. Love went away in the
same way it came: I woke up after New Year’s Eve and I almost didn’t love her.
I woke up the next day and I didn’t love her anymore.
At the end of the joke, the clock against the backdrop shows 00:00.
Darkness. The sound of fireworks and loud music.
The music continues and the clock against the backdrop speeds ahead.
It suddenly stops at 1:15 pm.
Light on the stage, the scene has completely changed. A small studio apartment, very
Spanish-looking. Sofa-bed closed, a little table with two chairs, a small wardrobe and
a camp stove resting on a small cabinet.
Alessia, now thirty years old, enters and exits backstage, which «leads into the bathroom»;
she is getting dressed and talking on her mobile. In the background there is the
voice of someone speaking in Spanish on a small television.
All throughout the second act, the voice on the television in the background can always
be heard.
Alessia [as she is exiting and entering the scene, getting dressed]: Anyway, this morning
I was on the street and suddenly someone shouts: «Alessia!». So I turn
around and see this guy… His face looked familiar, but I had no idea who he
was. He looks at me with these glassy eyes… No, maybe he just hasn’t slept in
days. At one point, he says, «Is that you?». What a question: it’s obvious it’s
me! But he keeps going, «Is that you, Alessia?». But, I swear, I had no idea who
he was, so I ask him, right? I tell him, «Yes, it’s me. But who are you?». And he
says, «Antonio. Don’t you remember?». Nothing, a total blank. Then he says,
«New Year’s Eve? We celebrated it right here, in Barcelona». But me, nothing.
I still don’t remember anything. And he goes, «Come on, that organized tour,
134

when was it? Yea, in 2010, and we were the only kids and we spent almost all
our time together: I let you listen to my cheesy music and that Michael Jackson
CD, and you and your cheesy music and old songs. We were… ». Then I
figured it out! He was a guy I met the first time I came to Barcelona, I was with
my parents and he, he was a few years older than me, kept following me
around like a puppy, making me listen to this horrible music. [Alessia laughs
at something her friend says on the phone] Yea, I know it’s been more than ten
years! Who knows, he apparently has a terrific memory, I never would’ve recognized
him… But maybe he remembers me because it was his first time in
Barcelona too. How could you forget a city like this? That’s why I moved
here!… Anyway, to make a long story short, he asked me out tonight… Right,
he asked me out to dinner. But I don’t know, he should be here to pick me up
any minute, no, no I’m not ready yet… It’s just I don’t know if I should wear
the red dress or the flowered one… Yes, he’s really nice, I didn’t even remember
him being so nice, and he seems like he’s really got it together… No, I
don’t know, we only talked for five minutes, on the street, tonight he’ll tell me
a little bit more about himself… So? The red dress or the flowered one? Ok,
I’ll try the red one… [just as Alessia slips on her dress, the doorbell rings] Damn,
he’s already here and I’m not even ready yet… [laughing] Yea, right a good excuse
to make him come up… Come on, I’ve got to go now, I’ll call you tomorrow
and tell you all about it… Yea, yea, bye!
Alessia hangs up and answers the intercom.
Alessia: Hi, can you come up a minute while I finish getting ready?
As she is waiting for Antonio to come up, Alessia picks up a bunch of clothes and shoves
them into the wardrobe. Antonio enters the scene, also in his thirties, jeans and a
sweater. He is a good-looking guy, but he looks tired and drawn.
Alessia: Sorry, I’m a little late. Sit down and I’ll pour you a glass of wine while I
finish up.
Antonio sits down on the sofa, Alessia bring in two glasses of red wine.
Alessia: Let make a toast! To New Year’s Eve meetings!
Antonio: Yes, it seems like we’re only destined to see each other in Barcelona on
the thirtieth of December… it’s a little strange, isn’t it? Destiny…
Alessia: Yea, pretty strange.
135

Antonio: I see you haven’t forgotten your ready response…
Alessia [laughing]: It’s true, I’d almost forgotten how much it bothered you that
I always answered with «pretty». Come on, I’ll finish getting ready, it’ll just
take me a minute.
Alessia exits to backstage.
Antonio: So, do you live here now?
Alessia [from offstage]: Yes, for the last five years!
Antonio: I’m so envious! I would’ve liked to have moved earlier too. But, I finally
I did it. Tomorrow I’m going to check out my new house. From the pictures
it looks great, spacious, full of light…
Alessia [re-entering the scene and beginning to prepare her bag]: Now I’m envious
of you! I live in a forty meter square apartment with just one window!
Antonio: Well, but it’s really nice in here.
Alessia: Yea, it’s pretty nice, oh, I’m sorry, my ready response! So your new
house, where is it?
Antonio: Not too far from here, but I’m not exactly sure. I still don’t know my
way around. I think it’s called Carrer d’Alcolea…
Alessia: Right, I know where it is. Well, if you want, tomorrow is Sunday, so I
could come with you, that way I could show you the way…
Antonio: Sure! Thanks
Alessia: Ok, I’m ready, finally!
Antonio: Perfect, do you want to go get something to eat? How about Italian?
Alessia: Yes, it’s been two years since I ate Italian.
Alessia puts on her jacket, Antonio, standing there, looks embarrassed.
Alessia: Shall we go?
Antonio [hesitating]: Y-Yes…
Alessia: Something the matter?
Antonio: No, I’m just a little embarrassed…
Alessia: And why?
Antonio: Well, I didn’t book a hotel because I thought I would be able to get into
the new house today. Then there was this misunderstanding and they postponed
it to tomorrow. I called a bunch of hotels but it’s December 30 th and
you can’t even find a room. So, but only if it isn’t any hassle, right, I
thought… you couldn’t let me stay here tonight, could you?
Alessia: Why sure! [looking around] It’ll be a little tight…
136

Antonio: Thanks. So, shall we get going?
The two of them exit. Darkness on the stage. The stage lights raise. Alessia is halfasleep
in her bed. Antonio enters the scene with breakfast.
Antonio: Good morning.
Alessia: Good morning to you… Oh, thanks!
Alessia begins to ea., Antonio is standing up, hesitant…
Alessia: Are you already ready to leave?
Antonio: So, before going to see the house I have to do something… I would’ve
told you last night but then we got to talking about other things… I’m a little
bit embarrassed… it’s not what it looks like, I…
Alessia: Now you’re worrying me, what’s happened?
Antonio: So, I have to go to the airport, my wife will be here in an hour!
Alessia sits there with her brioche in mid-air. Shocked.
Antonio: Really, right now I don’t have time, but later, I’ll explain everything…
Alessia: It doesn’t seem like there’s much to explain. Thanks for the breakfast
and close the door behind you on your way out.
Antonio: Really, it’s not what it looks like.
Alessia: Sure, now if you wouldn’t mind…
Antonio: Alright, I’m out of here. But promise me later you’ll let me explain…
Alessia: Of course… Good-bye.
Antonio exits the scene. Alessia bursts into tears while she finishes her brioche. Darkness
on the stage.
The lights go on. Alessia’s voice can be heard offstage. She’s on the telephone.
Alessia: Yes, Yes, I admit it. I like him. I really like him. Strange, because ten
years ago I wouldn’t have even considered liking him. But I’m just looking to
get hurt here. [entering the stage] What does this guy want from me? I like him.
And that’s not all. I think could fall in love with him. The way he is, he’s so
cute. Sure, me too! How could a guy like him not be married?… Anyway, he
sent me a message asking if we could get together this afternoon and I even
said yes. Idiot. Idiot. Why did I say yes? [imitating Antonio’s voice] «Ok… I’ll
see you at Plaza Catalunya in front of the Hard Rock Cafè at 3 pm, ok?».
137

Idiot, me, not him! Idiot. At 2:50 I’m there, in front of the Hard Rock. He’s
nowhere to be seen. Not even at 3. And me, like a moron, instead of leaving I
stay there hoping for this impossible love. Why? And I keep telling myself he’s
going to show up, he can’t stand me up! And then I get a text saying, «Sorry, I
can’t make it. Can we get together tonight»… No, I haven’t answered him!
What am I supposed to tell him?
I don’t want to get hurt, but I don’t want to regret missing the boat forever,
even though I think I’m the only one who sees this as an opportunity. But excuse
me, why isn’t he celebrating New Year’s Eve with his wife? Why is he calling
me? I don’t know what I’m going to tell him… I have to think about it…
Now I’ve got to go pick up some groceries, I have to remember to buy twelve
grapes. Right, and then I’ll eat one every time the clock strikes… all by myself!
What… Really, you think I should give him a chance… I don’t know, I’ll
think about it… Yea, alright, talk to you later.
Alessia hangs up and continues sitting on the sofa, thinking. After a while, she picks
up her mobile and mutters while she writes a message.
Alessia: Come over tonight at ten. We have to talk.
Darkness on the stage.
Light raises on the stage. Alessia paces nervously and keeps looking at her watch.
Alessia [to herself]: Now, enough waiting!
She hears the doorbell. A second later Antonio enters the stage, breathless and all dishevelled.
Antonio: Sorry I’m late, the city was a mess.
Alessia is silent, offended.
Antonio: We’re separating!
Alessia remains silent.
Antonio: Would you believe me if I told you I never forgot you?
Alessia [sourly]: What is this, the same old story, you never forget your first love?
Yet it seems to me you forgot you were married pretty quickly the other night!
138

Antonio: Let me repeat that, we are separating.
Alessia: And that’s why you’re here in Barcelona together?
Antonio: Francesca is Spanish. We met in Italy but we got married here, for her
family. We’ve always lived in Italy and she wanted to stay there, but the papers
needed to be signed here, that’s why she came. Today I ran late with the
lawyer, that’s why I missed our meeting…
Alessia: I need a drink!
She pours some wine and offers it to Antonio.
Antonio: I know you wanted to spend New Year’s Eve on the beach, but if we
leave now we risk spending it stuck in the car. It’s almost midnight. What do
you want to do?
Alessia: Does this mean the issue of «you married – me lover» is now resolved?
Antonio: I love you. I’ve loved you since the day we met. I didn’t think I was still
in love, but I realized I was the minute I saw you. I would’ve left my wife anyway,
but after last night I thought it was better to speed things up, for me, for
you and for her too.
Alessia: Ah!
Antonio: So, what do you want to do?
Alessia picks a small bag up off the table and takes out a bunch of grapes.
Alessia: Here in Barcelona we have a tradition, you have to eat a grape each time
the clock strikes. They say it brings good luck.
The lights go down, the you can hear the party music from their first New Year’s Eve
along with fireworks and noise. The clock against the backdrop begins a countdown:
10, 9, 8, etc. Alessia and Antonio look at each other in silence.
The clock shows 00:00. Alessia gives a grape to Antonio, but Antonio kisses her.
Darkness.
139

SCENE I
My name is Kleopatra
AUTHOR
Ana Isabel Andrade Luna
ADAPTED BY
Elisa Bortolomedi
A one act play
Curtains closed, a chair in the forestage and the spotlight on Kleopatra. Kleopatra is
a girl, about twenty years old. She is elegantly dressed with a pleated skirt and a
blouse. She is sitting up very straight.
Voice from offstage: So, tell me about yourself…
Kleopatra [taking a deep breath and smiling]: I really don’t know where to begin,
because I think every story contains millions of moments and memories and
events. [then, as if struck by insight] Even though my story is all connected to
my name.
My name is Kleopatra. With a K, mind you. Not a C.
It was my mother who decided what to call me, just her!
My mother loves history, Greece, but especially Egypt and ancient Rome.
She’s in love with history, language, culture. To tell you the truth, she’s in love
with historical figures too, though she prefers the ancient Romans to the
Egyptians. [smiling to herself] By «historical figures» I mean men… Seriously,
my mother adores Roman men, but not modern Roman men, the ones from
centuries ago. She says they’re charming, [she continues mischievously] but I
don’t understand why since the only thing left of them are statues and statues
and statues and nothing else. Though you’ve got to admit they did have beau-
140

tiful bodies. [she pauses a moment as if reflecting, then returns to the audience and
begins talking again] Yes, there’s no doubt my mother’s passion for ancient
history has marked my entire existence, since before I was born you could
say… You wouldn’t believe it but she fell in love and married my father, and
my father’s name is Julius Caesar. Sometimes I think she fell in love with my
father because of his name. [almost talking to herself] What I’ve always found
strange, and even a little disturbing, is that Emperor Julius Caesar and
Cleopatra had a love affair, then they betrayed each other and everything ended
up pretty bad.
But these are all just details to my mother, [imitating her mother’s voice] «historical
information of little value». For her Julius Caesar was a fascinating and
invincible leader and Cleopatra was a strong woman, cultured, self-assured
and beautiful. I think this is why she always really loved my father and, from
the time I was young, always wanted me to become an educated, knowledgeable
woman. [again imitating her mother’s voice]
«She’ll be my diamond», she always said when she and her friends began to
talk about their children in the sitting room.
Her diamond! That’s how it all began. My mother was convinced that
Cleopatra was a woman of encyclopaedic culture, and so she rolled up her
sleeves and got down to making me live up to my name [speeding up the
rhythm] she dragged me to the library at least twice a week, she taught me addition
and subtraction while I was still in preschool, she made me read books,
write stories, visit museums.
K pauses for a moment, then begins again, ironically
Kleopatra: But Cleopatra was also a Queen! And for my mom this meant she
was well-mannered and knew how to behave, and so [miming her words with
stylized gestures] this is how you use your silverware, this is how you reach with
your hand, sit at the table like this, shoulders straight, head up, stand up
straighter, be more feminine, if you meet a man greet him like this, if you
meet an old person like this, if you pass another girl do this, if you pass a boy
do this.
At the end of her antics the lights change and the curtains open. Kleopatra remains
frozen in her last pose, her back to the audience, hand extended as if waiting for an
invitation from a gentleman at a ball.
141

SCENE II
The curtains open and the chair Kleopatra is sitting on becomes part of the scene. It is
a chair from a kitchen table. We are in a modest but tidy kitchen: in the center of the
kitchen there is a table and four chair. Kleopatra is sitting on one of them. She and her
mother are in the scene, her mother is tidying things up. She is 45 years old, still attractive
and a bit extravagantly dressed, nonetheless appearing elegant and well-groomed.
The dialog is a continuation of what Kleopatra was saying in the previous scene.
Mama: If you meet an extraterrestrial, please, be polite.!
Kleopatra [whine and tired as she puts on a large cardigan resting on another chair]:
Oh mom, you are so obsessed with every aspect of my education that you
don’t realize you’re driving me crazy!!! [in a firmer tone] Don’t you see that I
could go for tea at Buckingham Palace and put the Queen to shame?
A mobile vibrates on the table, Kleopatra looks at it and puts it in her pocket.
Mama: Oh for heaven’s sake Kleopatra, it’s rude not to answer the telephone.
Kleopatra [firm and sharp]: It’s much more impolite to bother the people
around you with persistent ringing!
Mama: But… [then wavering she falls silent, picks up a basket of ironed clothes and
as she is exiting the stage says to herself] Ah, if only Queen Cleopatra had had a
mobile.
Kleopatra shakes her head. The telephone rings again and this time she answers it.
Kleopatra: Hello? Yes, hi Emma, sorry but I had the ringer turned off, right, as
usual, I know, what’s up?… No, it was nothing. I was just arguing with my
mom for a change! And you, what do you think? If we had been born in our
mother’s time, would we be like them? Yes, you’re right, that’s just the way
they are but sometimes I ask myself what it would’ve been like to have been
born during Cleopatra’s time… Or if I’d been born during my mom’s time,
the fifties and sixties. I wonder what I would’ve been like, or who my parents
would’ve been? Who would’ve been the love of my life, since people married
really young in those days. Or maybe I would have been working, but doing
what? Yes, yes, I’m ok, it’s just that I’ve really got into the fifties and sixties
lately, the music especially. I’m in love with their voices more than anything
else. It’s as if you can hear truth in their voices. Maybe I’m wrong or maybe I
should just explain myself better. It’s like every time I listen to that music it
142

fills every nook and cranny of my body, takes me over… Really, I’m not exaggerating.
I truly feel that way, as if the music were a friend. And maybe it was
created for a reason different from what we understand now, and luckily this
creation has continued on, never fading away. It’s been there for centuries and
centuries, proud and brave, separating and bringing together, with the power
to bring happiness and torment. [she concludes in a commemorative tone] Oh
God, I’m obsessing like my mother… I’m talking about music like she talks
about history… I don’t know, it must be typical of the women of my family,
allowing ourselves to be seduced and charmed by the past. I only hope I don’t
call my daughter Aretha. Anyway… what was I saying?
Fading out, the music comes back on and the lights go out. Background music increasing
in volume as the lights go out. Aretha Franklin, I Say a Little Prayer For You.
SCENE III
The lights go up. Kleopatra’s mother is in the kitchen preparing tea.
Mama [shouting]: Kleopatra… Come down here, it’s five and tea is ready! [brief
pause, then she starts in again more adamantly] Kleopatra, how many times do
I have to tell you that you mustn’t keep people waiting? If you do it with me
you might also do it…
She interrupts herself when Kleopatra enters dressed in a track suit or pyjamas, walking
like zombie. She hugs her and bursts into tears.
Kleopatra [sobbing]: Mama, I don’t want to be an archaeologist or an anthropologist
like I’ve always dreamed of. I’ve been thinking it over for a while and just
don’t think it’s right for me.
After a moment of shock, Kleopatra’s mother starts sobbing harder than Kleopatra
and the two of them hug each other in a melodramatic little scene.
Mama [she starts in again, sobbing lightly]: Oh my little girl, I risked driving you
mad with my obsessing.
Kleopatra: Yes, I know… so, I now what do I do?
Mama: For now, sit down.
143

While Kleopatra is sitting down, her mother pours two cups of tea. Then she sits
down, smiling.
Mama: How do you think the Queen would have resolved her problems?
Kleopatra [talking to herself]: How the hell am I supposed to know! [she turns to
her mother and politely says] I don’t know mama, tell me!
Mama [calm and helpful]: I think that if the Queen had been dissatisfied with all
she had and all she knew, she certainly would have gone to search for something
new!
Kleopatra [to herself]: Oh, I’d never really thought about that…
SCENE IV
Kleopatra’s mother is on the stage, she keeps looking at backstage. She looks like she is
waiting for something. The doorbell rings, she exits and re-enters carrying a suitcase,
followed by Kleopatra, dressed simply in jeans and a tee-shirt.
Mama: Oh dear, it’s after five, have you had tea? I’ll bring it for you. You sit
down and tell me all about your trip!
Kleopatra [sitting on the same chair as before]: Mama, I’ve been away for five
months. I think tea can wait.
As if she didn’t hear her, her mother fills two cups and sits down.
Mama: Come on, come on. Sit down and tell me everything.
Kleopatra [she begins talking unwillingly, staring at the cups]: I’ve been to France:
shopping. To England: discos. To Spain: concerts. To India: spas. And now
I’m home, more confused than ever before. Mama, what would Kleopatra
have done?
Her mother takes a sip of tea. After a few moments of silence, Kleopatra begins flipping
through the newspaper on the table.
Mama: Honey, you know it’s rude to read at the table.
But Kleopatra just ignores her. Then suddenly she jumps up and begins reading something
out loud.
144

Kleopatra [in a very serious voice]: Listen mama, «Become an actor now».
Kleopatra begins slipping off her jeans and tee-shirt and takes the skirt and blouse from
the beginning out of her suitcase. While she is getting dressed, she talks excitedly.
Kleopatra: Don’t you see? Become a famous actress, go to New York, act with
Johnny Depp… [to herself, turning to the audience] Forget Julius Caesar!
Aretha starts to play again with the closing of the curtains, while she is buttoning up
her blouse.
The curtains close and Kleopatra is in the forestage.
SCENE V
Kleopatra is in the forestage with the spotlight on her, like the beginning.
Kleopatra: And that’s how I ended up here. On my way, I already thought I’d
meet some famous actor and ask for an autograph. Then I got here and found
out it’s all so different from what I expected. Outside there are tons of other
kids like me. The secretary explained something to us but I wasn’t listening
because I was too anxious for the tryouts and now I have to talk about myself
instead…
I thought I would’ve answered that I wanted to become an actress because I
wanted to be famous and meet famous people, but instead… I told you about
my mother… But, while I was talking, I figured something out [she gets up and
begins to walk around the forestage] I’m proud of who I am and of my name. I’m
sure of this path I’ve chosen. I’m also confident that if Cleopatra had been born
in 1990 she would’ve been an actress, and she would’ve been a really goodone
too! She already was in her time. I thank my mother for giving memy name and
for everything it has meant to me, but now it’s time to close the History book.
I never would’ve imagined I’d have ended up here, so far from the future I
imagined for myself as a little girl. But inthe end, I’m just myself. And so,
«Goodbye Cleopatra with a C! And hello Kleopatra… with a K!».
She bows. Darkness.
145

146
Characters
A game of football
Aziza: fifteen year old Moroccan girl
Stefano: seventeen year old Italian boy
Old man: who represents Time
Day: six year old boy dressed in yellow with a sun in his hair
Night: six year old girl dressed in dark blue with the moon in her hair
Methab: Aziza’s friend, sixteen years old, Pakistani
Garik: Aziza’s friend, fourteen years old, Ukrainian
David: Aziza’s friend, sixteen years old, Kosovan
Ardit: Aziza’s friend, sixteen years old, Albanian
Mariem: Aziza’s friend, fifteen years old, Pakistani
Elisa: Stefano’s friend, fifteen years old, Italian
Roberto: Stefano’s friend, seventeen years old, Italian
Giulio: Stefano’s friend, seventeen years old, Italian
Martina: Stefano’s friend, sixteen years old, Italian
Filippo: Stefano’s friend, sixteen years old, Italian

SCENE I
There are three park benches on the stage arranged in a semicircle. Two are close to
each other, then there is a garbage can and a streetlamp and the third bench. The
scene is typical of a suburban city park.
Aziza and her friends are sitting on the left bench. Ardit has a football in his hands.
A radio sits near them on the bench. Stefano’s group is sitting on the opposite bench.
The two groups are in freeze frame.
An old man dressed in light-colored clothes is seated on the center bench. He face looks
serene and he is flipping through a newspaper. The two children are on the ground
next to him playing with a huge map of the world and singing Girotondo by Fabrizio
De André:
Se verrà la guerra, Marcondiro’ndero
se verrà la guerra, Marcondiro’ndà
sul mare e sulla terra, Marcondiro’ndera
sul mare e sulla terra chi ci salverà?
Ci salverà il soldato che non la vorrà
ci salverà il soldato che la guerra rifiuterà.
La guerra è già scoppiata, Marcondiro’ndero
la guerra è già scoppiata, chi ci aiuterà.
Ci aiuterà il buon Dio, Marcondiro’ndera
ci aiuterà il buon Dio, lui ci salverà.
Buon Dio è già scappato, dove non si sa
buon Dio se n’è andato, chissà quando ritornerà.
L’aeroplano vola, Marcondiro’ndera
l’aeroplano vola, Marcondiro’ndà.
Se getterà la bomba, Marcondiro’ndero
se getterà la bomba chi ci salverà?
Ci salva l’aviatore che non lo farà
ci salva l’aviatore che la bomba non getterà.
La bomba è già caduta, Marcondiro’ndero
la bomba è già caduta, chi la prenderà?
La prenderanno tutti, Marcondiro’ndera
siam belli o siam brutti, Marcondiro’ndà
Siam grandi o siam piccini li distruggerà
siam furbi o siam cretini li fulminerà.
Ci sono troppe buche, Marcondiro’ndera
ci sono troppe buche, chi le riempirà?
147

148
Non potremo più giocare al Marcondiro’ndera
non potremo più giocare al Marcondiro’ndà.
E voi a divertirvi andate un po’ più in là
andate a divertirvi dove la guerra non ci sarà.
La guerra è dappertutto, Marcondiro’ndera
la terra è tutta un lutto, chi la consolerà?
Ci penseranno gli uomini, le bestie i fiori
i boschi e le stagioni con i mille colori.
Di gente, bestie e fiori no, non ce n’è più
viventi siam rimasti noi e nulla più.
La terra è tutta nostra, Marcondiro’ndera
ne faremo una gran giostra, Marcondiro’ndà.
Abbiam tutta la terra Marcondiro’ndera
giocheremo a far la guerra, Marcondiro’ndà…
[ndt. The following is a literal translation of this song]
If war breaks out, Marcondiro’ndero
if war breaks out, Marcondiro’ndà
on the land and on the sea, Marcondiro’ndera
on the land and on the sea, who will save us?
The soldier who doesn’t want it will save us
the soldier who refuses to go to war will save us.
War has already broken out, Marcondiro’ndero
War has already broken out, who will help us.
The Good God will help us, Marcondiro’ndera
The Good God will help us, he will save us.
The Good God has already run away, who knows where he’s gone
The Good God has gone away, who knows when he’ll be back.
An airplane is flying, Marcondiro’ndera
An airplane is flying, Marcondiro’ndà
If it drops a bomb, Marcondiro’ndero
If it drops a bomb, who will save us?
The pilot who doesn’t do it will save us
The pilot who doesn’t drop the bomb will save us.
The bomb has already fallen, Marcondiro’ndero
The bombed has already fallen, who will it hit?
It will hit all of us, Marcondiro’ndera
Whether we are beautiful or ugly, Marcondiro’ndà.

Whether we’re big or small, it will destroy us
Whether we’re clever or stupid, it will strike us down
There are too many holes, Marcondiro’ndera
There are too many holes, who will fill them up?
We won’t be able to play Marcondiro’ndera
we won’t be able to play Marcondiro’ndà
And you’ll have to go farther away to play
Go play where there is no war.
The war is everywhere, Marcondiro’ndera
The earth is in mourning, who will console her?
Man, the beasts, the flowers,
the forests and the season with their many different colours will console her.
There aren’t anymore people, beasts or flowers
We are the only living beings and nothing else.
The earth is all ours, Marcondiro’ndera
We make a giant carousel out of it Marcondiro’ndà
We’re got the entire earth Marcondiro’ndera
We’ll play at waging war, Marcondiro’ndà…
At the end of the song, the map slips behind the curtains and the two children follow
it laughing and exit the scene. Light change. The two groups of kids begin to come to
life. Aziza and her friends start chatting. Ardit dribbles the football, David joins
them as well. Rock music is playing on the radio.
Stefano’s group begins to come to life as well. They are talking loudly and every now
and then glance over at the opposite group and laugh. The old man continues reading
his newspaper. Then, Stefano turns to Aziza. Every now and then he turns to look at
his friend and sniggers. The foreign kids look at him suspiciously.
Aziza [turning to her friends]: So, what’s with this guy? What’s he got to laugh
about?
Aziza’s male friends tense up, ready for a fight. Mariem whispers something in Aziza’s
ear. Stefano stops in front of the group in a bull stance and stares at Aziza.
Aziza [to Stefano, provoking him, though you can hear that she is embarrassed]: So,
what’s up with you? Have I got dirt on my face or something?
Stefano keeps looking at her, then he turns to his friends and sniggers. The old man
stops reading the newspaper and looks at the kids.
149

Old man [muttering to himself]: Always the same, arrogant and full of themselves,
will they ever learn? I’m tired of always seeing the same old scene…
[then he picks up the newspaper again, humming a tune] marcondiro’ndero se ci
sarà la guerra marcondiro’ndà…
Aziza [to Stefano, angry]: What are you laughing about? And why do you keep on
staring at me like that?
Stefano [making fun of her, mimicking her words]: What are you laughing about?
What are you laughing about? What are you laughing about?
Stefano’s friends laugh. Methab begins to stand up, irate, but Mariem stops him.
David and Ardit stand near Aziza and assume a defensive stance, while Garik begins
to get scared.
Stefano [ignoring Aziza’s friends]: How is it that a girl like you is hanging out
with people like this! You should be with us [quickly indicating his group] not
with these… [arrogantly looking at Aziza’s friends] Losers!
Music starts up.
Methab: What did you say?
Mariem [still holding him back, whispering]: Come on, forget about it, if you
don’t there’s going to be trouble…
Stefano: You bet there’ll be trouble!
Now his friends are standing up, ready to intervene.
David: Leave us alone, get lost!
Ardit [shouting at the group]: What are you looking at? What do you want?
Roberto and Giulio [staring at Garik with a totally fake, sappy tone of voice]: Hi
Garik, where were you today when school got out? We looked all over for
you… We wanted to say hi… Did you miss us?
Garik is on the verge of tear. Ardit goes over to him.
Ardit: It’s ok, we’re all here. They can’t do anything to you… we’re here.
Garik [whispering]: Yea, you’re all here now. But tomorrow? Please, Ardit, tell
Methab not to make them mad… Please.
The old man was listening to the last part of their conversation.
150

Old man: Even this will never change. The youngest, the smallest always suffer
more than the others. There must be something wrong in the minds of men.
Yes, there must really be something wrong, somewhere.
Stefano [facing the group]: Calm down, boys, calm down. We’re not here to
cause trouble. I just want to talk to her [pointing his chin at Aziza].
Mariem: She’s got a name! Her name’s Aziza and I don’t think she wants to talk
to you!
Aziza’s friends sneer. But it’s as if Aziza has turned to stone. She continues staring at
Stefano.
Stefano: Ok, ok. I want to talk to Aziza. Can I talk to you?
Aziza [almost ashamed]: Yes…
Stefano: So, well, I noticed you and, well, I was wondering what a girl like you
was doing with people like them. They just cause problems and make trouble…
You should hang out with us! We’re not anything like them!
A hush and sense of discomfort spreads throughout Aziza’s group at Stefano’s words.
Aziza [shy, almost puzzled]: But I’m a foreigner too… I, even though I’m also
Italian. I mean, what I meant to say was, I came to Italy when I was little. I was
six and I hardly remember anything about my country. But I’m not even Italian
because I wasn’t born here and then…
Methab [interrupting her]: What are you talking about? This is how you justify
yourself? Or do you think it would be better to ditch us and go off with him?
What is this, now you think you’re Italian just because some guy pays a little
attention to you?
Mariem [taking Methab by the arm]: Now stop it, of course Aziza would never
leave us… [to Aziza] would you?
Old man: And they, the smallest ones, like little fish caught in a net, they wriggle
away and try to get away from prejudice, from ignorance, from stereotypes.
Little fish flailing about, getting themselves more and more entangled…
Aziza [turning to Stefano]: Leave me alone! Leave us alone… all of you.
Stefano chuckles and turns around to leave.
Stefano: Bye losers!
Stefano exits the scene, followed by his friends.
151

David [patting Garik on the back]: Now you can breathe…
Methab: What I wouldn’t give to beat those guys to a pulp…
Ardit [brooding]: Yea!
Mariem: Methab, that’s enough!
Methab [hugging and kissing Mariem]: Right, right…
Garik [shyly]: I should be getting home…
David: Calm down, Ardit and I are coming with you. Methab, Mariem, you
coming too?
Mariem [looking at Aziza]: Guys, you go on. We’re going to stay a little while
longer.
Methab: But…
Mariem: Girl talk!
The boys get up and exit the scene.
Mariem: So?
Aziza: Nothing!
Mariem: Tell me what’s wrong!
Aziza [getting up and talking a mile a minute, nervous and agitated]: I can’t stand
him, ok? He’s arrogant and bossy and I’d love to slap him right in the face! I
hate him! But then I feel like an idiot because I like him. I had a lot of things I
could’ve said but then I just stood there like a little doll and let him insult me.
Mariem: Calm down now. And then it’s true, he’s an asshole, but he’s really hot!
Aziza [laughing]: Yea, did you see, as he was walking away, what a nice…
Mariem [interrupting]: Set of eyes?!?
Aziza: Yea, eyes! [becoming serious again]: But what are we talking about? He’s
Italian, a bully and full of himself. How can I like him? It’s a good thing you
got together with Methab, at least you understand each other… But me!
Mariem: It’s harder for you. You’re Italian and you’re Moroccan too…
Aziza: Or maybe I’m neither one. I’m not anything…
Old man: Little fish in a net… They thrash about and try to find freedom. They
feel the vast sea around them, but the net doesn’t slacken, instead it tightens
around them. Little fish in a net… And it could be so easy… But no! The fish
remain trapped in the net for ages and ages. Only a few manage to free themselves.
Mariem: Come on, it’s late, let’s go home.
Aziza: Ok.
The two girls exit the scene.
152

SCENE II
The same park with the benches. The old man is still sitting in his place, holding the
little boy dressed in yellow in his arms while he falls asleep.
Old man: Come on, come on, it’s late. It’s time for you to rest. Go to sleep little
Day and call your sister. It’s her time.
Day, the little boy dressed in yellow, exits the scene rubbing his eyes, while Night, the
little girl dressed in blue, comes skipping in.
Old man: Hello Night, welcome…
Night runs into the arms of the old man.
Night: Hello Time.
During this brief exchange the lights are lowered, creating a night time atmosphere.
Suddenly, Garik enters the scene breathless and Stefano, Giulio, Filippo and Roberto
immediately follow him. They form a circle around him and shove him, insulting
and making fun of him.
Giulio: Isn’t it a little late for a snot-nosed little kid like you…
Filippo: You should be at home with your mommy…
Roberto: Because bad things happen at night… didn’t anyone tell you that?
Night hugs the old man, frightened.
Old man [exiting the scene with Night in his arms]: I’ve seen terrible scenes like
this too many times…
As he is exiting, very loud music begins to play. In the meantime, the bullies tease
Garik. They have taken his backpack and pass it back and forth between one another
while Garik tries to grab it back.
Aziza and David enter the scene. As soon as they see what is going on they run toward
the group. David, who is quite large, manages to get the backpack and give it back to
Garik. Then he faces the bullies.
The volume of the music lowers. David and Giulio are about to come to blows when
they are stopped by Aziza’s voice.
153

Aziza [shouting]: Stop it! Stop it all of you! Why are you doing this? What have
we done to you that is so bad? You keep humiliating us, putting us down, but
why? Just because we’re foreigners? And what does that mean? And then, I’ll
bet only half of you even know what country we’re from, and if you do, I’m
sure you couldn’t find it on a map. You’re just a bunch of ignorant bullies!
[turning to Stefano] And you, more than anyone else, you talk to me, you smile
at me and then you insult my friends! Who do you think you are!!! And I even
thought we could be friends, boy was I stupid!
For a moment all of them are left speechless at Aziza’s outburst. More than anyone
else, Stefano looks at her as if he were beginning to understand her point of view. Then
his friends go back to being bullies.
Filippo [chuckling]: As if we cared where you guys came from…
Giulio: Our little Arab girl here is smart. Look, look how fired up she is! She really
told you off, didn’t she?
Roberto [pulling Stefano by the arm]: Come on, let’s go, the fun is over!!! But boy
is that girl a fireball!
Stefano [breaking free of Roberto’s grip and going back to being a bully so as not to
lose face in front of his friends]: Want to know why we do it? Because it’s fun to
see that you’re all scared of us. See you run and hide like little mice when you
see us… but we always get you in the end…
The old man re-enters the scene and goes back to sitting on the bench. The kids are in
freeze frame.
Old man: It’s absolutely true, they always get them. Someone always gets someone
else. From the beginning of man, there’s always someone who searches,
who follows, who pursues and who kills the one that is different from himself.
Whites against blacks. Blacks against whites. Yellows against whites. Whites
against reds. Trousers against kaftans, saris against salwars. G-strings against
chastity belts, overcoats against skullcaps, keffiyeh against jeans, And they always
get them, it doesn’t matter who gets who…
Aziza: Did you say it’s fun? Fun????
Stefano: Yes, fun, so what?
Aziza is about to retort when David takes her by the hand.
David: Come on, let’s get out of here. It’s not worth it.
154

The three of them leave, followed by the bullies’ laughing.
Giulio: Good for you, run away!
Shortly before disappearing into backstage, Aziza turns around and runs to stand in
front of Stefano.
Aziza [calm and determined]: Ok, let’s make a pact. A game of football! If we win,
you leave us alone and don’t bother us anymore. If you win, I leave my group
and come with you! Tomorrow, here, at three. Deal?
Stefano [slightly bewildered]: Ok, We’re in! [then, adopting his usual tone of voice]
Be careful not to hurt yourself!
All of the kids exit the scene. Night quickly re-enters and goes again into the arms of
the old man.
Old man [talking to the little girl]: Now this I didn’t expect, our Aziza is a clever
girl. A game of football! [laughing to himself] Well, it’s always better than a
war, isn’t it little one? A game of football and what’s on the line is respect.
You’ll see, these kids are smarter than we imagined. Aziza was brave. And Stefano,
handsome and so immature. But she likes him. And he likes her. It’s
tough being young, falling in love. It’s tough if you’re also a little fish in a net.
Who knows, Night, who knows who will win? Who knows if… Well would
you look at that, who would’ve ever guessed that a group of kids could’ve
made me curious again. Me, who has seen thousands of years of the same mistakes…
and yet… Come on, Night, what do you think, who’s going to win?
[but Night has fallen asleep] Let’s go little one…
The old man exits, taking Night with him. In the meantime, Day re-enters, crossing
the stage running and dancing. The lights come up as he runs across the stage.
SCENE III
The kids enter in a line. They are wearing shorts and tee-shirts, ready for the game.
They line up along the stage, facing each other.
Elisa [to Mariem]: Hi Arab! Ready to lose?
155

Mariem ignores her and smiles at Methab.
Martina [to Aziza, whispering]: You think you’re going to win him over like this?
Aziza: Win who over?
Martina: Don’t play dumb, you can see you like Stefano a mile away!
Aziza [blushing]: Yea, right!
Martina: But, do you really think he go out with someone like you? He just
wants to play around with you and that’s all, trust me!
Mariem [interrupting because Aziza is offended]: Trust you? And for just how
long have you been her best friend?
Giulio: Shut up you guys, so let’s get started!
Filippo: Are we going to beat you black and blue? [then he laughs at his own joke]
Ardit: What I wouldn’t give for Ibrahimovic…
Garik: But he’s Serbian and you’re Albanian!!!
Ardit: And who cares, he’s great!
Methab: Zidane wouldn’t be bad either… another immigrant, right?
David: Come on, stop it. Focus!
Roberto: So kids, are you done blabbering?
The old man re-enters and positions himself at the center of the stage and signals the
start of the game. Loud music begins to play and the kids simulate a football match in
slow motion without a ball. Giulio pushes David to the ground. Martina blocks Aziza
while Elisa takes care of Mariem. Roberto is about to knock into Ardit but he gets
past him. Garik keeps Filippo occupied while Stefano shoves Methab. Ardit kicks the
ball to Methab, calling out to him. Methab frees himself from Stefano and runs in
front of the ball, which the old man has placed on the ground. He kicks and scores.
The kids are all immobile for a moment. The old man whistles and the foreign kids
cheer while the music fades.
Aziza [walking in front of Stefano]: Now you have to keep your promise!
Stefano [quickly looking at his friends, hesitant]: Right.
Stefano and his friends exit the scene without saying a word. Aziza and her friends
congratulate each other, laughing, and exit the scene. The old man tries to dribble the
ball, but the ball rolls away and he returns to his seat with a shrug of his shoulders. A
few seconds later, a backpack flies onto the stage and Mariem enters immediately after
it, followed by Elisa and Martina who are shoving her.
Mariem: I told you to leave me alone!
156

Martina: Did you really think a stupid football game was going to change
things?
Mariem: But you promised!
Elisa: And so? [and she pushes Mariem so hard she falls down]
David and Garik enter the scene. As they enter music begins to play, the same as in the
football game. David takes Elisa by the arm and pulls her away from Mariem. Meanwhile,
Giulio and Roberto enter. Giulio shoves David, Garik runs over to Mariem,
while Elisa and Martina go over to Roberto. David fights back and the two end up on
the ground locked together. Enter Stefano, dumbfounded, staring at the scene. Aziza
enters immediately after him.
Aziza [after a moment of being taken aback, seeing Stefano just standing there watching]:
You creep! Liar! Coward! You promised! You’re a liar and you make me
sick! You promised, you promised! [Aziza is so angry she is about to cry].
Stefano watches her but does not respond. Then he grabs Giulio by the shoulders and
separates him from David who remains on the ground, breathing heavily.
Stefano [flatly]: Come on, let’s go. They’re just a bunch of losers.
Stefano and his group go over to their bench. Aziza helps David up, then goes over to
their bench along with Mariem and Garik. Both groups sit there in silence.
Old man [singing]: Se verrà la guerra, Marcondiro’ndero / se verrà la guerra,
Marcondiro’ndà / sul mare e sulla terra, Marcondiro’ndera / sul mare e sulla
terra chi ci salverà? / Ci salverà il soldato che non la vorrà / ci salverà il soldato
che la guerra rifiuterà.
Translation: If war breaks out, Marcondiro’ndero / if war breaks out, Marcondiro’ndà
/ on the land and on the sea, Marcondiro’ndera / on the land and on
the sea, who will save us? / The soldier who doesn’t want it will save us / the soldier
who refuses to go to war will save us.
Old man [to himself, looking at Stefano] I’d almost hoped…
After a few moments of silence, Stefano’s friends say goodbye to each other and exit the
scene. Stefano is left alone on the bench. He is reflecting. Every now and then Aziza
looks at him, then pretends not to be looking and chats with her friends.
157

Stefano gets up and walks boldly over to Aziza.
Stefano: I’m sorry. I apologize. I apologize to all of you. I didn’t do anything to
keep my promise. [looking at Aziza] But I’m really not like this, believe me. I’ll
leave my group. I don’t want to be like them.
They all look at Stefano, stunned. There is almost a hint of a smile on Ardit’s face.
They are all quiet. Mariem elbows Aziza to say something.
Aziza: Ok, apology accepted. [then in an icy tone] And now get out of my face.
Mariem: But Aziza…
Stefano: Look, I explained it all to you, I apologized, I…
Aziza: Go away.
Stefano turns around and slowly walks away.
Aziza [turned toward her friends]: Don’t say a word. [then she gets up and exits the
scene]
David: I don’t understand…
Mariem: Of course, you’re a man!
Methab: And now what? That asshole doesn’t really think a couple of measly
apologies are enough to resolve everything.
Garik: But Aziza likes Stefano, doesn’t she?
Mariem: Yes, and a lot.
Methab: But he’s a creep!
Ardit: Maybe he was being honest.
Methab: Yea, right…
Mariem: Forget it, come on. It’s time to go home.
David: I still don’t understand…
Ardit: Probably because of that beating you took…
The kids exit the scene.
Old man: The soldier who refuses to go to war will save us… We’ll see… Stefano
and Aziza. Maybe they are the beginning of peace… But, where has
Night gone? [calling] NIGHT!!!
The little girl enters the scene. Darkness on the stage.
158

SCENE IV
Light on the stage while Day crosses it, dancing.
Aziza’s friends enter with their backpacks as if school has just let out. Stefano also arrives
and approaches them.
Stefano: Hi.
They all ignore him and Stefano exits. After a few seconds, the others also exit the
scene, saying goodbye to each other and laughing.
Night crosses the stage and the light falls to darkness. After a few seconds, the lights go
up, followed by Day who dances across the stage.
The kids enter again. This time there are both groups. Stefano is the last to arrive. He
ignores his old friends, who make fun of him.
Giulio: Now are you friends with the immigrants???
Filippo: You were never one of us, too much of a coward…
Martina: And you’re not even that cool!
Stefano arrives in front of Aziza.
Stefano: Hi.
Ardit: Hi.
Aziza: Go away.
Stefano exits. After a few seconds, the others also exit the scene, saying goodbye to each
other and laughing. Then Night crosses the stage again and the light fades to darkness.
After a few seconds, the light goes up again, following Day, who dances across the
scene. Aziza, Mariem and Methab enter the scene and go sit on the bench. Shortly
thereafter, Stefano enters. He approaches them but the silence and the stares of the
three friends stop him. He turns around and leaves without saying a word.
Mariem [to Aziza]: How long do you think you’re going to keep this up?
Aziza: For an eternity! I want him to feel how I felt, humiliated and hurt and…
Methab: Good for you Aziza!
Mariem: Stop it, Methab, don’t you see this is idiotic? He’s changed and you
love him. So tell me, what are you waiting for?
Aziza: And if he’s faking it? And if I give in and he starts making fun of me again?
Why should I trust him?
159

Methab: Right, why should we trust him?
Old man: That’s a good question! Why should we trust each other? When we’ve
already betrayed each other and their fathers betrayed each other even before
they did, just like their grandfathers and great-grandfathers… They have
been betraying each other since the beginning of time and now, why should
they trust each other?
Mariem [responding to Aziza]: Because your heart already believes him! And
now, let’s go, I’m hungry.
The three of them exit the scene. Night passes by again, bringing darkness and after a
few seconds Day returns with the light. The kids with their backpacks re-enter the
scene. Stefano is last, but is more confident and determined. He walks in front of the
bench of his old group and they insult him with whistles and swearing.
Stefano: Oh, be quiet! You’re all pathetic!
The old friends are caught off-guard and unable to react.
Stefano walks right over to Aziza.
Stefano: Now, this is enough! Tell me what I have to do to convince you that I’m
different! I’ll do whatever you want me to do.
Aziza: You’re not lying to me?
Stefano: No! I’m being honest, really…
Aziza: I don’t know. I don’t know if…
Stefano [interrupting her]: I really like you and I wish you were my girlfriend!
Aziza is breathless. Ardit, Garik and David begin sniggering, while Mariem squeezes
her friend’s hand, who is still silent.
Her silence lasts longer and longer. All of them are watching Aziza, even Stefano’s old
friends, even the old man, but she doesn’t say a word.
Methab: Now, that’s enough! If he’s convinced me that he’s changed, I really
think you should give him a chance.
Aziza stands up, serious.
Mariem [fearing a burst of rage]: Aziza, stay calm, ok?
But Aziza suddenly throws her arms around Stefano and kisses him on the lips.
160

Martina runs out of the scene screaming ASSHOLE at Stefano, followed by Elisa.
Then the other three guys leave.
Stefano sits down on the bench along with his new friends, holding Aziza’s knees.
Music begins to play.
Old man: Well done, little love birds. They’ve amazed me! Just look, after ages,
besides my curiosity, I’ve also regained hope…
The volume of the music increases, until Night enters the scene bringing darkness
with her.
161

Darkness.
All against one
AUTHOR
Adel Wieser
ADAPTED BY
Giada Gatti
Woman [voice off]: Well, Thomas, as you know, we will only choose 15 people
to participate in the internship at Schwarz Equipment. It’s an important opportunity
for you because after the internship there’s the chance you may be
hired. You speak German very well and you have told me that you wouldn’t
mind being transferred to Munich, even for a long period of time and this is
excellent. However, you do understand that we must evaluate several other
people, don’t you? In any case, you will receive a response from us by mail. In
a few weeks we will contact all the candidates. I hope to see you again soon. It’s
been a pleasure meeting you.
Thomas [voice off]: It’s been a pleasure for me as well. Thank you and I hope to
see you again soon.
Lights on the scene. We are in a boy’s room. Single bed, a wardrobe, a chest of drawers,
a small desk with a computer on it. Posters on the walls and a bit untidy.
Thomas, in jeans and a tee-shirt, is lying on the bed playing a videogame. He is distracted
and keeps making mistakes. Suddenly, he gets up and exits the scene. He reenters,
dragging his feet, a few seconds later.
Thomas [impatiently]: The mail!
162

He throws himself back onto the bed and picks up the videogame. A second later he
sticks out his ear as if he has heard a sound. He jumps to his feet and exits the scene. He
again re-enters the scene, looking dejected.
Thomas: Good thing they were supposed to write after two weeks.
He begins pacing the room, turns on his computer then puts on some music. He sits
down at the computer, which still has not started up, and impatiently shakes the
mouse. Then he again sticks out his ear, gets up and runs outside.
He re-enters the scene holding a letter and turns it over in his hands. He sits down on
the bed, looking at the sealed envelope. Then he gets up and goes to turn off the music.
Again he sits down with the envelope in his hand. He begins to open it but then gives
it a second thought.
Thomas: And if it didn’t go well? It hardly ever goes well!
Thomas rests the letter on the bed next to him. He exits the scene. He re-enters a second
later with a can of Coca-cola. He glances at the letter and then sits down in front
of the computer and begins to write something.
A few seconds later his mobile rings.
Thomas: Hello? Hey Francesco, how’s it going? Same old, same old… no, in
front of the computer. Tonight? But who’ll be there?… And who’s Paolo?…
Oh, him! And what’s he got to do with us?… What did he say?… He told you
we’ve been friends for years?… No, no I’ve known him since elementary
school… Ok, I’ll think about it… Yes, I’ll see you there. See you later.
Right… Good bye.
Thomas hangs up and continues looking at the telephone.
Thomas: Friends? That piece of… now he says we’re friends! You see, now they
all act like they’re your friends. Hi Thomas, over here. Hey Thomas, over
there. Remember when we were in middle school? Remember that one time
at the park when were playing? Who was playing? They were playing. They
were making fun of me, that’s what they were doing. It was their favourite
game. «The psycho, the psycho is here!». What a great game. They wouldn’t
even have treated a stray dog like that!
He throws his mobile angrily onto the desk, gets up and picks up the envelope again.
163

Thomas: That woman at the interview told me not to worry, that my chances
were excellent. Sure! What kind of chance does a guy like me have?
He begins to talk to the envelope as if it were the woman from the interview.
Thomas: She’s very nice, but why should I believe her? She could be faking it,
couldn’t she? Just to be polite. Sure, I look outgoing and friendly but I didn’t
even tell her that at school they called me «the psycho». Yes, because I was
strange. And then because I started beating people up. Did I have any choice?
They all treated me like a dog. And now, has anything changed? What chance
does a guy like me have? Sure, sure, I’m smart and I’m not afraid of working.
I speak German, oh, how cool! But you can’t get away from shit if you’ve
grown up in it, there’s no use even hoping! No use!
Thomas is about to crumple up the envelope, then he stops.
Thomas: And if for once it went well? What if I really could get away and start
all over again? I don’t want to stay here. I can’t take anymore shit, shit and
more shit. I want…
Thomas is silent for a moment, then delicately rests the envelope on the bed, gets up
and goes over to the wardrobe. A postcard with a picture of the sea is stuck to the door.
Thomas looks at it then takes it off and reads the back. He sets it on the bed. He returns
to the wardrobe and takes out a camping backpack and throws it on the bed on
top of the postcard. Then he begins to take lots of clothes out of the wardrobe and stuff
them into the backpack until he can’t fit anything else inside.
Thomas stops.
Thomas: No, not like this. I can’t just stuff whatever I find in here.
He turns the backpack upside down and dumps everything onto the bed. Then he begins
to sort through his clothes. In the pile, he finds a worn out, faded tee-shirt that is
certainly too small for him. He looks at it carefully and smiles to himself.
Thomas: And what do I do with you? Just how long have you been in that
wardrobe? ten years? Right, I was seven when Mom gave you to me. I don’t remember
any other gifts Mom gave me. Not for my birthday, not for Christmas.
You’re one of a kind!
164

He sits silently on the floor, pensive, with his shoulders resting against the bed. He
reaches out his hand and picks up the closed envelope.
Thomas: If I leave what will happen to my mother? I don’t remember my mother
giving me a single gift, or coming to pick me up at school. I stood there with
my backpack on my shoulder and watched other kids’ parents hugging their
children and asking them what new things they had learned at school that
day. Depressing. This is what I remember.
But I think my Mom always did everything she could. It’s just that she was too
busy fighting with my sisters… I remember this too, coming home and hearing
them fighting and screaming, and I knew I had to hide because soon they
would come to blows. You know, it was after one of those fights that she gave
me this Hug Me T-shirt. How can I go away and leave my mother in the middle
of this mess? But if I don’t go, nothing will ever change. Violence, violence,
violence. I’ve seen just about enough violence! I’ve used it too, but now
not anymore. No, no more, I’ve decided. But how can I stay here if I decide
never to raise my fists against anyone else again? Her you either strike or you
die, there’s no other way!
Again, Thomas lays the letter on the bed.
Thomas: Anyway, I doubt they picked me…
He begins carefully folding the tee-shirt. Then he puts it in the backpack.
Thomas: That’s what they do, like they’re joking, to play around with you a bit!
Music. He begins folding his clothes again and every now and then puts something in
the wardrobe and something else in the backpack. When he finishes, he picks up the
envelope and begins to turn it over in his hands again. Then, it’s as if she were talking
to him again. The music lowers.
Thomas: The problem isn’t their response. The problem is me. If things go well,
ok. But if things go badly, then what do I do? Stay here and waste away? Leave
anyway? What do I do? What do I know about how you behave outside of
here. What do I do?
The music starts up again. Thomas holds his head between his hands and remains immobile
until the end of the music piece. Music ends. Thomas picks up the telephone.
165

Thomas: Hey Francesco, it’s me. I’m not coming tonight. No, I’m not in the
mood. Yea, yea, see you next time, bye.
Thomas picks up his backpack, closes it and sets it next to the door. He returns to the
bed and sees the post card that was sitting under it. He picks it up.
Thomas: Too many memories for just one day… But this is a warning, not a
memory. If you grow up with an alcoholic father who then one day just disappears,
it’s good to have something to remember him by, something that reminds
you not to become like him. The funny thing is that my only memory
of that man is a happy memory. I think this is why it hurts even more. A
glimpse of a family… a trip to the sea, two peaceful, happy parents and a child
sleeping in the backseat of the car, catch a glimpse of a normal family. See how
it might have been if he’d been another kind of man rather than a drunk who
woke me up at night, stinking of wine, gave me some money and disappeared
for months. Yes, a warning. A warning of what I could lose, of the damage I
could do if I stayed here and became like him. But maybe I’m already like
him… I don’t know if people can redeem themselves, if people can change…
But anyway, I don’t want to be like him.
He opens his backpack again and puts the postcard inside.
Thomas: I’ll be anything, but not like him.
He returns to the bed and picks up the envelope again.
Thomas: Come on!
He opens the envelope and reads the letter. He stands still, staring with an indecipherable
expression. Then he slowly gets up, folds the paper and puts it in the pocket of his
jeans. He turns off the computer and the stereo. He looks around him, picks up the
backpack and opens the door.
Thomas [looking behind him for a moment]: Come on!
Thomas exits the scene. The music and lights lower, only illuminating the open envelope
left on the bed. Darkness.
166

Characters
The night prior to… the première
Apofil Rionero – Venosa – Potenza
WINNING SCRIPT WRITTEN BY
Pino Simone D’Incenzo, Marco Cannati, Lorenzo Romaniello,
Felisya Fornarini, Raffaele Santopietro
ADAPTED FOR THE STAGE WITH
Aldo Marinetti, Luigi Gilio,Vincenzo Blasi,
Isabella Urbano, Maria Rosa, Nino Giuralarocca
ARTISTIC SUPERVISION BY
Federica Festa and Lidia Giansanti
PROTAGONISTS
Lorenzo, 16 years, main character, Milan fan
Teresa, 15 years, costume designer
Raffaele, 16 years, Inter fan
Felisya, 14 years, Raffaele’s girlfriend
Lea, 15 years, dog lover, friend of Felisya
Marco, 16 years, Videogame addict
Pino, 17 years, tammorra (percussion instrument similar to a tambourine)
player
OFF-STAGE VOICES
Mama, Television commentator, Zanetti
SUPPORT/DANCE TROUPE
Dante
Virgil
Footballer
Man 1
Man 2
167

A group of kids are just about to have their first theater debut. The day before they
meet as usual at the city park to compare doubts and fears. That night some of
them have strange dreams: one dreams of being in a videogame, one of becoming
a famous footballer, one even dreams of waking up with different colored skin. Finally,
the alarm goes off. It’s the big day. The theater is packed. Tensions are high.
However, as the curtain rises, the company still is not ready. Only Teresa, the costume
designer, is on the stage and, in spite of herself, has to entertain the audience
by talking about herself and her friends. Finally, Pino comes to her aid with his
tammorra and gets everyone, the actors and audience alike, involved in singing a
song by Eurgenio Bennato about the briganti (ndt. bandits) during the struggle
to achieve Italian Unity and their fight against injustice in beautiful Basilicata.
The day before.
A bench is on the stage. We are in a park, the meeting place of a group of adolescents
preparing for a theater debut the next day. Teresa and Lorenzo enter and stop at the
bench. Teresa has to measure Lorenzo to finish making his costume.
Lorenzo: Look, there’s no one here. We’re the first ones.
Teresa: Then come here Lorenzo and I’ll measure you. I have to finish your King
costume… The performance is tomorrow and yesterday during rehearsals
you tore your cape.
Felisya and her friend Lea enter the scene from the opposite side of the bench.
Felisya: What a beautiful day. It almost feels like spring.
Lea: You’re right, but I can’t wait for summer to get here.
Felisya: Shall we go get an ice cream at the Dancing Café???
Lea: I should really go get the dog for his usual walk.
Felisya: Speaking of dogs! Yesterday the most incredible thing happened to me…
Lea: A new boyfriend?
Felisya: Well… not really… I mean, there was a boyfriend, but for my Liù!
Lea: Did you decide to mate your dog?
Felisya: I didn’t! He did!
Lea: But he who! I don’t get it!
Felisya: Raffaele… the King of Orange… The Prince in our performance!
Lea: Who? The Cobra?
Felisya: What?
Lea: Raffaele, aka the Cobra! Forget about him, you’re better off. But then again,
aren’t you seeing Marco? Why would you want anybody else!?
168

Felisya: But I really like him. And then he plays the role of the prince so well.
Lea: Listen, he’s no prince! Anyway… what does the Cobra have to do… Sorry,
I meant «the prince»… with your Liù?
Felisya: Yesterday I was here, for our usual walk… He gets here, comes up to us
and starts playing with the dog. «She’s so cute! What a cute little mug! How
old is she?» So, using the dog as an excuse, it really seemed like… well…
Lea: Like he was trying to pick you up!
Felisya: That’s what I thought, and actually, with the excuse of going over the
script, he’s coming over at 10!
Lea: And you said yes? You’re really stupid!
Felisya: What’s wrong with that! We’re in the performance together! And
then… he’s so cool! My whole body was shaking! I’m going to hurry home to
get ready… I’ve turned my wardrobe inside out! I had no idea what to wear! I
tried on my little purple dress with my favourite heels, but it looked a little too
dressy, so I tried on my black jeans with my black sequinned top. I looked like
I was going to a funeral! In the end, I picked my little blue dress with my
beloved ballerinas. «Simple and pretty», I said to myself.
Lea: If you want my opinion, the red dress looks best on you! That’s what I
would’ve worn! More fun!
Felisya: Right, fun… like what came next!
Lea: What?
Felisya: At 10 o’clock on the dot, my mobile rings… it’s him! «Calm down, Felisya…
Chin up and no stuttering, answer», «Hello?», «Hi, how’s it going? Are
you ready?», he says. «Just a minute and I’ll be down…». It’s him, «Can you
bring your dog too?», «What? My dog? I have to bring the dog??? But, what
dog?». I really didn’t get it and then he explained, all excited, that he wanted
to mate my Liù with his Hiroshi. «Yea, sure… it’s a great idea, but Liù’s sleeping
now», I told him a little nervous. «Well, then I’ll go over my lines at home,
alone, after the game. See you!».
See what an idiot I am? And I thought… Well, finally, after trying on all those
clothes… I didn’t even get to go over my part!
Lea: Forget your clothes, you’d have been better off taking your dog to the
groomers.
Felisya: Very funny!
Lea: Anyway, look who’s coming! It’s your prince!!!
Felisya: Aaaaaaaaaaargh… I see that, ok, look casual…
Raffaele walks up to the girls and two dogs immediately come running up to him.
169

Raffaele: Hi Felisya… What’s wrong? You look nervous!
Felisya: It’s nothing… I’m just nervous about the performance!
Lea: Right! She’s worried she won’t remember any of her lines! Have you got the
part of the prince down yet?
Raffaele: Sure, I have! What do you two take me for… I was born a prince.
Lea: To me, you’re just the Cobra!
Raffaele: What!
Felisya: Forget it… Lea’s just joking! Look… There are Teresa and Lorenzo!
Hey? Guys?!
Felisya starts walking over to the bench, the others follow her.
Raffaele [to Lea]: Later you have to explain that stuff about the Cobra!
Raffaele looks at Lorenzo, then takes out and waves the Inter flag.
Raffaele: Go Inter! [to Lorenzo who is standing with his arms open so that Teresa
can measure him] You lost! Bam! Light’s out, go Inter.
Lorenzo: Leave me alone, I couldn’t care less… Tomorrow’s the performance,
forget soccer.
Raffaele: Yea, yea, you say that because we beat you 4 to 0.
Raffaele stays wrapped up in the flag and tries to take it off, but just gets rolled up
inside it. Enter Marco.
Marco [giving everyone five]: Hey beautiful! How’s it going? I’m only going to
stay ten minutes because I have to get back home. I left my computer in standby.
I have to finish the last level of Hitman, this video game I’ve just got. Just
long enough to smoke a cigarette. So are we really sure we want to do this performance
tomorrow?
Raffaele: Why? Are you scared?
Marco: Me, scared? Look, I got to the fourth level!
Lorenzo: But videogames aren’t real, the audience is real, Marco!
Teresa: It’s normal to be a little scared.
Marco: Alright, I’ll be honest with you all: I’m terrified, more than going to the
dentist.
Marco sits down on the bench and lights a cigarette.
170

Felisya: So, who’s missing?
Lea: Guess! Always the same guy… But here he comes, the snail.
Enter Pino.
Pino: Sorry I’m late guys. I had to finish practicing my tammorra.
Raffaele: You, the only time you arrive on time is when you have to get money
from your mother.
Teresa: Back to the usual routine. The performance is tomorrow and I still need
you to try on your costume!
Felisya: Tomorrow, can you remember to be on time for the performance?
Pino: I promise! Tomorrow I will won’t be a second late. What time do we have
to be at the theater? At eight?
Everyone: At six!
Lea: I’m so embarrassed
Teresa: Tomorrow my boyfriend’s even coming to see me.
Pino: I hope we don’t get our scenes mixed up… Otherwise… Do you know
how bad we’ll look?
Teresa: I’m so excited. I can’t wait. I hope the costumes are perfect.
Raffaele: Oh, Tomorrow the football coupons come out too… I hope we win.
Teresa: Come on guys! It’s time to get moving, and remember: Tomorrow at six
in the theater to rehearse the song. Please… Rehearse your lines tonight so
you know your parts.
Everyone: Bye, See you tomorrow.
They all walk out together, except for Teresa who finishes sorting out her suitcase.
Teresa [taking out Juliette’s braids and starting to recite her lines]: «Oh Romeo
Romeo… Where for art thou Romeo… » [tripping over the braids]… I have to
shorten them a bit… Sure I didn’t think a costume designer had all this responsibility!
But I like it, I like the theater… It’s like living in a dream… Incidentally…
I should hurry… Tonight, early to bed… [with emphasis] «I
shouldn’t worry… After all… Tomorrow is another day».
Everyone: Bye, see you tomorrow.
Teresa exits with the music of Gone with the Wind. Darkness.
The lights go up again. Cones of light.
Each of the characters is in a cone of light, wearing pyjamas and going through their
evening activities, awaiting the debut of the following day. They complete actions
171

without objects: Lorenzo is rehearsing his part, Marco is playing a videogame, Pino
is playing his tammorra, Felisya is trying on a dress, Lea is exercising her voice, Raffaele
is dribbling a football.
Lea [looking at herself in the mirror]: Oh God, I’m so nervous! Who got me into
this anyhow! I’d better do some breathing exercises, calm myself down a bit so
I can sleep… After all, tomorrow is another day!
Darkness on Lea who exits.
Pino: If I keep on playing the tammorra the neighbors are going to kill me. I’d
better sleep on it, tomorrow is a big day, no, tomorrow is another day!
Darkness on Pino who exits.
Lorenzo: Enough rehearsing! Anyway, I won’t ever remember anything. And if
I don’t show up tomorrow? And if I tell them I’m sick? [he sets his alarm] Seven
o’clock wake up and don’t give it another thought… Tomorrow is another
day!
Darkness on Lorenzo who exits.
Felisya: I’m so tired… Time for bed, Felisya! Tomorrow I’ll see my prince
again… Another glance… Tomorrow… Another day…
Darkness on Felisya who exits.
Raffaele: I’m really, really worried. Tonight Inter is playing! Let’s hope for the
best! Maybe I should go over my lines again, otherwise… What’ll become of
me? «Frankly, I don’t give a damn»… What an actor!
Raffaele exits with the final musical score of Gone with the Wind.
Darkness.
A video with the images and audio of the meeting between Dante and Vergil, the two
characters in the videogame Devil May Cry, starts up. Dream lighting, in the
forestage a platform/bed. Marco is lying down, sleeping and dreaming. The audience
witnesses his dream. Dante emerges from the flexible screen. He approaches Marco,
introducing himself.
172

Dante: My name is Dante, son of the noble King Sparda, and I am here to protect
you because I am well aware that, fortuitously, you’ve found yourself
right in the middle of a war without even realizing it. Do not fear, as long as
you are with me, you’ll be safe.
Marco [afraid]: My name is Marco and I am the owner of this videogame… but
where am I?
Sounds of thunder.
Dante: Don’t worry, stay behind me. [Marco gets up and stands behind Dante]
Now the Demon Phantom is on his way. He’s a good warrior, but I know him
well. I’ll get rid of him.
Dante unsheathes his sword, battles the non-existent demon and wins.
Dante: Marco, it’s all over. Now we have to run for safety!
Marco [terrified]: Why all this fighting? Why all this violence? Why do you battle
each other?
Dante motions for Marco to make himself comfortable.
Dante: Marco, I’ll try to make a long story short, with the hope of answering
your many, many questions. About five years ago, my family was killed by a
dragon that, for millennia, had slept in a lake. It is said that this dragon was
the incarnation of the last King that reigned over my country before he was
defeated by my ancestors, who overthrew him. Legend has it that this King
never died and that he was transformed into an enormous, fire-breathing
dragon. Then, after sleeping for millennia, the dragon awoke. My ancestors’
warriors and arms could do nothing against him. He killed everyone, except
for my father who at the time was still an infant, rescued by my grandmother
thanks to an extraordinary amulet, capable of warding off evil for the wearer.
Subsequently, the dragon disappeared. No one knows what happened to him
and everyone is awaiting his imminent attack. Thus an inexplicable heaviness
and gloom has descended upon the population, the marshes have begun to
bubble up like water boiling in a pot. Getting back to the medallion, my father,
before he died, gave it to me, to the envy of my brother Vergil. He is now
waging a war against me, enlisting armies of horrible monsters, ready to do
whatever he has to do to gain power, that’s just like him! Your reason for being
here is fortuitous. A human being may become part of our history only if
173

he succeeds in turning on the computer just as I, with one hand, grasp my
amulet and, with the other, unsheathe my sword. Here! You are the fortunate
one, I, the unfortunate one!
Marco: I can’t believe my ears… How could I have ever been so unlucky! Ok,
calm down! I got it, Dante. Now I just want to know one last thing: how in
the hell am I supposed to get back to my world and my stuff?
Dante: Everything comes in time! Soon you will return home, but now you are
here: you can limit yourself to playing the spectator or decide to take my side
or Vergil’s. That way you could make your stay in this reality more exciting!
Marco: No way! Don’t even think about it! I’m with you and I’ll stay with you…
I don’t know how I can help you though. I’m short and I don’t even know
how to hold a sword!
Dante: [patting him on the back]: Your respect is enough… but here comes
Vergil!
Enter Vergil.
Marco: Oh my God. He’s so tall!
Vergil [gnashing his teeth and slowly approaching Dante]: Stupid brother, you
haven’t had enough? Give me the medallion and you’ll be saved!
Dante: It was given to me so that I could reign over our country brining peace
and tranquillity… You will do just the opposite. You are evil personified!
Music and coreography: Vergil, cat-like, bounces forward brandishing his long sword
to kill Marco. Dante grabs him from behind and holds him firmly and he flails about
like an eel. He tries to free himself, but Dante is stronger. He strikes him and Vergil,
shouting, disappears behind the flexible screen.
Dante: What a terrible death! And just think, we could have ruled the country
together, in harmony. The hunger for power and delusions of grandeur never
reap good fortune, remember than Marco! If you want, now you can return
to your reality… a virtual door will open and you will be free.
Dante disappears behind Marco.
Marco: I’m almost tempted to stay. That way, I wouldn’t have to listen to my
mother’s nagging anymore, my demanding girlfriend. Feel the burden of a
steady job that I can’t find. And if that weren’t enough… tomorrow’s performance!
What can I say! It’s my life and I have to grit my teeth and fight, just
174

like Dante, everyday, to make it better and to become better! I’m off! [shouting]
So long then, Dante! Good luck and thank you, wherever you are!
A strong light flashes on the video. The video shuts off. Marco wakes with a start.
He shouts. Darkness.
Light on Raffaele sleeping. He turns and a football rolls off the stage. Noise and voices
from the stadium. Football players enter from the audience, waving to the fans.
Audience: Inter! Inter! Inter!
The recorded voice of the commentator can be heard.
Commentator: Our players look like they’re in good shape… [Raffaele comes
forward and grabs the ball they throw back to him from the audience where it ended
up]… But here comes the great Santopietro now… He looks all fired up
and ready to go, ready to win!
The fans cheer him on.
Audience: Santopietro, Santopietro…
Commentator: The teams are ready. We’re just waiting for the referee to blow
his whistle.
Lights only on Raffaele/Santopietro, dribbling the ball.
Santopietro: Oh my God! Just watch. I’m about to have a heart attack! I’ve got
too much adrenaline running through my system… My God… I think I’m
just going to turn right around and hightail it outa here.
Lights only on the footballers/dancers, who get up on the stage and get into position.
Commentator: This is the first time our Santopietro has played in a championship
game. Here with me is the person who discovered him and brought
him to us: the football champion Javier Zanetti. Would you like to give him
some words of encouragement?
Zanetti: Come on, Raf, let’s go! I gotcha. Even I was scared the first time I set
foot on a football field, but then you get used to it! Now just think about playing
and giving it your best shot.
175

The referee blows his whistle to start the game.
Coreography: the footballers/dancers simulate a football match. In the end, Raffaele
falls to the ground.
Commentator: Foul against Santopietro.
Light stops on Raffaele. The others are immobile.
Santopietro: This can’t be the end. I can’t let my teammates down, much less
the fans! Come on, get up… It’s nothing. Now it’s time I made the impossible
possible.
Lights low. The audience cheers. Raffaele gets up and goes toward the group of footballers.
Commentator: There he goes, Santopietro is getting up! This player’s got some
strength!
Zanetti: Come on guys! We’ve got to win this game! Santopietro… Come on!
You’re doing great, just keep on doing what you’re doing…
Commentator: Inter is playing for the championship! Santopietro! The game is
in your hands, or rather in your feet!
Audience: Santopietro, Santopietro!
The choreography starts up again in slow motion, simulating the foul against Santopietro.
The music stops. Raffaele, in slow motion but without music, positions the ball on the
imaginary center spot. The dancers exit, still in slow motion. In the meantime, you
can hear the fans cheering as well as the voice of the commentator and Zanetti.
Audience: Penalty! Penalty!
Zanetti: Come on, remember that the penalty zone is your home, your opponents
are the ball and the goal is your prey. You are the predator, destroy it.
Commentator: Penalty kick for Santopietro.
Santopietro: I won’t let you down… I’m going to make this goal.
Zanetti: I have faith in you… go and get that goal! San Siro is on your side!
The theme song of Chariots of Fire begins. The crowd goes wild, then total silence:
Santopietro kicks and the crowd cheers… Raffaele throws himself onto the bed as if it
were the goal… The alarm goes off.
176

Raffaele [as if waking with a start]: Goal! Goal! [looking around, he picks up his
mobile, turns off the alarm] What, who set the alarm for this hour?… Right
when we were… but did we win? Capitan Zanetti? Captan Zanetti?
Raffaele leaves, taking the ball with him. Darkness.
Lorenzo’s mother’s voice can be heard. Light on Lorenzo, on the platform, sleeping.
Mother: Lorenzo! Wake up, it’s late. Lorenzo!
The alarm continues going off. Lorenzo keeps tossing and turning in bed. He sticks an
arm out from under the covers but cannot find the alarm on the nightstand to turn it
off. His mother continues calling him, shouting.
Lorenzo: My mother, the most unpleasant alarm on the planet earth, producing
a shrill, annoying sound that not even the Chinese have managed to reproduce.
Mother: Wake uuuuuuuup, it’s very laaaaaaaate.
Lorenzo: Yes, mother.
Mother: Lorenzo! Wake up, it’s late!
Lorenzo finally gets up.
Mother: Are you awake? Lorenzo!
Lorenzo: Yeeeeeees, I’m awake! At least I think I am! Ugh! Everyday the same old
same old. And what if I put my mother on eBay? In your opinion, would anyone
buy her? I would even accept an exchange… that would last at least thirty
years! My God, I’m so tired… so tired I can barely see the bathroom door…
He exits as if entering the bathroom, then exits the bathroom again immediately. He
has a terrified, incredulous look on his face. He exits again and re-enters with a mirror.
He hesitates and then looks into the mirror again. He has become a black man.
Lorenzo: Oh my God, I’m black, all black! What’s happened to me? What happened
last night… It must have been the mozzarella I ate yesterday! [still looking
at himself in the mirror] Ooooh my God! My skin! My beautiful skin! And
now? What am I going to do? [putting on a tee-shirt] But, look at these muscles,
this body… I’ve even got a six-pack! Well, I’ve got to admit, even as a black man
I’m pretty hot! Ok, back to reality. It couldn’t have been the food… Maybe one
of my mother’s potions… There’s got to be a reasonable explanation!
177

He picks up his iPod. Music starts up. A dance troupe enters. Hip hop coreography.
Lorenzo turns off his iPod. In the meantime, he finishes getting dressed, still wearing
an incredulous expression on his face.
Lorenzo: Geez, it’s late! Time to go to school… this red tracksuit is perfect…
black and red… too cool! Go Milan! Forever!
Music. Lorenzo exits stage right, but a group of guys push him toward the stage. They
surround him.
Lorenzo: Hey guys, what’s going on? What’s wrong?
Raffaele: Well who do we have here? Anybody know this guy? Where did he
come from?
Pino: So, who are you? You’re nobody!
Lorenzo: Guys, it’s me, Lorenzo!
Marco: Get lost! Get out of here!
Lorenzo attempts to exit to the left but two elegantly dressed men with sunglasses enter
from backstage and shove him. Lorenzo tries to get away.
Lorenzo: And now what am I going to do? Let me out of here before I get my
butt kicked!
Man 1: Hey you, where do you think you’re going, you black piece of shit!
Man 2: Watch out, we’ve got our eye on you!
They follow him and take him by the arms. The others also begin to approach him.
Lorenzo: Why are you following me? I haven’t done anything. Leave me alone!
Help, I haven’t done anything!
Man 1: Tell us who you are.
Man 2: Just what do you think you’re going to do?
Man 1: You’re planning an attack, aren’t you?!
Lorenzo: But I don’t even know how to plan a birthday party, much less an attack!
Man 1: So, you want to plant some bomb here, dirty nigger.
Lorenzo: Maybe some firecrackers, at the most… Believe me, this morning I
was white!
Man 2: Ah-ha, you were white? And so, now what’s happened?
Man 1: Get burned in the oven?
Lorenzo: No, believe me… I was white… Really… Leave me alone.
178

Raffaele: That’s enough! Let him go!
Man 2: Why, you know him?
Lorenzo: Why sure he knows me! He’s my best friend!
Raffaele: No, I don’t know him… But I don’t like what you’re doing!
Man 1: Get out of the way!! Mind your own business!
Man 2: Right, Stay out of this!
Marco: Why? What are you going to do about it?
Lorenzo: Guys… Forget it…
Music. Coreography with the two hip-hop groups. In the end, the two men run away
and the others walk away laughing.
In the meantime, Lorenzo has taken refuge close to the platform. He tosses and turns
as if he were having a nightmare. He hears the alarm. Lorenzo gets up with a start
and grabs the mirror.
Lorenzo: Oh my God, it was just a bad dream, I was only dreaming!
His mother shouts from the other room.
Mother: Lorenzo, are you awaaaaaake?
Lorenzo: Yes, mom, I’m awake. Mom, you are the sweetest alarm in the whole
world!
Darkness.
Background music. Everyone enters and prepares the stage for the performance.
Coreography. Everyone exits. Teresa approaches the trunk and takes out a costume.
The director, Marco, enters out of breath and takes out a ladder.
Marco: Hurry up, Teresa. We go on in fifteen minutes and I want everything to
be perfect.
Teresa: Marco, what’s wrong? I’ve never seen you so determined!
Enter Lea.
Marco: Oh yea? You know, last night when I was playing that videogame…
Lea: Marco, this isn’t really the right time to talk about videogames…
Marco: Yea, you’re right Lea. In a little while the real game begins! Everyone to
your battle stations then!
Lea: Oh God, they said there’s a full house, and your boyfriend will even be there.
179

Teresa: Really? I’m so nervous!
Enter Lorenzo.
Lorenzo: Oh Lea! You’ll never believe the dream, or rather the nightmare, I had
last night! I turned into a black man!
Lea: Really! That’s great!
Lorenzo: What do you mean «that’s great»? It was a nightmare!
Lea: Right, but now you’re white. You’ve woken up again and now you’ve got to
get a move on because the performance is about to begin.
Enter Raffaele. He walks up to Lorenzo.
Raffaele [facing Lorenzo]: Did you really have a nightmare last night? I, on the
other hand, had the most wonderful dream I’ve ever had: I was a footballer
and played for Inter.
Lorenzo: Still an Inter fan? You’d be better off playing for Milan!
Raffaele: Right! All my idols were in it: Eto’o, Milito, Captan Zanetti and some
others. It was the greatest game of the championship… the Milan derby, Inter
against you guys.
Lorenzo: And I bet, in the end, you even made a goal and won?
Raffaele: Of course!
Lorenzo: At least in your dreams!
Raffaele: In the end, I made the penalty kick that won the game. Ball on the center
spot, run and kick. The ball shot through the goal posts like a missile. Goal
Goal Goal!!!
Lorenzo: And then you woke up and we won the championships!
Lea: And who were you? Which player?
Raffaele: Me, don’t you get it? I was just myself… Santopietro, me… it was incredible!
Lorenzo and Raffaele exit chatting to each other. Enter Felisya and Lea.
Raffaele: Hi Felisya. So, did your dog ever wake up?
Felisya: Of course!
Raffaele: So then we can have him do the kissing scene, with my dog, right?
Felisya: Yea, yea!
Raffaele exits.
180

Felisya: Did you see how he looked at me?
Lea: Hey, what do you want from me? I haven’t got any idea!
Marco [entering]: Come on, hurry up! Let’s rehearse the dance and then into the
dressing room! We go on in ten minutes!
Lea: Oh my God!!!
Song and coreography. Everyone exits. The curtains close. An announcement is made
for the beginning of the performance. The curtains reopen while Teresa is trying to
move the trunk off the stage.
Teresa: I have to do everything!!!
She realizes that the curtains are open and the audience is looking at her.
Teresa: Oh my God! It’s the audience! Now what do I do? The performance was
supposed to begin in ten minutes… This time the director is going to fire me
for sure… [to the audience] Um, ahem, good evening, there’s been a mistake.
I’m just the costume designer. I was just putting these things away. I shouldn’t
be here… [smiling, embarrassed] And, well, I can talk to you about something,
at least I can try… that way the rest of the company can finish getting ready.
[she opens the trunk and takes out a stuffed animal] Here, this is Lea’s dog… She
loves dogs. [she takes an Inter scarf out of the trunk] Oh, this scarf reminds me of
someone. He likes playing football. He has always dreamed of becoming a famous
footballer and playing in the A leagues. He always wears a scarf, summer
and winter, even when he goes to school. In the summer he wraps it around his
head to protect his head from the sun and in the winter from the cold. [she takes
out a red sweatshirt] And this, on the other hand, is Lorenzo’s, who once
dreamed he’d turned into a black man…! [Teresa puts on a crown] And this reminds
me of my friend who spends hours picking out her clothes! [she takes out
a tammorra] Our music, the way Pino plays it, that we love so much… [she
takes out her seamstress smock] This is my favourite smock. It’s my seamstress
uniform. When I put it on I’m Teresa, the stage seamstress. The Cinderella of
the company, but I’m happy every time a costume is worn and takes on a life of
it’s own on the stage. I feel like the princess of the performance, like I’m 1, 2,
10, 100 actors. I can create anything I want with my needle and thread, [she
puts on the smock] and with my smock on I feel like a Queen!
Enter Pino.
181

Pino: Have you seen my tammorra?
Teresa makes sweeping gesture with her hands to indicate the audience…
Pino: Hello everyone!
Teresa [trying to salvage the situation]: Ladies and gentlemen, here I have for you
our first artist… An applause please… Come on… Go on, introduce yourself
to the audience.
Pino: My name is Pino, short for Giuseppe, like my grandfather on my father’s
side. But my nickname sounds better, even on Facebook you can find me listed
as «Pino D’Incenzo». I was born on October 17, 1991 in the Melfi hospital,
but I’m from Rionero in Vulture. I’m a Libra, which has always given me
my fair share of problems. I mean, I am very predisposed to the arts and to
harmony and my interests make me feel like an outcast…
Teresa: Did you say that you are predisposed to the arts and harmony? What do
you mean?
Pino: More than anything else, I like music. I have always been surrounded by
music because my brother and sister, as long as they were living at home, always
listened to music. When I was a child, I got a little piano, like the one in
Charlie Brown, for the Epiphany. But my fingers were already a little too big
for the keys and I couldn’t play it well. My fingers weren’t even the right size
for the guitar. I had a great sense of rhythm and percussion in general had always
fascinated me… I began by taking the pots and pans from my mother’s
kitchen… I beat on them with wooden spoons. Then my brother told me that
his friend played on boxes of Dash. Because of my passion, I made some sacrifices
so I could buy a tammorra, an instrument that’s easier for me to play
and that’s a part of my tradition.
Teresa: Can you play something for us?
Pino: If some of you can help me…
Teresa: Well, here we have an authentic group of briganti from Basilicata…
The flexible screen is illuminated, upon which images of Basilicata are projected,
while Pino gently taps out a rhythm on his tammorra.
Teresa: They come from the hills and mountains…
All of the characters begin to emerge from the screen with percussion instruments.
Teresa: They emerge from the caverns. They gaze up at the castle towers… They
move through the wheat fields, the olive groves and the vineyards…
182

Felisya [while positioning herself on the stage]: …I am strong and full of hope…
Lea [walking to her]: …they want to be, to struggle. They want to be leaders.
Marco [coming forward]: They want to shout, to shake up the world.
Lorenzo [coming forward]: They want to tell their story…
Raffaele [coming forward]: To tell you, to tell everyone their stories…
Teresa [coming forward]: …our stories and our dreams…
Pino [coming forward]: …our music…
Coreography and final song Vulesse addeventare by Eugenio Bennato.
183

Once upon a time…
Inspired by a famous monologue by Gigi Proietti, A fairy tale, in which an old
man adventures into a traditional «Once upon a time» story and ends up confusing,
situations and characters in a lively, comic performance. A group of professionals
and students from Rome have collectively rewritten the story of Cinderella,
a Cinderella for our age…
«Bam! Turn off the television and fire up the fireplace. And why? Because they
say television has taken the place of the fireplace in homes, in families, but it isn’t
true. Once, people told fairy tales in front of the fire, but now kids only know
them from Japanese cartoons. Adults hardly remember them and the old people
confuse them» (Gigi Proietti)
… and the young people… Reinvent them!
Cinderella at Tor Bella Monaca
AUTHORS: Fabrizio Bordignon, Carlotta Leoni, Vincenza Lopreiato, Sabina Parisi, Simona
Pettinari, Antonio Roma, Paola Ventura
Once upon a time, there was a family that lived on the fifth floor of a building
in Torbellamonaca, a suburban slum.
184

Their days went on peacefully, the father measuring cocaine into little bags so
he could deal it, the stepmother sitting on the couch fanatically watching Men
and Women on the TV along with her two daughters Chanel and Jessica, who
were sending text messages on their mobiles and giving each other French manicures.
Giada, the father’s daughter from a previous marriage, referred to by
everyone as Cinderella, in the meantime was searching for a quiet place to study,
but was constantly disturbed by the incessant requests of her family, «Cinderella,
where the fuck are you? Always with your nose in those fucking books»!
Despite her home life, Cinderella was determined to continue attending
school because her studies were the only thing she cared about. She was particularly
passionate about the courses held by the nice, young professor of Music,
Spartacus or Tito, for short. Until one terrible, terrible day some policemen in
uniforms accompanied by angry drug hounds headed by the upstanding Captain
Desio Fiamma broke down the door of the house, knocking down poor Giada,
who was studying in the only quiet corner in the apartment, right behind
that particular door. Our poor Cinderella, devastated by the police, lost consciousness
and woke up again in the hospital a few days later with cranial trauma.
Only Professor Tito could be found at her bedside, gazing at her with concern.
He told her about everything that had happened, about the solitary confinement
of her father following his arrest and of her days spent unconscious. As soon as
she was dismissed from the hospital, the young man accompanied her home and
yet another hard blow left our Cinderella reeling, her stepmother and stepsisters
had taken possession of the house and relegated her to a teeny, tiny room in the
attic. From that moment on, her life changed drastically. She was forced to leave
school and continue her father’s illegal drug pushing. Days and months dragged
on and Cinderella’s hard life continued on relentlessly as she took care of the
house and dealt drugs in the neighborhood. The professor didn’t hear anything
from beautiful Cinderella for a long time, until one day, while he was watching
TV, he heard they were looking for young singers for a talent show on television.
His favorite student immediately came to mind and he showed up at Cinderella’s
house. He met the evil stepmother standing in the doorway who, without
even asking him inside, told him that, since Cinderella’s father had been taken
away, she hadn’t heard anything more from her stepdaughter, but that she was
delighted at the professor’s invitation and that he could take her two daughters
on the air, passing them off as extraordinary singers. The guardian of the building,
Tina aka, the Fairy, overheard the entire conversation while she was cleaning
the stairs. Cinderella was not told about the visit, and when the fateful day of
the performance arrived, the sisters fervently prepared themselves while Giada
hurried to finish the last of the household chores, convinced that she would be
185

able to accompany them. All primped and ready, rushing to get out the door, Giada’s
stepmother and stepsisters maliciously closed it and locked poor Cinderella
inside. Tina, the guardian, always listening to everything that happened in the
building, heard the young girl crying and ran to her aid and, expert that she was
at opening doors, freed her and accompanied her on the air. Meanwhile, the professor,
saddened by the absence of his favorite student, led the sisters onto the
stage in spite of himself to perform on Let’s dance by Paola and Chiara, but just
then Giada arrived. The professor saw her and in a rush of joy shoved the stepsisters
aside, ran to take Cinderella by the hand and gently escorted her up onto the
stage. He said to the audience, «Here you are, the incredibly sweet Giada and her
melodic voice». While sweets music flowed from the lips of the gentle young girl,
intoxicating everyone, their love-filled gazes met as she sang We don’t need words
by the great singer Ron. From then on the two never stopped gazing into each
others eyes. They were madly in love and lived happily ever after.
Cinderella at Cinecittà 2
TEXTS BY Giulio Longo, Elisa Ferrazza, Valentina Ricci
RE-ADAPTED BY Paola Ventura and Lidia Giansanti
Once upon a time in a neighbourhood in Rome called Cinecittà 2, a family
made up of: the real father Geppetto, a carpenter; the stepmother Lasedia who
helped her husband in his carpentry; two stepsisters Bà and Bu who were studying
to be aestheticians and Cinderella Laroscia, a homemaker.
The entire family spent all its time eating patisserie and getting fat and pimply,
and the two stepsisters spent all their time fighting with each other and then
with Cinderella, saying everything imaginable to each other. The two wicked
girls were jealous of Cinderella because she ate and ate but never got fat and, since
she was the most beautiful of all of them, had the most beautiful clothes and always
went dancing with a black bag.
One day an invitation from the prince arrived, inviting Cinderella to go to
dance at his disco Una Borgata in Cinecittà 2. Cinderella was happy but her stepsisters
were envious and told Cinderella not to go to the dance. Until their father
intervened and hit the stepsisters and sent Cinderella to the ball.
But the family was too poor and Cinderella didn’t have a dress. Then a fairy
arrived, the «good evening girl» on Channel 5, a beautiful, blond anchorwoman
who told Cinderella, «I’ve come to help you go to the ball. You can’t go with
those rags on. I’ll help you with my magic wand», and that’s how she made an elegant,
bell-shaped, cream colored Armani gown for the girl, gave her two huge
186

ings, transformed the dogs and cats into seven white horses and a tree into a carriage.
However, she told Cinderella that she had to be home by midnight before
the magic spell ended.
This was how Cinderella got to the ball and met Prince Amadeus. They
walked up to each other, spoke, fell in love and the Prince immediately asked the
girl to marry him and have a family. But while they were dancing, Cinderella got
a stomach ache and had to run to the bathroom. In the meantime, the stepsisters
arrived and went to Amadeus and told him that Cinderella had eaten too many
sweets, which is why she felt sick to her stomach. Just then, Cinderella came out
of the bathroom and, seeing her prince with her evil stepsisters, began shouting
at him. To justify himself, Amadeus said, «life’s too short not to laugh about it».
But in the meantime, midnight had struck and Cinderella ran away from the
ball, leaving her glass dance slipper behind. She returned home dejected and devastated
and met her stepsisters, who had run out of the party as soon as they saw
Cinderella come out of the bathroom. She said, «You two should’ve minded
your own business!!». Offended, the stepsisters responded, «We might be fatter,
but if you keep being so bitchy you’ll be a spinster all your life!».
The next day, the prince’s butler, who had seen Cinderella lose her shoe just
the day before, arrived at their house, and that was how the prince found his
beloved again. The father was happy about their marriage but the envious and
jealous stepsisters were not.
Cinderella and Prince Amadeus got married and celebrated with fireworks.
They had two children Amadeus Junior and Frankus and went to live…
…in a local health authority office that was previously a barn (Giulio’s ending)
…in a palace in Parioli (Valentina’s ending)
And they all lived happily ever after.
187

ΕΛΛΆΔΑ
GREECE
GRECIA

ΕΙΣΑΓΩΓΉ
Το Θέατρο είναι συνυφασμένο με την Ελλάδα όπως η κληματαριά
με το τσαμπί της: Σε αυτόν τον ταλαιπωρημένο βράχο στην άκρη της
Ευρώπης, τον λουσμένο με φως και θάλασσα, γεννήθηκε και
αντρώθηκε η Θεατρική Πράξη. Άλλοτε ως πολιτική παρέμβαση, άλλοτε
ως ύψιστο πολιτιστικό δρώμενο, το θέατρο πάντα υπερασπιζόταν την
βασική του ιδιότητα, εκείνη που ο παππούς Αριστοτέλης κρατάει στο
τέλος του ορισμού του για την Τραγωδία: την Κάθαρση, δηλαδή την
Θεραπεία του κοινού…
Μια ομάδα νέων και νεότερων Ελλήνων, ακριβώς πάνω στα
χώματα που ο Αριστοφανικός Τρυγαίος προσπαθούσε να ελευθερώσει
την Ειρήνη από τα δεσμά της, δοκίμασε το θέατρο ως εργαλείο
υποστήριξης, δυναμικής έκφρασης, συμμετοχής και δύναμης. Πολλές
ιστορίες πλάστηκαν από την αρχή, από άτομα που δεν ήταν πάντα σε
θέση να εκφραστούν και να εκφράσουν δυναμικά τα θέλω τους.
Φόβοι αναδύθηκαν στην επιφάνεια, οι ρόλοι άλλοτε στενοί -
στενάχωροι, άλλοτε έπλεαν απάνω μας , αλλά εμείς εκεί, όλοι η
ομάδα να επιμένουμε στο παιχνίδι, στο δράμα και στην κωμωδία, να
αποτυπώνουμε τις ζωές μας με λόγο, κίνηση, χορό και έκφραση. Νέοι
σε κίνδυνο αποκλεισμού, μερικοί ήδη αποκλεισμένοι, μαζί και μείς οι
θεραπευτές βρήκαμε την ευκαιρία να μιλήσουμε, να τραγουδήσουμε,
να υποδυθούμε ρόλους που δεν ήμασταν εμείς – ή μήπως είμαστε?
Σενάρια, μονόλογοι, ποιητικές εκφράσεις, κάθε είδους κατάθεση
ψυχής διαδραματίστηκε κατά την διάρκεια του Writing Theater.. Το
191

ταξίδι ήταν μακρύ και δύσκολο, είχε συναισθήματα πολλά, λύπες
αλλά και χαρές και νέοι δρόμοι!!!
Τελικά, όλοι μαζί σαν μια ομάδα, με κεντρικό καράβι την «Ιστορία
της Κουτάλας», με μηδενικά χρήματα αλλά πολύ κέφι, κάνοντας
χρήση απλών υλικών, και με την πολύτιμη καθοδήγηση των Ιταλών
εταίρων, κεφαλαιοποιήσαμε την υπάρχουσα εμπειρία μας, και
ανοίξαμε νέους δρόμους για την προσέγγιση του κοινωνικού
αποκλεισμού. Μετά από όλο αυτό το ταξίδι, η Κάθαρση ήρθε πιο κοντά
μας, πιο μέσα μας.
Σας ευχαριστούμε, και καλώς ήλθατε στο ταξίδι μας!
192
Η Ελληνική Ομάδα του Writing Theater

ΤΟ ΔΕΝΤΡΟ ΤΗΣ ΖΩΗΣ
ΣΩΚΡΑΤΗΣ ΑΠΟΣΤΟΛΟΠΟΥΛΟΣ
Μια φορά κι έναν καιρό, δύο παιδιά ξεκίνησαν να εξερευνήσουν το
δάσος της περιοχής τους και πιο συγκεκριμένα, ένα ξακουστό δάσος
που είχε μέσα το «ΔΕΝΤΡΟ ΤΗΣ ΖΩΗΣ». Τα δύο αυτά παιδιά λοιπόν
που τα λέγανε Λόγκαν και Βίκτορ, αφού πήρανε τα απαραίτητα
εφόδια μαζί τους, ξεκινήσανε την εξερεύνηση για το Δάσος.
Καθώς λοιπόν περπατούσανε στο δρόμο τους, βλέπουν ένα λύκο,
που ήταν και πολύ μεγάλος, άγριος. Ο Λύκος τότε τους είπε: «Αν
θέλετε να σας αφήσω να περάσετε, πρώτα θα μου φέρετε όσο πιο
πολύ κρέας μπορείτε, γιατί πεινάω πολύ!».
Τι να κάνουν τότε τα δύο παιδιά, αναγκάστηκαν να ψάξουν όλο το
δάσος και αφού σκότωσαν μερικά ελάφια και αλεπούδες, πήγαν όσο
πιο γρήγορα μπορούσαν, να τα παραδώσουν στο Λύκο. Ο Λύκος τότε
αφού τα έφαγε και χόρτασε, είπε στα παιδιά: «Είστε ελεύθεροι να
συνεχίσετε το δρόμο σας».
Αφού τα παιδιά στη συνέχεια, περπάτησαν δύο ώρες γεμάτες, βλέπουνε
μπροστά τους έναν ελέφαντα. Ο ελέφαντας με το που βλέπει τα παιδιά
τους λέει: «Εδώ και πολύ καιρό η προβοσκίδα μου έχει κοκκινίσει από τις
πολλές βρομιές που έχουν μπει μέσα, οπότε θέλω να μου την καθαρίσετε,
για να μπορώ να αναπνέω με την ευκολία που ανέπνεα παλιά».
Τι να κάνουν τότε τα παιδιά, αναγκάστηκαν να ανοίξουν τις τσάντες
τους και να βγάλουν κάτι πινέλα και μια τανάλια, για να καθαρίσουν
την προβοσκίδα του ελέφαντα. Αφού τελικά την προβοσκίδα του τη
γυάλισαν και ήταν πεντακάθαρη, τότε ο ελέφαντας τους είπε: «Σας
ευχαριστώ πάρα πολύ! Τώρα μπορείτε να συνεχίσετε το δρόμο σας».
193

Τα παιδιά στη συνέχεια, αφού είχαν σοκαριστεί και είχαν τρομάξει,
προσπαθούσαν όσο πιο γρήγορα μπορούν, να βρουν το «ΔΕΝΤΡΟ ΤΗΣ
ΖΩΗΣ».
Την ώρα όμως που είχαν φτάσει αρκετά κοντά σ`αυτό, συναντάνε
μπροστά τους ένα λαγό. Τότε ο λαγός τους λέει:
«Αν θέλετε να περάσετε από μένα, θα μου φέρετε πενήντα καρότα».
Τι να κάνουν τότε τα παιδιά, αναγκάστηκαν να πάνε μέσα στο
δάσος και να βρούνε όσα περισσότερα δέντρα μπορούσαν, που να
έχουν πάνω να φυτρώνουν δηλαδή καρότα.
Αφού μαζέψανε τελικά πενήντα καρότα, τα πήγαν στο λαγό και
αφού αυτός έμεινε άναυδος, τα έφαγε όλα με τέτοια χαρά, που μετά
καταευχαρίστησε τα παιδιά που του τα βρήκαν και του τα φέρανε.
Αφού τα παιδιά περάσανε κι από αυτό το εμπόδιο, προσπαθούσανε
να περπατάνε σιγά-σιγά, έτσι ώστε να μην τα πάρει χαμπάρι κανείς
και να φτάσουν επιτέλους στον προορισμό τους, που ήταν το
«ΔΕΝΤΡΟ ΤΗΣ ΖΩΗΣ».
Έλα όμως που τα παραμόνευε μία τίγρης και βγαίνει ξαφνικά στο
δρόμο τους και τα παιδιά τρομάξανε τόσο πολύ, που κοντέψανε να
κλάψουν, γιατί δεν ήθελαν να τους κάνει κακό η τίγρης.
Τότε η τίγρης ζήτησε να της φέρουν τα δύο παιδιά διακόσια
καναρίνια. Τα παιδιά ένιωσαν ότι δεν μπορούσαν να σκοτώσουν τόσα
καναρίνια και προσπάθησαν να εξηγήσουν στην τίγρη τους λόγους:
1) γιατί τα αγαπούσανε πολύ
2) τα καναρίνια και γενικά τα πουλιά, είναι χαρά Θεού
3) θα ήταν πολύ δύσκολο να βρουν τόσο μεγάλο αριθμό καναρινιών
Η τίγρης όμως τότε τους είπε: «Αν δε μου φέρετε τα καναρίνια δεν
θα σας αφήσω να περάσετε και να συνεχίσετε το δρόμο σας».
Τα παιδιά λοιπόν, αναγκάστηκαν να πάνε και να βρούνε. Αφού τα
βρήκαν και τα σκότωσαν, τα έδωσαν στην τίγρη και αυτή τα πήρε και
τα έφαγε, μέσα σε δευτερόλεπτα! Τότε η τίγρης χόρτασε και στη
συνέχεια τα παιδιά μπόρεσαν να συνεχίσουν το δρόμο τους.
Μετά από πάρα πολύ ώρα, τα παιδιά έφτασαν επιτέλους στο
«ΔΕΝΤΡΟ ΤΗΣ ΖΩΗΣ».
Μόλις το είδαν, έμειναν με ανοιχτό το στόμα, επειδή το δέντρο
αυτό ήταν γεμάτο με πανέμορφες γυναίκες. Τότε τα δύο παιδιά με τη
σειρά τους, διάλεξαν τις δύο πιο όμορφες γυναίκες, οι οποίες
αγάπησαν και τα παιδιά με την καρδιά τους και στη συνέχεια ήθελαν
να ζήσουν την υπόλοιπη ζωή τους, μαζί με τα παιδιά.
Έτσι τα παιδιά αποφάσισαν να παντρευτούν τις γυναίκες, έκαναν
οικογένεια και έμειναν για πάντα μαζί.
194
…και έζησαν αυτοί καλά κι εμείς καλύτερα.

Ο ΠΥΡΓΟΣ
ΑΝΤΡΙΑΝΝΑ ΑΝΤΩΝΟΠΟΥΛΟΥ – ΙΑΣΙΣ
Μια φορά και έναν καιρό ήταν δύο παιδιά που ήθελαν να κάνουν
δώρο στη μαμά τους λουλούδια, συγκεκριμένα έψαχναν για
τριαντάφυλλα για τη γιορτή της. Το επόμενο πρωινό λοιπόν
ξεκίνησαν πρωί, πήραν μαζί τους λίγο ψωμί και τυρί για να κάνουν
μια βόλτα στο δάσος μήπως και έβρισκαν εκεί. Προχωρούσαν
προχωρούσαν. Είχε μια ηλιόλουστη μέρα που βοηθούσε την βόλτα
τους. Μάζευαν διάφορα λουλούδια που έβρισκαν: ανεμώνες,
μαργαρίτες και άλλα, δεν έβλεπαν πουθενά τριαντάφυλλα. Ωστόσο
συνέχισαν να περπατάνε ώσπου ξεχάστηκαν και βρέθηκαν σε ένα
ποτάμι. Τους άρεσε πολύ και κάθισαν κάτω από ένα δένδρο δίπλα στο
ποτάμι. Καθώς είχε περάσει η ώρα, πείνασαν και δίπλα εκεί στο
ποτάμι που το νερό γαργαροκυλούσε κάθισαν και έφαγαν. Αφού
τελείωσαν, συνέχισαν. Είχαν προχωρήσει αρκετά πια που ξαφνικά
βλέπουν ένα λύκο και φοβήθηκαν. Ευτυχώς ήταν μια καλύβα εκεί και
κρύφτηκαν μέχρι να φύγει. Από το παράθυρο κοίταζαν πότε θα φύγει
ο λύκος για να ξαναβγούν. Μετά από λίγη ώρα ο λύκος έφυγε και
συνέχισαν και βρέθηκαν σε έναν πύργο. Εκεί ήταν μια κυρία που τα
προσκάλεσε μέσα να ξεκουραστούν να φάνε και να πιούνε μαζί.
Ήταν πολύ καλή και ευγενική κυρία. Εν τω μεταξύ ο πύργος απ’ έξω
ήταν όλος λουλούδια και πάρα πολλά κόκκινα τριαντάφυλλα…
Σκέφτηκαν ότι αφού ήταν τόσο καλή γυναίκα αν της ζητούσαν μερικά
θα τους τα έδινε. Κάθισαν και αφού η κυρία τους προσέφερε γλυκό
και πορτοκαλάδα τα ρώτησε πως τα λένε και τι έκαναν στο δάσος. Η
195

Σίσσυ και ο Θανούλης συστήθηκαν και της είπαν ότι έψαχναν για
τριαντάφυλλα να τα κάνουν δώρο στη μαμά τους. Το βρήκε πολύ
συγκινητικό και τους είπε ότι θα τους δώσει όσα θέλουν και αν
ακόμη θέλουν από πάνω μένει ο γιος της το βασιλόπουλο να πάνε να
παίξουν. Αφού έπαιξαν με το βασιλόπουλο, είχε περάσει αρκετά η
ώρα, άρχισε να νυχτώνει και έπρεπε να γυρίσουν σπίτι γιατί θα τους
έψαχνε η μαμά τους. Ακόμη το βασιλόπουλο τους είπε να πηγαίνουν
κάθε μέρα να παίζουν. Φεύγοντας αποχαιρέτησαν το βασιλόπουλο
και την κυρία που τα είχε έτοιμα τα τριαντάφυλλα και κόκκινα που
τους αρέσουν και έφυγαν. Γυρνώντας, βάδιζαν γρήγορα και
χαρούμενα που είχαν τα πιο όμορφα τριαντάφυλλα. Σαν έφτασαν
σπίτι δε βρήκαν την μαμά τους και ανησύχησαν, βγήκαν έξω και
ρωτούσαν στη γειτονιά. Πήγαν σε κάποια σπίτια αλλά δεν ήταν. Δε
σταμάτησαν ωστόσο την προσπάθεια και πήγαν και στο τελευταίο
σπίτι που την βρήκαν ανήσυχη εκεί. Ρωτούσε και εκείνη αν είδαν τα
παιδιά τους γιατί τα έψαχνε. Μέχρι που τα είδε και γύρισαν σπίτι.
Και ζήσανε αυτοί καλά και εμείς καλύτερα.
196

AN
Κέντρο Ημέρας ΙΑΣΙΣ
Αν ήμουν άγγελος θα ήμουν ευτυχής
Και αν ζούσα κάτω στη γη
Θα ήμουν υγιής
Αν ήμουν όλα, όλα, όλα αυτά
Δε θα χα πια πρόβλημα
Θα πέταγα ψηλά(ρεφρέν)
Αν ήμουν ρόδο στου σπιτιού την αυλή
Θα ήμουνα περήφανο πολύ
Γιατί, θα με πότιζες εσύ
Αν ήμουν όλα, όλα, όλα αυτά
Δε θα χα πια πρόβλημα
Θα πέταγα ψηλά(ρεφρέν)
Αν ήμουν σύννεφο στον ουρανό
Θα ταξίδευα σε κόσμο μαγικό
Για να ρθω να σε βρω
Αν ήμουν όλα, όλα, όλα αυτά
Δε θα χα πια πρόβλημα
Θα πέταγα ψηλά
197

ΤΟ ΓΚΡΕΜΙΣΜΑ ΤΟΥ ΤΟΙΧΟΥ – ΜΟΝΟΛΟΓΟΣ
Τα μέλη του Κέντρου Ημέρας ΙΑΣΙΣ
Βλέπω έναν τοίχο να υψώνεται μπροστά μου. Μπορώ να δω το
τέρμα του και προσπαθώ να το φτάσω, αλλά δεν φτάνω να πιαστώ.
Προσπαθώ να βρω μικρές εγκοπές μήπως και καταφέρω να
σκαρφαλώσω. Είναι μικρές και μόλις που καταφέρνω να γαντζωθώ.
Μετακινώ μια πέτρα και πετάω πάνω της. Μείωσα αρκετά την
διαφορά, είναι πιο κοντά το τέρμα. Σκάβω με τα νύχια μου τις εγκοπές
και σχηματίζω βαθουλώματα ώστε να μπορώ να ακουμπήσω τα πόδια
μου για να σκαρφαλώσω.
Ένα τούβλο φεύγει από το τοίχο και δημιουργεί ένα κούφωμα. Τώρα
μπορώ πιο εύκολα να φτάσω σε πιο ψηλό σημείο. Πατάω το κούφωμα
και γαντζώνομαι σε πιο ψηλό σημείο. Τα νύχια μου έχουν φαγωθεί,
αλλά δεν παραιτούμαι. Συνεχίζω να σχηματίζω εγκοπές. Κοντεύω να
φτάσω στο τέρμα.
Τα νύχια μου είναι πια ματωμένα-φτάνω στην κορυφή του τοίχου,
με δύναμη στα χέρια δίνω ένα σάλτο και καταφέρνω να φτάσω στο
χείλος του τοίχου. Φτάνω και κοιτάζω κάτω, πίσω από τον τοίχο
βρίσκεται κάτι ανεπανάληπτο.
Μια απέραντη πράσινη έκταση με λόφους και ρυάκια, μια τεράστια
λίμνη με δένδρα και διάφορα περίεργα φυτά. Αρπάζομαι από τα κλαδιά
ενός δένδρου και σιγά σιγά κατεβαίνω στο έδαφος. Ξεδιψάω από το
καθαρό νερό του ρυακιού και προχωράω προς την λίμνη. Διάφορα
ψάρια κολυμπάνε στα νερά της και λαμπιρίζουν στον ήλιο. Δροσίζομαι
στα νερά της και βγαίνω να στεγνώσω. Νιώθω το ζεστό χάδι του ήλιου.
198

Προχωράω και λίγο λίγο το πράσινο έδαφος το διαδέχεται η χρυσή
άμμος και ξαφνικά βρίσκομαι μπροστά σε μια απέραντη παραλία με
βότσαλα και αμμόλοφους. Δεν είμαι μόνη μου. Υπάρχουν διάφορες
μορφές. Σιγά-σιγά το φως του ήλιου χαμηλώνει και τη θέση του παίρνει
ένα ολόγιομο φεγγάρι. Αναμμένες φωτιές με παρέες γύρω τους. Μπορώ
να ξαπλώσω στην ζεστή ακόμα άμμο και να απολαύσω το παιχνίδισμα
της σελήνης πάνω στα νερά και την ηρεμία από τον ήχο των ξύλων που
τρεμοπαίζουν στον αέρα δημιουργώντας διάφορους σχηματισμούς.
Ο ήχος των γέλιων και των ψιθύρων δίνουν ένα τόνο διαφορετικό
σαν να μπερδεύονται με τον παφλασμό της θάλασσας.
Ίσως εδώ να μπορέσω πια να ξεκουραστώ. Νιώθω τον αέρα να μου
προκαλεί ρίγος και μια γλυκιά ηρεμία να με προσκαλεί στον κόσμο
των ονείρων.
199

Η ΑΣΥΝΗΘΙΣΤΗ ΙΣΤΟΡΙΑ ΜΙΑΣ ΚΟΥΤΑΛΑΣ
ιστορία που δημιουργήθηκε σταδιάκα μέσα από αυτοσχεδιάσμους,
παιχνίδια και ασκήσεις δημιουργικότητας, έκφρασης και φαντασίας.
Κέντρο Ημέρας ΙΑΣΙΣ
Μια φορά και έναν καιρό, σε μια κουζίνα ενός αθηναϊκού σπιτιού
γνώρισα μια κουτάλα, η οποία θέλησε να μοιραστεί μαζί μου την
ιστορία της. Ξεκίνησε λέγοντας ότι μεγάλο μέρος της ζωής της από
τη στιγμή που την κατασκεύασαν μέχρι να βρεθεί σε αυτό το σπίτι το
πέρασε στο μαγαζί της γειτονιάς που πουλούσε τα ωραιότερα
οικιακά σκεύη και κουζινικά.
Ενότητα 1 η
Στην βιτρίνα του μαγαζιού
Η κουτάλα βρίσκονταν πάντα μέσα σ’ ένα κουτί μαζί μ’ ένα σετ
κουταλάκια κατασκευασμένα και αυτά από το ίδιο υλικό όπως και
εκείνη. Περίμενε και έκανε πολλά όνειρα ότι μια μέρα θα βρίσκονταν
στη κουζίνα κάποιου μεγάλου σεφ και ότι θα τον βοηθούσε να
μαγειρεύει πολλά και ωραία φαγητά. Είχε πολλές φιλοδοξίες για τον
εαυτό της και γιατί να μην έχει αφού άλλωστε είχε όλες τις
προδιαγραφές. Ήταν μια καταπληκτική, βαθιά κουτάλα,
κατασκευασμένη από υψηλής ποιότητας ανοξείδωτο ατσάλι και με
λαβή από φυσικό καουτσούκ. Πέρασε πολλά χρόνια μέσα στη σιωπή με
τη προσμονή να της δοθεί κάποτε η ευκαιρία να μαγειρέψει και αυτή.
Και να η ευκαιρία! Κάποια μέρα μια συμπαθητική και καλοσυνάτη
γριούλα μπήκε στο μαγαζί για να αγοράσει σκεύη για την κουζίνα
200

της. Τα σκεύη όλα χάρηκαν «επιτέλους θα φύγουμε από εδώ μέσα»
σκέφτηκαν «αλλά πιο από όλα θα διαλέξει η γιαγιά?» αναρωτήθηκαν.
Ευθύς άρχισαν να κοιτούν το ένα το άλλο ανταγωνιστικά.
Στολίστηκαν, γυαλίστηκαν και μπήκαν στην σειρά προκειμένου να
παρουσιάσουν τα ευεργήματά τους στην γιαγιά, ο κυρ Θανάσης ευθύς
έτρεξε να την εξυπηρετήσει.
Γιαγιά: Ψάχνω για ένα ιδιαίτερο αξεσουάρ κουζίνας. Μια φίλη μου,
σύστησε το δικό σας μαγαζί. Μου είπε πως έχετε καταπληκτικά
κουζινικά με ιδιαίτερα προσόντα. Μέχρι που μου είπε ότι μιλάνε
κιόλας.
Κύριος Θανάσης: Α! Βέβαια! Στο μαγαζί μου έχω μόνο ξεχωριστά
κουζινικά και όντως είναι αλήθεια το καθ’ ένα έχει ιδιαίτερες
δυνατότητες. Ελάτε να τα γνωρίσετε και να δείτε πιο θα σας
εξυπηρετήσει καλύτερα. Από εδώ, έχουμε τη κατσαρόλα μάρκας Ζιάς.
Θα τη δείτε και από μόνη σας ότι είναι προικισμένη κατσαρόλα.
Κατσαρόλα Ζιάς: Γεια σας! Μου αρέσει να μαγειρεύω φακές και
μακαρόνια. Είμαι κολλητός φίλος με τη κυρία κουτάλα
Παναγιώτα. Ταιριάζουμε, συνεργαζόμαστε καλά και φτιάχνουμε
ωραία φαγητά. Ποτέ δεν έχουμε τσακωθεί. Η μόνη μας ανησυχία
είναι πως δεν είμαστε και τόσο μοντέρνοι και φοβόμαστε μήπως
μας αντικαταστήσετε κάποια στιγμή.
Γιαγιά: Ενδιαφέρον προσωπικότητα η κατσαρόλα σας, κύριε
Θανάση. Φαίνεται πολύ δυνατή. Αν και είναι χαμηλών τόνων,
μπορώ να διακρίνω ότι με τη κατάλληλη ενθάρρυνση έχει πολλές
δυνατότητες.
Κύριος Θανάσης: Και τώρα, γιαγιά, θα ήθελα να σας δείξω τη μικρή
μου, πορτοκαλί κατσαρολίτσα. Είναι το πιο όμορφο αξεσουάρ που
έχω στο μαγαζί.
Κατσαρολίτσα Θάλεια: Γεια σας! Είμαι μια μικρή, βολική
κατσαρολίτσα, με το όνομα Θάλεια. Αν με επιλέξετε, να είστε
σίγουρη ότι θα φτιάχνετε πάντα το πιο νόστιμο ρύζι και τα πιο
νόστιμα ζυμαρικά. Η μόνη μου ανησυχία είναι ότι καμιά φορά
φοβάμαι ότι γίνομαι λίγο γκρινιάρα. Μη φανταστείτε, τίποτα
τρομερό! Να, απλά θέλω να γίνεται το φαγητό πιο γρήγορα και το
άτιμο αυτό σιγοβράζει.
Γιαγιά: Πω, πω! Τι χαριτωμένη κατσαρολίτσα! Είναι σίγουρα σκέτος
πειρασμός να την αγοράσω… Και από εδώ, τι έχουμε…
Κουζίνα: Γεια σας! Είμαι μια κουζίνα και είμαι πάντα αναμμένη. Τα
κουμπιά μου ρυθμίζουν πάντα τη κατάλληλη θερμοκρασία για σας.
Πάρτε εμένα! Είμαι πολύ καιρό κλεισμένη και θέλω να βγω έξω.
Κάντε οι υπόλοιποι στην άκρη!
201

Γιαγιά: Έντονη προσωπικότητα η κουζίνα σας, κύριε Θανάση. Με
ενδιαφέρει να τη δω να συνεργάζεται και με άλλα κουζινικά. Είμαι
περίεργη να δω πως θα τα πήγαινε.
Κύριος Θανάσης: Είναι λίγο ατίθαση η κουζίνα μας. Βλέπετε, έχει
πολύ ενέργεια και δεν έχει βρει ακόμα κατάλληλους τρόπους να τη
διοχετεύσει. Ελπίζει ότι θα της δοθεί η ευκαιρία να έρθει στη
κουζίνα σας.
Γιαγιά: Θα δούμε… Ποιος άλλος ακολουθεί;
Κατσαρόλα Καλλιοπίτσα: Α! Γεια σας! Είμαι μια ασημένια
κατσαρόλα. Το όνομα μου είναι Καλλιοπίτσα. Το προσόν μου είναι
ότι είμαι πολύ ήσυχη, συνεργάσιμη, καθαρή και επιβάλλω τη τάξη
και την ησυχία στη κουζίνα.
Γιαγιά: Ενδιαφέρον! Είναι σίγουρα πολύ χρήσιμο να έχω μια
κατσαρόλα με τέτοια προσόντα στη κουζίνα μου.
Κύριος Θανάσης: Πράγματι! Είμαι σίγουρος για αυτή τη κατσαρόλα.
Είναι μια ήρεμη δύναμη και μπορεί να φέρει την ισορροπία σε μια
κουζίνα.
Γιαγιά: Έχετε δίκιο. Ο επόμενος;
Ταψί Νικήτα: Γεια σας! Είμαι το δυναμικό ταψί και το όνομα μου είναι
Νικήτα. Αντέχω στη πολύ δουλειά, στις υψηλές θερμοκρασίες και στο
σκληρό πλύσιμο. Τα καταφέρνω καλά σε οποιοδήποτε φαγητό αλλά
και γλυκό. Μπορώ να ψήσω μουσακά, παστίτσιο, πίτες, γιουβέτσι,
μπακλαβά, γαλακτομπούρεκο, ψάρι, σουφλέ, κατσικάκι..
Γιαγιά: Σιγά, σιγά… Πω, πω… Να, ένα κουζινικό με πολύ
αυτοπεποίθηση! Και, ποιον έχουμε εδώ;
Μαχαίρι: Γεια σας! Είμαι το μαχαίρι. Έχω κοφτερές ιδέες, είμαι
πάντα κινητικό, πολύ χαρούμενο και πρόθυμο να κάνω πιο εύκολη
τη δουλειά των άλλων. Σας προειδοποιώ όμως μπορώ να γίνω και
επικίνδυνος.
Γιαγιά: Τι εννοείς, επικίνδυνος; Υπάρχει περίπτωση να κινδυνέψω
εγώ ή το εγγονάκι μου καθώς σε χρησιμοποιούμε;
Μαχαίρι: Χρειάζεται επιδεξιότητα όταν με χρησιμοποιείτε αλλά να
είστε σίγουρη έχω πάντα το νου μου και προσέχω για να μην γίνει
ποτέ κανένα ατύχημα.
Γιαγιά: Μάλιστα. Ο επόμενος;
Τσελεμεντές: Γεια σου, γιαγιά! Ελπίζω να επιλέξεις εμένα! Είμαι ο
τσελεμεντές της Αργυρώς Μπαρμπαρίτσας. Είμαι ένα καταπληκτικό
βιβλίο με συνταγές από διάφορα γλυκά και φαγητά. Σπεσιαλιτέ μου
είναι η χωριάτικη σαλάτα με ξύδι μπαλσάμικο, κάπαρη και ρίγανη.
Γιαγιά: Όντως, θα με βοηθούσε ένα βιβλίο μαγειρικής. Να φτιάξω
και κάτι διαφορετικό στο εγγονάκι μου εκτός από φακές και
φασολάδα. Θα το σκεφτώ… Και δίπλα σου, ποιος είναι;
202

Καραβανάκι Αστεράτη: Γεια σου γιαγιούλα! Είμαι ένα καραβανάκι
με το όνομα Αστεράτη. Βγαίνω σε δύο χρώματα και ειδικεύομαι στα
βραστά αυγά. Μάλιστα!
Γιαγιά: Νάζι και τσαχπινιά βλέπω σ’ αυτό το κουζινικό. Θα έδινε
ένα τόνο σπιρτάδα και ενέργειας στη κουζίνα μου… Μάλιστα.
Κύριε Θανάση μου, είναι πραγματικά μοναδικά κουζινικά. Το καθ’
ένα έχει μια ξεχωριστή προσωπικότητα με ιδιαίτερα προσόντα και
πολλές δυνατότητες εξέλιξης. Είμαι σίγουρη ότι όλα θα τα
κατάφερναν στη κουζίνα μου.
Η γριούλα ζαλίστηκε από τα πολλά μαγειρικά σκεύη και δεν ήξερε
πιο να διαλέξει.
Γιαγιά: Δυστυχώς όμως, δεν έχω τόσα χρήματα για να τα αγοράσω
όλα όσα θα ήθελα, επισήμανε.
Ξαφνικά στο βάθος του μαγαζιού ξεχώρισε την κουτάλα. H γιαγιά
σκέφτηκε πως αυτή η κουτάλα που είναι σετ με κουταλάκια είναι
αυτό ακριβώς που χρειάζεται περισσότερο… και έτσι χωρίς δεύτερη
σκέψη την αγόρασε…
Κύριος Θανάσης: Μα αυτό δεν βγήκε καθόλου να παρουσιαστεί,
πως και το επιλέγετε; Απόρησε ο κυρ Θανάσης
Γιαγιά: Μα, είναι μια βαθιά κουτάλα με όλες τις προδιαγραφές…
αφήστε που πάει φίνα και με αυτά τα χαριτωμένα κουταλάκια.
Κουταλάκια: «Επιτέλους, τα καταφέραμε!», αναφωνούσαν
χαρούμενα τα κουταλάκια. «Θα βρεθούμε σε κουζίνα!».
Ενότητα 2 η
Στην κουζίνα της γιαγιάς
Έτσι η κουτάλα έφυγε μαζί με τα κουταλάκια χαρούμενη για την
κουζίνα της γιαγιάς. Εκεί συνάντησε ένα σωρό άλλα μαγειρικά
σκεύη που την περικύκλωσαν και την υποδέχτηκαν με χαρά.
Θα σου μάθουμε πως να κάνεις φασολάδα, και φακές!
Θα πλενόμαστε όλοι μαζί στον νεροχύτη… είναι πολύ ωραία!
Περνάμε ωραία εμείς εδώ, μαγειρεύουμε όμορφα!
Πολύ χαιρόμαστε που ήρθες!
Η κουτάλα μεμιάς απογοητεύτηκε. «Μα, εδώ κατοικούν μόνο άξεστα
και κακής ποιότητας μαχαιροπίρουνα, το μόνο που ξέρουν είναι να
203

ανακατεύουν φακές άντε και καμιά καμιά φασολάδα της γιαγιάς. Εγώ
δεν κατασκευάστηκα για να φτιάχνω φακές και φασολάδες αλλά για να
ανακατεύω gourmet σούπες». ξέσπασε… μάταια τα κουταλάκια
προσπάθησαν να την συνεφέρουν, εκείνη δεν άκουγε κανέναν. Τώρα,
πολλά συναισθήματα πλημμύρισαν τη καρδιά της, αμέτρητες σκέψεις
ξεπηδούσαν από το μυαλό της και χωρίς να το καταλαβαίνει άρχισε να
μην νιώθει καλά. «τι θέλω εγώ εδώ με αυτά τα παλιατζούρικα
μαχαιροπίρουνα?» και τους κοίταξε όλους υποτιμητικά. «καλύτερα να
πάω να κλειστώ σε εκείνο το συρτάρι να βρω την ησυχία μου» σκέφτηκε.
Ενότητα 3 η
Στο συρτάρι
Έτσι και έκανε… Πήγε και κρύφτηκε στην πιο σκοτεινή πλευρά του
συρταριού, δεν ήθελε να βλέπει κανέναν, ούτε κάν τα κουταλάκια
από το μαγαζί. Εκεί έμεινε πολύ καιρό, μόνη, με την σιγουριά πως
έκανε το καλύτερο για τον εαυτό της… εκεί στα σκοτεινά σκέψεις
μύριες στριφογυρνούσαν στο μυαλό της.
Θα μείνω εδώ μέσα, είναι καλύτερα από έξω
Εγώ έχω όνειρα δεν θα χαραμιστώ με αυτούς
Τα άλλα μαχαιροπίρουνα με ζηλεύουν
Όλοι θέλουν το κακό μου
Κανείς δεν με θέλει, με κοιτούν όλοι περίεργα
Καλύτερα, να μην μιλάω σε κανέναν απ’ αυτούς εδώ.
Κάποιο κακό ετοιμάζονται να μου κάνουν, το νιώθω.
Σταδιακά όμως αρχισε να νιώθει σ’ όλη την ατσαλένια της ύπαρξη
μια ένταση, μια αγωνία, ένα τεράστιο φόβο. Ξεθώριαζε έχανε την
γυαλάδα και την ομορφιά της, δεν μπορούσε να καταλάβει τι της
συνέβαινε. Μέχρι που έγινε άκαμπτη, άχρωμη δεν μπορούσε ούτε καν
να κινηθεί. Δεν αναγνώριζε τον εαυτό της. Τα υπόλοιπα
μαχαιροπίρουνα δεν τη πλησίαζαν, ήταν για όλους η παράξενη
κουτάλα. Δυσκολευόταν όλοι να την καταλάβουν και να νιώσουν τις
αγωνίες της. Το μόνο λοιπόν, που της είχε μείνει για συντροφιά ήταν
το τραγούδι της. Καθόταν με τις ώρες και τραγουδούσε ένα τραγούδι,
παράξενο και αλλόκοτο που κανείς δεν καταλάβαινε ούτε καν η ίδια…
«Λα λα λα πα ρα τα τα… λαλα τα πα ρα τα τα τατατα… πέρασαν
μέρες νύχτες μπορεί και χρόνια τραγουδώντας τον ίδιο σκοπό μέσα
στην γωνιά του συρταριού της… λα λα λα πα ρα τα τα… τα πα ρα τα
τα τατατα… λα λα λα πα ρα τα τα… λαλα τα πα ρα τα τα τατατα…».
204

Ενότητα 4 η
O ερχομός του μαχαιριού
Όμως, μια μέρα κάτι άλλαξε. Ένα μαχαίρι άκουσε το τραγούδι της
και ξεκίνησε να τραγουδά όπως και εκείνη, με τους ίδιους
παράξενους ήχους, με τα ίδια ακαταλαβίστικα λόγια. Για τη
κουτάλα, η κίνηση αυτή ήταν μεγάλη συμπαράσταση και ανακούφιση.
Το μαχαίρι έδειξε αληθινό και σταθερό ενδιαφέρον για τη κουτάλα
και εκείνη άρχισε να το εμπιστεύεται και να μοιράζεται μαζί του
κάποιες από τις αγωνίες και τις σκέψεις της. Η κουτάλα μετά από
πολύ καιρό ένιωσε μια ανεξήγητη ελπίδα, δεν ήταν πλέον μόνη μέσα
στο άδειο συρτάρι, αλλά είχε και ένα μαχαίρι για συντροφιά.
Τότε ήρθαν και άλλα μαχαιροπίρουνα να της συμπαρασταθούν…
άρχισε και πάλι να βρίσκει το χρώμα και την λάμψη της, θυμύθηκε
πάλι τα κουταλάκια που χε χάσει, πόσο της είχαν λείψει… θυμήθηκε
την ζωή της στο μικρό γωνιακό μαγαζάκι που έζησε… δάκρυα
κύλυσαν στα μάτια της…
Ήμουν ανόητη, είπε η κουτάλα, είχα μεγάλη ιδέα για τον εαυτό
μου… Νόμιζα πως όλοι θέλουν το κακό μου και δεν μπόρεσα ποτέ να
πλησιάσω τους άλλους, κοίτα με κατάντησα τόσο δυστυχισμένη…
Όλα μπορούν να διορθωθούν, υπάρχει ζωή και έξω από το συρτάρι,
την καθησύχασε το μαχαίρι… «κοίτα» της είπε δείχνοντάς της έξω
από το συρτάρι «είναι η κουζίνα που πάντα ονειρευόσουν», «ήρθε η
ώρα να αποδείξεις τι μπορείς να κάνεις!».
… Προσπάθησε το μαχαίρι να ανοίξει το συρτάρι για να μπορέσει
η κουτάλα να βγει, όμως δεν τα κατάφερε και αποφάσισαν τότε μαζί
με τη κουτάλα πως θα πρέπει να κάνει και η ίδια μια προσπάθεια να
βγει… η κουτάλα φοβήθηκε αρκετά στην αρχή αλλά με την εμψύχωση
του μαχαιριού και των υπολοίπων έκανε ένα μεγάλο άλμα και
βρέθηκε έξω από το συρτάρι…
Ενότητα 5 η
Η ζωή έξω από το συρτάρι…
Ήταν ένα άλμα συγκλονιστικό, απερίγραπτο κατευθείαν μπροστά
στα πόδια της γιαγιάς. Η γιαγιά σάστισε αρχικά, αλλά έπειτα η χαρά
της ήταν μεγάλη, είχε ξεχάσει τελειώς πως την είχε αγοράσει. «α! η
αγαπημεένη μου κουτάλα και νόμιζα πως σε είχα χάσει!, που ήσουν
καλη μου κρυμμένη τόσο καιρό?». Την πήρε τότε γρήγορα στα χέρια
της και τη χρησιμοποίησε στο ανακάτεμα της φασολάδας. Ηταν μια
ζεστή, μυρωδάτη και νοστιμότατη φασολάδα, η κουτάλα ενιωσε τόσο
205

όμορφα καθώς βυθίστηκε στα μπαχαρικά της… «είναι όμορφα να
μοιράζεσαι εμπειρίες με τους άλλους, να συνεργάζεσαι έτσι ώστε να
φτιάχνονται ωραία και νόστιμα φαγητά» είπε ενθουσιασμένη
«θέλετε να σας μάθω να φτιάχνεται και γκουρμέτ σούπες?»
αναφώνησε χαρούμενα καθώς ανακάτευε την πεντανόστιμη
φασολάδα της γιαγιάς… «ναιιιι» αναφώνησαν τα υπόλοιπα σκέυη,
καλωσορίζοντάς την και πάλι στην κουζίνα. Τα εγγονάκια της
γιαγιάς όμως είχαν κιόλας καταφτάσει πεινασμένα… «τι καλό μας
έχεις ετοιμάσει γιαγιά??» είπαν και έβαλαν την κουτάλα και τα άλλα
σκεύη στο νεροχύτη για πλύσιμο… το νερό της βρύσης έτρεχε
άφθονο… η κουτάλα για πρώτη φορά πλατσούρισε και έπαιξε με τους
φίλους της στον νεροχύτη νιώθωντας ήρεμη, χρήσιμη και
ευτυχισμένη… δεν ήθελε ποτέ πια να μείνει ξανά μόνη.
206

Η ΑΝΑΖΗΤΗΣΗ ΤΗΣ ΕΛΠΙΔΑΣ
Αντριάννα Αντωνοπούλου – Κέντρο Ημέρας ΙΑΣΙΣ
Έχετε δει ποτέ παιδάκια πέντε, έξι, οχτώ χρονών να
μαλλιοτραβιούνται πεσμένα στα χώματα για μια χούφτα αλεύρι? Μια
χούφτα αλεύρι… Κι όμως με αυτή τη χούφτα, λίγο νερό και αλάτι θα
έπλαθε η μάνα πέντε – έξι πιτούλες και θα ξεγέλαγε την πείνα της
οικογένειας. Αν μάλιστα είχε περισσέψει και κάτι από το σχεδόν
πάντα άδειο τραπέζι, τότε η χαρά θα ήταν διπλή, γιατί μ’αυτό το
περίσσευμα θα γιόμιζε τα πιτάκια, που θα φάνταζαν τεράστια στα
μάτια των παιδιών, όσο τεράστια ήταν και η πείνα στα στομάχια τους.
Σκληρά εκείνα τα χρόνια στο ξερονήσι που γεννήθηκαν. Η
Μαρίτσα ήταν λίγο μεγαλύτερη και είχε τη φροντίδα των υπόλοιπων
παιδιών πήγαινε σχολείο και διάβαζε πολύ παρόλο τις φροντίδες και
τις δουλείες που έκανε.
Σα μεγάλωσε κάπως, αποφάσισε να έρθει στην Αθήνα.
Αν και κουρασμένη από νεαρή ηλικία έπρεπε να βρει κάπου να
δουλέψει για να ζήσει, έτσι λοιπόν της σύστησαν ένα σπίτι.
Την επόμενη το πρωί πήγε αμέσως, δεν είχε άλλη επιλογή. Σα
χτύπησε τη πόρτα της άνοιξε μια κυρία, όχι και τόσο συμπαθητική,
της είπε να περάσει…
Τι ρώτησε τι ξέρει να κάνει και συμφώνησαν να τη βοηθάει με τις
δουλείες του σπιτιού. Δέχτηκε παρόλο τη κούραση και τη ταλαιπωρία
και άρχισε από εκείνη τη στιγμή. Έβαλε μια ποδιά για να
προστατεύσει και τα ρούχα της, γιατί δεν είχε άλλα. Ένιωσε σα
μεγάλη από τη κούραση, αλλά δε σταματούσε!
207

Η κυρία, δε φαίνεται να τη συμπάθησε και της φερόταν άσχημα, τη
κούραζε περισσότερο, δεν την άφηνε να καθίσει καθόλου.
Σαν σιδέρωνε μια μέρα, μπήκε ο γιός της στο δωμάτιο τη
γλυκοκοίταζε και της έκανε διάφορες ερωτήσεις. Τον συμπάθησε
κάπως, ερχόταν κάθε μέρα, από τη μέρα που την γνώρισε.
Είχε δουλειές έξω και έλλειπε τον περισσότερο καιρό, αλλά με την
εμφάνισή της Μαρίτσας ήταν πιο τακτικός στο σπίτι. Ο Θανάσης της
έκανε πρόσκληση, το βράδυ θα είχαν γλέντι στο σπίτι ενός φίλου του,
αν ήθελε να πάει, έτσι και έγινε. Η Μαρίτσα ετοιμάστηκε, είχε άλλο
ένα φόρεμα για να αλλάξει, κάπως καλύτερο.
Συναντήθηκαν σ’ένα όμορφο σπίτι με πολλά λουλούδια. Κάθισαν
σε μια γωνία αφού πήραν κάτι να φάνε από το πλούσιο μπούφε. Η
Μαρίτσα δε πίστευε στα μάτια της από τα πολλά φαγητά… Πήραν και
ένα ποτό και άρχισαν να συζητάνε, ένιωθε να σέρνεται από τη
κούραση αλλά προσπαθούσε να το ξεχάσει μέσα στη φασαρία και τη
ωραία μουσική. Ο Θανάσης επίσης έδειχνε να χαίρεται, όχι τόσο από
τον κόσμο που τους γνώριζε αλλά από τη Μαρίτσα. Της έλεγε ότι
ήταν φοβισμένος τόσο από τη κοινωνία στην οποία ζούσε, που δεν
πήγαιναν καθόλου τα πράγματα καλά, φοβόταν το πούλημα της
χώρας του, τα πουλούσαν σε ξένους και φοβόταν τη μάνα του μη
διώξει τη Μαρίτσα που είχε αρχίσει να τη συμπαθεί.
Η κοπέλα άρχισε και αυτή να ανησυχεί με τη σειρά της. Για τη
δουλεία της περισσότερο γιατί μαζί με όλα τ’άλλα, η ανεργία είχε
αρχίσει από καιρό να είναι σε έξαρση. Ωστόσο σκέφτηκε κάτι θα
ρωτούσε τη θεία της, η οποία έμενε Αθήνα, κάτι θα ήξερε γιατί αυτή,
σε αντίθεση με τη Μαρίτσα η θεία ήξερε πολύ κόσμο.
Μετά από λίγο έφυγαν γιατί η κούραση και ο φόβος τους είχε
χαλάσει εντελώς τη διάθεση. Έξω είχε πολύ ωραία βραδιά, το
φεγγάρι φώτιζε το δρόμο. Αφού χαιρετήθηκαν είπαν πότε να
ξανασυναντηθούν.
Την επόμενη που γύρισε από τη δουλεία της ρώτησε την θεία της
αν ήξερε κάποια άλλη δουλεία διότι φοβόταν μήπως την έδιωχναν.
Ευτυχώς η θεία της ήξερε ένα μαγαζί στο κέντρο της πόλης που
ζητούσε μια κοπέλα. Σκέφτηκε να πάει αύριο να ρωτήσει για τη
δουλειά, και έτσι έκανε.
Στο δρόμο που πήγαινε τη σταμάτησε ένας νεαρός πολύ όμορφος
και ευγενικός, της χαμογέλασε, τη ρώτησε αν έχει χρόνο για ένα καφέ
και αυτή του ανταποκρίθηκε με ένα γλυκό χαμόγελο γιατί της άρεσε
και δεν ήθελε να τον αφήσει από τα μάτια της. Ευτυχώς το μαγαζί
που πήγαινε ήταν δίπλα στη δουλειά,πετάχτηκε έτσι για λίγο και του
είπε να περιμένει. Μπήκε και ρώτησε, κάθισε για λίγο διότι
ανησυχούσε μη φύγει ο Αλέξανδρος που περίμενε από κάτω.
208

Ο κύριος που είχε το μαγαζί με τα ρούχα, της είπε να περάσει την
επόμενη για δουλεία.
Μαζί με τον Αλέξανδρο πήγαν σε ένα όμορφο καφενεδάκι που
βρισκόταν εκεί. Άρχισε πρώτα να μιλάει αφού παρήγγειλαν καφέ,
είχε χαρεί πολύ με τη γνωριμία της. Δούλευε σε μία εταιρεία, όπου
ήταν λογιστής. Ήταν αισιόδοξος ένιωθε πολύ χαρούμενος, είχε
ενθουσιαστεί από την παρέα του, που μιλούσε και τη ρωτούσε γι αυτή
για να μάθει τα δικά της. Προς μεγάλη της έκπληξη της είπε ακόμη
αν θέλει να δουλέψει στην εταιρία που δούλευε, διότι ήθελαν μια
κοπέλα στο λογιστήριο για βοηθό. Χάρηκε πάρα πολύ, μέχρι που
συμφώνησε ξεχνώντας το μαγαζί που είχε πάει προηγουμένως.
Ο Αλέξανδρος είχε θετική άποψη για τη κοινωνία και ας ήταν
χάλια τα πράγματα, η πίστη του στο θεό του έλεγε θα φτιάξουν σιγά
σιγά τα πράγματα και δεν έχανε την ελπίδα του. Όλο γελούσε και τη
ρωτούσε πότε θα την ξαναδεί. Κανόνισαν το απόγευμα να πάνε στην
εταιρία να της δείξει τη δουλεία.
Ο Θανάσης της έπαιρνε συχνά τηλέφωνο και μιλούσαν, είχαν γίνει
φίλοι.
Με τον Αλέξανδρο βρισκόταν συνέχεια και στη δουλεία και
έβγαιναν συνέχεια για φαγητό, θέατρο και κινηματογράφο.
Ο Αλέξανδρος τη γέμιζε με τόση χαρά που είχε ξεχάσει τη κούραση
των παιδικών της χρόνων.
Συζητούσαν για νέα ταξίδια και αφού η Μαρίτσα δεν είχε πάει και
πουθενά σχεδόν, τα έβρισκε ενδιαφέροντα και είχε αρχίσει να τον
ερωτεύεται, ώσπου μια μέρα που ήταν για φαγητό σ’ένα πολυτελές
εστιατόριο, αφού έφαγαν και έπιναν το κρασί τους, της είπε για τον
έρωτα του και ότι ήθελε να την παντρευτεί. Και αυτή ήθελε πολύ να
παντρευτούν, αλλά δεν του απάντησε αμέσως.
Έτσι μετά από λίγο καιρό έγινε ο γάμος. Αφού ο Αλέξανδρος ήταν
και από πλούσια οικογένεια και έτσι τη βοήθησαν στις ετοιμασίες
και έγινε ένας υπέροχος γάμος και ζήσανε ευτυχισμένοι.
209

Ήρωες του έργου
ΤΑ ΠΑΙΧΝΙΔΙΑ ΤΗΣ ΖΩΗΣ
Αντιγόνη: εργάζεται ως γιατρός με ειδίκευση στη δυσκοιλιότητα
και είναι η μικρότερη αδελφή της Βιολέτας.
Βιολέτα: εργάζεται σε ανθοπωλείο και της αρέσει πολύ η δουλειά
της. Μάλιστα έχει βάλει ειδικό σύστημα ήχου για να ακούν μουσική
τα λουλούδια της.
Δημήτρης: εργάζεται ως αγρότης και έρχεται στην Αθήνα με στόχο
μια καλύτερη ζωή.
Οδυσσέας: εργάζεται ως ηλεκτρονικός και είναι πολύ καλός φίλος
του Κώστα.
Παρασκευάς: εργάζεται ως οικοδόμος και έχει ένα αδελφό που έχει
να τον δει είκοσι ολόκληρα χρόνια.
Μαρία: έχει δικό της βενζινάδικο και εργάζεται μαζί με τον
αρραβωνιαστικό της.
Χρήστος: είναι εφοπλιστής, έζησε πολλά χρόνια στο Κάιρο και
τώρα επέστρεψε στην πατρίδα του την Ελλάδα.
Χρυσαυγή: είναι νοικοκυρά και θεία της Ασπασίας.
Ασπασία: εργάζεται ως δασκάλα. Έφυγε από τα Καλάβρυτα όπου
έμενε με μετάθεση σε σχολείο της Αθήνας.
Αχιλλέας: είναι ο αρτοποιός της γειτονιάς και ο φούρνος του το
σημείο συνάντησης των γειτόνων.
Διονύσης: εργάζεται ως σκουπιδιάρης στην περιοχή του Περιστερίου.
210

Κώστας: εργάζεται ως μηχανικός αυτοκινήτων στο βενζινάδικο που
έχει με την αρραβωνιαστικιά του, Μαρία.
Βρισκόμαστε στην Περιοχή του Περιστερίου. Η ώρα είναι 5 το πρωί
και ο Αχιλλέας έχει ήδη βάλει τα καρβέλια να ψήνονται στον φούρνο
του. Είναι πολύ χαρούμενος διότι η δουλειά πάει πολύ καλά και
σκέφτεται να βάλει αγγελία στην εφημερίδα για βοηθό. Κατά τη
διάρκεια της ημέρας περνάει πολύς κόσμος από το φούρνο του και
ψωνίζει. Γύρω στις 10:00 μπαίνει στο φούρνο ο φίλος του ο Δημήτρης
τον οποίο έχει να δει από τότε που χε κάνει διακοπές στη Λευκάδα. Ο
Δημήτρης του εξηγεί ότι αποφάσισε να αφήσει την Λευκάδα και το
χωριό του για να έρθει στην Αθήνα βρει μια δουλειά για να μπορέσει να
συντηρήσει την οικογένεια του. Τότε ο Δημήτρης ρωτάει τον φίλο του
εάν γνωρίζει κάποιον που να ζητάνε εργατικά χέρια. Τότε ο Αχιλλέας
του προτείνει να συνεργαστούν στο φούρνο του καθώς χρειάζεται
βοήθεια. Ο Δημήτρης συμφωνεί με μεγάλη χαρά και αμέσως πιάνει
δουλειά. Μια ώρα μετά ο Αχιλλέας λέει στον Δημήτρη ότι θα πάει να
πληρώσει τους λογαριασμούς του στο ταχυδρομείο και θα μείνει λίγο
μόνος του. Ο Δημήτρης δεν ανησυχεί, η δουλειά είναι απαιτητική αλλά
του αρέσει. Λίγα λεπτά μετά μπαίνει στο φούρνο η Κυρία Αντιγόνη που
για πρώτη φορά βλέπει τον Δημήτρη. Του κάνει διάφορες ερωτήσεις για
να μάθει λίγα πράγματα για τον νέο της γείτονα.
Λίγα μέτρα πιο κάτω, πάνω κάτω την ίδια ώρα, στο βενζινάδικο του
Κώστα και της Μαρίας εμφανίζεται μια τεράστια κούρσα μέσα στην
οποία είναι ο εφοπλιστής Κόμης Χρήστος άρτι αφιχθείς από το Κάιρο.
Ξαφνιασμένοι ο Κώστας και η Μαρία τρέχουν να τον εξυπηρετήσουν.
Ο Κόμης κρατώντας μια διεύθυνση στο χέρι του ζητάει πληροφορίες
για το πώς θα πάει στον προορισμό του. Εξηγεί στα δυο παιδιά ότι
είναι Έλληνας και ότι έζησε πολλά χρόνια στο Κάιρο όπου και έκανε
επιχειρήσεις και κέρδισε πολλά χρήματα. Επιπλέον τους αναφέρει ότι
αποφάσισε να επιστρέψει στην Ελλάδα για να βρει τον αδελφό του
Παρασκευά που έχει είκοσι χρόνια να δει και έχει χάσει τα ίχνη του.
Τα δυο παιδιά συγκινούνται από την ιστορία και δέχονται με πολύ
χαρά να τον βοηθήσουν.
Στην πλατεία του Περιστερίου βρίσκεται το ανθοπωλείο της Βιολέτας.
Η Βιολέτα είναι πολύ στεναχωρημένη διότι το μουσικό σύστημα που έχει
για τα λουλούδια της χάλασε και ανησυχεί μήπως μαραθούν τα
λουλούδια της. Φωνάζει λοιπόν από δίπλα τον Οδυσσέα ο οποίος είναι
ηλεκτρονικός για να τη βοηθήσει. Ο Οδυσσέας σπεύδει αμέσως η δουλειά
όμως που καλείται να κάνει χρειάζεται αρκετές ώρες. Παράλληλα η
Βιολέτα ασχολείται με τις συνθέσεις των λουλουδιών για το στολισμό
της εκκλησίας όπου θα γίνει ο γάμος του Κώστα και της Μαρίας.
211

Γύρω στις 12:30 ο Αχιλλέας επιστρέφει στο μαγαζί του και δηλώνει
στον Δημήτρη ότι θα πρέπει να λείψει τέσσερις ημέρες στο εξωτερικό.
Ο Δημήτρης του λέει να μην ανησυχεί και ότι θα φροντίσει εκείνος το
μαγαζί του φίλου του. Ο Αχιλλέας τον ευχαριστεί και φεύγει για το
σπίτι του να ετοιμάσει τη βαλίτσα του. Μισή ώρα αργότερα μπαίνει
στον φούρνο ο Διονύσης ο οποίος έκανε το διάλειμμά του από τη
δουλειά. Τη στιγμή που συζητούσαν με τον Δημήτρη μπαίνει στο
μαγαζί η Ασπασία. Χαιρετάει τους δύο άνδρες και τους λέει ότι είναι η
πρώτη μέρα της στην Αθήνα καθώς ήλθε με μετάθεση από τα
Καλάβρυτα για να εργαστεί σε σχολείο του Περιστερίου. Παρακαλεί
τους δυο άνδρες να της δείξουν που είναι στο σχολείο. Ο Διονύσης
μαγεμένος από την ομορφιά της Ασπασίας προθυμοποιείται να την
ξεναγήσει και να την πάει στο σχολείο. Η Ασπασία ρωτάει τον Διονύση
εάν γνωρίζει κάποιο σπίτι προς ενοικίαση. Ο Διονύσης της λέει ότι ο
φίλος του ο Οδυσσέας έχει ένα σπίτι που το νοικιάζει και αμέσωςτηλεφωνικώς-κανονίζει
να τους κλείσει μια συνάντηση. Ο Οδυσσέας
τους λέει ότι είναι στην πλατεία στο μαγαζί της Βιολέτας και αν θέλει
να περάσουν από εκεί. Η Ασπασία και ο Διονύσης συμφωνούν και
κατευθύνονται στο μαγαζί. Φτάνοντας εκεί βλέπουν τη Μαρία που
συζητούσε με τη Βιολέτα σχετικά με το κόστος της ανθοστόλισης και
τον Οδυσσέα χωμένο σε λαμπάκια και λυχνίες. Ο Διονύσης κάνει τις
συστάσεις και ο Οδυσσέας με την Ασπασία συζητούν για το σπίτι μέχρι
που συμφωνούν σε μια καλή τιμή. Ο Διονύσης προτείνει στην Ασπασία
να πάνε το βράδυ σινεμά και εκείνη δέχεται με χαρά.
Κατά τις 5 το απόγευμα η Ασπασία πηγαίνει στους θείους της
Παρασκευά και Χρυσαυγή που είναι και οι μόνοι συγγενείς που έχει
στην Αθήνα. Την κάλεσαν να φάνε μαζί και τις πρότειναν να διαμείνει
σπίτι τους μέχρι να νοικιάσει σπίτι. Η Ασπασία τους ευχαρίστησε
αλλά τους είπε πως έχει προπληρώσει για τριήμερη διαμονή στο
ξενοδοχείο. Αυτό που χρειαζόταν όμως από τη θεία της ήταν να της
κάνει μια επαφή με τη εξαίρετη γιατρό Αντιγόνη καθότι έχει μεγάλο
πρόβλημα δυσκοιλιότητας. Η Κα Χρυσαυγή με τηλεφωνική επικοινωνία
που έχει με την Αντιγόνη εξηγεί για το πρόβλημα της ανιψιάς της και
της κλείνει ένα ραντεβού για τις 6:30. Η Ασπασία κάθεται με τους
θείους της μέχρι τις 6:15 και κατευθύνεται προς το ιατρείο της
Αντιγόνης που βρίσκεται ένα στενό πιο κάτω. Η Ασπασία μπαίνει στο
ιατρείο της Αντιγόνης, συζητάει με τη γιατρό για το πρόβλημά της και
η γιατρός της γράφει ένα καθαρτικό. Την συμβουλεύει όμως να μιλήσει
με έναν ψυχολόγο καθώς πιστεύει ότι η δυσκοιλιότητα της
εμφανίστηκε λόγω στεναχώριας. Πραγματικά η Ασπασία έχει
μελαγχολήσει πολύ από τότε που ήρθε στην Αθήνα καθώς δεν ήταν
επιθυμία της η μετάθεση.
212

Η ώρα είναι 6:30 το απόγευμα, μέσα στην τεράστια κούρσα του
Κόμη Χρήστου είναι ο Κώστας και η Μαρία και όλοι μαζί πηγαίνουν
προς το σπίτι του Παρασκευά. Ο Κόμης Χρήστος αισθάνεται σαν να
πετά στον ουρανό και ο Κώστας με τη Μαρία αισθάνονται σαν να
παίζουν σε αστυνομική ταινία. Γύρω στις 7:00 φτάνουν έξω από το
σπίτι του Παρασκευά. Στην αυλή του σπιτιού η Κα Χρυσαυγή απλώνει
ρούχα. Στην θέα της κούρσας ταράζεται και της πέφτει κάτω η λεκάνη
με τα ρούχα. Βάζει τις φωνές και ο άντρας της βγαίνει έξω. Ο
Παρασκευάς βλέποντας τον αδελφό του συγκινείται και οι δύο άντρες
κλαίγοντας πέφτουν ο ένας στην αγκαλιά του άλλου. Ή Χρυσαυγή του
καλεί όλους μέσα στο σπίτι να φάνε ζεστό γαλατομπούρεκο.
Μια ώρα περίπου αργότερα, ο Οδυσσέας ολοκληρώνει τη δουλειά
του στο ανθοπωλείο της Βιολέτας ύστερα από 8 ώρες επίπονης
δουλειάς. Ζητάει λοιπόν την αμοιβή του από τη Βιολέτα, όμως εκείνη
τη βρίσκει πολύ υψηλή και του ζητά να της κόψει κάτι. Ο Οδυσσέας
που είναι καλόψυχος συμφωνεί και η Βιολέτα του κάνει δώρο μια
γλάστρα για το σπίτι του.
Γύρω στις 8 το βράδυ, ο Κώστας και η Μαρία επιστρέφουν σπίτι
τους ύστερα από μια δύσκολη και γεμάτη μέρα. Η Μαρία αναλαμβάνει
το μαγείρεμα και ο Κώστας το στρώσιμο του τραπεζιού.
Παράλληλα η Ασπασία βρίσκεται στο ξενοδοχείο και ετοιμάζεται
για την έξοδό της με τον Διονύση. Είναι ιδιαίτερα προβληματισμένη
σχετικά με την αλλαγή περιβάλλοντος. Η σκέψη της είναι στα
Καλάβρυτα και τους συγγενείς της. Η καρδιά της λέει να επιστρέψει
στο σπίτι της, η λογική της όμως της λέει ότι στην Αθήνα θα χει μια
καλύτερη ζωή. Τελικά αποφασίζει να πάει στο σινεμά και να αφήσει
αυτές τις σκέψεις για αύριο. Την ίδια ώρα ο Διονύσης ετοιμάζεται μέσα
στην τρελή χαρά στο σπίτι του. Είναι ενθουσιασμένος που θα βγει με
την Ασπασία. Ξαφνικά όμως συνειδητοποιεί ότι δεν έχει πάνω του
χρήματα. Χωρίς δεύτερη σκέψη κατεβαίνει γρήγορα τα σκαλιά, βγαίνει
έξω από το σπίτι του και πάει στον φίλο του τον Οδυσσέα. Ο Οδυσσέας
αν και ξαφνιάστηκε, χωρίς να το πολυσκεφτεί δίνει στο φίλο του τα
χρήματα και του εύχεται να περάσει όμορφα. Ο Διονύσης τρέχει μέχρι
το σινεμά όπου η Ασπασία τον περιμένει ήδη 1 λεπτό και 27
δευτερόλεπτα. Η Ασπασία εκνευρισμένη το κάνει σκηνή. Ο Διονύσης
όμως με τα γλυκά του λόγια την καλμάρει και πηγαίνουν στο σινεμά.
Βράδιασε, η ώρα πήγε 11 η Βιολέτα και ο Δημήτρης είναι οι
τελευταίοι στη γειτονιά που κλείνουν τα μαγαζιά τους και
κατευθύνονται προς τα σπίτια τους. Η Ασπασία και ο Διονύσης
αποχαιρετιούνται και λένε ότι θα τα πούνε αύριο. Οι ήρωες μας πάνε
για ξεκούραση. Τώρα οι δρόμοι είναι έρημοι. Όλοι περιμένουν τα
«παιχνίδια της» επόμενη μέρας.
213

Ο ΒΥΘΟΣ
ΟΜΑΔΑ ΕΠΙΜΕΛΗΤΩΝ ΑΝΗΛΙΚΩΝ
Ένα παιδί σε ένα μακρινό κόσμο αποφάσισε να κάνει μια βόλτα
στον πιο περίεργο βυθό! Ήταν ένας χρωματιστός βυθός με κάθε λογής
θαλασσινά. Καρχαρίες, δελφίνια, χταπόδια, ψάρια και όστρακα.
Καθώς κολυμπούσε βρήκε ένα ψαράκι ευτυχισμένο μέσα στο σπίτι
του. Το είχε φτιάξει πολύ όμορφο! Του έπιασε λοιπόν κουβέντα.
«θα συναντήσεις πολλούς φίλους μου εδώ. Αν ανέβεις λίγο πιο
πάνω θα δεις τον κύριο χταπόδι και τους φίλους μου τα δελφίνια.
Αλλά να προσέχεις γιατί από ότι μου είπαν ο καιρός δεν είναι πολύ
καλός και περνά συχνά ένα περίεργο τεράστιο αντικείμενο που μας
βρωμίζει τα σπίτια.» Είπε το ψαράκι.
Ενώ το παιδί ετοιμαζόταν να φύγει του φωνάζει ξανά το ψαράκι:
«Εεεε, περίμενε! Ξέχασα να σου πω ακόμα ένα κίνδυνο. Να προσέχεις
πολύ τα αγκίστρια… ή κάπως έτσι. Νομίζεις πως σου δίνουν νόστιμες
λιχουδιές αλλά τσουπ! Σε παίρνουν μακριά… Έτσι την πάτησε και η
μαμά δέλφινα και άφησε τα παιδιά της μονά τους.
Το παιδί χαμογέλασε, σαν να ήξερε για τι πράγμα ακριβώς μιλούσε
το ψαράκι, το ευχαρίστησε και έφυγε… Όντως το αγοράκι τα είδε όλα
αυτά…
Κάπου στο τέλος του ταξιδίου του συνάντησε τον κύριο Ξινό. Έτσι
ήταν το παρατσούκλι του. Είχε το πιο ωραίο σπίτι από όλα τα
θαλασσινά, αλλά δεν έμενε μέσα ποτέ. Πάντα έκανε περιπολίες μη
τυχόν πλησιάσει κάνεις. «Τι κρίμα!» σκέφτηκε το παιδί «έχει το πιο
214

φανταστικό σπίτι σε όλο το βυθό αλλά δεν το χαίρεται. Και χωρίς
φίλους πως μπορεί να ζει» συνέχισε τη σκέψη του.
Το ταξίδι τέλειωσε και ο μικρός μας φίλος έπρεπε να γυρίσει στην
οικογένεια του. Αποφάσισε να μην πει σε κανέναν για την περιπέτεια
του και έτσι πριν ανοίξει την πόρτα του σπιτιού του είπε για
τελευταία φόρα: «Κοίτα να δεις! Όλα ήταν τόσο διαφορετικά μεταξύ
τους κι όμως όλα είχαν την ομορφιά τους! Όλα ήταν τόσο διαφορετικά
μεταξύ τους κι όμως ζούσαν όλα σε εκείνο το χρωματιστό βυθό!».
215

YOUTH RAP SONG I
ΟΜΑΔΑ ΕΠΙΜΕΛΗΤΩΝ ΑΝΗΛΙΚΩΝ
Σιχαίνομαι το θέατρο, τις Κυριακές στους δρόμους τους βρώμικους,
τους άθλιους τους αλλεργιογόνους.
Σιχαίνομαι τους πλουσίους στην όπερα που πάνε που τάχα
κοκορεύονται, μα όλοι τους πονάνε.
Σιχαίνομαι πατσά μετά από το ξενύχτι, αυτή τη μυρωδιά απ’ όλο
αυτό το ξύδι.
Σιχαίνομαι τους μπάτσους που τάχα μας προσέχουν και οι ρατσιστές
απέναντι την χούντα αναμένουν.
Ψάρια! Εγώ είμαι ο παλιός, κρατήστε βαρεμάρα εγώ την είδα αλλιώς.
Γαμώ και το σχολείο και τους καθηγητάδες αυτά τα μούτρα
απέναντι που ρίχνουνε παπάδες.
Σιχαίνομαι το άτομο που δεν έχει να πει πετάει μία κοτσάνα και
σπάει τη σιωπή.
Χωρίς λεφτά, αμάξια και δουλειά, παίρνω λεωφορεία να βρω την
παραλία. Κοίτα μαλακία σκατά είναι και αυτή φρόντισαν γι’ αυτό οι
ασυνείδητοι.
Ψέματα παντού, παντού υποκρισία μέσα στο μυαλό μου, η
ακαταστασία.
Τσαμπουκά πουλάς, τα τσιγάρα είναι πολλά, είσαι άντρας ή γυναίκα
τελικά.
216

YOUTH RAP SONG II
ΟΜΑΔΑ ΕΠΙΜΕΛΗΤΩΝ ΑΝΗΛΙΚΩΝ
Βρωμιά παντού ακαταστασία στους δρόμους, στα σχολειά, ακόμα
και στα λεωφορεία.
Με πιάνει αλλεργία με την ακαταστασία…
Βαρέθηκα τα ψέματα, τις ασυναρτησίες και όλες τις άλλες
μαλακίες.
Έλεος πια με τις κοτσάνες που ξεστομίζουν οι πλούσιο και οι μπάμιες.
Άσχημη μυρωδιά στους δρόμους, στα σπίτια,στην πλατεία,
στα θέατρα, στην όπερα και τα καφενεία, εκεί που όλοι ψάχνουν
σωτηρία.
Ψάρια είμαστε στην ζωή και μας καθοδηγούνε σε βρώμικες παραλίες
εκεί που αυτοί θέλουν να μας δούνε.
Πάνε στα κανάλια και βγαίνουν στις ειδήσεις, πλούσιοι, ρατσιστές,
ρεπόρτερ και αηδίες,
μιλάνε ακατάπαυστα και λένε ασυναρτησίες.
Βαρίεμαι αφάνταστα να ακούω ανοησίες.
Όλοι ψάχνουν τον εαυτό τους, τον φίλο, τον αδερφό τους,
να βρουν την ταυτότητα τους, τα ιδανικά τους.
Με πιάνει αλλεργία με την ακαταστασία.
217

ΘΕΣ ΝΑ ΚΑΝΟΥΜΕ ΠΑΡΕΑ… ΠΕΙΣΕ ΜΕ…!
ΟΜΑΔΑ ΕΠΙΜΕΛΗΤΩΝ ΑΝΗΛΙΚΩΝ
Μία παρέα πολύ δυναμική και εκλεκτική. Διαλέγει ένα ένα τα μέλη
της. Η διαδικασία επιλογής σημαντική. Μέχρι και προσωπική
συνέντευξη. Μέλη της επιτροπής 2 άτομα εμπιστοσύνης με ικανότητα
να αποσπούν τις αναγκαίες εξηγήσεις από τους αιτούντες για τον λόγο
που θα πρέπει να τους δεχτούν στην παρέα τους. Πρέπει να τους
πείσουν. Να τους κάνουν να πιστέψουν ότι αξίζουν να είναι μέλη της.
Οι υποψήφιοι αγχωμένοι ψάχνουν επιχειρήματα για να τα καταφέρουν.
Κανένας δεν τολμά να ξεκινήσει. Ο Μανώλης δεν αντέχει… και με
πονηριά περνάει το όριο και προσπαθεί να μπει στην εκλεκτή παρέα. Η
επιτροπή τον επιπλήττει και του ζητάει τα επιχειρήματα του. Πονηρός
όπως πάντα και έφυες άτομο ως είναι, αρχίζει να διαπραγματεύεται
μαζί τους. Τους λέει για το δράμα του..θα ταξιδέψει… θα πάει
διακοπές… θα τους λείψει… το ζητάει σαν χάρη… γιατί θα λείπει
κανέναν μήνα… και θα τον χάσουν. Η επιτροπή δεν πείθετε!
Χρησιμοποιεί όλα τα μέσα… τους τάζει δώρα!!Η επιτροπή λυγίζει! Τον
δέχεται με την μία χωρίς συζήτηση και κόπο… Ο Μανώλης τυχερός, τα
κατάφερε… μπήκε στην εκλεκτή παρέα!!!! Νιώθει δυνατός! Τώρα
αποφασίζει και αυτός!!!! Ώρα να αρχίσει η διαπραγμάτευση λοιπόν. Οι
ερωτήσεις συνεχείς προς του άλλους δύο υποψηφίους:
Ανθή: Ωραία ο ένας μας δωροδόκησε! Οι άλλοι τι θα πουν;;;;
Γιάννης: Για πες;; Πες;;;
Λάζαρος: Τι να πω;;; Ξέρω εγώ;;; Είμαι καλό παιδί…
218

Ανθή: Μας αρκεί αυτό;;
Γιάννης: Ε όχι… δεν μας αρκεί!
Μανώλης: Έλα πες άλλο!
Λάζαρος: Τι να πω;;;
Μανώλης: Εμένα δεν με καλύπτει…
Ανθή: Θέλουμε κάτι πιο τρανταχτό! Τι εννοείς καλό παιδί;;;;;
Λάζαρος: Θα σας το αποδείξω…
Μανώλης: Έτσι που το πας δεν θα μπεις ποτέ!
Λάζαρος: Θα σας αγοράσω κάτι ακριβό!
Ανθή: Α! Πάλι δωροδοκία πήραμε…
Μανώλης: Έτσι νευριάζω… Δεν θα μπεις ποτέ!
Ανθή: ΩΩΩΩΩΩΩΩΩΩΩ
Λάζαρος: Τι να πω δεν ξέρω…
Ανθή: Τι θα θέλαμε…
Μανώλης: Μία επιταγή ενός εκατομμυρίου!!
Λάζαρος: Θα την δώσω…
Μανώλης: Αμάν! 2 εκατομμύρια ;;;;
Γιάννης: Με 2 εκατομμύρια μπαίνετε και οι δύο σας.
Λάζαρος: Θα σας τα δώσω… αν θέλετε…
Ανθή: Ξέρεις μωρέ δεν θέλουμε να μας δώσεις κάτι υλικό… Κάτι να
μας δώσεις αλλά… κάτι άλλο… μία ιδέα… μία συμμετοχή…μία
πρόταση… για σκεφτείτε και οι άλλοι τι θέλουμε!
Λάζαρος: Τι ιδέα;;;;
Ανθή: Μπορούμε να του ζητήσουμε να κάνει κάτι…
Αλέξης: Να του ζητήσετε να μαζέψει το πεταμένο αποτσίγαρο εκεί
κάτω!
Γιάννης: Εσύ μας σνομπάρεις… δεν προσπάθησες να έρθεις στην
παρέα μας καθόλου… δεν έχεις πει κουβέντα τόση ώρα… τώρα σου
ήρθε!
Ανθή: Όχι δεν είναι η δουλειά του αυτή…
Λάζαρος: Τι να κάνω…
Γιάννης: Τι να κάνει;;;;;;
Ανθή: Τι λέτε να τον βάλουμε να πείσει τον Αλέξη να έρθουν μαζί;;;
Μανώλης: Ναι.
Λάζαρος: Αν θέλει να έρθει…
Μανώλης: Αν όμως πει με την μία ναι θα είναι πολύ εύκολο…
Ανθή: Είναι δύσκολος ο Αλέξης … οπότε και θα είναι δύσκολο!
Μανώλης: Έτσι θα περάσει και ο Αλέξης… με τη μία θα πει ναι…
Ανθή: Δηλαδή ο Αλέξης είναι πονηρός, που περιμένει να του κάνουν
πρόταση και δεν το προσπαθεί καθόλου! Έλα Λάζαρε… πίεσε λίγο
τον Αλέξη… προσπάθησε το…
Λάζαρος: Ε… αφού δεν θέλει… τι να του πω!!!
219

Μανώλης: Πιάσε τον λίγο από το λαιμό!
Γιάννης: Ε! ειρηνικά είπαμε… μην σκοτωθείτε…
Λάζαρος: Αφού δεν θέλει δεν μπορώ να τον πιέσω…
Ανθή: Να σκεφτούμε… Τι κάνεις καλά;;; Να δούμε αν μας αρκεί!
Λάζαρος: Τι κάνω καλά;;; Παίζω καλά μπάσκετ!
Ανθή: Μπάσκετ;;
Μανώλης: Δεν μου αρέσει αυτό…
Γιάννης: Μπα όχι…
Ανθή: Όχι ε;; Κάτι άλλο;;; Μήπως μαγειρεύεις;;;;
Λάζαρος: Ναι μαγειρεύω… δούλευα σεφ.
Ανθή: Αλήθεια!
Λάζαρος: Δούλευα σε ένα μαγαζί! Έφτιαχνα πίτσες, κλαμπ
σάντουιτς,μακαρονάδες, ομελέτες, κρέπες!
Ανθή: Μήπως σας πείθει λίγο;; Εμένα έχει αρχίσει και με πείθει!
Γιάννης: Κανένα γλυκό;;;
Λάζαρος: Ε! κρέπες….
Μανώλης: Ξέρω να φτιάχνω και εγώ κρέπες… και να μαγειρεύω
ξέρω!
Ανθή: Εσένα σε πήραμε στην ομάδα μας! Τι μιλάς;;
Ανθή: Οπότε δεν μας πείθει;;; Εμένα πάντως έχει αρχίσει και με
ψήνει…
Λάζαρος: Ξέρω σαλάτες… χωριάτικες, σεφ!
Ανθή: Χα, χα… Σεφ ε;;;
Λάζαρος: Εγώ αυτά είχα να πω…
Γιάννης: Μμμμ παίζεις μουσική;;; Ακούς μουσική;;
Λάζαρος: Ακούω!
Μανώλης: Τι ακούς;;;
Λάζαρος: Πολλά και διάφορα!
Μανώλης: Τι ακούς;;;
Λάζαρος: Ε! ότι μου αρέσει…
Ανθή: Ε καλά τώρα! Μας βγάζεις και επίθεση… άμυνα… σιγά μην σε
δεχτούμε! Άκου ότι μου αρέσει!
Λάζαρος: Ακούω ελληνικά.
Μανώλης: Τρανς ακούς;;;
Γιάννης: Α ναι τρανς ακούς;;;;
Λάζαρος: Ε… όχι… μερικά μόνο που μου αρέσουν! Ότι μου αρέσει
ακούω!
Ανθή: Εγώ πάντως πολύ λίγο θέλω για να πειστώ ακόμα…
Γιάννης: Και εγώ!
Μανώλης: Και εγώ!
Ανθή: Τίποτα άλλο;;;
Λάζαρος: Ακούω και ραδιόφωνο…
220

Ανθή: Διαδικτυακό;;
Λάζαρος: ναι!
Ανθή: Παιδιά μπαίνει!!!!!
Μανώλης: Έλα άντε!!! Εσύ Αλέξη;;; Τι θα πεις;;;
Αλέξης: Δεν θέλω να μπω στην παρέα σας…
Ανθή: Κοίτα να δεις τσαμπουκά ο μικρότερος της παρέας…!
Γιάννης: Μόνος με την πάρτι του!!!
221

222
ΚΑΛΟΚΑΙΡΙ
Αντωνία Λιονάκη
Καλοκαίρι, όμορφο που είσαι καλοκαίρι
Ζέστη, θάλασσα, ήλιος, καλοκαίρι
Μας θυμίζεις πάντα την ζωή
Χελιδόνια, γλάροι και σπουργίτια
Πετούν ψηλά, καλοκαίρι
Από της πρώτης άνοιξης, το αγέρι ως του Σεπτέμβρη
την πρώτη την βροχή, καλοκαίρι
στη καρδιά μου θα σε έχω καλοκαίρι
κι αν χειμώνας έρθει καλοκαίρι
θα ζεσταίνεις τις καρδιές μας καλοκαίρι
με τις ζεστές τις αναμνήσεις της δικής σου εποχής
Ο χειμώνας ήρθε πάλι
Κρύος, άσχημος, ψυχρός.
Με παλτά, κασκόλ, ζακέτες
Να τος μοναχός
Ο ΧΕΙΜΩΝΑΣ
Αντωνία Λιονάκη
Αλλά να! Στο βάθος πέρα, έρχεται ο βοριάς.
Μοναχός του πια δεν θα ναι ο πικρός μας ο χιονιάς!

Περιστεράκι μου καλό
Περιστεράκι μου σεμνό
Πέτα ψηλά στον ουρανό
Πέτα σε μέρος μακρινό
Όπου άνθρωπος δεν ξέρει
TO ΠΕΡΙΣΤΕΡΙ
Αντωνία Λιονάκη
Να βρεις κοιλάδες της ψυχής
Νεράκι γάργαρο να πιεις
Από το δρόμο να ξεκουραστείς
Να ξαποστάσεις και πάλι να απογειωθείς
σε μέρη άγνωστα να φτάσεις
223

Ο ΉΛΙΟΣ ΒΛΈΠΕΙ ΤΗΛΕΌΡΑΣΗ
ΟΜΑΔΑ MOSAIK -ΚΕΘΕΑ
Ο ήλιος βλέπει τηλεόραση. Βλέπει στην οθόνη έναν άνθρωπο που
δεν μιλάει και αλλάζει κανάλι, αυξάνει την ένταση της φωνής. Τώρα
είναι καλύτερα, σκέφτεται. Βλέπει μία ταινία, μία ιστορική ταινία.
Αλλάζει ξανά για να δει ποδόσφαιρο, μετά ειδήσεις, πόλεμο.
Βαρέθηκε, κλείνει την τηλεόραση, βγαίνει έξω στην αυλή. Βλέπει τον
ήλιο και κάνει ηλιοθεραπεία.
Εγώ πριν ήμουν τηλεόραση, λέει η τηλεόραση, τώρα είμαι μία
μεγάλη θάλασσα, στην οποία ο κόσμος κολυμπάει. Δύο ήλιοι. Ο
πρώτος ήλιος ψαρεύει στη θάλασσα ο άλλος κάνει μπάνιο. Ο Μαλίκ
το πνεύμα φέρνει τον αέρα.
Και μαζί με τον αέρα εμφανίζεται και ένας ελέφαντας από τον
ουρανό, γιατί είδε τους δύο ήλιους.
Βραδιάζει, οι ήλιοι πάνε για ύπνο, ο Μαλίκ το πνεύμα πάει να
ξεκουραστεί και αυτός. Οι άνθρωποι ζωγραφίζουν στην άμμο της
παραλίας τη δύση του ηλίου.
224

ΤΑ 4 ΣΥΝΑΙΣΘΗΜΑΤΑ ΠΑΝΕ ΕΚΔΡΟΜΗ
(ΧΑΡΑ, ΛΥΠΗ, ΕΥΤΥΧΙΑ ΚΑΙ ΦΟΒΟΣ)
ΟΜΑΔΑ MOSAIK -ΚΕΘΕΑ
Βρίσκονται στο λεωφορείο, έξω βλέπουν την φύση.
Ευτυχία: είναι πολύ ωραία, τέλεια, πάμε?
Φόβος: και αν βρέξει, τι θα κάνουμε, πως θα γυρίσουμε?
Η Λύπη συμφωνεί.
Χαρά: και τι θα γίνει θα λιώσουμε?
Ε: πάμε μαζί για καφέ.
Σταματάνε σε ένα μικρό καφέ.
Χ: τι ωραία πράγματα που έχετε εσείς εδώ.
Φ: Φοβάμαι να φάω, πως τα φτιάξανε?
Λ: δεν πειράζει, πας κοινότητα… (ό,τι και να πιεις θα πας κοινότητα)
Η Λύπη πίνει καφέ αλλά της λείπει το γάλα.
Χ: Α, να το!
Λ: τώρα είμαι μια χαρά.
Ο Φόβος δεν ήπιε ούτε έφαγε τίποτα. Οι υπόλοιποι φάγανε και ήπιαν.
225

Ε: να πάρε χυμό
Φ: μόνο αν είναι κλειστός (να φαίνεται η ημερομηνία λήξης)
Λ: ληγμένο θα είναι. Θα πιω όμως εγώ.
Η Χαρά και η Ευτυχία σκέφτονται να φύγουν.
Ε: τι να κάνουμε, να φύγουμε? Τι θέλεις να κάνουμε για να
ξεπεράσεις τον φόβο σου Φόβε?
Λ: να πιω εγώ για να δεις ότι ζω και ότι δεν θα πάθεις τίποτα?
Χ: να τον παρατήσουμε εδώ, να πάμε μόνοι μας… αλλά εσύ Ευτυχία
δεν μπορείς να νοιώσεις ευτυχία αν δεν είμαστε όλοι μαζί…
Λ: να τον αφήσουμε μόνο του
Φ: μόνος μου φοβάμαι, θέλω να έρθω και εγώ μαζί σας.
Όλα μαζί συνεχίζουν το δρόμο τους…
226

ΤΑΞΙΔΙ ΣΤΟ ΟΝΕΙΡΟ
ιστορία –τραγούδι σε ρυθμούς ραπ
(όλα τα μέλη της Ε.Κ.ΠΟ.ΣΠΟ- ΝΟΣΤΟΣ)
Μετανάστης σημαίνει νοσταλγία, νέα ζωή
ελευθερία μα και απώλεια μαζί
Η ζωή είναι ένα ποτάμι που κυλάει συνεχώς
Ένα ποτάμι που όλοι θέλουν, μα λίγοι έχουν δυστυχώς (ρεφρέν)
Πολλοί ξεκίνησαν να βρουν την ευτυχία
Μα λίγοι την συνάντησαν, χάθηκαν στην πορεία
Η ζωή είναι ένα ποτάμι που κυλάει συνεχώς
Ένα ποτάμι που όλοι θέλουν, μα λίγοι έχουν δυστυχώς (ρεφρέν)
Ονειρεύομαι έναν κόσμο μαγικό
Ένα κόσμο με αγάπη που ο χειμώνας θα χαθεί
Και η άνοιξη θα λάμψει
Η ζωή είναι ένα ποτάμι που κυλάει συνεχώς
Ένα ποτάμι που όλοι θέλουν, μα λίγοι έχουν δυστυχώς (ρεφρέν)
Ονειρεύομαι τον ήλιο τον ζεστό
Να γεμίζει καρδιές ανθρώπων
Έναν κόσμο δίχως πόλεμο δίχως θλίψη και πόνο
227

Η ζωή είναι ένα ποτάμι που κυλάει συνεχώς
… μα λίγοι έχουν δυστυχώς (ρεφρέν)
Ακολούθησε το δικό σου μονοπάτι στη ζωή
και ίσως βρεις το όνειρο σου… κάπου εκεί να σε καρτερεί… καλό
ταξίδι…
228

ΓΥΆΛΙΝΑ ΦΤΕΡΆ
Δημιουργός:Φιλίνα Τασσοπούλου
Η Εμμανουέλλα είναιχορεύτρια που μένει στην Αθήνα στο
περιστέρι. Είναι από την
Ισπανία. Είναι δυναμική, της αρέσουν τα ταξίδια. Είναι φανατική
με τη δουλειά της, έχειπάθος είναι φιλόδοξη και αισιόδοξη. Έχει
στόχο να γίνει γνωστή και σταρ. Αν έχει κάποιους εχθρούς αυτοί
είναι οι συνάδελφοί της, δύο από τους οποίους την βλέπουν πολύ
ανταγωνιστικά και στον διαγωνισμό χορού που θα γίνει, θέλουν να
της πάρουν την θέση. Την ζηλεύουν και προσπαθούν με πλάγιους
τρόπους να την σαμποτάρουν.
Φυσικά και έχει πάντα δίπλα της τους φίλους της που την
υποστηρίζουνκαι είναι ανοιχτοί απέναντι της: ο Θωμάς, η Κέλυ, ο
Κώστας και η Φανή είναι μερικοί από αυτούς. Υπάρχει και ο
σύντροφος τηςπου ουσιαστικά την λατρεύει, ο Φίλιππος.
Το πρώτο πράγμα που προσέχει σε έναν άνθρωπο είναι η
ειλικρίνεια και η αμεσότητα
του χαρακτήρα του.
Αυτά πράττει και η ίδια: ειλικρίνεια,τιμιότητα είναι ζωηρή έχει
φαντασία είναι ζωντανή. Απεχθάνεταιτο ψέμα, την απιστία,
τουςσπιτόγατουςαφού η ίδια είναι εξωστρεφής. Φοβάται τα φίδια και
τις αράχνες (γι’ αυτό και συνήθως δουλεύει σε κτίρια και όχι έξω.
Από μικρή την είχε δαγκώσει μια αράχνη και από τότε τις φοβάται.
Με τον επαγγελματισμό της και το χιούμορ της,την εντυπωσιακή
της εμφάνισηκαι την περιπετειώδεις διάθεσήτης καταφέρνει να είναι
πάντα στο προσκήνιο οπού και επιθυμεί βέβαια.
229

Με την βοήθεια του συντρόφου τηςπροσπαθεί να ξεπεράσει την
φοβία που έχει με τα αεροπλάνα γιατί ταξιδεύει συχνά αλλά κάποιες
φορές απαιτείται να χρησιμοποιήσει το μέσον αυτό παρά τα τρένα και
τα πλοία.
Την προβληματίζει ο γιος της που είναι πέντε χρονών και αποφεύγει
να τον αφήνει μόνο του, αλλά πρέπει λόγω της δουλειάς της.
Θέλει να γίνει πρώτο όνομα στον χορό και να καταφέρει να
κερδίσει στον διαγωνισμό που γίνεται σε λίγο καιρό στηνΑθήνα.
Επειδή η μάνα της ήθελε να γίνει χορεύτρια αλλά δεν τα κατάφερε
πίεζε την κόρη της, Εμμανουέλλανα γίνει διάσημη. Είχε πολλές δημόσιες
σχέσεις και κατάφερε να την βάλει στο Μπροντγουειπρωταγωνίστρια.
Έκανε ένα μήνα πρόβες και την ημέρα της πρεμιέρας, στην μέση της
παράστασης έπεσε και γύρισε το πόδι της ανάποδα και έσπασε. Ο
κόσμος τρομοκρατήθηκε. Ήρθε ένας γιατρός απ’ το κοινό και την πήγε
στο νοσοκομείο για εγχείρηση επειγόντως. Στο χειρουργείο όμως τα
πράγματα ήταν χειρότερα και οι γιατροί δεν μπορούσαν πλέον να
κάνουν τίποτα. Θα έμενε παράλυτη για όλη της την ζωή Αυτός ήταν ο
τελευταίος της χορός;
H αννάρωση…
Μετά από μια μεγάλη ανάρρωση 6 μηνών άρχισε να κάνει
φυσιοθεραπείες στον χώρο της με έναν εκπαιδευόμενο ιατρό. 2 χρόνια
μετά άρχισε να τον προσέχει και να τον βλέπει διαφορετικά. Ο
Χριστόφορος δεν την βοηθούσε μόνο θεραπευτικά αλλά είχε αγγίξει
την ψυχή τηςκαι της έδινε συμβουλές, κουράγιο και ελπίδα για το
μέλλον. Άρχισε να την νιώθει και εκείνος παραπάνω από φίλη και
έδειχνε να νοιαζόταν περισσότερο από ιατρός. Εκείνη αφέθηκε και
δείχνοντάς του εμπιστοσύνη,έγιναν ζευγάρι. Η σχέση τους πέρασε
από πολλές δυσκολίες, λόγω της υγείας της αλλά εκείνος καθημερινά
της έδειχνε την αγάπη του και όταν παντρεύτηκαν το δώρο της σε
εκείνον ήταν το θαύμα που δεν περίμενε. Μπορούσε πια να περπατάει
χωρίς αυτόν.
Άρχιζαν να διαμορφώνουν το σπίτι σαν σχολή χορού. Άδειασαν τα
έπιπλα και έβαλαν παντού καθρέφτες και μπάρες. Της υποσχέθηκε ότι
θα την βοηθήσει να χορέψει ξανά. Στην αρχή είχε αντιρρήσεις, αλλά
με την αγάπη του την έπεισε. Οι πρώτοι μήνες ήταν δύσκολοι. Όσο
όμως περνούσε ο καιρός η δύναμή της μεγάλωνε και οι ασκήσεις
αυξάνονταν.
Ο Χριστόφορος, την παρακολουθούσε με θαυμασμό και της έδινε
την αγάπη του και πολύ δύναμη. Μετά από 6 μήνες έψαχναν για
οντισιόν. Μαζί πήγαιναν και έκαναν αιτήσεις σε πολλά θέατρα για
230

πρωταγωνιστικούς ρόλους, αλλά και σε γνωστούς σκηνοθέτες για
ακριβές παραγωγές. Δεν περίμεναν πολύ καιρό και ερχόντουσαν οι
πρώτες απαντήσεις. Το μόνο που έπρεπε να κάνει ήταν να επιλέξει.
Υπήρχε κάτι που της τράβηξε το ενδιαφέρον απ’ την αρχή: Μια
παράσταση στη Βιέννη σε τρεις μήνες (αυτήν ξεχώρισε πρώτα). Το
ίδιο και ο άντρας της. Ετοιμάστηκαν και πήγαν αμέσως για τις
πρώτες πρόβες.
Η καρδιά της χτυπούσε σαν πρωτάρα. Αλλά εκείνος ήταν σίγουρος
ότι θα τα πάει καλά. Την ενθάρρυνε κάθε μέρα και την θαύμαζε ακόμα
πιο πολύ.
Η παράσταση έγινε με πολύ μεγάλη επιτυχία και οι προτάσεις
έπεφταν βροχή για να επισκεφτούν άλλες χώρες, με όλο τον θίασο.
Έτσι τα πράγματα πήραν τον δρόμο τους. Στηριζόταν πλέον στα δικά
της πόδια, ήξερε τι ήθελε και πλάι της είχε πάντα τον άντρα της.
Απέκτησε πολλούς φίλους και φίλες, έκανε πολλές δημόσιες σχέσεις.
Το όνομά της έγινε γνωστό σε όλο τον κόσμο αλλά πλέον δεν την
ενδιέφερε η δόξα. Το μόνο που της έλειπε, ήταν να ολοκληρώσει την
ευτυχία της με ένα παιδί. Που ήρθε την κατάλληλη στιγμή.
Ο τρισευτυχισμένος μπαμπάς με τις δίδυμες κόρες του αγόρασε ένα
τεράστιο σπίτι για να στεγάσουν την οικογένεια και τον έρωτά τους.
Σήμερα ζουν σε μια φάρμα και η οικογένειά τους έχει μεγαλώσει κι
άλλο. Οι δυσκολίες δεν λείπουν από τη ζωή τους αλλά μαζί τα
ξεπερνάνε όλα.
231

ΟΙ ΠΕΡΙΠΕΤΕΙΕΣ ΣΤΗΝ ΑΥΣΤΡΑΛΙΑ
Δημιουργός: Tασσοπούλου Φιλίνα
Η Πένυ είναι ένα κορίτσι που ζει στην Αυστραλία μαζί με τη μητέρα
της και τη γιαγιά της.
Της αρέσει πολύ η θάλασσα που την πηγαίνει η γιαγιά της κάθε
Σαββατοκύριακο και αγαπάει πολύ τη μουσική. Τα τελευταία δύο
χρόνια μαθαίνει κιθάρα.
Είναι 9 χρονών αλλά τη περασμένη εβδομάδα είχε μια δυσάρεστη
περιπέτεια στην παραλία.
Δεν είχε πολύ κόσμο εκείνη την ημέρα και σκέφτηκε να απομακρυνθεί
για να δείξει στη γιαγιά της πόσο καλή κολυμβήτρια είναι.
Όμως για κακή της τύχη, ενώ κολυμπούσε πέρασε ένα καΐκι και
σήκωσε ψηλά κύματα που δε μπορούσε να τα αντέξει.
Δεν την παρατήρησε η γιαγιά της παρά μόνο ένας καρχαρίας που τη
περιτριγυρνούσε.
Αυτή άρχισε να φωνάξει και ο καρχαρίας δεν άργησε να της
δαγκώσει το πόδι.
Και αφού λιποθύμησε, άρχισε να βυθίζεται. Όχι όμως για πολύ γιατί
μια παρέα με δύτες από το καΐκι την ανέβασαν και ειδοποίησαν
αμέσως ελικόπτερο.
Την ίδια στιγμή ειδοποίησαν και στην παραλία την γιαγιά της και
την μετέφεραν στο καλύτερο νοσοκομείο.
Κατά την εμπειρία της, οι δύτες καθησύχασαν τη γιαγιά ότι τα
πράγματα δεν ήταν τρομαχτικά και δεν θα έχανε το πόδι της.
232

Μετά από πολλές μέρες θεραπεία και πολλά χάπια η κατάστασή της
άρχισε να βελτιώνεται. Η δε μητέρα της δεν έφυγε από κοντά της
καμιά μέρα. Όταν πήραν εξιτήριο έφυγαν για το σπίτι.
Μία πρόσκληση την περίμενε για μια μεγάλη συναυλία όπου η Πένη
θα έπαιζε μουσική.
Τρελάθηκε από τη χαρά της και άρχισε αμέσως πρόβες. Αυτό της
έκανε πολύ καλό και στην ανάρρωσή της.
Είχε καλή διάθεση και δε παραπονιόταν σχεδόν πότε. Την ημέρα της
συναυλίας το πρόσωπο της έλαμπε από χαρά και είχε μεγάλη επιτυχία.
Μεταδόθηκε ζωντανά από ένα κανάλι της τηλεόρασης και στο τέλος
οι συμμαθήτριές της, της έκαναν μια έκπληξη.
Κάθε μία κρατούσε ένα τριαντάφυλλο.
233

Μία ιστορία…
Η ΜΕΓΑΛΗ ΑΠΟΦΑΣΗ
Δημιουργός: Tσούμα Ουρανία
Ο μικρός Αντώνης ζει σ΄ένα μικρό χωριό που το χαρακτηρίζει μια
μικρή λίμνη. Αυτή η μικρή λίμνη φιλοξενεί ψάρια μικρά, πέτρες μικρές
που αν τις δει κανείς από μακριά στο φως της μέρας μοιάζουν με
χρυσό. Ένα μικρό σπιτάκι που ανήκει σε μια μεγάλη σε ηλικία γυναίκα
μόνη… όχι όμως τόσο μόνη γιατί έχει να φροντίζει ένα μεγάλο κήπο,
ένα μικρό σκύλο, ένα παπαγάλο και μερικά καναρίνια.
Ήρθε ο καιρός που ο Αντώνης θα πήγαινε με την οικογένειά του να
ζήσει στην πόλη, γιατί ο πατέρας του βρήκε καλύτερη δουλειά και η
μητέρα του δεν θα ήταν πια νοικοκυρά. Θα έπιανε την πρώτη της
δουλειά σ ΄ένα εργαστήριο που έφτιαχνε πήλινα αντικείμενα.
Πήγε να χαιρετήσει τη γιαγιά που πίστευε ότι του είχε αδυναμία,
γιατί όποτε τον έβλεπε του έκοβε από τον κήπο της τα καλύτερα
λουλούδια και του τα πρόσφερε να τα πάει σπίτι του. Ο Αντώνης δεν
ήθελε να φύγει, είχε τους φίλους του στο χωριό που παίζανε στη μικρή
λίμνη, είχε τα δέντρα που έφτιαχνε φωλιές για τα πουλιά και είχε κι
αυτή την παράξενη γιαγιά. Παράξενη, γιατί όποτε του μιλούσε δεν
μπορούσε να καταλάβει ποτέ τι εννοούσε γιατί ήταν ξένη… μιλούσε
μισά ελληνικά και μισά
«τι»; δεν είχε καταλάβει.
234

Πέρασε ο καιρός, ο Αντώνης έκανε καινούριους φίλους στην πόλη,
χωρίς όμως να ξεχνάει τους φίλους του στο χωριό και εκείνη τη
γιαγιά. Έτσι, μια μέρα τους νοστάλγησε τόσο πολύ που πήρε άδεια
από τους γονείς του να πάει με το θείο του να τους δει. Πήγε, είδε τους
φίλους του… αν και μεγαλύτεροι τους αναγνώρισε αμέσως, ενώ
τελευταία πήγε να επισκεφθεί τη γιαγιά.
Μεγάλωσες, Αντώνη, του είπε η γιαγιά
Δεν μπορώ να κάτσω πολύ, με περιμένει ο θείος μου στην πλατεία
για να γυρίσουμε στην πόλη, της απάντησε.
Τότε, αυτή του έκοψε τα καλύτερα λουλούδια από τον κήπο της,
όπως συνήθιζε να κάνει όποτε τον έβλεπε και του είπε: «Σύντομα θα
βρεις το σπίτι σου». Ο Αντώνης στο δρόμο σκεφτόταν συνέχεια τα
λόγια της γιαγιάς… τι μπορεί να εννοούσε… είχε σπίτι, μα γιατί;
Την επόμενη μέρα το σχολείο του θα πήγαινε να επισκεφθεί ένα
τσίρκο που θα ήταν για λίγες μέρες στην πόλη, μετά θα έφευγαν και
θα πήγαιναν σε άλλη πόλη, σε άλλη χώρα;
Ο Αντώνης στην πόλη σπούδασε και έγινε αρχαιολόγος. Άρχισε να
δουλεύει και του έγινε πρόταση να πάει στην Ισπανία που κάποιοι
χρειάζονταν τη βοήθειά του με κάτι αρχαία αγάλματα, που βρέθηκαν
σ’ ένα μικρό χωριό λίγο έξω από την πόλη που το χαρακτήριζε μια
μικρή λίμνη. Ο Αντώνης πήγε αν και το μικρό χωριό με τη μικρή λίμνη
τίποτα δεν του θύμιζε από τον τόπο του. Εκεί γνώρισε μια χορεύτρια,
έγιναν φίλοι και τον ξενάγησε στην πόλη. Ένα βράδυ μαθαίνει από τη
φίλη του ότι στην πόλη θα έρθει ένα τσίρκο φημισμένο. Θυμήθηκε το
τσίρκο που είχε πάει μικρός και αποφάσισε να πάει με τη φίλη του. Το
πρόγραμμα που είχε το τσίρκο ήταν ενδιαφέρον και διασκεδαστικό,
όμως εντύπωση του είχε κάνει μια μπαλαρίνα που βοηθούσε έναν
κλόουν στο νούμερό του. Μόλις τελείωσε το πρόγραμμα πήγε να τη
γνωρίσει… του άρεσε πολύ… πραγματικά. Η μπαλαρίνα μόλις τον
είδε, του είπε: «Σε περίμενα». «Μα δεν με ξέρεις», της απάντησε. «Κι
όμως, η γιαγιά μου,μου έχει μιλήσει για σένα, έχεις πολλές ικανότητες
που δεν τις γνωρίζεις, ακόμα. Μπορείς να δουλέψεις μαζί μου, αν το
θέλεις». Του είπε πως στην πόλη θα ήταν για ακόμη τρεις μέρες, μετά
θα έφευγαν. Τρεις μέρες είχε για να αποφασίσει τι θα κάνει. Η αλήθεια
είναι ότι το τσίρκο του άρεσε από μικρός και σαν μεγάλος του άρεσε
ακόμα περισσότερο να κάνει ταξίδια.
Γύρισε στο ξενοδοχείο που έμενε και παρόλο που δεν ήταν
κουρασμένος αρκετά, τον πήρε ο ύπνος αμέσως. Είδε όμως ένα
παράξενο όνειρο… Ένας άντρας, ούτε ψηλός, ούτε κοντός, ούτε
αδύνατος, ούτε χοντρός, αλλά μελαχρινός που προσπαθούσε να του
235

μάθει κόλπα μυστικά που λίγοι τα ξέρουν. Ήταν ένας
ταχυδακτυλουργός. Το είδε ένα βράδυ, δεύτερο ακριβώς το ίδιο και το
τρίτο βράδυ πήγε στο τσίρκο να δει την μπαλαρίνα. Έκατσε ανάμεσα
στο πλήθος και περίμενε να τελειώσει το πρόγραμμα. Το τελευταίο
αυτό πρόγραμμα είχε κάτι ξεχωριστό. Τα τελευταία νούμερα τα έκανε
ένας ταχυδακτυλουργός. Μόλις ο ταχυδακτυλουργός βγήκε στη σκηνή
ο Αντώνης τον αναγνώρισε αμέσως, ήταν ο άντρας που είχε δει στα
όνειρά του. Ο ταχυδακτυλουργός τον επέλεξε μέσα από πολύ κόσμο
για να κάνει το τελευταίο του νούμερο. Τελειώνει το πρόγραμμα και
πάνε μαζί στα καμαρίνια, εκεί ήταν η μπαλαρίνα που τους περίμενε. Ο
ταχυδακτυλουργός ήταν ο αδερφός της. Ήταν όμως και η μέρα που ο
Αντώνης θα έλεγε στην μπαλαρίνα τι αποφάσισε. Οι ματιές όλων
συναντήθηκαν και ο Αντώνης κατάλαβε πως είχε βρει όχι μόνο το
σπίτι του, αλλά και την αγάπη στο πρόσωπο της μπαλαρίνας…
236

Introduction
Theatre is interwoven with Greece, as vineyard with its grape: here, in this
poor rock at the edge of Europe, the full of light and sea land, Theatrical Act was
born and grew up at the ancient times… other periods as a political interference,
other times like as highest cultural act, Theatre always defending its basic capacity,
this one that Grandfather Aristotles keeps as an epilogue in his definition for
Tragedy: katharsis, which means cleaning, redemption, therapy for everyone…
A group of Greek youngsters, precisely above in the lands that Aristofane’s
Trygeos tried to release young lady Irini (Peace) from her bonds, used Theatre as
tool of support, dynamic expression, attendance and force. A lot of histories were
molded by the beginning, from individuals that were not always in place to express
themselves and to express dynamically their needs and wants.
Fears have raised on the surface, the roles are sometimes narrow – sad, sometimes
sailed above us, but we are there, all the team insist in the game, in the drama
and comedy, trying to depict our lives through movement, dance and expression.
Young people at risk of exclusion, some of them already excluded, together
with counselors, found a chance to talk, sing, and impersonate roles that were
not us – or are they?
Scripts, monologues, poetic expressions, any kind of soul’s deposit performed
during the Writing Theater Project. The journey was long and hard, had many
emotions, sorrows and joys, but also new roads!!!
237

Finally, all together as a team, using as our basic carrier the History of the spoon,
with zero money but a lot of fun, using simple materials and with the invaluable
guidance of Italian partners, we capitalize our existing theatrical experience, and
we open new paths for Social Exclusion’s approach. After all this trip, katharsis
came nearer to us, more inside us…
Thanks a lot, and welcome to our journey!!
238
Greek Team of Writing Theatre

The Tree of Life
AUTHOR
Sokratis Apostolopoulos
Once upon a time, two children decided to explore the forest of their region
and specifically a very famous forest with a tree known as «the Tree of Life». So,
the two children – called Logan and Victor – having necessary supplies with
them, started going to the forest. On their way, they saw a wolf, a wolf so big and
wild. Then, the wolf told them: «If you want to let you pass by, first you have to
bring me as much meat as you can, because I’ m very hungry!».
Having no other choice, the two children had to search the whole forest and
– after having killed some deer and foxes – went as fast as they could to give them
to the wolf. Then, the wolf having eaten and feeling full, told the children: «You
are now free to continue your way».
After walking for almost two hours, the two children suddenly see an elephant
just in front of them. The elephant tells them: «For too long, my trunk (proboscis)
is so dirty that has been turned to red… I want you to clean it for me so I
can breathe so easily, as I used to…».
So, the two children had to open their bags and take some brushes and a plier
in order to clean the elephant’s trunk. After the children made the trunk very
clean, the elephant told them: «Oh! Thank you, so much! You may now continue
your trip».
The two children – feeling now shocked and frightened – tried to find as soon
as possible the Tree of Life.
239

But the time they had gone quite close to the tree, they see a rabbit just in front
of them. Then, the rabbit tells the two children: «If you want to let you continue
your way, you should bring me fifty carrots».
Having no other choice, the children had to go inside the forest and find as
many carrots as possible. When they finally managed to pick up fifty carrots,
they gave them to the rabbit – which was speechless – he ate them all with such
a pleasure and then he thanked the children for getting the carrots to him.
After the children have also passed the previous test, they tried to walk slowly
so as not to be seen by anyone and manage to finally get at their destination,
that is the Tree of Life.
But…what a surprise! A tiger gets suddenly in their way and the children got
so scared that almost cry, because they didn’t want the tiger to hurt them.
Then the tiger asked them to go and bring to her two hundred canaries
(birds). The children felt that they couldn’t kill so many canaries and tried to explain
the reasons for that to the tiger:
1) because they love canaries very much
2) canaries – and birds generally – are the joy of God
3) it would very difficult to find so many canaries
But the tiger told the children: «If you don’t bring the canaries to me, I won’t
let you continue your trip!».
So the children had to go and find the canaries. After killing them, they gave
them to the tiger which ate them within few seconds! Then the tiger, feeling full
and the children could continue their way.
After too long, the children finally got to the Tree of Life!
The sight of it made the children stand with their mouth open… The tree was
full of gorgeous women. Then the two children chose the two most beautiful
women, who loved them with all their heart! They wanted to spend the rest of
their life together…
So the children decided to marry those women, started a family and stayed together
forever…
240
…and they lived happily ever after!

The castle
AUTHOR
Antrianna Antonopoulou – IASIS Day Center
Once upon a time in a small village were two children who lived there with
their mother.
One day their mother had her name day and they wanted to give her a gift.
So one morning before her name day, they decided to go for a walk to the
countryside and collect some flowers.
What a sunny day!!! They enjoyed that walk and they collect lots of flowers:
anemones, daisies and more… but they couldn’t find anywhere roses. However,
they continued walking until they found a river. They loved it, so they sat under
a tree next to the river. After some hour they got hungry and they ate bread and
cheese. And then they kept walking… Suddenly they saw a wolf and that was so
scary that they run far away as soon as they could find a shelter to hide their
selves.
Some hours later the wolf disappeared so they left the shelter and moved on.
Some miles away they found a castle. The door opened and a courteous lady
appeared. She invited them into for a lunch. She was very good and gentle lady.
The castle was gorgeous and surrounded of flowers and red roses.
They thought that she was such a good lady, that they asked her if they could
collect some roses for their mother. She allowed them so they collected enough
flowers. Also she asked them if they want to play with her child, so as it happened.
241

The night fell and the children had to go immediately because their mom
would worry. They turned back home but mommy wasn’t there! They worried
so much that they started looking for her.
After six hour they found her. She was looking for them too. They gave her all
the flowers they had collect and kissed her.
And they lived happily ever after!!!
242

If I were an angel I would be happy
And if I lived down to earth
I would be healthy
If
AUTHOR
IASIS Day Center
If I were everything, everything, everything
I wouldn’t have problems anymore
Fly away
If I were a rose at your yard
I would be happy
Because you would watered me
If I were everything, everything, everything
I wouldn’t have problems anymore
Fly away
If I were a cloud in the sky
I would travel to magical worlds
Trying to find you
If I were everything, everything, everything
I wouldn’t have problems anymore
Fly away
243

The destruction of the wall – Monologue
AUTHOR
Members of IASIS Day Center
I see a wall stands in front of me. I can see the end of it and I am trying to reach
it, but I cannot lean on.
I am trying to find small nicks and maybe manage to climb. The nicks are very
small and I can barely get hooked on. I move a stone and fly on it. I managed to
reduce the distance enough…now the end (of the wall) is closer. I dig the slots
with my nails and try to make cavities so as to be able to climb.
A brick falls from the wall and creates a frame. Now, I can get more easily a
higher point of the wall. My nails have been destroyed but I don’t give up. I keep
up making frames. I am about to reach to the end…
My nails are now bleeding – I am reaching the end of the wall, with every
power in my hands, I jump and manage to reach the edge of the wall. I reach,
look down…behind the wall there is something unique.
A vast green area with hills and streams, a huge lake with trees and some strange
plants. I am grabbed by the branches of a tree and slowly descend to the
ground. I drink the pure water of the stream, so I am not feeling thirsty anymore…
I now walk to the lake. Various fishes swim in its water and sparkle in the
sun. I feel cool from the lake’s water and go out to dry… I now feel the warm caress
of the sun.
As I walk, the green ground is going away and being replaced by golden sand:
I am suddenly in front of a endless beach with pebbles and sand dunes. I am not
244

y myself. There are several figures. The sunlight slowly fading away and a full
moon appear. Friends are gathered around a fire. I can lie on the warm sand and
enjoy the playfulness of the moon on the sea and the peace of the sound of the
woods which flicker in the air creating different formations.
The sound of laughter and whispers give a different tone…as if they are mixed
with the splash of the sea.
Maybe here now I can rest. I feel the wind gives me chills and a sweet serenity
inviting me to the world of dreams…
245

The unusual spoon story
A story created, through theater games, expression exercises and improvisation
in the framework of Writing Theatre Project, by all members of IASIS Day Center
Once upon a time, in the kitchen of an Athenian house, I met a spoon, which
wanted to share with me a story. It started telling me that the biggest part of its
life, from the day of its production until it takes its place in this house, it used to
live at the corner shop where sailed kitchen stuff.
SCENE I
In the window of the store
The spoon always was in a box with another set of spoons made of the same
material as that. It had many dreams that one day it would be in the kitchen of a
great chef and that would help him to cook a lot and good food. It had many ambitions
for itself. It was an amazing, deep scoop, made from high quality stainless
steel and a handle made of natural rubber. But for many years the spoon was
waiting for the great time to come, the time of a gourmet cooking.
One day, a kind old lady entered the shop to buy equipment for her kitchen.
All the kitchenware were excited, they thought: «Finally we will get out of
here», but which of all the old lady would pick??? So the competition began!
They decorated, polished and joined in order to present their skills. Mr. Thanasis
was the owner of the shop and he rushed to help the old lady.
246

Old lady: I’m looking for special kitchen equipment. A friend of mine recommends
me your shop. He told me that you have great kitchenware with special
skills. They also talk!!!
Mr. Thanasis: Oh yes of course!!! In my shop I have kitchenware with special
skills. Come to see them and choose the best for you. Here is the pot and it’s
very gifted too!!
Pot Zias: Helloooo!!! I love to cook lentils and pasta!!! And here is my best friend,
spoon Panagiota. We work well together and we make nice and delicious food.
Old lady: That Pot it’s an interesting personality, Mr. Thanasis! Through its low
profile I can see that with proper encouragement it has many properties.
Mr. Thanasis: And now I would like to present you that little orange pot. It’s the
most beautiful pot I have.
Pot Thalia: Hiiiii!!! I’m a little and convenient pot and my name is Thalia. If you
choose me you should be sure that you will have the most delicious food
like rice and pasta. The only thing I worry about is that sometimes I become
fussy because I want to cook quickly.
Old lady: Wow!!! Very cute pot, I want to buy it!!! And what we have here…
Cooker: Hello all of you… I’m the Cooker and I’m always in functioning. My
buttons always regulate the appropriate temperature. Buy MEEEE pleaseeeee!
I’m a lot of years here and I want to get out. So move out of my wayyy!
Old lady: Hmmm Great personality. I’m interested to see how it cooperates
with other kitchenware. I’m curious to see them how they work together.
Mr. Thanasis: Our Cooker has a lot of energy and it hasn’t found yet any way to
control it. It hopes that it will have the opportunity to become your cooker.
Old lady: We will see! What else do you have?
Pot Kalliopitsa: Hellooo!! I’m a silver pot and my name is Kalliopitsa. My advantage
is that I’m very quiet, cooperative and clear.
Old lady: You’re right!!! What’s next??
Pan Nikitas: Hello!! I’m a dynamic pan and my name is Nikitas. I can stand in
high temperatures and harsh washing. I cook delicious food and desserts. I
can bake mousaka, lamp, fishes, baklava and other goodies!!
Old lady: Wow!… That pan has a lot of confident!! And what we have here???
Knife: Hello I’m the knife. I have great ideas. I'm always mobile, very cheerful
and willing to make others work easier. But I warn you, sometimes I can be
dangerous.
Old lady: What do you mean by dangerous??? Is there any danger for me or my
grandson???
Knife: Don’t worry! I always pay attention when somebody uses me.
Old lady: Who’s next?
247

Cooking Book: Hi lady!! I hope you choose me. I’m Barbaritsa’s cooking book.
I’m an amazing cooking book with several recipes for dishes and sweets. My
specialty is Greek salad with balsamic vinegar, capers and oregano.
Old lady: Yes, a cooking Book will help me to cook something different to my
grandson except from lentils and bean soup. I will think about it… And who
is beside you?
Boiler: Hello Old Lady. I’m the boiler called Asterati. I have two colors and I’m
specializing in boiled eggs.
Old lady: Amazing boiler! So, Mr. Thanasis, your kitchenware are truly unique.
Each one has a special personality, ability and many possibilities of development.
I’m sure that all would be important for my kitchen.
The old woman was dizzy by all these kitchenware. She didn’t know which
one to choose.
Old lady: Unfortunately, I don’t have much money to buy all these, she said.
Suddenly, at the back, she saw a spoon. Old Lady thought that a spoon and a
set of small spoons is exactly that she needs. So, without a second thought, she
bought them.
Mr. Thanasis: But this spoon didn’t present it self.
He was surprised.
Old lady: Well, it’s a deep spoon with all the standards… In addition matches
well with the other spoons.
Spoons: Finally, we did it!!! We will go to the kitchen!!!
SCENE II
At old lady’s kitchen
So Old Lady bought the spoon with the other little spoons and they went at
her kitchen. They were so happy. The Spoon met at Old Lady’s kitchen other kitchenware
which welcomed her.
«We’ll teach you how to make soup and lentils!».
«We’ll wash ourselves in the sink together… its fantastic!».
«We have fun here, we cook great foods».
248

«Welcome!!!».
But the Spoon disappointed! «Here are living just unpolished and poor quality
cutlery which only know to mix lentils and soups. I was not constructed to
produce some lentils and beans, but to mix gourmet soups». She started crying,
the other spoons tried to revive her but she didn’t hear anyone. Now, many emotions
flooded her heart, countless thoughts jumping out of her mind and she
didn’t realize that she didn’t feel well. «What I want here with these junk cutlery?»,
she thought, «I better go into that drawer and try to relax and find myself».
SCENE III
In the drawer
So… spoon went and hide in the darker side of the drawer, it didn’t want to
see anyone, even the spoons from the shop. She went there for long time, alone,
with the certainty that it did the best for itself… There, in the dark, thousands
thoughts were twisting in its mind.
«I will stay here, is better than outside».
«I have different dreams from them».
«The other kitchenware jelous me».
«Everyone wants the worst for me».
«Everyone look at me weird».
«It’s better to stay away from them because they prepare something bad for me».
But gradually it began to feel an anxiety and a huge fear. It started fading, lost
its shine and beauty but it couldn’t understand what was happening. It became
stiff, without colour. It didn’t recognize itself. The rest of the kitchenware was
not approaching, for all it was the odd spoon. It was hard for the others to understand
and feel its agony. The only thing it used to do is to sing. It was sitting for
hours and singing a song, strange and weird that nobody knew…
«La la la la Days and nights move on and I’m still standing here in the corner
of the drawer singing alone… La la la la».
SCENE IV
The come back of knife
But one day something changed. A knife heard its song and started singing
like spoon, with the same strange sounds in the same incomprehensible words.
For the spoon, this move was a great support. The knife showed great interest for
249

the spoon and the spoon begane to trust it and share with it its thoughts and beliefs.
The spoon after so long alone felt an unexplainable hope, it wasn’t alone
any more, it had a new friend.
Then came and the other spoons and knifes to support it. Spoon began to find
its color and shine again. It remembered its life in the corner shop where it used
to live and started crying!!!
«I was so fool», spoon said. «I had great ideas for myself. I thought everybody
wants to hurt me and I couldn’t trust anyone. Look, how sad I become».
«Everything can change, there is life outside the drawer», the knife said…
«Look», it said showing outside of the drawer, «it’s the kitchen you've always
dreamed of, it's time to prove what you can do it».
The knife tried to open the drawer and help the spoon to get out of there. But
he couldn’t do it, so they tried together to open it. At first the spoon was afraid
but the knife and the others encouraged it and with a big jump they found out of
the drawer.
SCENE V
The life out of the drawer
It was a shocking jump, indescribable and they found in front of Old Lady’s
feet. Old Lady had forgotten her spoon. «Wow, my lovely spoon I thought that I
had lost it», Old Lady said. She quickly took it and used it to mix the bean soup.
It was a warm and delicious soup, the spoon felt so beautiful: «It’s nice to share
experiences with others, to cooperate and made nice and tasty food»‚ said excited,
«Do you want to learn how to cook gourmet food?».
«Yes», they said and they welcome it back in the kitchen.
Old Lady’s grandchildren had already arrived very hungry… «What have you
cooked Grandma?», they said and then put the spoon and the other kitchenware
in the sink for washing… The spoon for first time played with its friends in the
sink, feeling calm, helpful and happy!
It didn’t want to feel alone again!!!
250

Searching for hope
AUTHOR
Antriana Antonopoulou – IASIS Day Center
Have you ever seen little children five, six, eight years old fighting for some
flour?
Yes…some flour. With a handle of flour their mother could cook some pies
and befool their hunger. If some food had left from the almost always empty
table, then their happiness would be double, because that food seemed huge in
their eyes and enough for their tremendous hunger.
Those years were very difficult in that desert island were they used to live.
Maritsa was the oldest child. She used to take care of her sisters and brothers.
When she grew up, she decided to come to Athens.
Although her tiredness all these years, she tried to find a job and after some
days she found a house where she could work as a housekeeper.
Next morning she went there, she didn’t have other choice. She knocked the
door twice and an old lady opened. She was disliked and curious.
The old woman asked her what she knew to do as a housekeeper.
Then they agreed for the housework and the payment and she got the job.
She put on an apron to protect her clothes because she had only few.
She used to feel like an old woman cause of the tiredness she had all this years.
One day as she was ironing, the old lady’s son came into the room where she
was. They met each other, his name was Thanasis. After that day he asked her to
go for a walk or go out for a drink. She was excited. As the night fall they went to
251

a party. She couldn’t believe in her eyes … So many food and lots of drinks!
What a great Rendez-vous they had! They discussed about their lifes. Thanasis
seemed happy and excited, but his character was different. His was just a pessimist!!!
Day after day, Maritsa began to worry and felt unsafe with her job. That’s why
the old lady wanted to fire her.
Suddenly as she was walking she met someone. A beautiful tall guy came over
her. His name was Alex. He worked at a company as a bookkeeper. They became
friends and he suggested her at his job. They needed a secretary.
At the end they fall in love and they get married. He was also rich that’s why he
organized that marriage. So all her problems solved, after so much suffering in
her life, they had a fabulous wedding and they lived happily!!!
252

The game of life
AUTHORS
Alperti Ioanna, Korella Eleni & Members of Sheltered House IASIS
Heroes of the script
Antigone: is a doctor specializing in constipation and she is Violet’s younger
sister.
Violet: is working in a flower shop and she loves her job. She has put a special
sound system in order to entertain the flowers!
Dimitris: ex-farmer came to Athens for a better life.
Odysseus: is a P/C technician and he is Costas’s best friend.
Paraskevas: is working as a builder and has a brother who hasn’t seen him for
twenty years.
Mary: has its own gas station and she is working with her fiancé.
Chris: is a ship-owner, who has lived many years in Cairo and now he has returned
to his native country Greece.
Chrisafgi: is a housewife and Aspasia’s aunt.
Aspasia: is a teacher. She left Kalavrita city (a small town of Peloponissos area
in Greece) where she use to live, making a transfer to a school in Athens.
Achilleas: is the baker man in the neighborhood and his place is a real meeting
point for everyone.
Dennis: is working as a sweeper in the region of Peristeri in Athens.
Kostas: is a car technician in the gas station of his fiancée, Maria.
253

We are in the Athenian area of Peristeri. Time is 5:00 am and Achilleas has already
put the loaves in the oven to bake bread. He is very happy because the work
has increased and he is considering about putting an advertisement in the newspaper
to find an employee. During the day many people pass by the bakery to
buy bread and other goodies. Around 10:00 am, Achilleas’s friend Dimitris, who
hasn’t seeing him since their holidays in Lefkada Island, came to Bakery shop.
Dimitris explains that he decided to leave Lefkada Island and his village to come
in Athens, find a job in order to support his family. Dimitris asks his friend if he
knows someone who’s seeking an employee. Achilleas offers him the job in the
bakery in order to help him. Dimitris agrees with delight and immediately gets
the job. After a while, Achilleas tells Dimitris that he has to pay his bills in the
post office and he will be for a few minutes alone. Dimitris is not worried. Job is
demanding but he likes it. A few minutes later, Antigone enters the bakery and
sees Dimitris for her first time. She makes a number of questions to learn a bit
about her new neighbor.
A few yards away, more or less at the same time, at the gas station of Costas and
Mary displays a great car, in which is Chris newly arrived from Cairo. Costas and
Maria are trying hard to serve him. Chris is holding a paper with an address in his
hand asking for information on how to go to his destination. He explains to the
couple that he is Greek and has lived many years in Cairo, where he did business
and earned lots of money. He also says that decided to return to Greece in order to
find his brother Paraskevas who hasn’t seen him for twenty years. The two young
people are emotionally moved by the story and they trying to help him.
In square of Peristeri there is Violet’s flower shop. She is very upset because
the music system has broken down and she fears that the flowers will be withered.
So she asks for Odysseus’s help who is an electronic system’s technician. He
is trying hard to fix the damage but required to takes several hours. At the same
time, Violet makes some compositions of flowers to decorate the church where
there will be Mary’s and Costa’s wedding.
Around 12:30, Achilleas returns to the bakery and says to Dimitris that he has
to be four days abroad. Dimitris tells him not to worry and that he will take care
of the bakery. Achilleas thanked him and left for home to prepare his journey.
Half an hour later, Dennis enters the shop, making his work - break. While Dennis
was talking to Dimitris, Aspasia enters the store. She says hello to them and
tells them that this is her first day in Athens. She came from Kalavrita town to
work at a school in Peristeri area. Aspasia requests the two men to show her
where the school is. Dennis enchanted by the beauty of Aspasia willing to guide
her to school. Aspasia asks Dennis if he knows a house to rent. Dennis tells her
that his friend Odysseus has a house that he wants to be rent and immediately
254

call him and arrange a meeting. Odysseus tells them that he is at the square to the
Violet’s store, and he asks them if he wants to pass by. Aspasia and Dennis agree
and they are going to the flower shop. Arriving there, they find Maria and Violet
discussed on the cost of the wedding flowers and Odysseus totally lost into
lights and lamps. Dennis makes recommendations and Odysseus with Aspasia
discuss about the house and negotiates for a good price. Dennis suggests Aspasia
to go see a movie at night. She accepts the invitation with joy.
At 5 pm Aspasia goes to Paraskevas and Chrisafgi house who are the only relatives
she has in Athens. They invite her to have dinner with them and suggest to
Aspasia to stay in their’s place until she rents a house. Aspasia refuses politely
telling them that she has already pay for a three day stay at the hotel. However,
she says that she wants to make a contact with Antigone because she has a major
problem of constipation. Mrs. Chrisafgi calls Antigone, explains the problem of
her niece and closes an appointment for 6:30. Aspasia stays with her uncle until
6:15 and then goes to the Antigone’s dispensary which is in the next corner. Aspasia
explains Antigone her problem and the doctor writes a laxative. The doctor
advices Aspasia to talk with a psychologist because constipation is usually a psychological
problem. Aspasia was really very sad since he came to Athens, as the
transfer was not actually her wish.
The time now is 6:30 pm, and in Christos’s limousine, we find him with
Kostas and Maria. They all go to Paraskeva’s home. Christos feels like flying in
the sky and Kostas and Maria feel like was playing in a cop’s movie, because of
the speed! Around 7:00 they arrive outside Paraskeva’s home. In the courtyard,
Chrisafgi’ does some stretch clothing. In view of the car, basin with the clothes
falls down from her hands. She screams and her husband goes out. Paraskevas,
runs to his brother side, and the two men fall weeping into each other's arms.
Chrisafgi invite everyone in the house to eat a delicious greek delight.
An hour later, Odysseus completes his job in Violet’s flower shop after 8
hours of painstaking work. He asks his fees from Violet, but she finds it very high
and asks him for a better price. Odysseus is soulful and Violet agrees to give him
a nice pot.
Around 8 pm, Costas and Maria returned home after a hard and busy day,
and they have dinner together.
At the same time, Aspasia is in her hotel’s room and getting ready to go out
with Dennis. She is particularly concerned about her transfer to Athens. Her
thoughts are in Kalavrita and her family. Her heart tells her to go home, but the
logic says that in Athens she could have a better life. She decided to go to the cinema
and leave these thoughts for tomorrow. Meanwhile, Dennis is already prepared
for the date, excited about it! Suddenly he realizes that he has no money left.
255

Without a second thought, quickly descends the stairs going to his friend
Odysseus, who gives him some money wishing him a nice evening. Dennis goes
hurriedly to the cinema where Aspasia is already waiting 1 minute and 27 seconds.
Aspasia makes it a big deal, but Dennis with sweet words calms her down
and, finally, they go to see the movie together.
At 11:00 pm Violet and Dimitris close their shops and go into their homes.
Aspasia and Dennis say goodbye and say that they will meet each other tomorrow.
Our heroes go for relaxation. Now streets are deserted. They are all waiting
for next day’s «games».
256

The bottom of the sea
AUTHORS
Juvenille probation office’s team
A child in a faraway world decided to take a walk into the most strange bottom
of a sea. It was a colored bottom with all kinds of species of the sea. Sharks,
dolphins, octopuses, fishes and shells. While he was swimming he found a little
happy fish in its house. The fish’s house was very beautiful! So the child started
a conversation with fish.
«You will meet many of my friends here. If you go a little bit above you will see
Mr Octopus and my friends the dolphins. But be careful because, as they told
me, the weather isn’t very good and very often a huge unknown object comes
and makes mess to our homes», the little fish said.
While the child was ready to leave, the little fish said to him: «Wait!! I forgot
to tell you about another danger. Be careful of the hooks or something like
that… you think that they give you delicious goodies but… They take you far
away. That’s how the mother dolphin misleads and left her little dolphins
alone».
The child smiled like he knew what the fish was talking about. He thanked it
and left. Really the little child saw all these.
Somewhere at the end of his journey he met Mr Sour. This was his nickname.
He had the most beautiful house of all the sea animals ever had but he never stayed
in it. He always made patrols so that no one comes close to it. «What a
pity!», the little kid thought. «He has the most beautiful house but he cannot be
happy for it. How he lives with no friends?», he continued thinking.
257

The journey ended and our little friend had to go back to his family. He decided
not to talk about his adventure and, before he opens the door of his house,
he said for a last time: «Look!! Everything was so different but all of them were
beautiful! Everything was so different but all of them were in that colored bottom!!».
258

Youth rap song 1
AUTHORS
Juvenille probation office’s team
I hate theatre, Sundays on dirty streets, the dirty allergenic people.
I hate rich people going to opera, they seem so proud for their selves but they
all have pains all over.
I hate tripe soup after a sleepless night, the smell from all this vinegar.
I hate the cops that supposedly take care of us, and the racists across the street
waiting For junta.
Fishes!! I am the old one, keep your boredom, now I see things in a different
way.
Damned the school, teachers and priests!
I hate the person that has nothing to say and blurt out a stupid remark, and
break the silence.
No money, no cars no job, I take the buses to find the beach. Look a mess, the
beach is
disgusting, all these unprincipled people took care of it.
Everywhere exist lies, everywhere hypocrisy is in my mind, as the mess.
You bullying on me, cigarettes are too many, finally are you a man or a woman?
259

Youth rap song 2
AUTHORS
Juvenille probation office’s team
There is dirt everywhere on the streets, at schools even more in the buses.
I am allergic to dirt.
I am sick of all these lies, the ravings and all these stupid things.
Enough with the rubbish that rich people and idiots tell.
There is a bad smell on the streets, in houses and on square,
in theatres, in opera and in coffee houses where everyone is looking for salvation.
We are fishes in life and they guide us to dirty beaches.
Where they want to see us.
They go to the tv channels and talk on the news rich people, racists, reporters
and bull shits.
They talk eternally and say ravings.
I am really sick hearing all these bull shits.
Everyone is looking for himself, his friend, his brother,
to find his identity and his ideals.
I am allergic to dirt.
260

If you want to keep company with me you must convince me
AUTHORS
Juvenille probation office’s team
It is a a very dynamic and selective company. Its members are selected one by
one. The selective procedure is very important. It includes even a personal interview.
Members of the committee are two persons worth trusted with the ability
to take the necessary explanation from the applicants about the reason they must
accept them into their company. They must convince them, make them believe
that they are worth to become members of the company. The nervous candidates
are looking for attempt to manage it. No one dares to start.
Manolis can’t stand anymore and try to enter into the special company. The
committee reproves him and asks for his reasons. Tricky as always and intelligent
person, he starts to negotiate with them. He says to them about his drama, he will
travel, go for vacation, he will miss them, he asks it as a favor because he will leave
for about a month and they will lose him. The committee isn’t convinced. He uses
all the ways… He promises them presents. The committee finally accepts immediately
without conversation and without difficulty. Manolis is lucky, he did
it, he is now a member of this special company. He feels strong!
Now he is the one who decides! It is to time to start the negotiation. The questions
are continuous to the other two candidates:
Anthi: Nice this one bribed us. What they will say next candidates?
Iannis: Ok let’s hear you.
Lazarus: What do you want me to say? I do not know, I am a good boy…
261

Anthi: Is this enough for us?
Iannis: of course itsn’t enough
Manolis: Come on say something else.
Anthi: We want something more resounding! What do you mean a good boy?
Lazarus: I will prove it to you…
Manolis: With this way you will never join the company.
Lazarus: I will buy for you something expensive
Anthi: we get bribed again…
Manolis: I am getting angry. You will never join the company.
Anthi: Oooooooh.
Lazarus: I don’t know what to say…
Anthi: what do we possibly want?
Manolis: a check of a million…
Lazarus: I will give it.
Manolis: Oh men! two millions!!
Iannis: With two millions you both get into the company
Lazarus: I will give them to you…if you want
Anthi: You know we do not want you to give us something material. You will
give us something but… Something else, an idea, participation, an offer… you
think what do we want!
Lazarus: What idea??
Anthi: We can ask him to do something…
Alexis: You can ask him to pick up the cigarette lying on the floor!!
Iannis: You snob us… you didn’t try at all to join our company…all this time you
haven’t say a word… now you have the idea!!
Anthi: No this isn’t his job…
Lazarus: What should I do?
Iannis: What he should do?
Anthi: What do you say to put him convince Alexis to join us together??
Manolis: Yes
Lazarus: If he wants to come…
Manolis: But if he says yes directly it will be too easy…
Anthi: Alexis is a tough guy… so it will be difficult…
Manolis: So Alexis will pass… he will say yes directly…
Anthi: Alexis is tricky, he waits for our invitation and he doesn’t even try!! Come
on Lazarus you can press a little bit Alexis, try it…
Lazarus: But… he doesn’t want… what should I say?
Manolis: you take him from his neck!
Iannis: No. We said peacefully. Don’t kill each other!
262

Lazarus: But he doesn’t want to join, I cannot push him…
Anthi: Let’s think. What do you do well??? Let’s see if it is enough for us!!!
Lazarus: What do I do well? I play good basketball!
Anthi: Basketball?
Manolis: Not Interesting at all…
Iannis: Ohh no!!
Anthi: No? Something else? Do you cook?
Lazarus: Yes I cook I used to work as a chef.
Anthi: Really!!
Lazarus: I was working in a restaurant. Making pizza, club sandwiches, spaghetti,
omelet, crepes!
Anthi: Did he convince you a bit? I am started to be convinced!
Iannis: What about any desserts?
Lazarus: Yes crepes…
Manolis: I also know how to make crepes… And I know how to cook too!!
Anthi: We accept you in our time! Why are you talking? So he doesn’t convince
us. He started talking into me.
Lazarus: I know salads. Country salads, chef salads!
Anthi: Ha ha ha! Really you know how to pepare chef salad?
Lazarus: These are what I have to say…
Iannis: Mmmmm do you play music? Do you listen to music?
Lazarus: I do!
Manolis: What kind of music do you listen?
Lazarus: Many different kinds!
Manolis: What do you listen?
Lazarus: Whatever I like…
Anthi: Oh come on! You are becoming in a defensive position… I don’t think
we will accept you!!
Lazarus: I listen to greek music.
Manolis: Do you listen to Trans music?
Iannis: Aa yes do you listen to trans music?
Lazarus: No only a few songs. I listen to whatever I like!
Anthi: I need a little more to be convinced…
Iannis: Me too!
Manolis: Me too!
Anthi: Anything else?
Lazarus: I also listen to radio…
Anthi: From the Internet?
Lazarus: Yes.
263

Anthi: Guys he is in!!!
Manolis: Oh yes. What about you Alexis. What are you going to say?
Alexis: I don’t want to come into your company…
Anthi: Look the youngest of the company how bully he is!
Iannis: Alone by himshelf!!!
264

Summer
AUTHOR
Antonia Lionaki
Summer, how lovely you are
Heat, sea, sun, summer…
You always remind us of life
Swallows, sparrows and gulls
They fly high
Summer…
From the first spring’s breeze till September’s rain
Summer…
I shall have you in my heart, oh summer
And even if the winter comes
Summer…
You shall warm our hearts, oh summer
with warm memories of your own time.
The winter
AUTHOR
Antonia Lionaki
Winter came again
So cold, ugly, chilly
With coats, scarves and jackets
There it is…alone
But look! In a distance beyond, here comes the north wind
So it won’t be alone anymore…our bitter snow storm!
265

266
Oh, my good little pigeon
Oh, my humble little pigeon
Fly high in the sky
Fly in a distant place
Where no man knows
To find valleys of the soul
And pure water to drink
To rest yourself from the road
To rest and take off again
To places unknown to get…
The pigeon
AUTHOR
Antonia Lionaki

The sun is watching tv
AUTHORS
Mosaik – Kethea team
The Sun is watching television. He sees a man in the screen who doesn’t speak,
and he changes the channel and increases the volume. Now is better, he
thinks. He sees a film, a historical film. He changes again channel to see football,
then news, war! He is bored. He turns off the tv and goes out in the yard. Sun sees
the sun and does sunbath.
«I was a tv before», tv says. «Now I’m a big sea where people can swim». Two
Suns. The first Sun fishes in the sea, the other swims. Malik the spirit brings air.
And with the air appears an elephant from the sky because he saw two Suns.
It’s getting dark, the Suns go for sleep. Malik the spirit goes to relax. People
are painting the sunset on the beach.
267

Four emotions go for a trip
(Joy, Happiness, Sadness and Fear)
AUTHORS
Mosaik – Kethea team
They are on the bus and view the countryside.
Happiness: it is very nice, perfect, let’s go!!!
Fear: if it rains, what are we going to do, how we’ll come back?
The Sadness agrees.
Joy: Don’t worry, we will not melt!!!
Happiness: Let’s go all together for a coffee.
Then they went to a small café.
Joy: What nice things you have here!
Fear: I’m afraid to eat them, how did they make them?
Sadness: Never mind…everything you say, never mind.
Sadness drunk her coffee without milk.
Joy: Oh here it is!
Sadness: Now I’m fine.
268

Fear didn’t drink or eat anything. The others ate and drank.
Happiness: Drink some orange juice
Fear: Only if it’s in a sealed can and I can see the expiration day.
Sadness: It is already expired. I will drink it.
Joy and Happiness drunk their coffee and now they want to go.
Happiness: What are we going to do now? Shall we leave? How can we help you
to overcome your fear, Fear?
Sadness: If I drink this juice, you will see that nothing will happen
Joy: Let’s leave him here… But you, Happiness, you can’t be happy if we are not
all together.
Sadness: Yes, let’s leave him here alone
Fear: I’m afraid alone. I want to come with you.
So all together continue their way…
269

270
Dream journey – Rap song
AUTHORS
A rap song – story from the members of NOSTOS
To be an Immigrant means nostalgia, new life
freedom but also loss
Life is a river that flows continuously
A river that everyone wants, but unfortunately a few have it
Many people try to find happiness
But few people find it, they lost the way
Life is a river that flows continuously
A river that everyone wants, but unfortunately a few have it
I dream of a magic world
A world full of love where the winter is disappeared
And spring will shine
Life is a river that flows continuously
A river that everyone wants, but unfortunately a few have it
I dream a hot sun
Filling people’s hearts

A world without war, without sorrow and pain
Life is a river that flows continuously
A river that everyone wants, but unfortunately a few have it
Follow your own path in life
And maybe you’ll find your dream…
Somewhere is waiting for you
Have a nice trip…
271

Wings made of glass
AUTHOR
Filina Tassopoulou
Her name is Emanuella and she is a dancer from Spain who lives in Peristeri
area. She is dynamic, she likes traveling. She is fanatic with her job, passionate
ambitious and optimistic.
She has a goal to become famous and a star. She has some enemies. Two of her
colleagues are very competitive towards her and they want to take her place at the
dancing contest that will happen. They envy her and they are trying with roundabout
ways to sabotage her.
Of course she has always her friends by her side supporting her: Thomas, Kelly,
Kostas and Phany are some of them. There’s also her mate, Philip who adores her.
The first thing Emanuella notices in a person is being open and the immediacy
of a person’s character. That is exactly the way she also acts: being open, honesty,
she is vivid, she has imagination and she is lively. She loathes lies, infidelity and
people who use to stay always at home, since herself she is extrovert. She is afraid
of snakes and spiders. That is why she usually works in buildings and not outside.
When she was very young she was bitten by a spider and since then she is
afraid of them. Along with her professionalism, her sense of humor, her impressive
appearance and her adventurous mood, she manages to be almost always in
the spotlight, where she certainly desires.
With the help of her mate she is trying to overcome her fear of flyng because
she often travels but sometimes she is demanded to use that means of transport
instead of trains or ships.
272

She is temporarily puzzled with her son who is five years old and avoids leaving
him alone, but she has to, due to her job. She wants to become a first name
in dance and manage to win at the dancing contest that will take place in Athens
in the few days. Because her mother wanted to become a dancer but she didn’t
managed, she was pressuring her daughter to become famous.
She had many public relations and managed to put her to Broadway as a leading
lady. She spent a month doing rehearsals and during the premiere day in the
middle of the performance she fall down, her leg turned backwards and broke.
The audience was terrified. A doctor came up from the crowd and took her to
the nearest hospital for operation urgently.
In the operation room, things were worst and doctors could longer do nothing.
This was her last dance?
After a long recovery of six months she started doing physiotherapies in her
place with a trainee doctor.
Two years later she started to take more care of him and seeing him in a different
way. Christopher wasn’t only helping her medicinally but he had touched
her soul and given her advices, courage and hope for the future.
He himself had started feeling her more than a friend and showing that he
cared about her more than a doctor.
She let herself free and along with trust, they became a couple. Their relationship
went through a lot of difficulties, due to her health, but he was showing her
his love and when they got married her gift to him was the miracle he wasn’t expecting.
She could longer walk without him.
They started shaping their house as a dancing school. They emptied the furniture
and placed everywhere mirrors and bars. He had promised her that he
would helped her dance again. At the beginning she had her objections but with
his love, he convinced her. The first few months were tough but as long as time
went by her strength was getting bigger and the exercises were increasing.
Christopher was watching her admiringly and given her his love and a lot of
strength. Six months later they were looking for audition. Together they went
and made applications in a lot of theatres for leading parts but in well –known
film directors as well, with expensive productions. A little time has passed and
they already had the first answers coming. The only thing that was left for her to
do was to choose.
273

Adventures in Australia
AUTHOR
Filina Tassopoulou
Penny is a nine years old girl who lives in Australia with her mother and grandmother.
She loves the sea and every weekend she goes to the sea with her grandmother.
She loves music also. The last two years she is learning guitar.
Last week she had an unpleasant adventure on the beach. That day she went
to the beach with her grandma. There were few people. Suddenly she went far as
she was swimming. All that she wanted was to show to her grandma that she was
a good swimmer.
But for her bad luck, as she was swimming, a boat passed and lifted high
waves. She couldn’t stand all this. A shark was around her but grandma hadn’t
noticed anything.
She was crying desperately and finally the shark bit her leg. As she was bleeding
she fainted and after that she began to sink. In few minutes, divers from a
boat saved her and immediately alerted the helicopter. At the same time, with
her grandma, they took her to the hospital.
Divers and doctors reassured her grandma and mom. After several days of
treatment, she healed. Her mother hadn’t left from her side at all.
When they went back home after the hospital, she was surprised from the invitation
she had. She was invited to play music in a big concert. All this would
make her feel better and recover early. Finally the big day came. She was in a very
good mood!!!
274

Her face was bright and she had great success!!!
The tv channels had live broadcasting from the concert that day. After the
concert, her classmates surprised her with a rose and a wish from each one.
That concert touched her family and her friends. It was unforgettable for her.
275

A story to tell…
The big decision
AUTHOR
Ourania Tsouma
Little Anthony lives in a small village that features a small pond. This small
lake is full of small fishes, small stones, which if seen from a distance in daylight
look like gold. Also, there is a small house belonging to an old woman who lives
on her own…not so lonely although, as she has to take care of a big garden, a small
dog, a parrot and some canaries.
It is time that Anthony would go with his family to live in the city, as his father
found a better job and his mother would not be a housewife anymore…she
would have her very first job in a workshop that made pottery.
Anthony went to say goodbye to the old woman, as he thought she was very
fond of him, because everytime she was seeing him, she would cut for him the best
flowers the nicest flowers of her garden. Anthony did not want to leave, he had
friends in the village playing with him in the lake, he had the trees with which he
made nests for birds and also he had this strange old woman… Strange, because
whenever she spoke he could not ever understand what she meant because it was
foreign … speaking half Greek and half «what»? he could not understand.
As time was passing by, Anthony made new friends in the city, but he never
forgot his friends from the village and that old lady… So, one day he was so
homesick that he got permission from his parents to go and visit them all…
276

He went, he saw all his friends – eventhough they were older he recognized
them – and then he went to visit the old lady.
«Oh, you grew up so much, Anthony!», said the old lady.
«Sorry, I cannot stay too long, as my uncle is waiting for me at the village
square to get back in the city», Anthony answered.
So, the old lady cut the best flowers from her garden and told him: «Soon, you
are going to find your home».
As he was going back home, Anthony kept thinking of the old lady’s words:
which was the meaning of her words…he had a home already…
The next day, Anthony went to visit a circus with his school…
Years after…
Anthony studied and became an archaeologist. He started working and he had
a job offer to work in Spain, as some people needed his help with some ancient statues
that were found in a small village, outside a city, surrounded by a small lake.
Anthony decided to go although the small village with the small lake had no similarity
with his homeplace… He met a dancer there with whom he became friend
and who showed him around the city. An evening, the dancer told him that a very
famous circus would give a performance in the city. Anthony remembered the circus
he had visited as a child and decided to go with his friend. The performance
was really interesting and funny, but Anthony got really impressed by a ballerina
who was helping a clown in his act. He was so impressed that when the show of
the circus ended, he went to meet her (he really liked that girl…).
As soon as the ballerina saw him, she said: «I’ ve been waiting for you!».
«But, you don’t know me», Anthony answered
«Still… My grandmother has told me so many things about you… you have
so many skills that you don’t know yet… you may work with me, if you like».
Then, she explained to Anthony that she’d be in the city for another three
days and then she would go. So, he had three days to make a decision…
The truth is that Anthony really liked the circus, ever since he was a child. And
as a grown-up, he liked even more… all this travelling around…
He got back to his hotel and although he was not so tired, he fell asleep at
once! But, he had a strange dream… He saw a man that was not either tall, nor
short… neither thin, nor fat… But he was dark-skinned and he was trying to
learn to Anthony secret tricks, that very few knew about… He was a magician.
Anthony kept having the same dream for three more days. Another evening
he went to the circus to see the ballerina… He sat among the audience and waited
for the show to end… That last show had something extraordinary and the
277

last acts were performed by a magician. When the magician went on stage, Anthony
recognized him immediately: he was the man he had seen in his dreams!
The magician chose Anthony among the great audience to help him perform
his last act. When the show was over, Anthony and the magician go together
backstage… There was the ballerina waiting for them: the magician was her
brother…
Still, that was the day which Anthony would tell the ballerina about his decision…
Their eyes met and Anthony realized that he had not only found his
home, but also found a great love in the face of the ballerina!
278

Introduzione
La storia della Grecia è indissolubilmente intrecciata a quella del teatro: qui,
su questa povera propaggine rocciosa dell’Europa, in questo paese di luce e di
mare, l’azione teatrale ha visto la luce e si è sviluppata. Talora come interferenza
politica, altre volte come altissimo valore culturale, il teatro ha sempre difeso la
sua funzione più importante, quella che il grande Aristotele pone in cima alla sua
definizione di tragedia: la catarsi, che vuol dire redenzione, terapia, pulizia morale
alla portata di tutti.
Un gruppo di giovani greci, proprio nella terra in cui il Trigeo aristofanesco liberò
Irene (la Pace) dai suoi ceppi, ha usato il teatro come fonte di supporto, come
dinamico mezzo di espressione e di elaborazione. Hanno inventato storie, loro
che spesso non hanno avuto l’opportunità di esprimere liberamente se stessi,
i propri bisogni e desideri.
Le paure sono affiorate in superficie, talora i ruoli sono sembrati troppo stretti,
qualche volta ci ha sfiorati la malinconia, ma l’intera squadra ha insistito caparbiamente,
nel dramma e nella commedia, cercando di rappresentare la nostra vita
attraverso il movimento, la danza e l’espressione verbale. Giovani a rischio di esclusione
o già esclusi, insieme agli operatori, hanno avuto la possibilità di parlare,
cantare e impersonare ruoli che normalmente non gli appartenevano… o forse sì?
Pièce, monologhi, brani poetici, ogni tipo di precipitato dell’anima ha avuto
spazio nel progetto Writing Theatre. Il viaggio è stato lungo e difficile, prodigo
di emozioni, delusioni e gioie, ma anche di nuove vie da percorrere!
279

Alla fine, tutti insieme come si addice a una squadra, facendo appello alla nostra
modesta esperienza con la Storia del cucchiaio, senza soldi ma con molto entusiasmo,
usando materiali semplici e con l’aiuto insostituibile dei partner italiani,
abbiamo fatto tesoro della nostra esperienza teatrale e dato vita a nuovi approcci
all’esclusione sociale.
Grazie infinite, e benvenuti nel nostro paese!
280
Il gruppo greco di Writing Theatre

L’Albero della Vita
AUTORE
Sokratis Apostolopoulos
Un giorno, due bambini decisero di esplorare i boschi della zona in cui vivevano
per cercare quello che tutti conoscevano come «l’Albero della Vita». Fu così
che Logan e Victor – così si chiamavano i due – dopo essersi procurati le provviste
sufficienti, si inoltrarono nella vegetazione. Lungo il cammino, incontrarono
un grosso lupo selvatico. Il lupo disse loro: «Se volete che io vi faccia passare, prima
dovete portarmi quanta più carne potete, perché muoio di fame!».
Non avendo altra scelta, i due bambini perlustrarono il bosco e, dopo aver ucciso
un cervo e un paio di volpi, si precipitarono dal lupo per consegnarglieli. Finito
di mangiare, sazio e soddisfatto il lupo disse: «Ora siete liberi di continuare
per la vostra strada».
Dopo altre due ore di cammino, i due bambini si trovarono davanti un elefante.
L’elefante disse loro: «La mia proboscide è così sporca da essere diventata rossa…
Voglio che me la puliate, così che io possa respirare di nuovo bene come un
tempo».
Così, dopo aver frugato nelle loro sacche, i due bambini tirarono fuori spazzole
e pinze con cui pulire la proboscide. Quando la ebbero lucidata per benino, l’elefante
disse loro: «Oh! Grazie davvero! Ora potete continuare il vostro viaggio».
Sempre più inquieti e impauriti, i due bambini decisero che sarebbe stato meglio
trovare quel benedetto Albero della Vita quanto prima. Ma quando lo ebbero
quasi raggiunto, si videro comparire davanti un coniglio. Il coniglio disse loro:
«Se volete proseguire nel vostro cammino, dovete portarmi cinquanta carote».
281

Non avendo altra scelta, i due bambini perlustrarono il bosco in cerca di carote.
Finalmente, dopo averne raccolte cinquanta, le portarono al coniglio; il quale,
deliziato, le mangiò senza fiatare e poi li ringraziò.
Questa volta i due bambini cercarono di procedere con maggiore cautela, così
da non farsi sorprendere più da chissà quale altro animale e raggiungere la loro
destinazione, l’Albero della Vita.
Ma… sorpresa! All’improvviso, una tigre sbarrò loro la strada, facendoli quasi
piangere per lo spavento. La tigre disse loro di portarle duecento canarini. Ma
i bambini sapevano di non poterne uccidere così tanti e cercarono di spiegare alla
tigre che:
1) entrambi amavano molto i canarini;
2) i canarini – e gli uccelli in generale – erano espressione della gioia divina;
3) sarebbe stato difficile trovarne un così gran numero.
Ma la tigre disse ai bambini: «Se non mi portate i canarini, non vi farò continuare
il viaggio!».
Così, i bambini dovettero mettersi alla ricerca. Dopo aver cacciato duecento
canarini, li presentarono alla tigre. Questa li mandò giù in un boccone. Poi, sazia
e soddisfatta, lasciò loro proseguire il cammino.
Finalmente, dopo tanto peregrinare, raggiunsero l’Albero della Vita!
La sua vista li lasciò a bocca aperta… L’Albero era pieno di donne stupende!
I bambini ne scelsero immediatamente due, le più belle, che subito ricambiarono
il loro amore e si dissero pronte a passare con loro il resto della loro vita…
I bambini decisero dunque di sposare ognuno la sua donna e di mettere su famiglia…
282
…e da quel giorno vissero felici e insieme!

Il castello
AUTORE
Antrianna Antonopoulou – IASIS Day Center
C’era una volta una madre che viveva con i suoi due bambini in un piccolo villaggio.
Un giorno – era il suo onomastico – i bambini vollero farle un regalo. Così, il
mattino prima, i due piccoli decisero di fare una passeggiata in campagna per raccoglierle
dei fiori.
Che giornata soleggiata! Godendosi il giretto, raccolsero tantissimi fiori: anemoni,
margherite, altro ancora… ma non riuscirono a trovare rose. Ad ogni modo,
continuarono a passeggiare fino a che non giunsero presso un fiume. Il posto
piacque loro tantissimo, così si sedettero sotto un albero, vicino alla riva. Dopo
qualche ora, affamati, mangiarono pane e formaggio. Poi ripresero il cammino…
All’improvviso videro un lupo e, in preda al panico, corsero via più in fretta
che poterono, finché non trovarono un riparo in cui nascondersi.
Qualche ora dopo, quando il lupo si fu allontanato, lasciarono finalmente il
loro riparo.
Cammina cammina, giunsero a un castello. Il portone si aprì, lasciando apparire
una donna gentile, che li invitò entrambi per il pranzo. Era proprio una brava
signora, molto cortese. Il castello, sfarzoso, era circondato da fiori e rose.
Vedendo che la signora era tanto buona, i due bambini le chiesero se potevano
raccogliere qualche rosa per la loro mamma. La donna acconsentì, e poi domandò
loro se volevano giocare con il suo bambino.
283

Poi venne la sera, e i due piccoli dovettero congedarsi, altrimenti la loro mamma
sarebbe stata in pensiero. Ma quando tornarono a casa, la loro mamma non
c’era! Preoccupati, cominciarono a cercarla.
La trovarono dopo sei ore: era uscita a cercarli. Allora le diedero tutti i fiori che
avevano raccolto e la riempirono di baci.
E vissero felici e contenti!!!
284

Se fossi un angelo sarei felice
E se venissi sulla terra
Farei del bene
Se io fossi tutto, tutto, tutto
Non avrei più problemi
Volerei via
Se io fossi una rosa nel tuo giardino
Sarei felice
Perché tu mi innaffieresti
Se io fossi tutto, tutto, tutto
Non avrei più problemi
Volerei via
Se fossi una nuvola in cielo
Toccherei mondi fatati
In cerca di te
Se io fossi tutto, tutto, tutto
Non avrei più problemi
Volerei via.
Se
AUTORI
IASIS Day Center
285

La distruzione del muro – Monologo
AUTORI
Membri dello IASIS Day Center
Un muro si erge di fronte a me. Posso scorgerne la sommità, ma non riesco a
vedere oltre.
Sto cercando di trovare qualche fessura e, se ci riesco, di arrampicarmi. Le fessure
sono molto piccole, e riesco ad agganciarmi a stento. Sposto una pietra e ci
volo sopra. Riesco a ridurre la distanza quanto basta… ora la fine (del muro) è
più vicina. Scavo le scanalature con le unghie nel tentativo di allargarle per potermi
arrampicare meglio.
Dal muro cade un mattone, lasciando uno spazio vuoto. Ora posso raggiungere
facilmente un punto più alto. Ho le unghie distrutte, ma non mi arrendo.
Continuo a scavare fessure. Sto per raggiungere la sommità…
Le unghie mi sanguinano, ma sono sul punto di raggiungere la fine del muro:
con tutta la forza che ho nelle mani, in un balzo mi trovo in cima. Poi guardo in
giù… dietro il muro c’è qualcosa di unico.
Una vasta area verde con colline e ruscelli, un lago maestoso con alberi e piante
strane. Afferro i rami di un albero e lentamente scendo fino a terra. Bevo l’acqua
limpida del ruscello, non ho più sete… Quindi cammino verso il lago. Dentro
ci nuotano diversi pesci che scintillano alla luce del sole. Mi rinfresco nelle sue
acque, poi esco per asciugarmi. Sento la calda carezza del sole.
Mentre cammino oltre, il verde cede il passo a sabbia dorata: all’improvviso
mi trovo davanti una spiaggia sconfinata con ciottoli e dune di sabbia. Non sono
286

solo. Ci sono diverse figure. Lentamente la luce del sole svanisce, lasciando apparire
la luna. Attorno a un fuoco c’è un gruppo di amici. Mi sdraio sulla sabbia calda
e godo la giocosità della luna sul mare e il suono pacificatore dei boschi che
tremola nell’aria creando diverse modulazioni.
Il suono di risa e bisbigli ha un tono diverso… come se fosse mischiato allo
sciabordio del mare.
Forse qui posso trovare riposo. Il vento mi dà i brividi, una dolce serenità che
mi invita verso mondi onirici…
287

La strana storia di un cucchiaio
Storia ideata tramite giochi teatrali di espressione e improvvisazione,
nel contesto del Writing Theatre Project,
da tutti i membri dello IASIS Day Center
Una volta, nella cucina di una casa ateniese, ho conosciuto un cucchiaio ansioso
di condividere con me una storia. Cominciò a dirmi che, dal giorno in cui
era stato fabbricato a quando era finito in quella casa, aveva vissuto nel negozio
del quartiere in cui vendevano utensili da cucina.
SCENA I
Nella vetrina del negozio
Il cucchiaio stava in una scatola insieme a un altro set di cucchiai dello stesso
materiale. Fantasticava sul fatto che un giorno sarebbe finito nella cucina di un
grande chef, e che lo avrebbe aiutato a preparare delle ottime pietanze. Nutriva
insomma grandi ambizioni. Era un gran bel cucchiaio, fatto di acciaio inossidabile,
con un manico di gomma naturale. Ma era rimasto per anni in attesa del suo
grande momento, il momento in cui avrebbe servito un vero gourmet.
Un giorno, un’anziana signora entrò nel negozio con l’intento di acquistare
degli utensili per la sua cucina.
Tutti gli attrezzi erano eccitati, non facevano che pensare: «Presto saremo fuori
di qui, finalmente», ma chi fra loro avrebbe scelto l’anziana signora? Così ebbe
inizio la competizione! Dopo essersi dati una lucidata, furono pronti a esibi-
288

e le loro qualità. Il proprietario del negozio, il signor Thanasis, si precipitò a servire
la sua cliente.
Signora: Cercavo degli utensili da cucina particolari, e un mio amico mi ha consigliato
il suo negozio. Mi ha detto che qui avete utensili speciali, tanto che addirittura
sanno parlare!
Signor Thanasis: Proprio così! Nel mio negozio ho attrezzi davvero speciali.
Venga a vedere e scelga quelli che preferisce. Qui ci sono le pentole.
Pentola Zias: Ciao! Adoro cucinare la pasta e le lenticchie! E questo è il mio miglior
amico, il mestolo Panagiota. Insieme lavoriamo benissimo e assicuriamo
ottimi piatti.
Signora: Questa pentola ha personalità, signor Thanasis. Anche se è di basso
profilo, credo che con il giusto incoraggiamento possa mettere in mostra tutta
la sua capacità.
Signor Thanasis: E adesso le presento questa piccola pentola arancione. È la più
bella che ho.
Pentola Thalia: Ciao! Sono piccola e pratica, e il mio nome è Thalia. Se scegli
me, preparati a gustare il riso e la pasta più deliziosa che tu abbia mai assaggiato.
L’unica cosa è che a volte divento insistente perché ho fretta di cucinare.
Signora: Ehi! Proprio carina questa pentola, la compro! E qui cos’abbiamo?
Fornello: Ciao a tutti… Io sono il fornello, e sono sempre in funzione. Ho tanti
bottoni per regolare sempre la temperatura in maniera appropriata. Comprami,
ti prego! È tanto che sto qui dentro, voglio uscire! Portami via!
Signora: Mmh, bel temperamento. Mi interessa sapere chi di loro è pronto a collaborare
con gli altri utensili. Sono curiosa di vedere come lavorano insieme.
Signor Thanasis: Il nostro fornello ha tanta energia, ma ha ancora non ha avuto
modo di utilizzarla. Perciò spera tanto di poter diventare il suo fornello…
Signora: Vedremo! Che altro ha da farmi vedere?
Pentola Kalliopitsa: Ciao! Io sono una pentola d’argento e mi chiamo Kalliopitsa.
Ho il pregio di essere silenziosa, collaborativa e pulita. Mi piace che la
cucina sia un posto tranquillo.
Signora: Bravissima! Poi?
Pentola Nikita: Ciao! Io sono Nikita, e sono una pentola dinamica. Resisto alle
alte temperature e ad ogni tipo di lavaggio. Cucino ottimi piatti, perfino
dolci. Vado bene per la moussaka, il pasticcio di maccheroni, il pesce, il baklava
e altro ancora.
Signora: Bene… Questa pentola è molto sicura di sé! E questo?
Coltello: Ciao, sono il coltello. Ho grandi idee. Sono sempre pronto, e non vedo
l’ora di facilitare il lavoro agli altri. Però ti avverto, a volte posso essere pericoloso.
289

Signora: Che intendi dire? Pericoloso per me e per mio nipote?
Coltello: Niente paura! Faccio sempre attenzione quando qualcuno mi usa.
Signora: Chi è il prossimo?
Libro di cucina: Ciao! Spero tanto che tu mi scelga. Sono il libro di cucina di
Barbaritsa. Sono un magnifico ricettario, pieno di piatti e dolci. La mia specialità
è l’insalata greca con aceto balsamico, capperi e origano.
Signora: Sì, un libro di ricette mi aiuterà a preparare a mio nipote qualcosa di diverso
dalla solita minestra di fagioli e lenticchie. Ci penso un attimo su… E
quello accanto a te?
Pentolino da caffè: Ciao nonna. Sono il pentolino da caffè. Mi chiamano Asterati.
Ho due colori e le mie specialità sono le uova bollite.
Signora: Davvero bello. Signor Thanasis, i suoi utensili da cucina sono veramente
unici. Hanno tutti carattere, capacità e voglia di migliorare. Sono certa
che mi aiuteranno molto in cucina.
L’anziana signora era un po’ confusa da tutti quegli utensili: non sapeva cosa
scegliere.
Signora: Purtroppo non ho abbastanza soldi per tutte queste cose.
Poi, all’improvviso, vide un cucchiaio e pensò che un set di cucchiai era proprio
quello di cui aveva bisogno. Così, senza pensarci due volte, li acquistò.
Signor Thanasis: Ma questo cucchiaio non si è presentato!
Era molto sorpreso…
Signora: Be’, è un bel cucchiaio, fatto con tutti i crismi, e sta bene con gli altri
cucchiai.
Cucchiai: Finalmente ce l’abbiamo fatta! Andremo in una cucina!
SCENA SECONDA
Nella cucina della signora
La signora portò dunque il cucchiaio e i cucchiaini (che non reggevano dalla
contentezza) nella sua cucina.
Una volta lì, il cucchiaio fu accolto dagli altri utensili:
«Ti insegneremo a preparare le zuppe e le lenticchie!».
290

«Ci laveremo insieme nel lavabo! Sarà fantastico!».
«Qui si cucina splendidamente!».
«Benvenuto!».
Ma il cucchiaio era deluso! «Qui ci sono solo posate grossolane. Tutto quello
che sanno fare è mescolare zuppe e lenticchie. E io non sono stato fabbricato per
occuparmi di fagioli, ma per piatti di classe», disse fra le lacrime. I cucchiaini cercarono
di consolarlo, ma lui non voleva sentire nessuno. Con il cuore gonfio e la
testa confusa dai pensieri, il cucchiaio si disse che era meglio chiudersi in un cassetto
e riflettere un po’.
SCENA III
Nel cassetto
Così si chiuse in fondo al cassetto, al buio, dove non poteva vedere gli altri
cucchiai del negozio. Rimase lì a lungo da solo, convinto che fosse la cosa migliore
da fare. E lì, nell’oscurità, mille pensieri presero a turbinargli in mente:
«Meglio qui che là fuori».
«Io ho altri obiettivi».
«Mi invidiano tutti».
«Mi augurano il peggio».
«Mi guardano strano».
«Meglio starne lontani, non vorrei che mi preparassero qualche brutto scherzo».
Poco alla volta, però, cominciò a sentirsi sempre più ansioso e impaurito.
Smarrì la sua bellezza e la sua lucentezza, senza che fosse in grado di capirne il motivo.
Si irrigidì, perse il colore. Non si riconosceva più. Gli altri utensili non osavano
avvicinarsi, perché lui, ormai, era il cucchiaio strano. Nessuno poteva comprendere
la sua sofferenza. Tutto quello che gli restava da fare era cantare. Se ne
stava fermo per ore, intonando canti strampalati e sconosciuti…
«La la la la, tutti gli altri a lavorare e io qui solo soletto chiuso dentro il mio cassetto…
La la la la».
SCENA IV
Il coltello
Ma un giorno avvenne qualcosa di nuovo. Sentito il suo canto, un coltello cominciò
ad andargli dietro, intonando le stesse strane parole nello stesso strano
motivo. Il cucchiaio ne rimase molto colpito. Il coltello sembrava veramente in-
291

teressato a lui, tanto da convincerlo a dargli fiducia e a metterlo a parte sempre
più spesso dei suoi pensieri.
Dopo tanta solitudine, il cucchiaio sentì crescere una nuova speranza. Non era
più solo: aveva un amico, adesso.
Anche gli altri utensili gli si strinsero intorno per incoraggiarlo. Il cucchiaio ritrovò
così tutto il colore e la lucentezza perduti. Ripensò al tempo passato dentro
il negozio e scoppiò a piangere.
«Che stupido sono stato!», disse. «Nutrivo così grandi progetti per me. Pensavo
che tutti mi volessero male, e che non potessi fidarmi di nessuno. E per cosa?
Mi sento così triste!».
«Le cose possono cambiare», gli disse il coltello. «Guarda fuori dal cassetto: c’è
la vita, c’è la cucina che hai sempre sognato! È il momento di dimostrare quello
che sai fare».
Il coltello cercò di aprire il cassetto per consentire al cucchiaio di uscirne. Non
riuscendoci da solo, però, chiese il suo aiuto. Sulle prime il cucchiaio era spaventato:
ma l’incoraggiamento di tutti gli utensili lo convinse a saltare fuori dal cassetto
insieme al coltello.
SCENA V
Fuori dal cassetto
Non ci sono parole per descrivere quanto fu tremendo quel salto. Alla fine,
però, si ritrovarono entrambi ai piedi dell’anziana signora.
La quale si era già dimenticata del suo cucchiaio. «Oh, il mio adorato cucchiaio!
E io che pensavo di averlo perso!», esclamò. Dopo averlo raccolto, lo utilizzò
per mescolare la zuppa di fagioli. La zuppa era calda e saporita, e il cucchiaio
provò un sussulto di felicità. «È bello condividere le esperienze con gli altri, ed è
bello collaborare per preparare tante gustose pietanze», disse. «Vi andrebbe di
imparare qualche ricetta da gourmet?».
«Sììì!», esclamarono gli altri utensili, accogliendo con gioia il suo ritorno in cucina.
Poi arrivarono i nipotini dell’anziana signora: «Cos’hai fatto di buono,
nonna?», chiesero. Com’erano affamati! Quando ebbero finito, misero il cucchiaio
nel lavabo insieme agli altri utensili… Per la prima volta, anche lui poté
giocare con gli amici sotto l’acqua. Che sensazione di pace e di felicità!
Non sarebbe rimasto mai più da solo!
292

Verso la speranza…
AUTORE
Antriana Antonopoulou – Day Center IASIS
Avete mai visto bambini di cinque, sei, otto anni azzuffarsi per un po’ di farina?
Sì… un po’ di farina. Con una manciata di farina le loro madri potrebbero
preparare qualche pasticcio con cui ingannare la loro fame. Se fosse rimasto del
cibo sulle loro tavole quasi sempre vuote, la loro gioia sarebbe stata doppia, perché
quel cibo sarebbe parso tantissimo ai loro occhi, e comunque sufficiente a
placare la loro tremenda fame.
Quelli furono anni difficili nell’isola deserta in cui vivevano. Maritsa era la più
grande dei figli. Era lei che si prendeva cura dei fratelli e delle sorelle.
Una volta cresciuta, decise di venire ad Atene.
Nonostante la spossatezza accumulata in tutti quegli anni, cercò di trovarsi un
lavoro; dopo pochi giorni, trovò un impiego come domestica presso un’abitazione.
Il giorno seguente, dato che non aveva scelta, si presentò. Bussò due volte alla
porta, e un’anziana signora venne ad aprire. Era antipatica e strana.
L’anziana signora le chiese come se la cavasse nelle faccende domestiche. Poi
si disse d’accordo sulla paga e uscì per andare al lavoro.
Maritsa si mise un grembiule per proteggersi gli abiti, dal momento che ne aveva
pochi. A causa della stanchezza accumulata in tutti quegli anni, si sentiva una
vecchia.
Un giorno, mentre stava stirando, il figlio dell’anziana signora entrò nella
stanza in cui si trovava lei. Si presentò: il suo nome era Thanasis. Dopo quel gior-
293

no, cominciò a chiederle di uscire per una passeggiata o per bere qualcosa. Lei era
agitata. Una sera, andarono insieme a una festa.
Lei non poteva credere ai suoi occhi… Così tanto cibo, così tante bevande!
Che splendida serata! Parlarono a lungo delle loro vite. Thanasis sembrava felice
ed elettrizzato, ma era così pessimista di indole!
Giorno dopo giorno, Maritsa cominciò a sentirsi preoccupata e poco sicura
nel suo lavoro, tanto che l’anziana signora pensò di licenziarla.
Un giorno, mentre camminava per strada, Maritsa incontrò un ragazzo alto,
bellissimo: il suo nome era Alex, e lavorava come contabile in un’azienda. I due
strinsero amicizia, e lui la propose ai suoi superiori, che cercavano una segretaria.
Alla fine si innamorarono e si sposarono. Dal momento che era anche facoltoso,
fu Alex a occuparsi delle spese per le nozze. Risolti tutti i suoi problemi, dopo
così tanta sofferenza, fecero uno splendido matrimonio e vissero felici e contenti!
294

Personaggi
Il gioco della vita
AUTORI
Alperti Ioanna, Korella Eleni e i membri della Casa Protetta IASIS
Antigone: lavora come dottoressa specializzanda in stitichezza ed è la sorella
minore di Violetta.
Violetta: lavora in un negozio di fiori e ama il suo lavoro. Ha messo a punto un
sistema audio che consente ai fiori di ascoltare la musica.
Dimitris: ex-agricoltore, è arrivato ad Atene con l’idea di farsi una vita migliore.
Odysseus: tecnico informatico, è grande amico di Kostas.
Paraskevas: operaio edile, ha un fratello che non vede da vent’anni.
Maria: è proprietaria di una pompa di benzina, dove lavora con il fidanzato.
Chris: armatore, dopo aver vissuto per molti anni al Cairo ha fatto ritorno alla
natia Grecia.
Chrisafgi: casalinga e zia di Aspasia.
Aspasia: insegnante, si è trasferita da Kalavrita, un piccolo centro del Peloponneso,
in una scuola di Atene.
Achilleas: è il fornaio del quartiere, e il suo panificio è un punto di incontro
per tutti.
Dionysis: lavora come netturbino a Peristeri.
Kostas: lavora come meccanico nella pompa di benzina della fidanzata, Maria.
295

Siamo a Peristeri. Sono le cinque del mattino, e Achilleas ha già messo a cuocere
le pagnotte nel forno. È molto soddisfatto per come va il lavoro, tanto che ha
preso in considerazione l’idea di mettere un annuncio sul giornale per cercare un
aiutante. Nel corso della giornata sono molte le persone che passano dal forno e
dal negozio. Intorno alle dieci si presenta il suo amico Dimitris, che non vedeva
dai tempi della sua vacanza sull’isola di Lefkada. Dimitris gli dice che ha deciso di
lasciare Lefkada e il suo villaggio per trasferirsi ad Atene in cerca di lavoro, così da
poter aiutare economicamente la sua famiglia. Poi chiede al suo amico se conosce
qualcuno a cui poter chiedere un lavoro. Achilleas gli offre un impiego nel suo
forno. Dimitris accetta entusiasta. Dopo un po’, Achilleas comunica a Dimitris
che deve assentarsi per andare a pagare delle bollette all’ufficio postale, e che lo lascerà
da solo per qualche minuto. Dimitris non si perde d’animo: il lavoro è impegnativo,
ma gli piace. Qualche minuto dopo, fa la sua comparsa Antigone. Volendo
conoscere meglio il nuovo vicino, la donna gli pone qualche domanda.
A pochi metri di distanza, più o meno alla stessa ora, alla pompa di benzina gli
sbigottiti Kostas e Maria si danno un gran da fare per servire Christos, giunto a
bordo di un vero e proprio bolide. Christos, che è appena rientrato dal Cairo, ha
in mano un foglietto di carta con su scritto un indirizzo, e chiede informazioni
per poter raggiungere la sua destinazione. Quindi racconta ai due di essere greco
ma di aver vissuto per molti anni al Cairo, dove ha fatto affari e si è arricchito.
Poi afferma di aver deciso di tornare in Grecia per trovare Paraskevas, il fratello
che non vede da vent’anni. Toccati dalla sua storia, i due ragazzi si offrono di aiutarlo
con piacere.
Nella piazza di Peristeri c’è il negozio di fiori di Violetas. Quest’ultima è molto
turbata, perché il sistema audio si è rotto e adesso lei ha paura che i fiori possano
appassire. Chiede perciò aiuto a Odysseus, che si occupa di elettronica. Nonostante
il suo impegno per riparare il danno, sembra che ci vorranno diverse ore.
Nel frattempo, Violetas deve preparare gli addobbi floreali con cui decorare la
chiesa in cui avranno luogo le nozze tra Maria e Kostas.
Intorno alle dodici e mezzo, Achilleas ritorna al panificio e dice a Dimitris che
dovrà assentarsi per quattro giorni. Dimitris gli risponde di non preoccuparsi,
perché al forno ci penserà lui. Dopo averlo ringraziato, Achilleas torna a casa per
prepararsi alla partenza. Mezz’ora dopo entra Dionysis, che in quel momento si
trova in pausa dal lavoro. E, mentre quest’ultimo sta discutendo con Dimitris, nel
panificio entra anche Aspasia. La donna saluta entrambi e racconta loro che quello
è il suo primo giorno lì, ad Atene, e che ha ottenuto un trasferimento da Kalavrita
a una scuola di Peristeri. Poi chiede appunto ai due dove si trovi l’edificio scolastico.
Incantato dalla bellezza di Aspasia, Dionysis si offre di condurla personalmente
fino alla scuola. Quando Aspasia gli chiede se conosce qualcuno che affit-
296

ti una casa, Dionysis le parla del suo amico Odysseus, che poi chiama immediatamente
per organizzare un incontro. Odysseus dice loro di trovarsi nel negozio di
Violetas, sulla piazza, nel caso in cui vogliano passare a trovarlo. Aspasia e Dionysis
si dirigono verso il negozio. Arrivati lì, si imbattono in Maria e Violetas, impegnate
a discutere del prezzo dei boccioli, mentre Odysseus è all’opera sotto luci e
lampadine. Dionysis fa le sue raccomandazioni e poi lascia che Odysseus e Aspasia
parlino della casa e si mettano d’accordo sul prezzo. Quando Dionysis propone
ad Aspasia di andare al cinema in serata, lei accetta con gioia.
Alle cinque del pomeriggio Aspasia va a trovare Paraskevas e Chrisafgi, i soli
parenti che ha ad Atene. I due la invitano a mangiare da loro e a trasferirsi lì fino
a che non avrà affittato una casa. Aspasia rifiuta cortesemente, dicendo loro di aver
già pagato per un soggiorno di tre notti in albergo. Tuttavia, confessa di voler
contattare Antigone per via di un problema di stitichezza. Chrisafgi chiama dunque
Antigone, le spiega il problema della nipote e fissa un appuntamento per le
sei e mezzo. Aspasia si trattiene dalla zia fino alle sei e un quarto, e poi raggiunge
il dispensario di Antigone, poco distante. Dopo che le ha esposto la situazione, la
dottoressa le prescrive un lassativo, suggerendole di rivolgersi a uno psicologo nel
caso in cui il problema sia di natura psicologica. In effetti Aspasia è molto triste
da quando è arrivata ad Atene, perché il trasferimento non era nei suoi piani.
Sono ormai lei sei e mezzo del pomeriggio e, a bordo dell’auto di Christos,
Kostas e Maria vanno a trovare Paraskevas. A Christos sembra di volare, mentre
Kostas e Maria si sentono come in un film. Alle sette circa arrivano davanti alla
casa di Paraskevas. Chrisafgi è in cortile a stendere il bucato. Non appena vede
quel bolide, le cade dalle mani la bacinella con tutti i vestiti. Udendo le sua grida,
il marito esce di casa. Alla vista del fratello, Paraskevas si commuove, e i due uomini
scoppiano a piangere uno nelle braccia dell’altro. Chrisafgi invita tutti in
casa per mangiare della torta al latte appena fatta.
Un’ora dopo, Odysseus porta a termine il suo lavoro nel negozio di Violetas.
Quando, dopo otto ore di scrupoloso lavoro, chiede il suo compenso a Violetas,
quest’ultima trova da ridire sul fatto che sia troppo alto, e gli chiede uno sconto,
regalandogli in cambio un bel vaso.
Intorno alle otto, dopo una giornata dura e movimentata, Kostas e Maria fanno
ritorno a casa. Maria si mette a cucinare e Kostas apparecchia la tavola.
Intanto, nella sua camera d’albergo, Aspasia si prepara per uscire con Dionysis.
La ragazza è molto preoccupata per quel cambio di vita. I suoi pensieri vanno a
Kalavrita e alla famiglia. Il cuore le dice di tornare a casa, ma la logica risponde che
ad Atene la sua vita sarà migliore. Alla fine decide di andare al cinema e rimandare
questi pensieri al giorno dopo. Nel frattempo, anche Dionysis si sta preparando
per l’appuntamento, entusiasta e agitato. All’improvviso si rende conto di es-
297

sere rimasto senza soldi. Un secondo dopo si precipita giù dalle scale per andare
dal suo amico Odysseus, che gli presta quanto chiede e gli augura una piacevole serata.
Poi Dionysis reggiunge di corsa il cinema, dove Aspasia, che lo aspetta da un
minuto e 27 secondi, si è già innervosita e gli fa un po’ di scena. Con qualche parolina
dolce, però, Dionysis la fa tranquillizzare. Infine, entrano insieme.
Alle undici di sera Violetas e Dimitris sono gli ultimi del quartiere a chiudere
i loro negozi e a far ritorno a casa. Aspasia e Dionysis si salutano dandosi appuntamento
per il giorno dopo. Per i nostri eroi è tempo di riposare. Ora le strade sono
deserte, in attesa del gioco del giorno dopo.
298

In fondo al mare
AUTORI
Équipe di operatori dei servizi della giustizia minorile
e misure cautelari non detentive
In un mondo lontano dal nostro, un bimbo decise di fare una passeggiata nel
più strano dei fondali marini. Era un fondale colorato da specie di ogni genere.
Squali, delfini, polpi, pesci e conchiglie. Mentre nuotava, trovò un pesciolino felice
nella sua casa. La casa del pesciolino era davvero molto bella. I due si misero
a chiacchierare. «Incontrerai molti dei miei amici, qui. Un po’ più su troverai il
signor polpo e i delfini. Ma fai attenzione, perché mi dicono che il tempo non è
molto buono, e capita spesso che qualche grosso rifiuto venga giù a sporcarci le
case», disse il pesciolino.
Quando il bambino fece per andarsene, il pesciolino gli disse: «Aspetta! Non
ti ho ancora parlato di un altro pericolo. Stai attento agli ami, o a cose del genere…
sembrano bocconcini deliziosi, ma… ti portano via con sé, lontano. È stato
così che hanno preso la mamma delfino, e che i suoi piccoli sono rimasti soli».
Il bimbo sorrise come per dire che sapeva di cosa stesse parlando il pesciolino.
Dopo averlo ringraziato, lo salutò. In effetti, lui tutte quelle cose le conosceva già.
Alla fine del suo viaggio, incontrò il signor Acido. Questo era il suo soprannome.
Aveva la casa più bella fra tutti gli animali marini, ma non ci stava mai dentro.
Continuava però a perlustrare la zona, in modo da impedire a chiunque di
avvicinarsi. «Che peccato!», pensò il bambino. «Ha la casa più bella di tutti, ma
non può rallegrarsene. Come può vivere senza amici?».
Poi il viaggio giunse al termine, e il nostro piccolo amico tornò dalla sua famiglia.
Decise però di non parlare a nessuno della sua avventura e, prima di aprire la
299

porta di casa, disse per l’ultima volta: «Guarda un po’! Era tutto differente, lì, eppure
così bello! Ogni pesce era diverso dall’altro, ma c’era spazio per tutti, su quel
fondale variopinto!».
300

Rap giovane n. 1
AUTORI
Équipe di operatori dei servizi della giustizia minorile
e misure cautelari non detentive
Odio il teatro, le strade insudiciate di domenica, la gente che mi dà l’orticaria.
Odio i ricchi che vanno all’opera, così pieni di sé ma poi così feriti.
Odio mangiare trippa dopo una notte insonne, la puzza dell’aceto.
Odio gli sbirri, che ci dovrebbero proteggere, e i razzisti dall’altra parte della
strada che aspettano la giunta.
Tenetevi la vostra noia, pivelli! Io sono vecchio, vedo le cose in un altro modo.
Fanculo alla scuola, agli insegnanti e ai preti!
Odio chi sputa sentenze anche quando non ha niente da dire, quelli che offrono
consigli solo per sprecare il fiato.
Niente soldi, niente auto né lavoro, vado al mare con il bus.
La spiaggia è un casino, merda,
e tutta questa gente senza princìpi che se ne prende cura.
Bugie dappertutto, dappertutto ipocrisia, il casino è nella mia testa.
Tu fai tanto lo spaccone, e le sigarette sono troppe, ma insomma: alla fine sei
un uomo o una donna?
301

Rap giovane n. 2
AUTORI
Équipe di operatori dei servizi della giustizia minorile
e misure cautelari non detentive
C’è sporcizia ovunque nelle strade, nelle scuole e ancora più sugli autobus.
E io sono allergico allo sporco.
Sono stanco di tutte le menzogne, di tutto questo schifo delirante.
Ne ho abbastanza del pattume che esce di bocca ai ricchi idioti.
C’è un pessimo odore nelle strade, nelle case e nelle piazze,
nei teatri, all’opera e nei caffè in cui tutti cercano la salvezza.
Siamo pesci, in questa vita, e ci stanno spingendo verso spiagge insozzate.
È lì che vogliono vederci.
Vanno in tv e parlano nei telegiornali: gente ricca, razzisti, giornalisti e cacciaballe.
Parlano e parlano, e mai nulla che abbia un senso.
Io sono stanco di tutte ’ste stronzate.
Tutti che cercano se stessi, un amico, il fratello,
la propria identità, i propri ideali.
E io sono allergico allo sporco.
302

Convincimi
AUTORI
Équipe di operatori dei servizi della giustizia minorile
e misure cautelari non detentive
Un’azienda molto dinamica e selettiva, che sceglie i suoi elementi uno per uno.
La procedura di selezione è molto accurata, e include anche un colloquio personale.
La commissione è composta da due persone incaricate di saggiare i candidati,
chiedendo loro per quale motivo dovrebbero essere assunti. Questi ultimi
devono insomma convincerli di essere all’altezza dell’azienda. I candidati, nervosi,
aspettano il momento giusto. Nessuno osa iniziare. Manolis non ce la fa più, e
con un espediente cerca di unirsi al gruppo dei primi. Gli esaminatori lo riprendono
e gliene chiedono il motivo. Scaltro e intelligente come sempre, lui si mette
a negoziare con loro, mettendoli a parte del suo problema: del fatto che dovrà
partire per le vacanze, e di come gli mancheranno. Chiede insomma un favore,
perché dovrà star via per circa un mese. Ma la commissione non si fa convincere.
Allora lui ricorre a tutti gli espedienti, fino a promettere loro dei regali. Alla fine
gli esaminatori cedono: lo prendono immediatamente, senza nemmeno sottoporlo
al colloquio. Manolis è fortunato, ce l’ha fatta, è uno dell’azienda. Si sente
forte! Ora è lui a prendere le decisioni! Ma è tempo di cominciare. Le domande
agli altri due candidati sono incessanti:
Anthi: Questo ci ha comprati per bene. Cosa dirà il prossimo candidato?
Iannis: Ok, sentiamo cos’hai da dire.
Lazarus: Cosa volete che vi dica? Non so se sono un bravo ragazzo…
Anthi: E questo dovrebbe bastarci?
303

Iannis: Certo che non ci basta.
Manolis: Coraggio, di’ qualcos’altro.
Anthi: Vogliamo qualcosa di più clamoroso! Cosa intendi per «bravo ragazzo»?
Lazarus: Ve lo proverò…
Manolis: Così non entrerai mai a far parte di quest’azienda.
Lazarus: Vi comprerò qualcosa di costoso.
Anthi: Ecco che cercano di corromperci di nuovo…
Manolis: Mi sto arrabbiando. Non entrerai mai in quest’azienda.
Anthi: Oooooooh!
Lazarus: Non so cosa dire…
Anthi: Cosa potrebbe farci comodo?
Manolis: Un assegno di un milione…
Lazarus: Lo avrete.
Manolis: Oh, allora due milioni!!
Iannis: Con due milioni, l’azienda vi prende entrambi.
Lazarus: Ve li farò avere… se volete.
Anthi: Sai che non vogliamo che tu ci dia qualcosa di materiale. Ci darai qualcosa,
ma… Un’altra cosa: un’idea, un contributo, una proposta… Pensa a cosa
potremmo volere!
Lazarus: Che idea??
Anthi: Possiamo chiedergli di fare qualcosa…
Alexis: Potete chiedergli di raccogliere le cicche di sigaretta!
Iannis: Ci snobbi… Non hai provato a far parte della nostra azienda… In tutto
questo tempo non hai detto una parola… Adesso hai un’idea!!
Anthi: No, questo non è il suo lavoro…
Lazarus: Cosa dovrei fare?
Iannis: Cosa dovrebbe fare?
Anthi: Che ne dici di fare in modo di convincere Alexis a un incontro?
Manolis: Sì.
Lazarus: Se vuole venire…
Manolis: Ma se dice subito di sì sarà troppo facile…
Anthi: Alexis è un tipo duro… sarà complicato…
Manolis: Alexis dirà subito di sì…
Anthi: Alexis è furbo, si aspetta la proposta e lui non ci proverà nemmeno!! Coraggio,
Lazarus, puoi mettere un po’ di pressione addosso ad Alexis. Almeno
provaci…
Lazarus: Ma… se non vuole… cosa dovrei fare?
Manolis: Prendilo dal collo!
Iannis: No. Niente violenza, abbiamo detto. Non ammazzatevi l’un l’altro…
304

Lazarus: Ma se non vuole non posso spingerlo a…
Anthi: Pensiamoci. Cos’è che sai fare bene? Vediamo se è sufficiente per noi!
Lazarus: Cosa faccio bene? Sono bravo a basket!
Anthi: Basket?
Manolis: Non mi piace…
Iannis: Oh no!
Anthi: No? Qualcos’altro? Sai cucinare?
Lazarus: Sì, lavoravo come cuoco.
Anthi: Davvero!
Lazarus: Lavoravo in un negozio. Facevo pizze, club sandwich, spaghetti, omelette
e crêpe!
Anthi: Non ti ha convinto, un po’? A me quasi quasi sì!
Iannis: Che mi dici dei dolci?
Lazarus: Be’, le crêpe…
Manolis: Anch’io so fare le crêpe… E so cucinare!!
Anthi: Sei dei nostri! Che stai dicendo? Che non ci convince. A me invece quasi
quasi mi ha convinto.
Lazarus: So fare le insalate. Insalata rustica, insalata dello chef!
Anthi: Ah ah ah! Davvero? Insalata dello chef?
Lazarus: È quello che ho detto…
Iannis: Mmmh, sai suonare? Ti piace ascoltare musica?
Lazarus: Certo!
Manolis: E che genere di musica ascolti?
Lazarus: Tanti tipi!
Manolis: Ovvero?
Lazarus: Quello che mi va…
Anthi: Oh, andiamo! Ti stai tenendo sulla difensiva. Non credo proprio che ti
prenderemo! «Quello che mi va!».
Lazarus: Ascolto musica greca.
Manolis: Ti piace la musica trance?
Iannis: Ah, già, ascolti musica trance?
Lazarus: No, solo alcuni pezzi, quelli che mi piacciono. Io ascolto solo quello
che mi piace!
Anthi: Mi serve ancora qualcosa per essere convinto…
Iannis: Anche a me!
Manolis: Anche a me!
Anthi: Qualcos’altro?
Lazarus: Ascolto anche la radio…
Anthi: Da Internet?
305

Lazarus: Sì.
Anthi: Ragazzi, è dei nostri!
Manolis: Sì. E tu, Alexis. Che ci dici?
Alexis: Che non voglio entrare a far parte della vostra azienda.
Anthi: Guarda un po’ com’è bulletto, il più giovane dell’azienda!
Iannis: Lì, tutto solo!
306

Estate
AUTORE
Antonia Lionaki
Quanto sei bella, estate.
Caldo, mare, sole… Estate,
Ci riporti sempre alla vita.
Rondini, passeri e gabbiani
Volano alti
Estate…
Dal venticello primaverile alla pioggia di settembre
Estate…
Ti porterò dentro il cuore, oh estate,
E anche al sopraggiungere dell’inverno
Estate…
Continuerai a scaldarci il cuore, oh estate
con il ricordo luminoso dei tuoi giorni.
Inverno
AUTORE
Antonia Lionaki
L’inverno è tornato,
Così gelido e brutto,
Cappotti, sciarpe e giacche
Eccolo… tutto solo
Ma aspetta! Da lontano arriva il vento del nord
E una tempesta di neve
a fargli compagnia…
307

308
Oh, mio bel piccioncino
Oh, mio umile piccioncino
Vola alto nel cielo
Vola verso un posto lontano
Che nessun uomo conosce
In cerca di vallate dell’anima
E di acqua cristallina da bere
Per trovare riposo lungo la strada
Trovare riposo e ripartire
Verso luoghi ancora sconosciuti…
Il piccione
AUTORE
Antonia Lionaki

Il sole guarda la tv
AUTORI
Équipe Mosaik – Kethea
Il sole guarda la tv. Sullo schermo vede un uomo che non parla; allora cambia
canale e aumenta il volume. Ora va meglio, pensa. Guarda un film, un film storico.
Poi si sintonizza sul calcio, quindi le news: guerra! Annoiato, spegne la tv ed
esce in cortile a prendere il sole.
«Prima ero una tv», dice la tv. «Ora sono un grande mare in cui la gente nuota».
Due soli. Il primo si dedica alla pesca, il secondo fa il bagno. Malik, lo spirito,
porta l’aria.
E con l’aria appare un elefante dal cielo, perché ha visto due soli.
Si sta facendo buio. I soli vanno a dormire. Malik, lo spirito, si rilassa. Sulla
spiaggia, la gente dipinge il tramonto.
309

Quattro emozioni in viaggio
(Gioia, Felicità, Tristezza e Paura)
AUTORI
Équipe Mosaik – Kethea
Sull’autobus. Dai finestrini si vede il paesaggio.
Felicità: È bellissimo, andiamo!
Paura: Ma come facciamo se piove? Come torniamo indietro?
Tristezza annuisce.
Gioia: Non preoccuparti, non ci scioglieremo!
Felicità: Che ne dite di un caffè?
Si fermano in un piccolo bar.
Gioia: Quante buone cose!
Paura: Non mi va di mangiarle, chissà come le hanno fatte…
Tristezza: Non importa… qualunque cosa tu dica, non importa.
Tristezza beve il suo caffè senza latte.
Gioia: Oh, ecco.
Tristezza: Ora sto bene.
310

Tutti mangiano e bevono. Solo Paura non tocca nulla.
Felicità: Beviti un succo.
Paura: Solo se la confezione è ancora integra e si legge la data di scadenza.
Tristezza: Sarà scaduto. Lo berrò io.
Bevuto il loro caffè, Gioia e Felicità vogliono andarsene.
Felicità: Adesso che si fa? Come posso aiutarti a vincere la paura, Paura?
Tristezza: Se lo bevo, vedrai che non succede niente.
Gioia: Lasciamola qui… Solo che Felicità non può essere felice se non siamo tutti
insieme.
Tristezza: Sì, lasciamola qui.
Paura: Ho paura da sola. Voglio venire con voi.
Così, tutte insieme, proseguono il loro viaggio…
311

312
Viaggio onirico – canzone rap
AUTORI
Membri di Nostos
Essere un immigrato significa nostalgia, vita nuova,
libertà ma anche perdita
La vita è un fiume che scorre di continuo,
un fiume che tutti vogliono ma pochi hanno.
Tanti cercano la felicità,
pochi la trovano: gli altri si perdono per strada.
La vita è un fiume che scorre di continuo,
un fiume che tutti vogliono ma pochi hanno
Sogno un mondo fatato,
un mondo pieno d’amore dove non esiste l’inverno
e la primavera splende in eterno.
La vita è un fiume che scorre di continuo,
un fiume che tutti vogliono ma pochi hanno.
Sogno un sole caldo
che riempie i cuori della gente.

Un mondo senza guerra, senza dolori e sofferenze.
La vita è un fiume che scorre di continuo,
un fiume che tutti vogliono ma pochi hanno.
Segui la tua strada nella vita,
e forse scoprirai che da qualche parte
il tuo sogno ti sta aspettando.
Ora fa’ buon viaggio…
313

Ali di vetro
AUTORE
Filina Tassopoulou
Lei si chiama Emanuella, ed è una ballerina spagnola che vive a Peristeri. Ha
un carattere dinamico e le piace viaggiare. Fanatica del suo lavoro, è passionale,
ambiziosa e ottimista.
Il suo obiettivo è quello di diventare famosa, una star. E se ha dei nemici, questi
sono le sue colleghe. Due di loro sono molto competitive nei suoi confronti, e
vogliono soffiarle il posto nella prossima gara di ballo. Tanta è l’invidia nei suoi
confronti, che stanno cercando una via traversa per metterle il bastone tra le ruote.
Certo, i suoi amici sono sempre al suo fianco, pronti a sostenerla: Thomas,
Kelly, Kostas e Phany sono solo alcuni di loro. E poi c’è il suo compagno, Philip,
che la adora realmente.
La prima cosa che Emanuella nota in una persona è la sua apertura mentale e
la sua spontaneità. Che poi sono anche le sue caratteristiche: lei è aperta, onesta,
oltre che dotata di un’immaginazione vivace. Detesta le bugie, l’infedeltà e i pantofolai,
perché è un’estroversa. Ha paura dei ragni e dei serpenti. Ecco perché di
solito non si esibisce mai all’aperto.
Quando era molto giovane è stata morsa da un ragno, e da allora ne ha molta
paura. La sua professionalità, il suo senso dell’humour, il suo aspetto che non
passa inosservato e la sua predisposizione all’avventura la pongono sempre sotto
i riflettori, dove lei ovviamente ama trovarsi.
Con l’aiuto del suo compagno sta cercando di superare la paura dell’aeroplano,
perché viaggia spesso, e talvolta è necessario ricorrere a quel mezzo piuttosto
che al treno o alla nave.
314

Al momento è un po’ confusa per via di suo figlio, che ha cinque anni, e che
vorrebbe evitare di lasciare da solo a casa per il lavoro, anche se è costretta a farlo.
Emanuella intende diventare un nome di primo piano nel panorama della
danza, e perciò vuole vincere la gara che avrà luogo ad Atene tra pochi giorni. Sua
madre voleva diventare una ballerina, ma non c’è riuscita: adesso, perciò, preme
sulla figlia perché diventi una celebrità.
Grazie alle molte relazioni pubbliche, sua madre era riuscita ad approdare a
Broadway come protagonista. Dopo un mese di prove, il giorno della prima, era
caduta a metà dell’esibizione, storcendosi una gamba all’indietro e spezzandosi
l’osso.
Il pubblico era terrorizzato. Dalla folla si era fatto avanti un dottore e l’aveva
portata nell’ospedale più vicino, dov’era stata operata d’urgenza.
In sala operatoria, le cose erano subito apparse più gravi di come sembravano
in un primo momento, e i dottori non avevano potuto fare molto. Quella sarebbe
stata la sua ultima esibizione?
Dopo una lunga convalescenza, aveva intrapreso sei mesi di fisioterapia con
un dottore esperto.
Due anni dopo aveva cominciato a considerare questo dottore sotto un’altra
luce. Christopher non l’aveva aiutata solo sotto il profilo medico; le aveva toccato
l’anima, dandole consigli, coraggio e speranza per il futuro.
Lui stesso aveva iniziato a vederla come più che un’amica, mostrandole un attaccamento
che andava ben oltre il rapporto medico-paziente.
Lei si era sentita libera, si era fidata, e i due erano diventati una coppia. A causa
della sua salute precaria, la loro relazione dovette sopportare diverse difficoltà,
ma lui la sostenne con il suo amore, e quando si sposarono lei gli diede in dono
il miracolo che lui non si sarebbe aspettato: adesso poteva camminare più a lungo
senza il suo aiuto.
Cominciarono a modellare la loro casa come fosse una scuola di danza. Dopo
aver tolto i mobili, piazzarono specchi e sbarre dappertutto. Lui le aveva promesso
di aiutarla a danzare di nuovo. Sulle prime lei aveva obiettato, ma con il suo amore
lui aveva finito per convincerla. I primi mesi furono duri, ma, con il passare
del tempo, lei recuperò le forze e intensificò gli esercizi. Christopher la guardava
ammirato, dandole forza e amore. Sei mesi dopo erano già in cerca di un provino.
Insieme, fecero richiesta per una parte da protagonista presso un sacco di
teatri, come pure presso importanti registi cinematografici con alle spalle grosse
case di produzione. Poco tempo dopo, ebbero la prima risposta. La sola cosa che
le rimaneva da fare era scegliere.
315

Avventure australiane
AUTORE
Filina Tassopoulou
Penny è una ragazzina di nove anni che vive in Australia con la mamma e la
nonna. Penny ama il mare, e nel fine settimana ci va insieme alla nonna. Le piace
anche la musica, e da due anni studia chitarra.
La settimana scorsa ha avuto una brutta avventura sulla spiaggia. Anche quel
giorno era in compagnia della nonna. In spiaggia c’era un po’ di gente. Improvvisamente,
mentre nuotava, si è allontanata, decisa a mostrare alla nonna quanto
fosse brava a nuotare.
Per sua sfortuna, però, una barca di passaggio ha sollevato onde altissime, che
non poteva fronteggiare. Senza che la nonna si accorgesse di nulla, poi, un pescecane
ha preso a girarle intorno.
Lei ha cominciato a piangere disperatamente, e alla fine il pescecane le ha
morso una gamba. Sanguinante, Penny ha perso conoscenza e ha rischiato di andare
a fondo. Nel giro di pochi minuti, però, dalla barca sono arrivati dei sub che,
dopo averla salvata, hanno chiamato il soccorso via elicottero. Poi, insieme alla
nonna, l’hanno trasportata in ospedale.
I sub e i medici hanno rassicurato la nonna e la mamma; dopo diversi giorni di
cure, infatti, Penny si è ristabilita.
Per tutto quel tempo, sua madre non si è mai allontanata dal suo letto.
Al rientro in casa, Penny è rimasta sorpresa dall’invito ricevuto: doveva suonare
in occasione di un grande concerto! Questo l’avrebbe certo fatta sentire meglio
e l’avrebbe aiutata a guarire presto.
316

Finalmente il gran giorno è arrivato. Il suo umore era alle stelle, il suo viso brillava
di gioia. E che successo il concerto!
Quel giorno c’era anche la diretta tv. Dopo il concerto, i suoi compagni di
classe le hanno fatto una sorpresa, regalandole un mazzo di rose.
Che concerto indimenticabile! Che giornata fantastica per lei e per la sua famiglia!
317

Una storia da raccontare…
Una decisione importante
AUTORE
Ourania Tsouma
Il piccolo Antonis abitava in un villaggio accanto a un laghetto. Il laghetto
pullulava di pesciolini, pietruzze che da lontano, alla luce del sole, luccicavano
come oro. C’era poi la casetta di un’anziana signora che viveva lì tutta sola… be’,
non poi così sola: aveva un grande giardino di cui prendersi cura, e poi un cagnolino,
un pappagallo e dei canarini.
Ma poi Antonis dovette trasferirsi in città con la famiglia, perché suo padre aveva
trovato un impiego migliore e sua madre non sarebbe stata più una casalinga…
avrebbe avuto il suo primo lavoro in un laboratorio di ceramica.
Antonis andò a salutare l’anziana signora, che sapeva essere molto affezionata
a lui: ogni volta che lo vedeva, infatti, gli offriva dei fiori appena colti perché
li portasse a casa con sé. Antonis non sarebbe voluto partire, aveva degli amici nel
villaggio con cui giocava in riva al lago, e gli alberi su cui faceva i nidi per gli uccelli,
e poi quella strana, anziana signora… Strana, perché ogni volta che parlava
lui non capiva cosa dicesse… sembrava straniera, usava parole per metà greche
e per metà… cosa? Proprio non ne aveva idea.
Con il tempo, Antonis si fece nuovi amici in città, ma non per questo dimenticò
i vecchi compagni del villaggio e quell’anziana signora… Così, un giorno,
preso dalla nostalgia, chiese il permesso ai suoi genitori di poter tornare a fare loro
visita…
318

Dopo aver fatto visita ai suoi amici di un tempo (erano cresciuti, ma li riconobbe
tutti), andò a trovare l’anziana signora.
«Oh, sei cresciuto così tanto, Antonis!», disse lei.
«Mi spiace, non posso trattenermi troppo: mio zio mi aspetta nella piazza del
villaggio per riportarmi in città», disse Antonis dopo un po’.
Allora, l’anziana signora recise i fiori più belli del suo giardino e gli disse: «Presto
troverai la tua casa».
Durante il tragitto di ritorno, Antonis continuò a rimuginare su quelle parole:
cosa potevano mai significare? Lui una casa ce l’aveva già…
Il giorno dopo, Antonis andò al circo con la scuola…
Passarono gli anni. Antonis proseguì gli studi e divenne un archeologo. Presto
ricevette un’offerta di lavoro dalla Spagna, per un progetto riguardante alcune
statue antiche ritrovate in un piccolo villaggio poco fuori città, nei pressi di un laghetto.
Antonis decise di trasferirsi, anche se quel villaggio e quel lago erano così
diversi dal luogo in cui era cresciuto. Lì incontrò una ballerina che divenne sua
amica e che lo portò in giro per la città. Una sera l’amica gli disse che presto vi si
sarebbe esibito un celebre circo. Antonis ripensò al circo che aveva visto da bambino
e decise di assistere allo spettacolo con la sua amica. L’esibizione si rivelò interessante
e divertente, ma ciò che più colpì Antonis fu la ballerina che faceva da
spalla al clown nel suo numero. Rimase talmente impressionato che, alla fine dello
spettacolo, andò a cercarla (gli piaceva davvero tanto…).
Non appena lo vide, la ballerina gli disse: «Ti stavo aspettando!».
«Ma nemmeno mi conosci», rispose Antonis.
«Eppure… mia nonna mi ha così tanto parlato di te… Hai tante capacità che
neanche sospetti di avere… Potresti lavorare con me, se volessi…».
Poi spiegò ad Antonis che sarebbe rimasta in città per altri tre giorni, prima di
andare via. Quindi aveva tre giorni per prendere una decisione…
Ad Antonis il circo piaceva davvero, fin da quando era un bambino… E con
l’età questa passione era aumentata… quella vita randagia…
Tornato in albergo, sebbene non fosse stanco, Antonis si addormentò all’istante.
Fece uno strano sogno: vide un uomo né alto né basso, né magro né grasso…
L’uomo era scuro di pelle, e stava cercando di insegnargli dei trucchi che
pochi conoscevano: era un mago! Antonis fece lo stesso identico sogno per tre
notti. Poi tornò al circo per rivedere la ballerina. Sedette tra il pubblico e aspettò
la fine dello spettacolo. Quell’esibizione aveva qualcosa di straordinario, e l’ultima
performance fu eseguita da un mago. Quando lo vide sul palco, Antonis lo
riconobbe immediatamente: era l’uomo che aveva visto nei suoi sogni!
319

Per assisterlo nell’ultimo numero, il mago scelse Antonis tra i presenti. Finito
lo spettacolo, Antonis e il mago andarono insieme dietro le quinte, dove ad attenderli
c’era la ballerina: il mago, infatti, era suo fratello.
Quello era il giorno in cui Antonis avrebbe dovuto comunicare la sua decisione
alla ballerina. I loro occhi si incontrarono, e in quegli occhi Antonis comprese
di aver trovato non solo la sua casa, ma anche un amore smisurato!
320

ROMÂNIA
ROMANIA

Introducere
Desfăs¸urarea proiectului Writing Theatre în România a permis tuturor celor
implicat¸i să ia parte la o experient¸ă de dezvoltare personală s¸i profesională în care
accentul a fost pus pe creativitate s¸i deschiderea către noi realităt¸i prin scrierea
de scenarii de teatru din perspectiva incluziunii sociale. Participant¸ii în cadrul
proiectului, fie că au fost cadre didactice, reprezentant¸i ai unor organizat¸ii nonguvernamentale
sau elevi s¸i tineri aflat¸i în situat¸ie de abandon s¸colar, au putut
să experimenteze roluri care în viat¸a cotidiană sunt greu accesibile s¸i uneori
dificil de gestionat, acceptând astfel provocarea noastră de a se «juca» într-o
maniera cât se poate de serioasă cu tematica abandonului s¸colar, cu probleme
specifice, context social, educat¸ional s¸i cultural, sugestii de solut¸ionare, fiind
astfel o experient¸ă ce le-a permis tuturor să încerce noi ipostaze, noi roluri, să fie
personaje. Valoarea adăugată a proiectului este legată tocmai de faptul că acesta
prezintă s¸i permite profesionis¸tilor care lucrează cu tineri o metodă s¸i
instrumente de lucru nu foarte des folosite în t¸ara noastră. Practicienii implicat¸i
în cadrul proiectului au avut oportunitatea de a participa la un program de
formare realizat de profesionis¸ti din domeniul teatral s¸i de a experimenta la
rândul lor cele învăt¸ate împreună cu tinerii. Astfel că, în cadrul proiectului au
fost realizate 10 scenarii pe care le putet¸i găsi incluse în această publicat¸ie, s¸i care
mai presus de toate au creat entuziasm în rândul celor implicat¸i.
323

Personaje
Suntem ceea ce vrem noi sa fim
COORDONATORI
prof. Alina Nit¸u, prof. Tatiana Păduraru,
Colegiul Nat¸ional «Octav Onicescu» – Bucures¸ti
COAUTORI
10 elevi din clasa a X-a D,
Colegiul Nat¸ional «Octav Onicescu» – Bucures¸ti
Bianca
Sonia
Ana, colega cea bună
Mama, dna Ionescu
Sora Biancăi, Alina
Sot¸ul Alinei Popescu
Domnul diriginte, Prodan Vicent¸iu
Bunicul Soniei, Mavrocordan
SCENA I
Actul I
La plimbare, Sonia s¸i Bianca povestesc despre familiile lor.
Sonia: Bună, fată!
Bianca: Bună, fată!
Sonia: Azi ce mai facem?!
324

Bianca: Ca de obicei, nu mergem la s¸coală, mergem în parc, că mama e plecată,
nu s¸tie de mine. Soră-mea e ocupată cu copilul, la serviciu; cumnatul nu s¸tie
decât să bea… deci pot să fac ce vreau.
Sonia: La mine ce să zic, bunică-miu crede că sunt premiantă la câte i-am zis.
Mergem s¸i noi în parc, poate ne întâlnim cu ăia de ieri care ne-au dat t¸igări
s¸i băutură… Ne mai distrăm s¸i noi put¸in.
Bianca: Cum, fată, i-ai zis că es¸ti premiantă? Culmea, s¸i eu la fel! De aia suntem
noi prietene, s¸tim să ne descurcăm.
Sonia: Păi da, că altfel nu-mi dădea bani.
Indicat¸ii scenice: Bianca scoate rujul, fardurile, oglinda…
Sonia: Ia, dă-mi, fată, s¸i mie că arăt urât. Bunică-miu nu mai m-a lăsat să mă
fardez, m-a trimis as¸a la s¸coală. Cică pe vremea lui nu existau smacuri de-astea.
SCENA II
Întâlnirea cu colega lor de clasă, pe care nu o recunosc de la început…
Bianca: Bă, uite-o pe aia; ce se holbează as¸a la noi?
Sonia: O fi fost s¸i ea cu noi ieri în parc.
Bianca: Nu cred fată, nu vezi ce fat¸ă de tocilară are. Pfoooa…
Indicat¸ii scenice: Ana se apropie de colege.
Ana: Bună, fetelor!
Bianca: Hai cu noi la o t¸igară, ca ieri…
Ana: Ce t¸igară, ce ieri? Eu am fost la s¸coală, la ore. Voi n-at¸i mai venit de
aproape un semestru.
Sonia: Nu contează, oricum trecem, are bunică-miu bani… s¸i, de rus¸ine, o săi
dea ca să mă treacă.
Bianca: S¸i mama o să trimită cadouri la profi… Poate s¸i bani… O aburesc eu
cumva…
Ana: A zis domnul diriginte Prodan că, fără teză, nu vă trece.
Sonia: S¸i teza asta când e?
Ana: Azi!
Bianca: Azi dăm teză??? As¸a repede a trecut un semestru? Dacă venim, ne ajut¸i!
Nu ne trebuie decât un 5… Hai că vorbim noi de acum cu tovarăs¸ii nos¸tri
s¸i n-o să se mai ia nimeni de tine!
325

Ana: Bine, eu vă ajut, dar vedet¸i cum facet¸i, ca să nu-mi pună s¸i mie 1 sau sămi
scadă nota…
SCENA III
Ajung cele 3 fete la s¸coală, în clasă; se as¸ează în bănci. Se fac planuri pentru teză.
Intră domnul diriginte în clasă.
Dirigintele: Bună ziua!
Face prezent¸a, întrebându-l pe elevul de serviciu care sunt absent¸ii.
Dirigintele: Nu lipses¸te nimeni azi?
Ana [eleva de serviciu]: Nu, nimeni.
Dirigintele: Au venit s¸i domnis¸oarele Bianca s¸i Sonia?
Bianca s¸i Sonia [în cor]: Da’ am fost mereu!
Ana: Ssst… e nervos! Dă teza s¸i mai grea s¸i o s-o dea pe numere.
Dirigintele: Bine, nu mai dăm teză azi, ies la tablă cele 2 fete care au venit mereu.
Bianca: Vezi, dacă tăceai, dădeam teză s¸i scăpam.
Sonia: Tu trebuia să taci!
Dirigintele: La tablă, fără discut¸ii! Rezolvat¸i exercit¸iul acesta: 2x+2=2!
Fetele ies la tablă s¸i se miră cât este de greu.
Bianca: Dar noi n-am făcut as¸a ceva.
Dirigintele: Nu, desigur, pentru că le-am făcut la începutul semestrului s¸i acum
e sfârs¸itul lui.
SCENA IV
Vine mama Biancăi împreună cu sora s¸i cumnatul Biancăi.
Mama: Bună ziua, domnule diriginte! Sunt mama Biancăi s¸i am venit să văd s¸i
eu situat¸ia ei la învăt¸ătură. Mă scuzat¸i că întrerup ora, dar Bianca îmi spune
că nu are probleme, că este chiar premiantă, însă sora s¸i cumnatul ei îmi spun
cu totul altceva.
326

Dirigintele: Vă arăt imediat situat¸ia din catalog. Note nu are, însă absent¸e, din
plin. S¸i tocmai am ascultat-o… la un exercit¸iu banal de clasa a 5-a s¸i ea e în
clasa a 10-a s¸i nu a s¸tiut să-l rezolve. Sunt aproape sigur că nu o să treacă clasa.
Mama îi spune Biancăi să se apropie.
Mama: Bianca, ce mi-ai spus mie s¸i ce-i aici?
Bianca: Păi, mamă, nu puteam să-t¸i spun chiar adevărul că nu mi-ai mai fi dat
bani, dar sunt mai multe… Întreab-o s¸i pe Alina… Eu, când vroiam să-mi
fac lect¸iile, ea mă punea să am grijă de copil.
Alina: Mamă, nu este adevărat, eu doar o rugam ca atunci când vine de la liceu
să ia pâine s¸i apă plată la 2 litri, că ea doar din asta bea. Niciodată nu mi-a
dat restul, dar am lăsat-o, să nu zică că nici atât nu-i dau…
Bianca: Dacă ea nu mi-a dat bani nici de un suc. Trebuia să fac s¸i eu ceva.
Mama: S¸i cu banii trimis¸i de mine?
Bianca: Mi-i lua cumnatul David! Ca să-i bea.
Cumnatul: Nu tu îmi dădeai banii ca să nu te zic maică-tii cum te-am prins în
parc?
Bianca: S¸i tu ce căutai în parc la ora aia?
Cumnatul: Mă duceam să mă angajez.
Bianca: Lasă, că te duceai la cârciumă cu golanii tăi.
Cumnatul: Nu-i adevărat; acolo mi-a spus un prieten că mai are un loc de
muncă… Ce să fac?!
Mama: De ajuns! Am înt¸eles.
Alina: Mama, nici eu nu am s¸tiut toată povestea asta, eu s¸tiam că David o duce
la s¸coală, dar nu că s-au întâlnit prin parcuri…
Sonia: Da’ ce e rău să mergi în parc?! S¸i n-a fost singură, a fost cu mine, nu avet¸i
de ce să vă facet¸i atâtea probleme. E pe mâini bune.
Dirigintele: Se vede că niciuna nu s¸tie nimic.
Mama [spre Sonia]: S¸i cine es¸ti tu?
Alina: Parcă ne interesează cine es¸ti tu.
Vorbesc simultan.
David: Da, s¸i ea era în parc.
Dirigintele: La o as¸a gălăgie o să ne trezim cu domnul director la us¸ă…
Se face linis¸te.
327

SCENA V
Bate cineva la us¸ă. Nu e domnul director… E un spiridus¸ care transformă în
totalitate personajele…
Personajele
Dna. Dogaru, diriginta clasei
Mama Emei
Irina
Sergiu
Chelnerul
Tatăl lui Sergiu, moralistul
Ema
SCENA I
Actul II
Ema, Irina s¸i Sergiu sunt în parc pe o bancă s¸i-s¸i planifică chiulul de la ore mergând
la o terasă.
Ema: Ce facem azi, mergem la s¸coală?
Sergiu: La s¸coală!? Dar ce-t¸i veni? Căci mai e până la final de semestru ca să ne
încheiem s¸i noi mediile.
Irina: Procedăm ca de obicei, le spunem profilor fie că am fost bolnavi, fie că ai
nos¸tri au probleme, bla, bla… Acolo pentru impresie s¸i luăm s¸i noi 5-ul.
Ema: Deci, mergem la terasă… Ura! As¸a vă vreau!
SCENA II
La terasă.
Sergiu: S¸i ce bem, fetelor?
Ema: Un Pepsi.
Irina: O limonadă.
328

Sergiu: Ce e cu voi? Nu bet¸i altceva? Eu încerc ceva mai tare. Un gin tonic.
Ema: De unde bani? Mama nu-mi mai dă, a zis să-i arăt notele… S¸i mă mai s¸i
amenint¸ă că vine la s¸coală. Nici nu s¸tiu ce să-i mai zic să nu vină.
Irina: S¸i la mine e cam la fel.
Sergiu: De mine nu se interesează nimeni, căci nu au timp, au două job-uri, vin
frânt¸i… Ce să-i încurc cu problemele mele?!
Sergiu: Chelner, ne iei comanda? Că pierdem timpul… aici.
Chelnerul: Ce dorit¸i?
Sergiu: Un pepsi, o limonadă s¸i un gin tonic.
Chelnerul: Nu servim băuturi alcoolice minorilor.
Sergiu: Hai lasă gluma, vei primi bacs¸is¸ul… Care e problema?
Chelnerul: Problema e că avem reguli s¸i le respectăm!
Irina: Hai lasă, cât¸i ani ai? Ce, suntem primii adolescent¸i care cerem băutură?
Tu nu ai băut în liceu?
Chelnerul: Daca nu încetat¸i, sunt nevoit să chem bodyguarzii.
Sergiu: Hai, fetelor, să mergem, că aici doar ne enervăm!
SCENA III
Elevii ies din restaurant, se as¸ează în parc pe o bancă. Sergiu scoate t¸igările, fetele
îs¸i rearanjează machiajul. Când, se apropie diriginta… Elevii n-o observă.
Diriginta: Ce e cu voi aici? Ema, nu mi-ai spus tu ieri la telefon că es¸ti bolnavă,
că nu pot¸i veni toată săptămâna? S¸i acum es¸ti aici în parc?! S¸i voi, Irina s¸i
Sergiu?! S¸tit¸i ce situat¸ie avet¸i: multe absent¸e s¸i note mici…
Sergiu: Doamnă, dar avem scutire. Suntem bolnavi, dar nu as¸a grav… să stăm
în casă.
Diriginta: Da, văd; s¸i vă s¸i tratat¸i! [arătând spre t¸igări s¸i farduri]. Venit¸i la
s¸coală acum!
Irina: Nu putem, n-avem ce ne trebuie la noi. De fapt, nu s¸tim ce ore avem.
Diriginta: Vorbesc eu cu colegii vos¸tri să vă împrumute nis¸te pixuri s¸i foi ca să
vă luat¸i notit¸e.
În timpul acestei discut¸ii apare s¸i mama Emei.
Mama Emei: Bună ziua, dna. dirigintă, văd că Ema e în parc în loc să fie la
s¸coală. Eu muncesc s¸i 12 ore pe zi, ca ei să nu-i lipsească nimic s¸i ea e în parc,
în loc să fie la s¸coală. Iar dacă azi nu am fi avut dezinsect¸ii, as¸ fi fost tot la lucru!
329

Ema: Nu, mamă, azi nu se fac ore.
Diriginta: Mint¸i cu mine de fat¸ă?!
Irina: Ema, taci! Că o încurcăm s¸i mai rău…
Diriginta se adresează mamei: Doamnă, Ema are o situat¸ie dificilă: nu învat¸ă,
probabil va rămâne corigentă, are multe absent¸e s¸i nu dă niciun semn că ar
dori să se îndrepte. Nu s¸tiu ce să mai zic. Probabil că nu at¸i primit invitat¸iile
mele la s¸coală.
Mama Emei: Acum aud prima dată s¸i e adevărat, de la serviciu nu pot pleca,
căci patronul are încredere doar în mine.
Diriginta: Eu vă cred, dar vedet¸i, până la urmă, at¸i neglijat copilul. S¸i Ema a
simt¸it că vă poate ascunde adevărul.
Mama Emei: As¸a e, dar vă promit că situat¸ia se va schimba. O să vin zilnic,
până când lucrurile se vor îndrepta, căci s¸tit¸i că până anul acesta era o fată
premiantă… S¸i voi vorbi s¸i cu părint¸ii lor, ai lui Sergiu s¸i ai Irinei, căci sunt
vecinii mei.
Irina: Nu, doamnă, vă rog!
Sergiu: S¸i eu vă rog! Aoleu, îl văd s¸i pe tata venind…
Vine tatăl lui Sergiu… care este, de fapt, cel ce opres¸te această scenă, spunând
Morala: Oamenii se pot schimba… azi au un rol pe scena viet¸ii, mâine altul,
depinde de scenariul pe care s¸i-l scriu s¸i de regia lumii pe care o creează.
330

Poveste rece…
COORDONATOR
prof. Doina Mus¸at, Grup S¸colar «Nicolae Bălcescu», Oltenit¸a
COAUTORI
Cantacuz Cătălin, Dana Andreea, Eftimie Laurent¸iu,
Mincu Loredana, Zamfir Ioana,
Grup S¸colar «Nicolae Bălcescu», Oltenit¸a
Nu cred că vor afla niciodată unde sunt…
Nu se gândesc niciodată la mine… au problemele lor, certurile lor interminabile
s¸i reci, unde nu pot intra decât ca spectator tăcut sau ca obiect de mobilier. De
fapt, nu pot nici să react¸ionez… nu mai am cuvintele necesare, nu s¸tiu cui să
mă adresez: poate tatălui, că îmi plăcea mai mult să stau cu el, sau poate mamei,
că râdeam cu ea când mergeam la cumpărături uneori. Mai bine nu spun
nimănui, chiar nu este necesar!
Andreea…
O voi suna să-i spun… are mult¸i prieteni… sigur o să mă ajute…
Le voi scrie părint¸ilor un sms: «Nu vă facet¸i griji. Sunt la bunici la curte».
De ce să le scriu? Poate ar fi mai bine să nu-i anunt¸ nimic! Oricum mama ar
citi mesajul când ar ajunge acasă, mai ales văzând că este scris de mine!
Acum voi scrie Andreei alt sms… nu am bani să dau un telefon: «Sună-mă.
Nu am bani pe cartelă. Am plecat de acasă».
Privesc spre telefon s¸i nu sunt surprinsă de faptul că acesta nu are decât o
liniut¸ă pe baterie. Nici el nu t¸ine cu mine. Îmi vine să-l arunc pe asfaltul
neuniform al trotuarului s¸i să uit de tot ce mă înconjoară. Mă întreb uitându-mă
la umbra mea subt¸ire s¸i mică dacă este cineva pe lumea asta să se gândească la
mine… să mă cheme, să mă strige, să mă ajute cu un sfat prietenesc. Mă uit la
telefonul ros¸u pe care îmi amintesc că mi l-a cumpărat un prieten, primul meu
prieten s¸i mama mi-a răsplătit bucuria cu o bătaie îngrozitoare.
331

Atunci am plecat de acasă s¸i de la s¸coală pentru prima dată… am plecat la
el… au urmat polit¸ia s¸i declarat¸iile date s¸i certuri interminabile… s¸i reci, fără
emot¸ii.
Atunci nu eram as¸a de singură ca acum, erau colegii de s¸coală care m-au
căutat s¸i m-au ajutat.
Acum nu mă sună nimeni…
As¸tept… as¸tept… as¸tept…
Privesc telefonul de 2 minute s¸i 30 de secunde.
M-am plictisit s¸i mi s-a făcut s¸i foame. Plimb mâna rece peste burtica
acoperită cu pulovărul gros din lână verde, preferatul meu. L-am îmbrăcat pentru
că s¸tiu că îmi poartă noroc!
Trec pe lângă o vitrină s¸i, fără să vreau, îmi văd chipul… râd de mine,
deoarece sunt put¸in ciufulită de vântul de afară, apoi mă întristez brusc s¸i-mi vine
să plâng, să dau cu pumnii în vitrina care-mi deformează chipul pe care eu îl s¸tiu
prea bine. Mă mai privesc o dată s¸i-mi s¸terg lacrimile, îmi scot din geantă
s¸ervet¸elele deoarece se pare că s¸i machiajul făcut în dimineat¸a asta a avut serios
de suferit.
Privesc în jurul meu. Nici pe stradă nu-i nimeni să mă vadă cât sufăr… nui
nimeni în jurul meu… din nou singură!
As¸a sunt eu, singură!
Telefonul…
«Mâine la s¸coală trebuie să avem culegerea de matematică. Cartea mea este la
tine. Te rog să mi-o aduci mâine. Diana».
Trebuie să-i scriu: «Mâine nu pot veni la s¸coala… cred că nu mai vin deloc,
deoarece au apărut anumite probleme personale ce trebuie urgent rezolvate. Ia
s¸i tu culegerea de la o colegă s¸i rezolvi astfel situat¸ia. Îmi pare rău! Marina»
Două sms-uri erau în as¸teptare cât redactam eu scuza penibilă pentru Diana.
«Ne întâlnim la bar. Voi veni cu prietenul meu s¸i cu Ionut¸, colegul tău de
clasă. Andreea».
Am crezut că s-a maturizat s¸i Andreea, dar la 16 ani se comportă precum
copiii răsfăt¸at¸i de 10 ani. Are s¸i de ce să se comporte as¸a, deoarece ai ei părint¸i
o înt¸eleg perfect în tot ceea ce face… s¸i apoi prietenul ei este atent s¸i cu foarte
multă răbdare.
Nu s¸tiu ce caută tocilarul ăla de Ionut¸ în toată afacerea asta s¸i de ce Andreea
îl ia după ea. O să afle toată lumea intent¸ia mea, dar ar fi cazul să nu mă mai
gândesc la asta.
Celălalt sms trebuie citit:
«Ai înnebunit de-a binelea, Marina? Mai sunt câteva săptămâni până la
sfârs¸itul clasei a X-a!!! Dacă află diriga te-ai dus!!! Sper să fie o glumă nesărată s¸i
332

până mâine o să-t¸i revii s¸i să-t¸i dai seama de ce dezastru te as¸teaptă. Dacă ai
nevoie de ajutor… Diana»
Ajutor!?! Cine să mă ajute!?!
«Nu vă facet¸i griji pentru mine! O să mă descurc singură de data asta!»
Singură… singură… singură…
Părint¸ii mei nici nu s¸i-au dat seama că lipsesc de acasă! Dacă mă duc la s¸coală
o să am surpriza ca profa de chimie să nu vrea să mă treacă din motive us¸or de
înt¸eles… absent¸e, absent¸e, absent¸e. Nu m-a întrebat în schimb niciodată dacă
am fost fericită în familia mea, dacă tatăl meu a petrecut momente împreună cu
mine sau s-a bucurat alături de mine, dacă mama mea cea des¸teaptă s¸i tot timpul
ocupată cu slujba bănoasă a sesizat că… sunt însărcinată…
Am spus-o… Nu credeam că o pot spune niciodată cu glas tare… Să mai
spun totus¸i o dată… să t¸ip… Sunt însărcinată!!!
Un zgomot ciudat mă determină să-mi revin din visul pe care-l construisem
bazat pe o realitate tristă. Telefonul mă anunt¸ă că bateria mea este pe sfârs¸ite…
as¸a cum erau s¸i sperant¸ele mele… pe sfârs¸ite!
«Marina, noi te as¸teptăm să vii la bar. Unde es¸ti?»
Cu ultimele licăriri ale bateriei am putut trimite un mesaj: «Nu cred că mai
pot veni! Au intervenit mici schimbări în programul meu de astăzi. Am
descoperit ceva minunat… Nu vă facet¸i griji pentru mine! Distrat¸i-vă! Marina».
Vântul sufla rece s¸i adierea lui biciuia dureros fat¸a mea, corpul meu chinuit
s¸i măcinat de gânduri.
Noaptea aducea cu ea poate rezolvarea problemelor mele… discut¸ia sinceră
cu familia mea.
333

Abandonul s¸colar s¸i tragedia unui baiat de 13 ani
COORDONATOR
Oproiu Natalia, Asociat¸ia «No Abuse», Bucures¸ti
COAUTORI
Ică Alexandru, Oproiu Eduard Gabriel, Radu Cătălin
Povestitorul: Sunt un băiat de doar 13 ani s¸i am foarte multe greutăt¸i. Nu mai
s¸tiu ce înseamnă fericirea s¸i răsfăt¸ul ca alt¸i copii de vârsta mea. As¸a a început
povestea unui băiet¸el de 13 ani. Într-o zi se ducea la piat¸ă să cumpere pâine
s¸i cartofi, deoarece atât îs¸i mai puteau permite s¸i s-a întâlnit cu un fost coleg
de s¸coală, care acum e clasa a VII-a, s¸i care l-a întrebat:
Gabriel: Bună! Tu es¸ti cumva Darius, ai abandonat s¸coala din clasa a II-a, la
doar 8 ani?
Darius: Bună! Da, este adevărat, mă numesc Darius s¸i am abandonat s¸coala, dar
nu din cauza mea, ci din cauza problemelor pe care eu le-am trăit s¸i le trăiesc în
continuare. Eu nu te cunosc pe tine, nu s¸tiu cine es¸ti dar… daca ai timp să mă
ascult¸i, doresc să ît¸i spun mai multe, deoarece simt nevoia să vorbesc cu cineva
care să mă asculte. Mai mult decât atât, îmi doresc foarte mult un prieten.
Gabriel: Bine, de azi înainte, mă numes¸ti prietenul tău, acum hai să mergem în
parc să vorbim mai multe.
Darius: Îmi pare foarte rău, nu pot merge acum, deoarece mă as¸teaptă frăt¸iorii
mei acasă, cu acele cumpărături de care am spus mai devreme, pâine s¸i cartofi.
Gabriel: Atunci, când vrei să ne vedem?
Darius: Mâine ies cu frat¸ii mei în parc s¸i atunci vorbim. Mult¸umesc pentru
prietenia ta s¸i mai vorbim mâine.Te salut.
Gabriel: Te salut, de asemenea.
334

Povestitorul: A doua zi, Darius a plecat în parc cu frat¸ii lui, acolo întâlninduse
cu prietenul lui.
Gabriel: Bună, Darius! Ce mai faci?
Darius: Bună, dar eu nu s¸tiu cum te numes¸ti, prietene.
Gabriel: Ieri am uitat să mă prezint. Sunt Gabriel s¸i doresc să aflu mai multe
despre abandonul tău s¸colar. De ce ai renunt¸at la s¸coală? Erai cel mai bun
copil din clasă, premiant s¸i foarte sociabil. Colegii, când au auzit de tine că
nu mai pot¸i merge la s¸coală, au rămas cu tot¸ii uimit¸i, împreună cu mine.
Darius: Înainte de povestea viet¸ii mele reale, deoarece ît¸i spun adevărul, vreau să
îmi cunos¸ti frat¸ii cei mici. Ea este Maria, are 6 ani, iar Cătălin, are 10 ani.
Acum jucat¸i–vă în parc! Îmi pare rău de Maria, că e foarte talentată, are o voce
frumoasă, toată ziua cântă, dar nu pot face nimic pentru ea, ca să-i descopere
cineva talentul. Acum o să ît¸i spun cauza abandonului meu s¸colar. S¸coala este
visul meu, o să merg la s¸coală, dar mai târziu, când vrea să vină tatăl meu acasă.
Gabriel: De ce? Unde este?
Darius: Din cauza lui s-a întâmplat totul. Eram o familie fericită, mergeam la
s¸coală, ne era bine împreună până când tata, lacom de un câs¸tig mai mult, sa
hotărât să plece în străinătate. Nu vroia să trăiască decent, se gândea să
trăiască pe picior mare. Nu s-a gândit la noi, la mama, că ne lasă singuri, a
fost un egoist. De la el au început toate necazurile noastre. La început a fost
bine o perioadă de timp deoarece ne trimitea banii necesari de care aveam
nevoie, pentru mâncare s¸i utilităt¸i. Dar, mai târziu, a uitat de noi.
Gabriel: Cum adică a uitat de voi?
Darius: A uitat că are nevastă s¸i copii acasă. Nu mai suna, de bani nici nu mai
vorbesc… Atunci mama lucra de dimineat¸ă până noaptea târziu, ca să poată
să ne întret¸ină s¸i, după toată osteneala ei să ne fie nouă bine, a răpus-o la pat
o boală incurabilă…
Gabriel: Ce boală?
Darius: A fost la medic că era foarte rău, credea că e din cauza oboselii ei, a
stresului, dar a fost s¸ocată când a aflat că are cancer s¸i e cardiacă. De inima,
numai tatăl meu a îmbolnăvit-o, dar de cancer nu mai s¸tiu… sunt prea mic
s¸i toate astea mă depăs¸esc să le înt¸eleg. Se gândea tot timpul că va muri s¸i
vom rămâne cu bunicii care sunt bătrâni s¸i bolnavi. Dar asta nu e tot. După
1 an de suferint¸ă s¸i chin, a murit din cauza supărării, făcând un stop cardiac.
Gabriel: Ce mai poate fi mai rău? Să moară mama care t¸i-a dat viat¸ă…
Darius: La aflarea decesului mamei mele, am plâns mult, îmi era foarte rău.
Atunci bunica a mers cu mine la doctor s¸i a spus că sunt depresiv din cauza
s¸ocului survenit, am s¸i diabet, tot din cauza supărării cred că l-am făcut, nu
s¸tiu. Au urmat zile, luni s¸i ani de chin s¸i jale după moartea mamei, bunica s-
335

a împrumutat la toată lumea pentru înmormântarea mamei, pentru pomenile
mamei pe care le făcea s¸i pentru medicamentele mele de insulină pe care
trebuie să le fac s¸i acum de 3 ori pe zi. Am fost nevoit să renunt¸ la s¸coală,
deoarece nu am bani nici de mâncare s¸i medicamente, mai ales de rechizite
s¸colare s¸i uniformă s¸colară. Eu nu sunt la fel de norocos ca s¸i tine, să am
părint¸i, să îmi poarte de grijă, eu sunt cel mare s¸i sunt ca un părinte pentru
frat¸ii mei, având grijă de ei.
Gabriel: Cum ai grijă de ei? Nu sunt bunicii tăi care vă îngrijesc?
Darius: Bunicii mei sunt foarte bătrâni s¸i bolnavi, le este frică să nu moară, să
ne ducă statul la orfelinat. Bunica se roagă în fiecare seară la Dumnezeu să o
mai t¸ină în viat¸ă până se întoarce tata, să cres¸tem mari, să putem munci, să
nu plecăm la orfelinate. Bunica se roagă să scape s¸i de datoriile foarte mari pe
care le are din cauza mea că sunt bolnav s¸i îmi trebuie medicamente, iar statul
nu-mi asigură tot tratamentul de care eu am nevoie. Mai trebuie s¸i
medicamentele lor, la care săracii au renunt¸at în favoarea mea, plus mâncare
s¸i utilităt¸ile casei, pe care trebuie să le plătească, nu mai vorbesc de haine s¸i
pantofi… primim de la oamenii cu suflet.
Gabriel: Nu s¸tiam că ai trecut prin atâtea necazuri. Îmi pare foarte rău, vorbesc
cu părint¸ii mei, cu tatăl meu care e polit¸ist s¸i poate-l găses¸te pe tatăl tau, săi
spună să vină acasă.
Darius: Nu cred că vine, chiar dacă îl găses¸te.
Gabriel: De ce nu crezi că vine?
Darius: A uitat de noi, că trăim. Poate acum are o altă familie s¸i alt¸ii copii.
Omul se schimbă în 5 ani, nu crezi?
Gabriel: Nu s¸tiu ce să cred, dar sunt sigur că vă iubes¸te. Poate s-a întâmplat ceva
s¸i cu el, nu crezi?
Darius: Greutăt¸ile prin care am trecut m-au maturizat foarte mult s¸i îmi este
greu să cred în vise s¸i sperant¸e. Sincer, eu nu cred că se va întoarce sau că este
bolnav. Au trecut deja 5 ani! În 5 ani, măcar un telefon trebuia să primim,
să ne spună dacă e bolnav, dacă vine acasă sau dacă ne mai iubes¸te. Sincer,
cred că tata ne-a abandonat cum am abandonat eu s¸coala, s¸i nu din cauza
nevoint¸ei mele de a nu mai merge la s¸coală, ci din cauza situat¸iei în care mă
aflu s¸i acum.
Gabriel: Îmi pare foarte rău pentru tine. Nu s¸tiam că viat¸a ta este o adevărată
tragedie. S¸tii că sperant¸a moare ultima. Eu te voi ajuta cât pot, deoarece ai
fost sincer cu mine s¸i mi-ai spus de viat¸a ta.
Darius: Mult¸umesc mult pentru înt¸elegere, sper să ne vedem curând,
bineînt¸eles dacă ît¸i face plăcere să vorbes¸ti cu mine, după ce ai aflat că sunt
bolnav de diabet.
336

Gabriel: Normal că ne mai vedem. Doar suntem prieteni,nu?
Darius: Normal. Te salut.
Gabriel: S¸i eu la fel.
Darius: Maria, Cătălin, haidet¸i acasă!
Maria: Mai stăm put¸in să ne jucăm.
Darius: Nu putem sta, deoarece o supărăm pe bunica care este îngrijorată s¸i
bolnavă.
Maria: Bine, vin.
Povestitorul: Copiii au plecat acasă, dar băiatul cel mare, Darius, se gândea la
tatăl lui. Tot timpul în mintea lui erau întrebări de genul: Suntem noi
vinovat¸i de ce se întâmplă? Am gres¸it eu cu ceva? L-am supărat pe tata as¸a de
tare, încât a vrut să plece, să scape de noi? Sigur cred că nu ne iubes¸te… Oare,
dacă printr-o minune, se întoarce tata acasă, atunci poate voi putea merge
din nou la s¸coală.
Darius: Dar mai bine nu visez s¸i mă gândesc că destinul a vrut să se întâmple
tragedia asta. Totus¸i mă voi ruga lui Dumnezeu să mă fac bine s¸i din cer să
vină o salvare, să scape bunicii de toate datoriile pe care le au, să dubleze
pensiile care sunt foarte mici s¸i să ne crească s¸i nouă alocat¸iile care sunt doar
10 euro pe lună.
Povestitorul: S¸i iată că minunea a venit: tatăl lui Gabriel a verificat, a sunat s¸i
l-a găsit pe tatăl copiilor. L-a anunt¸at despre moartea sot¸iei s¸i despre
abandonul s¸colar al băiatului cel mare, Darius.
La aflarea ves¸tii acesteia, tatăl lui Darius a luat avionul urgent s¸i a venit în
România, acasă la copii. Bunicii, fără sperant¸ă, fiind gravi bolnavi, se rugau
lui Dumnezeu să facă o minune. Atunci minunea a venit, prin tatăl copiilor
care s-a întors acasă din străinătate cu mult¸i bani. Văzându-l, copiii nu-s¸i
puteau stăpâni lacrimile de emot¸ii s¸i de bucurie. Bunicii i-au spus tatălui că
acum pot muri în linis¸te, deoarece au în grija cui rămâne nepot¸ii lor. Tatăl,
aflând de datoriile bunicilor, le plătes¸te, regretă că a uitat cinci ani de zile de
copiii lui s¸i că băiatul cel mare Darius s-a îmbolnăvit s¸i a abandonat s¸coala.
A aflat că nici ceilalt¸i frat¸i nu s-au dus vreodată la s¸coală. Atunci, tatăl s-a dus
să-i înscrie pe copii la s¸coală, în clasa I pe Maria s¸i pe Cătălin, iar Darius săs¸i
reia studiile din clasa a III-a, de unde a abandonat s¸coala.
337

SCENA I
Frat¸ii
COORDONATOR
Ana Maria – Centrul «Sintagma», Bucures¸ti;
Elisabeta S¸erbănescu – Asociat¸ia «No Abuse», Bucures¸ti
COAUTORI
Maria Petre, Alexandra Sava, Alexandru Niculae
Întuneric. Se aud două voci de copii.
Giany: Alex…
Alex: Ce-i?
Giany: Când vom fi mari, vei rămâne în continuare fratele meu?
Alex [sigur pe el]: Sigur că voi rămâne. Nimic n-o să ne despartă!
Giany: S¸i promit¸i că vei avea grijă de mine?
Alex [la fel de sigur]: Ît¸i promit! Până la moarte! Dar ce t¸i-a venit as¸a, dintr-o dată?
Giany [us¸or speriat]: Nu s¸tiu, Alex, dar… [cu o voce tremurândă] mi-e frică. Mie
tare frică.
SCENA II
Întuneric. Se aud câteva bocănituri. Lumini slabe se apleacă peste cei 2 frat¸i ce
studiază în colt¸ul din dreapta al scenei. În stânga scenei tatăl nervos s¸i agitat stă pe
un fotoliu s¸i fumează. Din când în când îs¸i scutură t¸igara pe podea s¸i soarbe dintrun
pahar de vin. Din colt¸ul stâng al scenei intră mama, obosită, cu cearcăne
puternic evident¸iate s¸i sacos¸e în ambele mâini. Închide us¸a. Oftează.
338

Tatăl [fierbând]: Acum se vine, femeie nenorocită?
Mama [cu o voce tremurândă]: Păi… Am fost la…
Tatăl [furios]: La produs ai fost, târfo! Acolo t¸i-e locul.
Copiii lasă cărt¸ile jos. Giany începe să tremure, iar Alex îi acoperă urechile cu
mâinile. Între timp, tatăl se ridică de pe fotoliu s¸i se îndreaptă către sacos¸ele lăsate
de mamă pe masă. Caută printre ele, apoi plin de furie se întoarce spre sot¸ie.
Tatăl: Unde mi-e, fă, sticla? Nemernico!
Mama: Da’ t¸ie chiar nu t¸i-e rus¸ine? La cât muncesc eu toată ziua, la cât de greu
o ducem, tu ai acum tupeu să-mi ceri să dau banii pe băutură?! Cu ce hrănim
copiii ăs¸tia? Cu aer? Bei prea mult, omule! S¸i o să te distrugă băutura asta,
ascultă la mine!
Tatăl îi dă o palmă mamei.
Tatăl: Nu-mi spui tu mie cât să beau!
Din dreapta scenei, copiii sar să o apere pe mamă. Tatăl îi împinge.
Tatăl: La o parte, puricos¸ilor! Mars¸ la voi în cameră la învăt¸at!
Mama: Nu cumva să dai în ei! Ce t¸i-au făcut acum? N-au făcut nimic!
Tatăl: Taci! Pleacă! Să nu te mai văd!
Tatăl o împinge pe mamă, care cade. Îi scormones¸te prin geantă, ia nis¸te bani s¸i iese
din scenă. Copii se apleacă asupra mamei s¸i plâng. După câteva secunde, Giany se
ridică s¸i o ia la fugă. Iese prin stânga scenei. Alex rămâne aplecat asupra mamei. O
t¸ine de mână s¸i continuă să plângă. Lumina se concentrează pe ei, apoi se stinge.
SCENA III
Întuneric. În dreapta scenei, la colt¸ul unui bloc se află o gas¸că de băiet¸i care râd s¸i
discută. Unii fac breakdance pe o melodie hip hop. În dreapta stă Giany pe nis¸te
trepte s¸i se uită trist spre ceilalt¸i. După câteva secunde muzica se opres¸te.
Giany: Ei de ce sunt atât de fericit¸i? Cum de nu au nicio grijă? S¸i cum de pentru
ei toate sunt atât de bune? Nu cred că mai rezist mult. E as¸a de greu, mai ales
de când mama nu mai e. Taică-miu… nu l-am mai văzut acasă de-o lună.
339

[Oftează]. Oare chiar nu am cum să uit de toate astea? Nu am cum să scap?
Cred că merită să încerc, măcar o dată. Nu am ce să pierd. Trebuie să încerc!
Giany se ridică s¸i se îndreaptă spre gas¸că. Băiet¸ii îl privesc întâi sceptic, apoi dau
noroc cu el. Se aude din nou medolia hip hop, în timp ce Giany vorbes¸te cu liderul
găs¸tii. Acesta se codes¸te, dar în final îi dă lui Giany o t¸igară.
SCENA IV
Acelas¸i decor, aceeas¸i gas¸că, împreună cu Giany. Liderul îl ia de gât pe Giany.
Liderul: Ia zi, frate, es¸ti pregătit? De data asta o facem! Da?
Giany [ezitant]: Bine, mă, Glont¸. O facem.
Glont¸: Fii, mă, mai convins! Ce p… mea! După lovitura asta o să fim cei mai
jmecheri [«j’nebun»].
Un alt membru al găs¸tii: Ce, mă? T¸i-e frică? T¸i s-a făcut frică?
Giany: Nu, frate, da’ mi-e aiurea as¸a…
Alex intră în scenă s¸i ascultă la ce se vorbes¸te.
Glont¸: Bă! Es¸ti cu noi sau nu es¸ti? Dacă nu vrei, asta e, da’ pe urmă să nu vii la
noi s¸i să te faci că suntem prieteni. Cine ît¸i mai dă t¸ie iarbă? Cine te mai
jmecheres¸te pe tine? A? Treaba ta, frate!
Giany: Da, mă, gata! Sunt cu voi! Cum să nu fiu?
Glont¸: As¸a, fratele meu.
Îl ia de gât din nou. Bat cuba. Alex se aproprie s¸i îl ia pe Giany deoparte.
Alex: Cu ăs¸tia stai tu, mă?
Giany: Ce vrei? Ce are?
Alex: D-asta nu ai mai venit acasă? La s¸coală?
Giany: Ei, da… Nu!
Alex: Atunci?
Giany: Ce… e treaba ta? Lasă-mă! Sictir!
Alex: Ascută-mă, mă, s¸i pe mine… Nu e bine. Nu e bine deloc, să s¸tii!
Giany: Ce nu e bine, mă? Ce s¸tii tu?
Alex: S¸tiu destul. Ascultă. Am vorbit cu bunica s¸i nu o să mai stăm aici.
Mergem la ei la Timis¸oara. A?
340

Giany: De ce?
Alex: Cum de ce? Ce să facem aici? Nu vezi că suntem singuri; nu mai avem pe
nimeni…
Giany: Tu es¸ti singur. Es¸ti prea prost.
Alex: De ce vorbes¸ti, mă, as¸a? Nu înt¸elegi că mergem acolo? Stăm acolo. Ca în
vacant¸ele de vară, doar că acum o să facem s¸i s¸coală acolo. S¸tii că bunicu’ a
fost profesor. Ne găses¸te el o s¸coală bună. Nu e problemă.
Giany: Du-te tu! Pe mine nu mă interesează.
Glont¸: Giany! Ia vino, mă, un pic!
Giany: Imediat, Glont¸. Stai as¸a. [spre Alex] Vezi? Nu sunt singur. Nu am
probleme. Nu te t¸in aici cu mine. Dacă vrei, pleacă. Dar nici tu nu mă obliga
să vin cu tine.
Alex: Eu…să s¸tii…t¸i-am zis doar…as¸a e mai bine.
Giany: Poate. Da’ tot nu vin. Eu rămân aici.
Alex: Bine. Poate te răzgândes¸ti.
Alex iese din scenă. Giany stă put¸in pe gânduri.
Giany [pentru el]: Nu mă răzgândesc. Niciodată nu o să mă răzgândesc.
Se aude un fragment din piesa Avem acelas¸i sânge în vine – BUG Mafia, în care
se vorbes¸te despre trecerea timpului. Unul din versuri zice «Frat¸i vom fi până atunci
când moartea ne va despărt¸i»…
SCENA V
Trei bărbat¸i stau la masă. Joacă poker.
Giany: Check.
Glont¸: Check s¸i eu. Giany, să s¸tii că am vândut prafurile, bună marfă ai adus.
Al treilea: Încă 100.
Glont¸: Ît¸i dau.
Giany: S¸i eu. Pune ultima carte. As¸a au zis băiet¸ii? Că e bună? Le-a plăcut, da?
Check.
Glont¸: Da, da. Păi cum să nu le placă? Mă bag all in.
Al treilea: Ha! Ăsta face cacealma! Uită-te la fat¸a asta de amator. Merg.
Giany: Eu nu merg.
341

Din cele două părt¸i ale scenei apar mascat¸i care se strâng încet spre masă s¸i o
înconjoară.
Al treilea: Bă Giany, ăsta nu are nimic, mă, vrea doar să ne sperie.
Giany: Tot nu merg.
Glont¸: Joacă, mă, aici. Lasă-l pe Giany. Nu merge, nu merge.
Al treilea: Să te văd! Ce ai?
Glont¸: Full!
Al treilea [aruncă cărt¸ile]: Iar, mă?
Unul dintre mascat¸i: POLIT¸IA! NU MIS¸CĂ NIMENI!
Giany scoate un pistol, moment în care mascat¸ii trag s¸i-l împus¸că. Giany se prăbus¸es¸te
la podea. Ceilalt¸i doi sunt scos¸i cu cătus¸e din scenă de mascat¸i. În scenă rămâne doar
un mascat, care se îndreaptă spre Giany s¸i-s¸i dă cagula jos. Mascatul este Alex.
Alex [îl ia de cot pe Giany]: Mis¸că!
Giany: Au!
Alex: Mis¸că mai repede, altfel o să te doară s¸i mai tare!
Giany: Hai sictir!
Alex [confuz]: Giany! Giany, frate, tu es¸ti?
Giany [îl prives¸te în ochi]: Nu! [îl împinge] Eu nu sunt frate cu tine, câine! Asta
es¸ti, asta ai ajuns, un câine de milit¸ian.
Alex: S¸i tu? Tu vorbes¸ti? Tu ce ai ajuns, mă? Uită-te la tine…
Giany: Asta e treaba mea!
Alex: Păi nu e treaba ta, mă. Asta e treaba mea, să te arestez, nenorocitule. Un
nenorocit, asta ai ajuns!
Giany: Arestează-mă!
Alex: T¸ie chiar nu-t¸i pasă?
Giany: Bă, mă arestezi sau nu? Arestează-mă odată!
Alex: O să ajungi la pus¸cărie.
Giany: Du-mă! Du-mă acolo tu, cu mâna ta. Să văd dacă-mi es¸ti frate, animalule!
Alex: Adică? S¸i ce-ai vrea acum? Să te scap?
Giany: Nu, du-mă la polit¸ie, as¸a fac frat¸ii…
Alex: Parcă nu eram frat¸i.
Giany: Am fost! Am mai fi fost s¸i acum, poate, dacă nu erai javră de polit¸ist.
Alex: Javra asta de polit¸ist o să te ducă chiar acum la sect¸ie. O să primes¸ti ce
merit¸i. Îmi pare rău, dar as¸a trebuie.
Alex îi pune cătus¸e lui Giany s¸i-l scoate din scenă.
342

SCENA VI
O masă în centrul scenei. Într-o parte stă Alex, în cealaltă Giany cu cătus¸e. Alex îi
întinde lui Giany un pachet.
Alex: Poftim!
Giany: Ce-i aici?
Alex: Ce mi-ai cerut.
Giany: T¸igări?
Alex: Da. [îl studiază pe Giany] Văd că ai tot brat¸ul în pansament.
Giany [furios]: Dă-l dracului! Mai bine îl pierdeam decât să suport durerea asta.
Alex: Vorbes¸ti prostii! Degeaba te prefaci că nu-t¸i pasă.
Tac amândoi câteva secunde. Privesc în podea.
Alex [ridică privirea spre Giany] Am vorbit la tribunal.
Giany: S¸i?
Alex: Nu s¸tiu… Au hotărât deja, s¸tii prea bine.
Giany: Înt¸eleg. Ît¸i mult¸umesc, frate.
Alex: Nu ai pentru ce.
Tac din nou, cu privirea în pământ.
Giany: Nu mai rezist. Înt¸elegi? Chiar nu cred că mai rezist. Ăs¸tia se poartă aici
de parcă nu am fi oameni.
Alex: O să mai vorbesc.
Giany: Cu cine?
Alex: Nu-t¸i face probleme, cunosc destui oameni important¸i, t¸i-am zis. O să
vezi, o să fie bine. Măcar să te trateze ca lumea.
Giany: Să fie bine? As¸a te-ai gândit tu? Că o să fie bine? Dar te-ai gândit s¸i dacă
se poate? La ce am făcut, crezi că merit?
Alex: Es¸ti aici din vina lui Glont¸. L-ai lăsat să te manipuleze cum a vrut el. Noi
pe el am vrut să-l prindem. Ce mama naibii căutai acolo?
Giany tace. Alex ridică din umeri s¸i-l prives¸te insistent.
Giany [fără să se uite la Alex]: Cine crezi că o să se îndure de mine?
Alex: Eu! Eu o să mă îndur de tine, frate.
Giany: Ai avut dreptate, am ajuns un nenorocit… ca oricare altu`.
343

Alex: Eu am vrut să te ajut încă de când eram copii. Mai s¸tii? Dar atunci n-ai
vrut…
Giany: Nu-mi aduce aminte, te rog. Chiar nu vreau să s¸tiu. Crede-mă, daca as¸
putea să dau timpul înapoi… Te-as¸ asculta. As¸ veni cu tine la s¸coală, la
Timis¸oara, oriunde… Tu ai s¸tiut mereu ce e bine.
Alex: Nu-t¸i face probleme. O să fie bine. [îl ia de mâini] T¸ii minte? Frat¸i vom
fi până atunci când moartea ne va despărt¸i.
Giany: Asta-i tot ce mi-a rămas, pentru că nu te-am ascultat când trebuia. Tu,
frate!
Lumina se stinge peste cei doi t¸inându-se de mâini.
344

Sticle goale
COORDONATOR
Mihaela Vechiu, Asociat¸ia «No Abuse», Bucures¸ti
ASISTENT¸I
Aura Bardescu, Carmen Stanciu, Raluca Moisescu,
voluntari Asociat¸ia «No Abuse», Bucures¸ti,
Gheorghe Gabriel s¸i Vechiu Cristian – sesiuni de intervent¸ie
COAUTORI
Simona Banu, Raluca Boba, Andreea Damian, Ana Maria Lazăr
Fis¸ă de personaje
Tina
Tina are 16 ani. Este o adolescentă slăbut¸ă, destul de înaltă (în jur de 1,70),
cu trăsături fine, părul blond natural, ochii deschis¸i la culoare. Atrage privirile
în primul rând datorită ochilor foarte puternic evident¸iat¸i prin machiaj, cu
dermatograf s¸i rimel. Calcă apăsat s¸i merge cu umerii drept¸i. Expresia fet¸ei este
oarecum împietrită. Nu zâmbes¸te. Mus¸chii fet¸ei sunt încordat¸i, privirea fixă,
sfidătoare s¸i ofensivă. Părul pare tot timpul nepieptănat, aranjat în mare grabă.
Un fel de manifest al nonconformismului. Se îmbracă mai tot timpul în blugi
s¸i tricou, poartă tenes¸i sau adidas¸i, niciodată sandale, niciodată tocuri.
După divort¸ul părint¸ilor, devine extrem de agresivă. Nu are prietene.
Frecventează anturaje de băiet¸i, în general, s¸i pare că se simte în largul ei cu
băiet¸ii. Când este în astfel de anturaje, râde zgomotos, gesticulează, fumează des,
vorbes¸te tare, înjură. Foloses¸te foarte mult telefonul care stă tot timpul pe
pachetul de t¸igări pe care îl scoate pe masă. Fie că vorbes¸te, fie că dă mesaje,
telefonul pare a fi un obiect extrem de pret¸ios pentru ea. La s¸coală, s-a obis¸nuit
ca fetele să îi s¸tie de frică. Nu numai că le vorbes¸te urât s¸i le amenint¸ă, dar este
oricând pregatită să sară la bătaie. Este foarte surprinsă s¸i iritată când una dintre
colege îi răspunde la insulte s¸i pare decisă să o înfrunte.
345

O dată intrată în anturajul de la bloc, începe să fumeze marijuana. Pare să
aibă o relat¸ie din ce în ce mai apropiată cu un băiat put¸in mai mare decât ea,
care face tatuaje. Este extrem de mândră de tatuajul pe care acesta i-l face pe gât,
un desen care reprezintă o frunză de marijuana. Adoptă cât mai mult posibil
stilul de viat¸ă al băiatului, incluzând gusturile lui în materie de muzică, filme,
petrecere a timpului liber.
Tatăl
Tatăl are în jur de 43 de ani, este înalt, un bărbat matur care arată încă bine.
Aspectul este însă oarecum neîngrijit: neras, îmbrăcat în aceias¸i blugi s¸i, parcă,
acelas¸i tricou. O mină obosită, poate s¸i datorită faptului că fumează foarte mult.
În mână sau în scrumieră, are mereu o t¸igară aprinsă. Are o muncă de birou
care, se pare, că nu îi aduce foarte multe satisfact¸ii. Când vine acasă, nu îs¸i
dores¸te decât să stea pe canapea s¸i să se uite la tv. S-a însurat tânăr s¸i Tina a
apărut devreme în viat¸a lui. Uneori, i se pare că nu s¸tie cum să comunice cu ea.
Ar vrea ca sot¸ia lui să îi acorde mai multă atent¸ie fiicei lor, mai ales acum când
Tina este adolescentă. După ce divort¸ează s¸i o întâlnes¸te pe Dana, este foarte
prins în noua relat¸ie. Atent¸ia fat¸ă de fiica lui scade dramatic s¸i Tina simte acest
lucru, însă nu s¸tie cum să îi spună.
Mama
Mama are în jur de 40 de ani, păr s¸aten, prins de obicei într-un coc lejer. Este
destul de înaltă, zveltă, o siluetă încă tânară s¸i atrăgătoare. Este mereu în
mis¸care, fie că este la serviciu, unde det¸ine o pozit¸ie destul de importantă care
o responsabilizează, cât s¸i acasă unde îs¸i găses¸te mereu ceva de făcut. La serviciu,
se îmbracă sobru s¸i elegant, fustă, tocuri, fard discret; acasă, preferă blugi s¸i
tricou, dar mereu îngrijită, fardată, cu cercei, inele. Merge la sală s¸i la cosmetică,
are programul foarte bine stabilit s¸i, de obicei, foarte încărcat. Pare tot timpul
nelinis¸tită, stresată, as¸teptând parcă să se întâmple ceva care să îi schimbe viat¸a.
În ultima vreme, nu mai suportă fumul din casă, mai ales că s-a lasat de fumat.
Are ticuri nervoase – jucatul cu cheile, cu telefonul mobil. Nu are foarte mult
timp pentru Tina. Ar vrea să se poată impune în fat¸a ei, cât s¸i în fat¸a sot¸ului.
Vocea ei sună autoritar, atâta timp cât se poate controla. Imediat ce îs¸i pierde
cumpătul, s¸i acest lucru se întâmplă destul de repede s¸i destul de des, vocea
devine stridentă s¸i aproape disperată.
Profesorul de logică
Profesor tânăr, în jur de 35-37 de ani. Îmbrăcat mereu îngrijit, este cons¸tient
de faptul că, în mediul liceal, constituie un model pentru adolescent¸ii cărora le
346

predă. Acordă tuturor elevilor s¸anse egale. Nu îi judecă după aparent¸e (de
exemplu, după cum se îmbracă). Nu îi pedepses¸te pentru că nu au prezent¸ă la
cursul lui. Încearcă să fie cât mai corect s¸i mai obiectiv posibil. Este impresionat
de inteligent¸a Tinei, care reus¸es¸te să se descurce de nota 10, fără să fi beneficiat
de explicat¸iile lui, as¸a cum au beneficiat ceilalt¸i elevi care au fost prezent¸i la ore.
Îi ia apărarea Tinei în consiliu s¸i este dispus să îi mai acorde o s¸ansă.
Directoarea Mândrut¸escu
Doamna directoare are peste 50 de ani. Înainte de a ocupa funct¸ia de
directoare, a fost directoare adjunctă. Acum, în sfârs¸it, poate să se impună as¸a
cum îs¸i dorea de mult timp. Se îmbracă în culori stridente (sacou s¸i fustă), se
fardează s¸i se vopses¸te la fel de strident. Vorbes¸te apăsat, destul de repede s¸i are
prostul obicei de a întrerupe pe oricine încearcă să îs¸i exprime/ impună o parere.
Este divort¸ată s¸i are un băiat care este plecat din t¸ară de foarte mult timp. Este
extrem de strictă în ceea ce prives¸te regulile liceului s¸i nutres¸te ambit¸ia de a
ridica nivelul liceului prin nis¸te măsuri s¸i strategii radicale, gândite de ea de-a
lungul a mai mult¸i ani. Face abuz de putere s¸i amenint¸ă profesorii că îi
concediază de fiecare dată când nu se supun necondit¸ionat deciziilor ei.
Domnis¸oara profesoară
Are în jur de 30 de ani, părul lung s¸i lins, poartă ochelari. Se îmbracă cu
rochii/ fuste lungi, nu poartă tocuri, nu se fardează. Este mereu pe fugă s¸i are o
geantă foarte voluminoasă în care sunt amestecate cărt¸i, caiete, agenda etc. Este
o profesoară care reus¸es¸te să se impună în fat¸a elevilor, cu toate că nu este severă.
Este devotată profesiei sale s¸i copiii simt acest lucru. Încearcă să îs¸i cunoască cât
mai bine elevii s¸i să comunice cu ei cât mai mult posibil. Nu îi este frică să îs¸i
exprime părerile, să facă opinie separată fat¸ă de restul profesorilor s¸i chiar să o
înfrunte pe doamna directoare Mândrut¸escu.
Leo – tipul care tatuează
Are în jur de 18 ani, ras în cap, corp atletic, are mai multe tatuaje pe corp,
poartă tricouri tip maiou. A renunt¸at la s¸coală, trăies¸te din banii pe care îi ia pe
tatuajele pe care le face. Are o motocicletă de care este foarte mândru, este foarte
popular printre cei care frecventează barul unde vine s¸i grupul Tinei.
Cristi – tipul dubios
În jur de 18-19 ani, poartă mereu o s¸apcă, ascultă hip-hop, vorbes¸te tare s¸i îi
place să îi insulte pe cei din jurul lui, cu scuza că glumes¸te. Poartă un tricou verde,
cu diferite mesaje ce se referă la «iarbă» s¸i pantaloni foarte largi, de hip-hopper.
347

Lizi
Este colegă de clasă cu Tina, în jur de 16 ani. Este o elevă cuminte, nu are
absent¸e, nu provoacă scandaluri, îi plac anumite materii la care învat¸ă de plăcere
s¸i, în general, îs¸i dă silint¸a să învet¸e bine la toate materiile. Poartă uniformă, îs¸i
prinde părul de obicei în coadă. Este o fire deschisă s¸i are destul de multe
prietene în clasă. Nu îi place să i se vorbească urât s¸i nu este obis¸nuită ca cineva
să se ia de ea. Este singura fată din clasă care are curaj să o înfrunte pe Tina.
Prietenii-anturajul
Vârste între 17 s¸i 20 de ani. Mereu în fum; fie de tutun, fie de marijuana.
Îmbrăcat¸i destul de diferit, majoritatea însă arâtâdu-s¸i înclinat¸iile către hip-hop.
Cât¸iva dintre ei au tatuaje făcute de Leo.
SCENA I
Dialogul conflictual dintre mama s¸i tata
Act¸iunea se petrece în interiorul uneii familii obis¸nuite, tipic românească,
care locuies¸te undeva într-un cartier din marea metropolă (Bucures¸ti).
Decor
În spate este o cortină, un dulăpior cu sertare s¸i o valiză.
Stânga-spate: o us¸ă (pe care iese mama).
Stânga-fat¸ă: este o canapea (pe care stă tatăl).
În dreapta, este o masă cu 3 locuri (scaune).
Lateral drepta: o a doua us¸ă semi-deschisă.
Put¸in mai în fat¸a canapelei, există o măsut¸ă mică s¸i un televizor.
Costumat¸ie
Tatăl: un tricou, pantaloni s¸i adidas¸i.
Mama: blugi, o bluză decoltată, un lant¸ fin la gât, părul strâns în coc spaniol.
Tina: tricou, blugi, tenes¸i, părul într-un coc răvăs¸it.
Detalii scenice
Întuneric în sală. Se aud pas¸i nervos¸i pe tocuri (tac, tac, tac). Lumina se
aprinde treptat s¸i dezvăluie întreg cadrul: este seara târziu (orele 10), tatăl se află
acasă, în living, fumând o t¸igară – televizorul este aprins s¸i el prives¸te la meci.
Îs¸i fumează tacticos t¸igara. Mama aranjează câteva sticle în timpul acesta.
Urmează replica mamei.
348

Mama: Vrei să nu mai stai cu ochii în televizor s¸i să mă ajut¸i? [us¸or iritată s¸i
put¸in ironică].
Tatăl [indiferent]: Imediat… Imediat…
Mama as¸teaptă câteva momente, dar sot¸ul nu apare. Femeia vine s¸i îi pune sticlele
pe masă, nervoasă.
Tatăl: Ce faci, femeie?!
Mama: Mis¸că-t¸i s¸i tu fundul s¸i fă ceva în casa asta!
Tatăl: Ît¸i alegi s¸i tu nis¸te momente…
Mama: Aaaa!!! [sarcastic] Te deranjez… Daaa… E mai important ce vezi tu
acolo. Ai putea să vezi meciul s¸i mâine în reluare.
Tatăl [ironic]: Vrei să fac ceva? Uite ce fac! Fac asta! [Se ridică, ia sticlele s¸i le
sparge] Acum, dă-te!
Mama: Nu es¸ti bun de nimic, m-am săturat de tine! Nu faci nimic niciodată.
Tatăl: Da… Da… S¸i ce ai vrea să fac? Oricum nu ît¸i mai convine nimic.
Mama: M-am săturat. E destul indolent¸a asta!
Tatăl: S¸tii ce?! Dacă nu ît¸i convine, pleacă!!!
Mama s¸i face bagajul cu gesturi rapide s¸i violente, bombănind. Tina intră în scenă
de dupa us¸a semi-deschisă s¸i începe să se plimbe în spatele ei, fară ca mama să observe.
Mama se îndreaptă spre ies¸ire (us¸a din stânga scenei), unde îi închide us¸a în nas fetei.
Lumina se stinge brusc. O altă lumina rămâne pe Tina. Fata pare s¸ocată de ceea ce
se întâmplă. Se aude meciul de la televizor s¸i tatăl exclamând ceva.
Tina: S¸i acum???
Lumina se stinge us¸or, punând în evident¸ă doar chipul crispat s¸i debusolat al fetei.
Treptat, cres¸te intensitatea luminii. Apare doar povestitorul.
Povestitorul: O familie fericită? Doi părint¸i iubitori? S¸i o fiică ascultătoare? Un
copil ca tot¸i ceilalt¸i? Nimeni nu a s¸tiut s¸i nu va s¸ti vreodată ce se ascunde în
spatele unui tablou familial, mult¸i vin cu prejudecăt¸i. Ar putea fi oricine în
această situat¸ie. Aici însă este Tina. Nu este doar o poveste, ci poate fi s¸i o
realitate. Uneori e nevoie doar de un pretext…
Lumina scade din intensitate, iar povestitorul intră în umbră. Init¸ial, scena poate
avea accente comice, când cele două personaje dialoghează. Spre final, când totul
devine deja tensiune, o dată cu spargerea sticlelor, accentul este dramatic.
349

SCENA II
Străini
Act¸iunea se petrece în casa aceleias¸i familii, la câteva luni după plecarea mamei.
Este o seară dintr-o zi a săptămânii. Fata se află în living-ul casei, străduindu-se să
îs¸i facă temele pentru s¸coală. Init¸ial, vorbes¸te la telefon cu o colegă.
Decor
Stânga-spate: o us¸ă.
Stânga-fat¸ă: o canapea.
În dreapta: o masă cu 2 scaune. Pe masă vor fi două pahare s¸i o sticlă de vin.
Put¸in mai în fat¸a canapelei, există o măsut¸ă mică s¸i un televizor.
Costumat¸ie
Tatăl: o cămas¸ă deschisa lejer la gât, pantaloni casual s¸i pantofi din piele
întoarsă interesant¸i.
Noua sot¸ie: o rochie largă de lungime midi, pantofi cu toc, ciorapi de matase.
Are părul desfăcut.
Tina: tricou, blugi, tenes¸i, părul într-un coc răvăs¸it.
Culorile costumat¸iei celor două personaje, tatăl s¸i noua sot¸ie, pot fi alese de
către scenograf.
Tina se află în cameră, pe canapea. Vorbes¸te la telefon. Se aude televizorul încet.
Tina: Nu mă descurc… Nu s¸tiu dacă pot face fat¸ă… S¸i acum asta?! Aproape că
nu îl văd deloc s¸i…
Tatăl intră pe o us¸ă (us¸a lateral dreapta) cu 2 pahare s¸i o sticlă de vin.
Tina: Te sun imediat! [închide telefonul] Bună, tati! [Tina se îndreaptă spre el cu
un caiet s¸i un pix. Dores¸te să îi ceară ajutorul la o materie. Atitudinea lui este
ezitantă s¸i distrasă]. Tati, vino put¸in, te rog! Vreau să ît¸i cer părerea. Nu s¸tiu
dacă e mai bine să…
Tatăl: Stai put¸in!
Tina: Nu durează mult…
Tatăl se plimbă prin cameră, ea îl urmează, însă el se îndepărtează tot mai mult
spre us¸a din stânga scenei. Pe această us¸ă, îs¸i face aparit¸ia o femeie. Ea îi zâmbes¸te
bărbatului. El întinde mâna s¸i o invită să păs¸ească în cameră. Începe melodia
350

Tango to Evora, Loreena McKennitt. Cei doi se îndreaptă, în pas¸i de dans (pas¸i de
tango) spre masa din living. Tina le face loc s¸i cei doi se as¸ează la masă. Tatăl ei s¸i
femeia râd zgomotos. Personajele se opresc. Fata prives¸te nedumerită la cele două
locuri, cele două pahare. Melodia se aude difuz, încet.
Tina: S¸i eu? Unde este paharul meu?
Melodia reîncepe. Cei doi îs¸i reiau activitatea, se uită la Tina s¸i îi zâmbesc. Fat¸a
fetei se schimbă, arătând o us¸oară teamă. Tatăl îi face cunos¸tint¸ă cu noua sa sot¸ie.
Melodia se aude difuz, foarte încet.
Tatăl: Ea este Dana, o să vă înt¸eleget¸i grozav.
Sonorul melodiei cres¸te iarăs¸i. Fat¸a fetei este uimită s¸i aproape că plânge. Se poate
observa în expresia ei că trăies¸te totul ca pe un s¸oc. Pleacă tristă, se îndepărtează.
Melodia continuă până la finalul acestei scene. Lumina pe scenă începe să scadă din
intensitate, devenind din ce în ce mai difuză. În acelas¸i timp, zona us¸or luminoasă
se fixează pe Tina, în timp ce ea se îndepărtează de cei doi s¸i se îndreaptă spre us¸a
din stânga. Când ajunge în dreptul us¸ii pentru a ies¸i, scena rămâne în întuneric.
SCENA III
Grupul
Act¸iunea se petrece la subsolul unei case. Aici este un bar. Barul înglobează
s¸i un loc unde se execută tatuaje. Este un local ascuns prin centrul Bucures¸tiului,
frecventat doar de un anumit gen. Aici vine întotdeauna o gas¸că de adolescent¸i,
destul de dubioasă. Sunt copii de la Tina din cartier. De curand, fata a început
să iasă cu ei mult mai des. Este seara târziu. Tinerii s-au strâns ca de obicei s¸i au
invitat-o s¸i pe Tina.
Decor
În spate este cortina. Pe ea se succed mesaje vizuale (de la început până la
finele acestei scene).
În centru: O canapea s¸i un fotoliu. În jurul său sunt sticle goale s¸i t¸igări arse.
În fat¸a canapelei, este o măsut¸ă pe care se află o scrumieră murdară s¸i ceva lichid
vărsat.
Lateral dreapta: o masă s¸i un scaun.
351

Costumat¸ie
Băiet¸ii poartă pantaloni de trening largi, maieuri sau tricouri vechi. Fetele au
blugi sau pantaloni foarte scurt¸i, tricouri largi s¸i tenes¸i. Toate folosesc
dermatograful negru. Tipul cu tatuaje are un maieu strâmt, negru s¸i nis¸te blugi
3/4, tenes¸i în picioare.
Indicat¸ii scenice
Pe canapea, sunt patru prieteni (băiet¸i), în picioare, încă două (fete).
Tipul care face tatuaje stă singur la masă s¸i, când Tina vine la el, îs¸i mută
scaunul pentru a fi mai aproape de ea. Trage adânc din t¸igară s¸i scoate fumul
us¸or, uitându-se fix spre Tina.
Scena este inundată de lumini difuze s¸i de culori diferite.
Din partea stângă a scenei se reaprinde lumina până la o intensitate difuză.
Primul mesaj expus pe cortină: «You can never make the same mistake twice.
Because the second time you make it it’s not a mistake, it’s a choice».
Concomitent se aude muzica – Pink Raise your Glass.
În această lumină, cu muzică pe fundal, se vede (deja pe scenă) grupul
dubios. Ea merge pe langă grup, ca s¸i cum s-ar învârti într-o cameră căutând
ceva. Intră în grup. Ei îi întind un joint aprins, spunându-i.
Un tip dubios: Welcome my baby!
Grupul începe să danseze pe muzică. (moment artistic) Fata ia t¸igara s¸i trage din
ea de câteva ori. Tus¸es¸te o dată, însă va continuă să tragă din nou din t¸igară.
Zâmbes¸te s¸ters s¸i acru. Sub efectul marijuanei, începe s¸i ea să danseze. Părând
drogată, se duce spre o masă. Aici se află un băiat care face tatuaje. Acesta o întreabă.
Tipul: Ce ît¸i place în momentul ăsta?
Ea îi arată cuiul (jointu’) – aici melodia se schimbă: V.Spike – Drumurile. Pe
fundal se aude doar refrenul: «suntem tot¸i gramadă/ s¸i suntem praf… dacă nu
ajungem cum am plecat…». Băiet¸ii o iau pe rând la dans s¸i repetă acest referen.
Muzica rămâne pe fundal, tot¸i ceilalt¸i dansează în jur.
352
Noi suntem pe drum, venim acum, as¸teptat¸i-ne
Nu suntem departe, tre să vă spun
Că suntem tot¸i grămadă s¸i suntem praf
Ni se rupe dacă n-ajungem cum am plecat.

Noi suntem pe drum, venim acum, as¸teptat¸i-ne
Nu suntem departe, tre să vă spun
Că suntem tot¸i grămadă s¸i suntem praf
Ni se rupe dacă n-ajungem cum am plecat.
Muzica se opres¸te brusc, la fel ca s¸i restul personajelor. Melodia se schimbă cu o alta,
Bring Me to Life – Evanscence. Lumina rămâne difuză. Tina se as¸ează pe un
scaun, îs¸i întinde gâtul spre el (spre tipul dubios care tatuează) s¸i se lasă tatuată (pe
partea stângă a gâtului). Tipul râde languros s¸i sardonic. Tatuajul pe care îl
desenează este o frunză de marijuana. O altă lumină puternică se mută pe cei doi.
SCENA IV
Clasa s¸i ora de logică
Act¸iunea se petrece la liceul la care învat¸ă Tina. De ceva vreme, fata începuse
să lipsească foarte mult. Apropiindu-se vacant¸a, s-a hotărât totus¸i să meargă la
s¸coală, des¸i nu cu foarte mare interes.
Decor
Lateral stânga: o măsut¸ă (catedra) s¸i un scaun. Lângă el, o tablă (flipchart).
Pe catedră, este un marker.
În spatele scenei, pe cortină, va fi proiectată o imagine de ansamblu a unei
clase cu elevi în uniformă.
Lateral dreapta: s¸apte scaune s¸i mici pupitre.
Costumat¸ie
Profesorul: costum (pantaloni, cămas¸ă, sacou s¸i pantofi).
Elevii: cămas¸ă albă, pantaloni/ fuste, fetele sunt foarte discret machiate.
Tina: blugi, tricou, tenes¸i, creion puternic la ochi, cu telefonul la vedere, pe
bancă.
Indicat¸ii scenice
Sunt s¸apte elevi, majoritatea fete. Una dintre eleve este colega Lizi. Tina va fi
singură în bancă.
Povestitorul reintră în scenă. El este un elev (un tânăr), care iese din bancă s¸i
prezintă povestea.
353

Povestitorul: După o lungă perioadă în care nu a venit la s¸coală, când s-a
prezentat, Tina a intrat totus¸i la una din orele din programul acelei zile.
Apoi povestitorul se retrage la locul său, moment în care va reîncepe act¸iunea. În
timpul monologului său, grupul cu profesorul s¸i clasa de elevi este nemis¸cat,
asemenea unei fotografii.
Profesorul [intrând în clasă]: Bună ziua, bună ziua! Ce facet¸i astăzi? E o zi
frumoasă. As¸teptat¸i ora de logică cu interes, nu-i as¸a?
Elev [în s¸oaptă, către un alt elev]: Ce faci?
Profesorul [se întinde put¸in spre elev]: Întreabă-mă s¸i pe mine ce fac! [zâmbes¸te]
Ha! Ha! Ha! Ha! Ce drăgut¸!
Elev [încet]: Mă scuzat¸i…
Profesorul [se plimbă prin fat¸a clasei]: Azi trebuie să facem nis¸te exercit¸ii.
Pentru că avem o lect¸ie nouă, avem exercit¸ii noi… [elevul cască, profesorul îl
observă] Ce? Nu ît¸i plac exercit¸iile noi?
Elev: Nu!
Profesorul: De ce nu ît¸i plac? Te-ai plictisit, vine vacant¸a? Lasă, mai îndurat¸i
put¸in. Hai să vedem… Cine vrea să iasă la tablă? Să vedem după catalog…
Cine nu are notă?
Elev: Eu! Vreau notă!
Profesorul îl măsoară cu privirea zâmbind pe elev. Apoi se îndreaptă spre catedră.
Se as¸ează pe scaun s¸i ia catalogul.
Profesorul [de la catedră, răsfoind catalogul]: Cum să nu ai? Stai că mă uit
acum… Ah, da! Ai lipsit, dar e cineva care nu are nicio notă. [se întoarce spre
Tina] Da… Domnis¸oara Cristina Mihăilescu. Va trebui să îmi arătat¸i
abilităt¸ile dumneavoastră. [clasa e gălăgioasă, râde] Ionescu, dacă te plictises¸ti,
din partea mea pot¸i să o ajut¸i pe Cristina.
Tina: N-am nevoie! [ironic] Deci… Ce scriu?
Profesorul: Următorul exercit¸iu [profesorul scrie ceva pe tablă]. Ok. Asta este.
Haidet¸i să o sust¸inem pe colega voastră.
Elevul 2 [ironic]: Uite, mă, că s¸tie asta!
Elevul 1 [ironic]: Da…
Elevul 2 [ironic, râde us¸or]: A venit asta la s¸coală…
Tina [se întoarce nervoasă]: Da’ cine mă crezi? Ce? Eu’s tu? [se opres¸te din scris].
Profesorul: Vă rog, lăsat¸i-o să lucreze… Da, bravo! Tu nu t¸i-ai făcut tema?
Elevul 1: Nu îs¸i face temele! S¸i lipses¸te de la s¸coală mereu!
354

Tina: Hai mai taci!
Profesorul: Dar tu de unde s¸tii?
Tina [ironic]: Poate pentru că lipses¸te cu mine…
Elev: Uitat¸i-o cum vine îmbrăcată! Ce pantaloni are…
Profesorul: În pauză putet¸i să îi admirat¸i pantalonii, cizmele, ce vret¸i. Acum
linis¸te! Tina, te-ai descurcat grozav. Ar trebui să mai vii pe la ora de logică.
Ai multe absent¸e. De ce lipses¸ti atât?
Tina prives¸te în altă parte. Se vede că o incomodează întrebarea.
Elev: Aaa, păi ea umblă cu băiet¸i!
Profesorul [către elev]: Lasă, că s¸i pe tine te-am văzut pe la biliard. Ahaaa, ai grijă!
Tina: Mă pot duce în bancă?
Profesorul: Da, da, du-te. T¸i-am zis. Es¸ti bună, ar trebui să mai vii pe la oră…
Tina: Da, poate… [se preface atentă la ce cites¸te dintr-o foaie].
Profesorul: OK, păi, cam atât a fost. Vacant¸ă plăcută! Avet¸i grijă s¸i… ne vedem
la anul! La revedere!
Clasa: La revedereeee!
Exprimarea dialogului dintre profesori s¸i elevi în interpretare are accente comice.
Interact¸iunea dintre elevi are umor, prin accentele de ironie. Toată scena în sine este
comică. Tonul profesorului, des¸i ment¸ine autoritatea, ordinea, este cald s¸i plăcut. Elevii
se amuză prin remarcile pe care le fac către Tina, având un aer us¸or distras s¸i amuzant.
O colegă (Lizi) o prives¸te insistent pe Tina. Aceasta se ridică s¸i merge enervată spre ea.
Tina: Ce te uit¸i as¸a la mine, ha?
Colega Lizi [indiferentă]: Da’ ce? Nu am voie să mă uit? Cine te crezi?
Tina: Auzi, tu nu vorbes¸ti cu mine as¸a. Hai, vezi-t¸i de treaba ta s¸i nu te mai holba!
Lizi: Cine es¸ti tu să îmi spui mie ce să fac?
Tina: Cine sunt eu? Cine sunt eu? [pune mâna pe colegă].
Lizi: Ia mana de pe mine!
Tina: Ia ai grijă! Că tu es¸ti un nimic!
O împinge înapoi pe scaunul ei. Colega ripostează. Cele doua încep să se bată. După
câteva secunde, ceilalt¸i intervin pentru a le despărt¸i.
Cele două se privesc foarte agresiv, în timp ce colegii abia le t¸in să nu se încaiere s¸i
mai tare. Colega Lizi se trage din mâinile fetelor care o t¸in s¸i fuge din clasă. Apare
ulterior, urmată de directoarea s¸colii. În timpul acesta, încă este rumoare în clasă,
elevii vorbesc agitat.
355

Directoarea: Gata! Nu vă mai certat¸i! Ia: stânga [arată spre elevi]… dreapta [spre
Tina] Ce s-a întâmplat aici?
Tina: Nimic.
Directoarea: Cum «nimic»? Ia vino mai aproape de mine! [spre Tina] Spunet¸imi
ce s-a întâmplat!
Tina: Nu s-a întâmplat nimiiiiiic. Vedet¸i pe cineva că are ceva?
Directoarea [îndreptându-s¸i privirea către alt elev]: Domnis¸oară, ia lăsat¸i cartea
aia… Aaaa… Filosofie!?! Hmm… [zumzet în sală] Gata! Linis¸te!
Directoarea: Hai, Ionescu, spune-ne ce s-a întâmplat aici!
Ionescu: Nu s¸tiu… Eu nu am văzut nimic…
Directoarea: Cum? Am înt¸eles că se băteau, se trăgeau de păr! Unde suntem?
În târg!?! Suntem într-o s¸coală civilizată, vă rog frumos să păstrat¸i ordinea s¸i
disciplina! Nu vă este rus¸ine? Am să vorbesc cu tatăl tau [îi spune Tinei] s¸i cu
mama ta [spre colegă].
Tina [spre colegă, ironica]: I-auzi, nu t¸i-e rus¸ine?
Lizi: Mie? T¸ie nu!?!
Directoarea: Linis¸te, vă rog! Domnis¸oara Ionescu, lăsat¸i cartea!
Lizi: Nu o să vă spună niciodată nimic! [spre Tina] Le e frică de EA!
Directoarea: De ce?
Lizi: O să îi bată după colt¸ul s¸colii!
Directoarea: Ia spune-mi, domnis¸oară Mihăilescu, ce s-a întâmplat?
Tina: Haideeeet¸i, doamnă! Nicio ceartă, nimic! S¸titi cum suntem noi…
Directoarea: Pentru toată lumea, sunt doamna director Mândrut¸escu, dacă
cumva at¸i uitat, domnis¸oară! Mă cheamă «doamna Mândrut¸escu»! Nu sunt
«doamnă» cu dumneavoastră!
Tina [ironic]: Doamna Mândrut¸escu!
Directoarea: Am să ment¸ionez părint¸ilor ce s-a întâmplat.
Tina: Mda, de parcă le-ar păsa…
Directoarea: Cui nu îi pasă?
Tina [se schimbă imediat la fat¸ă s¸i pleacă]: Trebuie să plec!
Directoarea: Bine… du-te![spre colegă] Tu, rămâi aici! Voi suna părint¸ii!
Lizi: Cum? E vina mea? Ea e singura care…
Directoarea: Gata! Am terminat aici!
Finalul scenei: elevii privesc în jos, nemis¸cat¸i, nepăsători.
Tonul directoarei este puternic, în tot acest timp este autoritar s¸i revoltat. Vorbes¸te
apăsat s¸i dur.
356

SCENA V
Consiliul s¸colar
Act¸iunea se petrece în sala de consiliu a liceului. La apelul directoarei, s-au
întâlnit profesorii pentru a discuta situat¸ia Tinei. Directoarea dores¸te să se ia o
decizie în privint¸a ei.
Decor
Lateral dreapta: câteva scaune (5-6) în semicerc, unde vor fi sta profesorii.
Lateral stânga: un birou s¸i un scaun lângă.
Spate stânga: o us¸ă.
Costumat¸ie
Directoare: costum roz-portocaliu, tocuri, cu multe bijuterii.
Profesorii: profesorul de logică îs¸i păstrează costumat¸ia; restul sunt îmbrăcat¸i
lejer (bărbat¸ii au o cămas¸ă s¸i nis¸te blugi, profesoarele au bluze s¸i pantaloni/fustă).
Profesoara care întârzie: bluză s¸i fustă lungă, belerini, totul în culori terne.
Indicat¸ii scenice
Directoarea va sta în picioare pe partea stângă a scenei. Pe parcursul
discursului său, se plimbă în fat¸a profesorilor cu pas¸i apăsat¸i, nervos. Uneori se
opres¸te când are obiect¸ii pe care le adresează acestora. Are mereu un pix în
mână. Domnis¸oara profesoară care întarzie îs¸i face intrarea în scenă pe o us¸ă din
partea stângă a scenei s¸i se va as¸eza pe un scaun liber. Pe durata întregii scene,
lumina este neclară, precum s¸i situat¸ia. Se creează o atmosferă tensionată.
Directoarea stă put¸in în întuneric, pentru a mări suspansul s¸i pentru a da
publicului indiciul despre ceea ce urmează să se decidă.
Reintră povestitorul pe scenă. În cadrul scenei se află întreaga sală de consiliu, unde
directoarea, împreună cu cât¸iva profesori, decide situat¸ia Tinei. Înainte de dialogul
acestora, povestitorul prezintă situat¸ia. În timpul consiliului, lumina este mai
slabă… o atmosferă întunecată. Când Tina va intra în scenă, la final, în timpul
monologului ei, întrega sala de consiliu intră în întuneric, lumina cade doar pe ea.
Povestitorul: Tina, put¸in agitată s¸i tristă, as¸tepta în fat¸a us¸ii decizia. Dar care
va fi decizia? Ce se va întâmpla cu Tina? S¸i, mai ales, care va fi soarta ei?
Începe dialogul efectiv între directoare s¸i profesori. Aceasta este foarte învers¸unată s¸i
vorbes¸te pe un ton puternic, autoritar. Profesorii privesc s¸i, din când în când, se
fâstâcesc. Femeia pare că det¸ine controlul absolut.
357

Directoarea: Bună ziua, domnilor profesori!
Profesorii [de 3 ori, de la profesori diferit¸i]: Bună ziua!
Directoarea: Vreau să vă ment¸ionez această întâmplare de care, sincer, îmi este
foarte rus¸ine. [ton iritat] S¸i pe care vreau să o rezolv cu ajutorul dumneavoastră.
Astăzi la ora 16.00 am surprins o bătaie ca în codru [accent pe ultimul cuvânt].
Nu am văzut as¸a ceva în viat¸a mea!!! M-am speriat. Eu sunt un om de familie.
Într-o s¸coală as¸a de civilizată, o bătaie ca în codru nu poate avea loc! Suntet¸i
de acord? [profesorii vorbesc între ei, privesc la directoare] Da!?! As¸a… Deci…
Vă rog frumoooos! Haidet¸i prin vot, acum, să vedem cum reus¸im să o evaluăm
pe această domnis¸oară s¸i să solut¸ionăm problema. [face pauză. Reîncepe,
subliniind fiecare cuvânt în parte] Bătaie… absent¸e… neglijent¸ă… Vă rog
frumos! [arată spre profesorul de logică]: Spunet¸i, domn’ profesor!
Profesorul de logică: Eleva, s¸tit¸i… Totus¸i ieri, la ora mea…
Directoarea [îl întrerupe]: Nu cred că aceasta este o atitudine civilizată pentru s¸coală!
Iar acest act vulgarrrr s¸i violenttt… nu poate avea loc aici! În această s¸coală!
Profesorul de logică: Doamnă, înt¸eleg. Însă îi dăm un preaviz… Scădem puncte
la purtare…
Directoarea [îl întrerupe din nou]: Bine. Să înt¸eleg că dumnevoastră suntet¸i
bivalent. Ca s¸i în viat¸ă… [privire furioasă] Buun! [mutându-s¸i privirea în sală
spre o profesoară] Spunet¸i, vă rog!
Profesoara [bâlbâindu-se]: Eu… eu… mă abt¸in.
Directoarea: Da! Mai bine vă abt¸inet¸i în loc să luat¸i decizii proaste.
O profesoară: Cred totus¸i că ar fi bine să vorbim s¸i cu părint¸ii… Să evaluăm
absent¸ele… Cu scăderea punctelor la purtare… [directoarea o întrerupe]
Directoarea: Prin vot! Cred că toată lumea este de acord, da?
O altă profesoară: Daaa… Eu o propun pentru exmatriculare.
Directoarea: Except¸ional. Vă propun pentru o mărire de salariu.
Profesorii în sală vorbesc în acelas¸i timp în s¸oaptă între ei.
Directoarea: Comportamente de acest gen… [ca o rugaminte] Domnilor
profesori… Bine! Bine! Am să t¸in cont de… [se întrerupe brusc].
În acest timp, intră în sală o profesoară care a întârziat. Directoarea o vede s¸i spune
apăsat.
Directoarea: Oooo!!! Domnis¸oara Subt¸irelu… Ce bine!
Domnis¸oara profesoară: Scuzat¸i-mă, am întârziat. Despre ce este vorba?
Directoarea: Un consiliu, domnis¸oară profesor… Decidem o situat¸ie. A elevei
Mihăilescu.
358

Domnis¸oara profesoară: Aaaa… O s¸tiu, Mihăilescu… 10 D.
Directoarea: Despre ea este vorba. Trebuie să o exmatriculăm. Situat¸ia? Am
fost sesizată de o bătaie ca în codru… Domnis¸oara a sărit ca un tigru să
omoare o altă domnis¸oară, colegă. Cum putem permite as¸a ceva? Într-o
s¸coală civilizată? Vă rog frumos!
Domnis¸oara profesoară: Doamna directoare, as¸ avea nevoie de mai multe
detalii.
Directoarea: A plesnit-o, i-a smuls părul din cap… E relevant?
Domnis¸oara profesoară: Atunci să luăm măsuri pentru amândouă dacă nu
vrem să fie violent¸ă în s¸coală.
Directoarea: Aaaa… Cealaltă domnis¸oară pur s¸i simplu a fost surprinsă de acest
act de violent¸ă. [înfuriată către ceilalt¸i profesori] Suntem de acord, da!?!
Domnis¸oara profesoară: Nu putem să o exmatriculăm fără să avem o discut¸ie
cu părint¸ii ei. Trebuie să cântărim mai bine situat¸ia.
Directoarea: Doamnaaaaa… profesoarăăă… vă cunosc de atâta timp s¸i aveam
încredere că o să mă sust¸inet¸i în acest caz.
Domnis¸oara profesoară: Nu pot să îmi exprim nici o părere în privint¸a Tinei,
până nu cunosc situat¸ia ei. La s¸coală s¸i acasă.
Directoarea [înfuriată]: La revedere! Gata! Închei acest caz. Doamna
profesoară, avet¸i o carieră frumoasă pe care, cred eu, ar trebui să o respectat¸i.
Cristina Mihailescu, TREBUIE EXMATRICULATĂ. NU AVEM
NEVOIE DE VIOLENT¸Ă ÎN S¸COALA NOASTRĂ!
Domnis¸oara profesoară: Presupun că domnis¸oara nu s-a bătut singură…
Directoarea: Păi, prin vot, cred că toată lumea este de acod. Except¸ional!
Profesorul de logică [obiectează]: Doamna directoare, as¸ avea ceva de spus! Fata
are anumite capacităt¸i… Am văzut-o la ora mea. Nu este un copil atât de
răuvoitor.
Directoarea: Ce vret¸i să spunet¸i… Că??? Învat¸ă sau ce?
Profesorul de logică: Mai bine o pedepsim scăzându-i puncte la purtare. Să îi
mai dăm o s¸ansă. As¸a o corectăm. Să analizăm problema mai îndeaproape!
Profesorii în sală (unii dintre cei prezent¸i) vorbesc între ei în comun acord cu
obiect¸ia profesorului de logică. Directoarea se adresează unui alt grup de profesori
în acelas¸i timp, cu obiect¸ii. Profesorul pare că vorbes¸te de unul singur, în acelas¸i
timp cu tonul vehement al directoarei.
Directoarea [se întoarce spre profesorul de logică]: Bine, stimate domn, o să
analizez s¸i situat¸ia dumneavostră. Toată lumea îs¸i dores¸te să fie exmatriculată.
Dumneata… Eu nu înt¸eleg această situat¸ie.
359

Domnis¸oara profesoară: Haidet¸i să vorbim cu părint¸ii…
Directoarea [pune mâna la cap]: Mă doare foarte rău capul… îmi pâlpâie capul…
Eu am probleme cu inima, domnis¸oară.
În acest timp, profesorii vorbesc, amestecat, unii cu ceilalt¸i, despre opiniile lor.
Directoarea [spre sală]: Să înt¸eleg că suntem de acord. Da!?! [întrerupe profesorii]
Am pus punct situat¸iei. Am terminat această discut¸ie. La revedere! Această
elevă ne strică reputat¸ia liceului. O exmatriculez chiar acum!!! [urlă] Să vină
Mihăilescu!
Iese din sala de consiliu. Profesorii rămân în sală, mut¸i, statici.
Directoarea: Domnis¸oarăăă! În urma unui consiliu drept, corect [subliniază cele
două cuvinte]… În urma unor decizii unanime… [tus¸es¸te, se întrerupe] Prin
vot, nu a fost deciza mea…
Tina [întrerupe, cu un ton neutru]: Sunt sigură!
Directoarea: Vă rog frumos, nu fit¸i obraznică! Suntet¸i exmatriculată. La
revedere!
Tina: Ok.
Lumina se stinge treptat. Scena are accente comice prin comic de situat¸ie.
SCENA VI
Monologul
Act¸iunea se petrece la s¸coală. Tina este singură în clasă. Prives¸te în gol.
Decor
O masă s¸i câteva scaune risipite.
Costumat¸ie
Tina: blugi, tricou, tenes¸i, părul într-un coc răvăs¸it.
Este semi-întuneric pe scenă. În timpul acesta se aude o melodie pe fundal: «De
ce» – Vama Veche (aceasta rulează până la sfârs¸itul piesei)]. O altă lumină este pe
Tina. În final, doar ea rămâne în lumină; restul sălii este în întuneric. Se plimbă
pe scenă cu pas¸i mici, t¸inând telefonul în mână la spate. Se uită la el, apoi îl lasă
360

din nou la spate. Îs¸i freacă nervos mâinile. Se opres¸te brusc. Telefonul cade. Stă
dreaptă, iar pozit¸ia sa arată dezarmare. Mâinile sunt libere pe lângă corp. Trage
aer în piept s¸i începe să silabisească us¸or (în momentul în care melodia se aude mai
încet). De aici începe monologul său.
Tina: Mmm… M-au exmatriculat… Nu mă întrebat¸i dacă e corect sau nu e
corect, dacă meritam sau nu să fiu exmatriculată… Nu mai contează cine are
dreptate… Tot ce contează este s¸ansa pe care eu am ratat-o s¸i pe care nu s¸tiu
când s¸i dacă o voi regăsi… În momentul ăsta, însă, am pierdut tot: familie,
prieteni, pe mine… Am crezut că, dacă mă voi revolta, ceilalt¸i mă vor auzi…
Îmi vor vedea disperarea, vor lua în seamă strigătul meu de a primi o nouă
s¸ansă… De a porni în viat¸ă cu dreptul. [Lumina se stinge treptat]. I-am
condamnat pe tot¸i ceilalt¸i pentru că nu m-au ajutat… Dar nici măcar eu nu
am făcut asta… M-am condamnat pe mine.
La încheierea monogului său, Tina rămâne în întuneric. Melodia continuă până la
final.
361

Schit¸a în grafitti
COORDONATORI
prof. Corina Popescu, prof. Garofit¸a Iancu,
Colegiul Nat¸ional «Octav Onicescu», Bucures¸ti
COAUTORI
elevi din clasa a IX-a E,
Colegiul Nat¸ional «Octav Onicescu», Bucures¸ti
Piesă într-un act
Personajele
Gelu Goldis¸, elev în clasa a X-a al unui colegiu bucures¸tean
Bunica lui Gelu, Tatăl, Diriginta, ca s¸i cum ar fi pe scenă
SCENA I
Gelu s¸i bunica
Locuint¸a bunicii, modestă, o masă simplă de bucătărie, câteva scaune, o plantă
verde într-un ghiveci, un cadru de fereastră în fundal. Gelu este îmbrăcat cu
pantaloni largi, tricou s¸leampăt, brăt¸ară cu t¸inte s¸i părul căzut pe frunte, toate
negre, mai put¸in tricoul, care are desene violente pe piept, cu capete de mort. Intră
cu un aer plictisit, mâinile în buzunare, mestecând gumă, apoi se trântes¸te pe un
scaun, întinzându-s¸i ostentativ picioarele
Gelu: ’Neat¸a! E gata cafeaua? Că am întâlnire cu băiet¸ii azi la 11… [pauză, se
întinde, cască zgomotos]. Am cam întârziat aseară cu băiet¸ii, sper că nu t¸i-ai
făcut griji, cum ai obiceiul, de la o vreme, să mă spionezi… Ce mai e nou, teau
mai sunat bătrânii din Spania? Mai trăiesc? Mie ce-mi mai trimit? Că am
rămas deja fără finant¸are… Îmi trebuie pentru «sendvis¸ul» de la pauza mare
[râde fort¸at, sarcastic]. Ai fi în stare să-mi dai, ca lui taică-meu, acum o sută de
362

ani, o felie de salam între pâine… S-au schimbat vremurile, înt¸elegi? Mai
avem s¸i alte nevoi! Artistice! Dar, oricum, n-ai cum să pricepi! [batjocoritor s¸i
superior distant] Generat¸ie de înapoiat¸i! Am nevoie de tuburi, de sprayuri cu
vopsea, de câte ori să-t¸i spun! [perplex] Cum la ce-mi folosesc? Grafitti e o
formă de artă! [strigă răutăcios] ARTĂ, da! S¸i nu porcăriile pe care le facem la
s¸coală! Zici că sunt scumpe? [exasperat] Păi voi ce păzit¸i? Să-mi facet¸i rost de
bani, că am ochit deja un vagon de metrou pe care să-l decorez – suprafat¸ă
mare, posibilităt¸i de finisare, contururi desen… [parcă visează, desenând în aer,
cu mis¸cări largi] As¸a că facet¸i chetă! În seara asta l-am «rezolvat»! [cască ochii,
mimând surprinderea] S¸coală? Ce e aia? Am deja s¸coala viet¸ii, ailaltă mă
plictises¸te cumplit: program fix, personal sărit de pe fix, plozi înapoiat¸i…
[râde prostes¸te de jocul de cuvinte] Nu mă pisa! Mai dau din când în când s¸i pe
acolo, să nu mă dea ăia dispărut. Mă primesc ei înapoi oricum, că cică zece
clase sunt obligatorii. [soarbe zgomotos din ceas¸că]. De la anul ce o să fac? Oi
vedea atunci, ce, sunt mama Omida? Să mai trecem s¸i de apocalipsa asta s¸i mai
vorbim apoi. [Sună telefonul, scurtă pauză, ascultă convorbirea, face semne, la un
moment dat – nu, nu! apoi, în s¸oaptă] Sunt bătrânii? Spune-le că sunt la s¸coală!
La s¸coala, n-auzi? Nu-mi face asta, te rog, rămân fără fonduri. O să fiu
cuminte, promit, merg s¸i la s¸coală. Nu închide, te implor! [cade hohotind pe
scaun apoi, brusc, merge spre fereastră, pune un taburet s¸i se cat¸ără pe pervaz]
Dacă nu-i suni înapoi să le spui că totul e în regulă, mă duc eu până în
Spania… în zbor! [pune un picior în afara ferestrei].
SCENA II
Gelu s¸i tatăl lui
Acelas¸i decor. Se aude soneria. Gelu merge s¸i deschide us¸a, fără să privească prin
vizor. Surprindere totală, încurcătură, minciuni s¸i disculpări. Gelu trece de la tonul
amenint¸ător de adineauri la unul mieros, defensiv.
Gelu [cu exces de gesturi, de o politet¸e nervoasă]: Tată, ce surpriză! Îmi pare atât
de bine c-ai venit! Mama a rămas acolo? Tu când de întorci? Despre mine?
Numai de bine! He, he! Întreabă s¸i pe mamaia… [se fâstâces¸te din cauza
hainelor s¸leampete] A, nu, nici vorbă! Asta e t¸inuta mea de pe acasă… mai
lejeră… Sigur, când mă duc la s¸coală e altceva. [îs¸i scoate repede cercelul din
ureche, apoi brăt¸ările cu t¸inte s¸i le pune în buzunarele largi ale pantalonilor]
Dacă n-am întârziat? Nu-t¸i face griji, azi nu facem primele două ore – e
profesoara bolnavă de vreo săptămână, săraca! Bineînt¸eles că celelalte ore le
363

facem. Dar e devreme, după ceasul meu. [prives¸te ceasul, scutură mâna, îl duce
la ureche, bate cu degetul în geamul lui] E setat după ora din Barcelona. L-am
pus as¸a, gândindu-mă la voi! [zâmbes¸te fort¸at, cu ochii spre bunica] Să mă
îmbrac ca să mă duci tu cu mas¸ina la s¸coală? Nu es¸ti obosit, după atâtea ore
de mers? Lasă, tată, mâine! Azi fac o mare except¸ie de la frecvent¸ă ca să-mi
pot¸i povesti de pe-acolo, sa mai stau s¸i eu cu tine… Nu? [încurcat, în luptă
cu sine] De fapt, ai dreptate! S¸i mâine e o zi! Hai că-mi iau rucsacul acum.
Mamaie, unde să-mi fi pus eu rucsacul? [face semne disperate s¸i complice, în
sensul – nu am as¸a ceva, acoperă-mă!] Trebuie să fie pe-aici! [găses¸te un rucsac
mai vechi, aruncă la întâmplare ce găses¸te pe dulap în el] S¸i hainele de s¸coală?
[îmbracă repede un tricou alb, pe cel negru, cu cranii, îl mototoles¸te s¸i îl aruncă
în rucsac, peste celelalte] Numai bun de s¸coală! [merge după tatăl lui, în stânga,
spre us¸ă, se întoarce s¸i îns¸facă de pe masă un rest de sendvis¸, apoi aparte] Treacă,
azi mă sacrific! [bunicii] Gata, n-ai de ce să-t¸i faci griji, am totul sub control,
ca de obicei, să s¸tii!
Iese din scenă.
SCENA III
Gelu s¸i diriginta
Schimbare de decor. La s¸coală. Se aude soneria de intrare. Rumoare. Colegii lui
Gelu, care se întorc din pauză, intră în clasă, unul mus¸când dintr-un corn, altul
bând dintr-o sticlă de apă minerală, în neorânduială.
Gelu [către unii dintre colegi, recunoscându-i]: Salut, bătrâne! Ce mai faci, frate?
Es¸ti bine, vere? Ce e nou pe frontul de vest? A mai întrebat diriga de mine?
M-a dat dispărut, as¸a-i? [zăres¸te pe dirigintă, în capătul holului] Hait, uite că
vine! [falsă amabilitate] Bună ziua, doamna dirigintă! Da, îmi pare rău, n-am
mai ajuns pe la s¸coală… S¸tit¸i, am avut probleme familiale, a murit bunica s¸i,
cum ai mei erau plecat¸i în Spania, a trebuit să am eu grijă de sora mea mai
mică… Sigur că am o soră… ăăăă, am chiar două. [t¸ine degetele încrucis¸ate la
spate, vizibil, spre public] V-a spus tata la prima s¸edint¸ă cu părint¸ii, dar poate
că at¸i uitat… [surprins, văzându-s¸i tatăl urcând scările] Tată, mă descurc, nu
e nevoie să vii cu mine, totul e ok. [După o pauză, răstimp în care diriginta a
vorbit cu părintele, iar Gelu a t¸inut privirea în jos, s-a jucat cu un pix, apăsând
capătul, enervant s¸i obsesiv, a învârtit în mână o s¸apcă, nervos] Tată, iartă-mă,
am spus asta despre bunica pentru că am avut probleme de sănătate s¸i n-am
putut veni o vreme la s¸coală. Nu t¸i-am spus ca să nu-t¸i faci griji, acolo
364

departe, unde erat¸i. De-acum încolo am să vin în fiecare zi. Promit! De fapt,
de câte ori am venit, am obt¸inut câte o notă bună pe răspunsurile din clasa,
dar la teme… Mă pricep mai bine să desenez. S¸tiu că e păcat, ai dreptate, voi
vă străduit¸i pentru mine în străini, iar eu… Am o minte bună s¸i mi-o
irosesc… Dar de acum am să-t¸i confirm as¸teptările! Ai să vezi! Chiar de
mâine! Pentru că merit¸i, pentru că merit s¸i eu.
SCENA IV
Gelu s¸i un amic
Gelu vorbes¸te la telefonul mobil cu un amic, pe tot parcursul derulării scenei, care
are loc tot în acelas¸i decor, al clasei.
Gelu [în telefon]: Gata, Castore! Am ies¸it din «club», pentru că a venit tata s¸i a
descoperit toată treaba… [pauză] Mda, asta e! De azi es¸ti singur cu băiet¸ii! No
să ne mai putem vedea decât la sfârs¸it de săptămână. S¸i, o să te distrezi, dar
m-am remarcat din prima zi după marea revenire: am luat o notă mare la
română pe un desen! [pauză] Stai, bă, nu râde! Era o posibilă ilustrat¸ie la un
roman românesc! Gata, mi-am găsit chemarea – mă fac ilustrator de cărt¸i!
Halal de mine, zici? Păi pentru asta trebuie să cites¸ti cartea, bătrâne, deci o să
mă documentez mai întâi. Împus¸c doi iepuri dintr-un foc, este? Mă relaxez, fac
ce-mi place s¸i trag s¸i foloase… s¸colăres¸ti. Ei, ce zici, merită? Chiar începe să-mi
placă. S¸i, ca să te miri până la capăt, am primit o primă comandă pentru
decorurile unei piese de teatru pentru serbarea de Crăciun! Ce zici? [probabil
se aud proteste la telefon] Dacă ne vedem mâine? Nu, nu pot, omule, am astea
de făcut. Nici joi, că ajungem la alt subiect s¸i sunt ilustratorul clasei, ai uitat?
Nu s¸tiu… Poate sâmbătă… Nu, bă, n-am păt¸it nimic, n-am înnebunit, pur s¸i
simplu am treabă. Iar săptămâna viitoare… [îs¸i consultă noul caiet de notit¸e]
nici atât! Încep tezele! În vacant¸ă, poate… [cu îngrijorare] Castore, alo, mai es¸ti
pe fir? Alo? Alo! [aruncă telefonul cât colo] Atâta pagubă! N-ai cum să înt¸elegi,
«es¸ti prost», cum zicea un personaj… al cui? Parcă s¸tiam asta odată… [începe
să caute prin manual, cu înfrigurare]. Am un lapsus! Dar îl rezolv eu. Poate daco
mai fi cineva la biblioteca s¸colii… Sau să caut pe internet… În fine, trebuie
să mă pun la punct cu materia! [îs¸i caută în rucsac] S¸i aici nu găsesc nimic…
Hai, că de mâine mă-ntorc printre cei vii! [către ceilalt¸i colegi s¸i parcă înspre
lumea întreagă] Oameni buni, păzea că vin! [dă în rucsac peste tricoul negru cu
cranii, apoi către un coleg de clasă, care stă în banca din spatele lui] Vlade, nu vrei
un tricou, să-t¸i completezi colect¸ia de ciudăt¸enii? [râde amar] Nu, mie nu-mi
mai trebuie. Ia-l s¸i-apoi zi-mi s¸i mie ce temă ne-a dat la română pentru mâine.
365

Abandonul s¸colar al unei fete de 12 ani
s¸i povestea familiei sale
COORDONATOR
Oproiu Natalia
ASISTENT
Dinu Elena
COAUTORI
Hîrtopanu Florentina, Drăgulinescu Andreea Mihaela, Munteanu Răzvan Andrei,
Dobre Geo Valentin, Dobre Marius Florian, Genunche Bianca Mihaela,
Popa Lucia Ana-Maria, Ungureanu Cristina
Personaje
Mama – Doamna Voicu: 35 ani, personalitate puternică, critică, sfătuitoare.
Tata – Domnul Voicu: 40 ani, grijuliu, sever, dur, critic.
Raluca Voicu – Fata lor de 12 ani: frumoasă, s¸atenă, ochii verzi, us¸or influent¸abilă,
iubitoare.
Ana Voicu – Fata lor de 10 ani: s¸atenă, ochii verzi, critică.
Prietena Ralucăi (Roxana): 12 ani, cons¸tiincioasă, dar s¸i veselă, distractivă.
Prietenul Roxanei (Dragos¸): 17 ani, imatur, dar responsabil, iubitor.
Prietena Anei (Mihaela): 10 ani, sfătuitoare, critică.
Directorul: 45 ani, personalitate puternică, obiectiv, sfătuitor s¸i critic în
acelas¸i timp.
Doctorit¸a: 48 ani, calculată, grijulie, sfătuitoare, critică.
366
SCENA I
Acasă în bucătărie la fam. Voicu
Decor
Masă, pahare, scaune, fructe (mere, banane, portocale…).

Povestitorul: Raluca are 12 ani s¸i este fata cea mare a familiei Voicu, Ana are
10 ani s¸i este fata cea mică. Fetele au un dialog acasă cu mama.
Raluca: Mamă, mă duc la colega mea Roxana, să facem un proiect la biologie.
Pa, pa!
Mama: Bine, pot¸i merge, dar mai târziu de ora 21 să nu vii acasă, că-l superi pe
taică-tu.
Ana: Pot merge s¸i eu la Mihaela să mă joc?
Mama: Raluca nu merge la joacă, se duce să facă un proiect la biologie. Când
o să mai cres¸ti, o să te las s¸i pe tine.
Ana: Nu-i corect ce se întâmplă!
SCENA II
Raluca acasă la Roxana
Decor
Haine peste tot, rujuri, farduri, parfumuri, fixativ…
Povestitorul: Raluca ajunge acasă la prietena ei, Roxana, care-i propune să
meargă la o petrecere să se distreze.
Raluca: Bună, Roxy! Am venit să facem proiectul la biologie.
Roxana: Bună, Raluca! L-am făcut deja. Hai la o petrecere cu mine să ne
distrăm put¸in! Uite o rochie, farduri, rujuri…machiază-te s¸i hai să plecăm!
Raluca: Stai put¸in să-i spun mamei că nu am terminat proiectul s¸i rămân peste
noapte la tine, să nu se îngrijoreze. [la telefon] Alo, mami, vezi că am de scris
foarte mult la proiect s¸i o să stau peste noapte la Roxana… să-l terminăm,
deoarece trebuie să-l predau la s¸coală până mâine… s¸i tu s¸tii ce note am.
Mama [la telefon]: Pot¸i rămâne din partea mea, dar ce să-i spun lui taică-tu?
Raluca: Lasă că te descurci tu… Pa!
Roxana: Ok, acum hai la petrecere!
SCENA III
Petrecerea
Decor
Masă, casetofon, pahare, vin, bere, sucuri, cola, fete s¸i băiet¸i.
Povestitorul: Ajungând la petrecere, se întâlnes¸te cu vecinul Roxanei.
367

Roxana: Raluca, el este Dragos¸, vecinul meu.
Raluca: Bună, Dragos¸, încântată de cunos¸tint¸ă!
Dragos¸: Bună, Raluca! Ce nume frumos…
Roxana: Eu vă las, mă duc să beau ceva.
Dragos¸: De când o cunos¸ti pe Roxana?
Raluca: De mult timp, suntem colege de bancă.
Dragos¸: Aha… păi, s¸i de ce nu te-am mai văzut cu ea prin cartier?
Raluca: Păi… nu prea mă lasă tata să ies, fac s¸i canto s¸i nu prea am timp.
Dragos¸: Ît¸i place să cânt¸i? Vrei să devii vedetă?
Raluca: Da, îmi place foarte mult să cânt s¸i, ca să devin vedetă, îmi trebuie
multe repetit¸ii.
Dragos¸: Hai să bem ceva! Cola, bere, vin… Eu beau vin, vrei s¸i tu?
Raluca: Da. Cât¸i ani ai, Dragos¸?
Dragos¸: Am 17 ani, tu?
Raluca: Eu am 12 s¸i mai am o soră de 10 ani.
Dragos¸: Eu sunt singur la părint¸i. Nu vrei să ne retragem undeva unde e mai
linis¸te?
Raluca: Da, prefer linis¸tea.
Povestitorul: Raluca s¸i Dragos¸ s-au retras în dormitor s¸i, după vreo 2 ore de
căutări ale Roxanei, în sfârs¸it i-a găsit.
Roxana: Unde v-at¸i ascuns? V-am căutat peste tot.
Dragos¸: Ne-am retras într-o cameră mai linis¸tită deoarece ne durea capul, din
cauza muzicii.
Roxana: Te simt¸i bine, Raluca?
Raluca: Mă doare put¸in capul.
Roxana: Hai să plecăm acasa! Dragos¸, noi am plecat, pa!
Dragos¸: Vă conduc până acasă?
Roxana: Nu, mult¸umim!
SCENA IV
Dialogul părint¸ilor acasă
Decor
Masă, pahare, scaune, ibricul cu ceai, fructe…
Povestitorul: În timp ce Raluca era la petrecere, tatăl s-a întors acasă de la
serviciu, la ora 23, s¸i a întrebat-o pe sot¸ie.
Tata: Unde e Raluca?
368

Mama: Raluca a plecat să facă un proiect pentru biologie la colega ei, Roxana.
Tata: S¸i de ce nu a venit până la ora asta?
Mama: A sunat să-mi spună că nu a terminat proiectul s¸i rămâne la Roxana.
Tata: S¸i eu de ce nu am fost anunt¸at? Am spus că nu are voie să înnopteze la
nimeni!
Mama: Dar e colega ei de s¸coală…
Tata: Eu nu s¸tiu dacă e colegă… sau coleg, că nu am verificat. Lasă că vede ea
mâine!
SCENA V
Întoarcerea Ralucăi acasă
Decor
Masă, scaune, căni de cafea, lapte, cereale…
Povestitorul: A doua zi de dimineat¸ă, Raluca a venit acasă, iar mama era la serviciu.
Raluca: Bună dimineat¸a, tati!
Tata: Nu e bună deloc pentru tine! Ia ascultă, unde ai fost toată noaptea? De
când s¸i până când dormi la colegele tale?
Raluca: Am vorbit cu mama s¸i mi-a spus că pot rămâne la Roxana să terminăm
proiectul.
Tata: Proiectele nu se fac noaptea, ci ziua. Noaptea se vine acasă ca să dormi, ca
dimineat¸a să pleci la s¸coală odihnită. Pentru asta, vei fi pedepsită.
SCENA VI
Raluca este însărcinată (vestea dată lui Dragos¸)
Decor
Pomi, flori, plante…
Povestitorul: Raluca se simt¸ea foarte rău s¸i acasă, dar mai ales la s¸coală, avea
stări de great¸ă, vomita, începuse să-i crească burta. Atunci, prietena ei,
Roxana, a sfătuit-o să meargă la doctor să vadă dacă e însărcinată sau să-s¸i facă
un test de sarcină. La doctor nu s-a dus, deoarece trebuia să meargă cu mama,
în schimb a făcut un test de sarcină, care a ies¸it pozitiv. Era foarte disperată
de ce vor spune părint¸ii, dar mai ales prietenul pe care nu l-a mai văzut din
ziua petrecerii, deoarece tatăl său o pedepsise. Trecuseră vreo 4-5 luni de la
369

petrecere s¸i legătura dintre Dragos¸ s¸i Raluca era numai telefonică, deoarece
tatăl o ducea s¸i o lua de la s¸coală cu mas¸ina. Raluca s-a gândit să lipsească de
la s¸coală s¸i să se întâlnească cu Dragos¸, ca să-i spună despre sarcină.
Raluca: Bună, Dragos¸! Trebuie să ne vedem urgent, am ceva foarte important
să-t¸i spun.
Dragos¸: Bine, ne vedem în 30 de minute.
Dragos¸: Ce s-a întâmplat, de ce ai vrut să mă vezi as¸a urgent?
Raluca: Avem o problemă…Sunt însărcinată.
Dragos¸: Es¸ti sigură? De unde s¸tii?
Raluca: Sunt foarte sigură. Am făcut testul s¸i este pozitiv.
Dragos¸: Eu te iubesc s¸i vreau să păstrăm copilul.
Raluca: S¸i cum le spun părint¸iilor despre sarcină? Cum or să react¸ioneze ei?
Dragos¸: Eu te iubesc s¸i îmi doresc copilul ăsta, indiferent de ce vor spune ai tăi.
Raluca: S¸i eu te iubesc s¸i o să mă gândesc cum să le spun.
Dragos¸: Ai grijă! Ne auzim la telefon.
SCENA VII
Vestea dată părint¸ilor
Decor
Birou, scaun, calculator, cărt¸i, caiete, creioane, pixuri, penar.
Povestitorul: Raluca nu s¸tie cum să spună părint¸ilor despre sarcină, dar ei află
instantaneu.
Ana: Raluca, de ce es¸ti supărată?
Raluca: S¸tii noaptea petrecută la Roxana? De fapt, nu am învăt¸at, am fost la o
petrecere unde am cunoscut un băiat pe nume Dragos¸, de care m-am
îndrăgostit s¸i acum sunt însărcinată.
Ana: Ce-ai spus? Es¸ti gravidă? Ai înnebunit? Tu te gândes¸ti la ce-o să-t¸i facă tata?
Raluca: Nu mă interesează, noi ne iubim s¸i o să ne căsătorim.
Povestitorul: Mama întrerupe discut¸ia.
Mama: Ce s-a întâmplat? Despre ce căsătorie e vorba?
Ana: Spune-i s¸i mamei ce mi-ai spus s¸i mie.
Raluca: Noaptea aceea în care am dormit la Roxana să scriem proiectul, de fapt
am mint¸it s¸i am fost la o petrecere, unde am cunoscut un băiat pe care îl
iubesc s¸i mă iubes¸te, s¸i acum sunt însărcinată s¸i o să ne căsătorim.
Mama: Cum, ai rămas însărcinată? Eu am avut încredere în tine… M-ai
dezamăgit… De ce t¸i-ai început viat¸a sexuală la doar 12 ani? Copil fără minte…
370

Raluca: Nu am vrut, dar am băut ceva s¸i nu mai s¸tiu….
Mama: De ce nu ai spus când ai sunat, că ît¸i spuneam cum să te protejezi. Sunt
atâtea metode contraceptive…
Raluca: Ne iubim s¸i o să ne căsătorim.
Mama: Es¸ti de altă nat¸ionalitate sau etnie, unde fetele se mărită s¸i nasc la 11-
12 ani? Tu es¸ti româncă, europeancă, fetele se mărită după vârsta
majoratului. După ce termină s¸coala, au o profesie, îs¸i fac o cariera în viat¸ă s¸i
abia atunci se gândesc la măritat. Când o să afle taică-tu, o să vezi tu!
Tata: Ce să aflu?
Mama: A mint¸it în legătură cu proiectul acela de la biologie când a rămas la
Roxana peste noapte. De fapt, ea a petrecut cu un băiat… cu care este acum
însărcinată.
Tata: Cum ai putut face una ca asta? Es¸ti incons¸tientă? Gravidă la 12 ani? Dute
imediat la spital să avortezi!
Raluca: Nu vreau să avortez, nu vreau să omor un copil nevinovat s¸i acum e
prea târziu. Eu îl iubesc pe Dragos¸ s¸i o să ne căsătorim.
Tata: Cum te căsătores¸ti la 12 ani? Ai înnebunit!? Mai întâi trebuie să termini
gimnaziul, liceul, facultatea s¸i pe urmă vine măritis¸ul, nu acum. Dar, dacă
vrei să nas¸ti, la mine în casă nu mai ai ce căuta… Te duci la prietenul tău s¸i
acolo să stai. Eu nu te mai consider fata mea. Pentru mine tu nu mai exis¸ti,
pentru că nu m-ai ascultat.
Povestitorul: Raluca îs¸i face bagajele să plece s¸i îl sună pe Dragos¸, prietenul ei.
Raluca: Dragos¸, tata a aflat de sarcină s¸i m-a dat afară din casă. Ce să fac?
Dragos¸: Nicio problemă, vei sta la mine, vin să te iau.
SCENA VIII
Întâlnirea cu Roxana
Decor
Pomi, flori, plante…
Povestitorul: Raluca s-a mutat la Dragos¸. Acolo a născut un băiet¸el, la vârsta
de 13 ani. Între timp, ea a renunt¸at la s¸coală, dedicându-se cres¸terii copilului.
Dar într-o zi, în timp ce se plimba prin parc cu copilul, se întâlnes¸te cu colega
ei, Roxana.
Roxana: Bună, Raluca! Ce faci? De ce nu ai mai venit la s¸coală? De ce ai
abandonat s¸coala? De ce nu m-ai sunat? Părint¸ii tăi au spus că es¸ti plecată.
Cine este copilul acesta? Doar nu este al tău, nu? Sau da? Nu ai avortat?
371

Raluca: Prea multe întrebări, mă doare capul… Este veris¸orul meu s¸i trebuie săl
duc acasă la maică-sa… Scuze, dar mă grăbesc. Te sun eu să ne vedem. Pa!
SCENA IX
Mama se duce la s¸coala Ralucăi în urma solicitării Directorlui
Decor
Birou, calculator, agendă, stilou, ghivece cu flori.
Povestitorul: Mama a mint¸it-o pe diriginta fetei, care o tot suna să întrebe de
Raluca, că este plecată cu o mătus¸ă în străinătate. Directorul a sunat-o să vină
urgent la s¸coală să clarifice situat¸ia Ralucăi.
Mama: Bună ziua, domnule director! Sunt mama Ralucăi Voicu s¸i am venit în
urma solicitării dv.
Directorul: Bună ziua, doamnă Voicu. V-am solicitat în legătură cu situat¸ia
s¸colară a Ralucăi. După cum s¸tit¸i, Raluca nu a mai venit la s¸coală de multă
vreme, are foarte multe absent¸e s¸i va trebui să repete anul s¸colar. Îmi pare rău,
că e o fată foarte bună s¸i talentată, face s¸i canto, dar asta-i situat¸ia. Nu are
note din cauza absent¸elor pe semestrul 1, iar în semestrul 2 nu a venit deloc.
Mama: Domnule director, să s¸tit¸i că fata mea a abandonat s¸coala deoarece a
rămas însărcinată, fără s¸tirea noastră. Cred că a s¸i născut… Nu mai s¸tiu nimic
de ea… deoarece tatăl ei a alungat-o din casă s¸i nu mai locuies¸te cu noi;
locuies¸te la prietenul ei.
Directorul: Cum de s-a întâmplat as¸a ceva Ralucăi, care are doar 12 ani s¸i un
părinte atât de exigent?
Mama: A spus că pleacă la o colegă pentru a face un proiect la biologie… Acolo
s-a întâmplat totul… Din păcate s¸i noi am aflat prea târziu.
Directorul: Îmi pare rău pentru cele întâmplate. Poate s¸i dumneavoastră
suntet¸i prea severi s¸i de aceea s-au întâmplat aceste lucruri. În viat¸ă, trebuie
să le oferi copiilor put¸ină libertate pentru cunoas¸tere s¸i exprimare, pentru a
diferent¸ia singuri binele de rău. Ca urmare a celor întâmplate, sper să fie o
lect¸ie pentru Ana.
Mama: Vom fi mai atent¸i cu ea.
Directorul: La revedere, doamnă Voicu! Vă mult¸umesc că at¸i putut veni s¸i îmi
pare rău că a trebuit să abandoneze s¸coala. Acum, tot ce mai putet¸i face este să
o sust¸inet¸i din punct de vedere al talentului său, deoarece are o voce minunată.
Mama: Mult¸umesc pentru înt¸elegere s¸i pentru sfat. Des¸i este un tip drastic, voi
încerca să comunic eficient cu sot¸ul meu pentru binele Ralucăi.
372

SCENA X
Dialogul surorilor
Decor
Masă, scaune, pahare, sticle, aperitive pe masă.
Povestitorul: Peste 2 ani, Raluca vine în lipsa părint¸ilor acasă s¸i vorbes¸te cu sora
ei, Ana, care a făcut la fel ca ea… A rămas însărcinată la 12 ani.
Raluca: Ce faci, Ana? Am venit să te vad că îmi era dor de tine.
Ana: Bună! Nu fac foarte bine. Mă doare burta s¸i nu am menstruat¸ie… Am
gret¸uri… Cred că am făcut ca tine, am rămas însărcinată!!!
Raluca: S¸i ce-ai să faci? Sper că n-ai de gând să faci avort!?!
Ana: Nu s¸tiu ce o să fac, dar sigur nu o să fac ca tine, să abandonez s¸coala! Eu
nu renunt¸ la ea. Pe tine nu te-a ajutat faptul că ai renunt¸at la s¸coală.
Raluca: E alegerea ta. Faci cum vrei. Dar gândes¸te-te că e viat¸a unui copil la
mijloc, un suflet nevinovat pe care tu vrei să-l omori!
Ana: O să mă gândesc mai bine la situat¸ia asta în care sunt acum.
Raluca: Eu mai bine plec până nu se întorc părint¸ii acasă. Pa s¸i ne mai vedem!
Ai grijă ce faci!
SCENA XI
Dialogul prietenelor
Decor
Masă, scaune, sucuri pe masă, pizza.
Povestitorul: Ana s-a dus la prietena ei, Mihaela, să-i mărturisească un secret.
Ana: Bună, Mihaela! Ce bine că ne-am întâlnit să ît¸i spun un secret s¸i, poate,
îmi dai s¸i-un sfat.
Mihaela: Ce secret ai s¸i cu ce-as¸ putea să ajut eu?
Ana: Sunt însărcinată s¸i nu s¸tiu ce să fac… Să păstrez copilul sau să avortez?
Mihaela: Cum ai rămas însărcinată? De ce nu te-ai protejat? Vrei să faci s¸i tu ca
sora ta s¸i să abandonezi s¸coala? Părint¸ii tăi s¸tiu?
Ana: Nu, nu s¸tiu s¸i nu vreau să abandonez s¸coala. Eu vreau să-mi fac o carieră.
Mihaela: În cazul acesta ar trebui să vorbes¸ti cu mama ta să faci avort.
Ana: Da, din păcate, asta este singura solut¸ie.
Mihaela: Că, dacă o să afle taică-tu, o să te alunge ca pe soră-ta. Tu spune-i
mamei tale mai repede s¸i avortează!
373

Ana: Chiar acum merg acasă s¸i o să-i spun mamei să mergem la doctor.
Mihaela: Bine, Ana! Să mă t¸ii la curent cu ce-ai făcut! Pa!
Ana: As¸a o să fac. Pa!
SCENA XII
Dialogul mamei cu Ana
Decor
Masă, scaune, farfurii, pahare, tacâmuri…
Povestitorul: Ana vine acasă în grabă s¸i spune marele secret, mamei.
Ana: Mamă, am ceva foarte important să-t¸i spun.
Mama: Ce s-a întâmplat?
Ana: Trebuie să mergem urgent la doctor, deoarece mă doare burta s¸i îmi este
great¸ă. Nu mă simt prea bine.
Mama: Sper că nu faci ca soră-ta, să îmi spui că es¸ti însărcinată?! Doar s¸tiai de
metodele contraceptive s¸i de prezervativ, pe care trebuie să-l folosească
bărbatul atunci când…
Ana: Nu cred, mami, că sunt, dar îmi este rău. Asta e tot.
Mama: Bine, o să vedem noi…
Povestitorul: Mama îi spune tatălui că pleacă la doctor cu Ana, deoarece trebuie
să-i facă analizele anuale.
Mama: Eu merg cu Ana la doctor pentru analizele anuale pe care trebuie să i le
fac.
Tata: Vă duc eu cu mas¸ina?
Mama: Nu, mult¸umim. Mergem pe jos, să facem put¸ină mis¸care.
Tata: Bine! Atunci să mă sunat¸i să vin după voi.
Mama: Bine, dragul meu.
SCENA XIII
Vizita la doctor
Decor
Birou, ret¸ete, pixuri, calculator, mănus¸i sterile, tensiometru, termometru,
ustensile medicale sterile, pat.
Povestitorul: Mama ajunge la medicul ginecolog s¸i intră în cabinet cu Ana.
374

Mama: Bună ziua, doamnă doctor!
Doctorit¸a: Bună ziua! Ce problemă avet¸i?
Mama: Am venit cu fata mea la control, deoarece se plânge că o doare burta s¸i
nu i-a venit ciclul… Îmi este frică să nu facă ca sora ei cea mare… Să fie
însărcinată la 12 ani!
Doctorit¸a: 12 ani? As¸a mică? Cum e posibil? Trebuie să te consult. Doamnă,
vă rog să merget¸i afară în salonul de as¸teptare s¸i vă anunt¸ după control.
Povestitorul: După vreo 10 minute, doctorit¸a o anunt¸ă pe mamă că are voie să
intre în cabinet.
Doctorit¸a: Vă rog să intrat¸i, dna Voicu! Fata dvs. este însărcinată în 2 luni. Ce
avet¸i de gând să facet¸i?
Mama: Păi, a făcut ca soră-sa… Poate s¸i din vina lui taică-su, că le-a t¸inut în
casă s¸i a fost prea sever cu ele…
Doctorit¸a: Nu este bună nici prea multa severitate, dar nici libertate prea mare.
Copiii trebuie controlat¸i, verificat¸i, nu închis¸i în casă, că atunci o comit.
Mama: Dacă află taică-su, o va alunga din casă ca pe sora ei. Eu sugerez să-i
facet¸i avort.
Doctorit¸a: E cam riscant la o vârstă as¸a de mică. Fac tot posibilul să se termine
cu bine. Psihic, e terminată că îs¸i omoară propriul copil. Sfatul meu este, ca
după avort, s-o ducet¸i la psiholog, pentru linis¸tea ei sufletească.
Mama: Mult¸umesc mult pentru sfat s¸i sugestii.
Doctorit¸a: Ana, te rog să intri să ne spui ce-ai hotărât? Am vorbit cu mama ta,
s¸tie că es¸ti însărcinată, trebuie să luat¸i o decizie împreună.
Mama: Cum de s-a întâmplat as¸a ceva? Ai urmat exemplul surorii tale? Nu s¸tiai
de metodele de protect¸ie? Contraceptive…
Ana: Lasă, mamă teoria acum, că e prea târziu! S-a întâmplat… Important să nu
afle tata s¸i să fac avortul… Eu nu vreau să abandonez s¸coala ca sora mea…
Vreau să-mi continuu studiile.
Mama: Doamnă doctor, vă rog să-mi spune-t¸i cât mă costă?
Doctorit¸a: Tarifele sunt afis¸ate pe us¸ă.
Mama: Foarte scump! Dar ce să fac? Prostia fetei mele se plătes¸te.
Povestitorul: După vreo 2 ore de as¸teptare, mama intră din nou în cabinet s¸i o
întreabă pe doctorit¸ă:
Mama: Doamnă doctor, ce face fata mea? E bine? Putem pleca acasă? Deoarece
a sunat taică-su să mă întrebe de ce nu venim acasă. Este îngrijorat.
Doctorit¸a: Acum este bine, dar, înainte de a ajunge acasă, trecet¸i pe la farmacie
să-i luat¸i ret¸eta aceasta de antibiotice ca să nu facă vreo infect¸ie s¸i i-am
recomandat s¸i pilule contraceptive pentru viitor.
Mama: Mult¸umim frumos.
375

SCENA XIV
Dialogul părint¸ilor
Decor
Masă, scaune, bere, pahare…
Tata: Unde at¸i stat as¸a de mult?
Mama: La analize… Am as¸teptat rezultatul.
Tata: S¸i ce are?
Mama: Este put¸in anemică. Am trecut s¸i pe la farmacie să-i cumpăr
medicamentele prescrise de doctorit¸ă.
Tata: Este grav? Ce medicamente?
Mama: Nu-i nimic grav. Sunt vitamine de întărire s¸i fier pentru anemie.
SCENA XV
Întâlnirea Anei cu Mihaela
Decor
Pomi, flori, plante…
Ana: Bună, Mihaela! T¸i-am ascultat sfatul s¸i am fost cu mama la doctor pentru
a face avort.
Mihaela: Îmi pare bine că nu ai abandonat s¸coala ca sora ta, dar îmi pare rău
pentru copil.
Ana: S¸tiu că nu e bine, dar era singura solut¸ie ca să-mi continuu studiile s¸i sămi
fac o carieră mai târziu.
Mihaela: E bine că ît¸i pot¸i continua studiile, deoarece copii pot¸i face s¸i mai
târziu. Ai grijă cum te protejezi ca să nu se repete…
Ana: Am contraceptive de la doctor. Pa! Te pup!
Mihaela: S¸i eu, pa!
376
SCENA XVI
Întâlnirea surolilor
Decor
Birou, calculator, caiete, cărt¸i…

Raluca: Ce faci, Ana? Ce ai făcut în legătura cu sarcina?
Ana: Am mers la doctor cu mama s¸i am avortat.
Raluca: Ai făcut o mare gres¸eală!
Ana: Da, am făcut o gres¸eală, dar nu am abandonat s¸coala ca tine. Acum îmi
pot face o carieră… Familie îmi fac mai târziu… Nu acum.
Raluca: Stai linis¸tită că multe talente care nu au studii superioare au ajuns vedete.
S¸i eu mă pot realiza în viat¸ă datorită talentului meu s¸i pot ajunge mare vedetă.
Ana: Eu mă bucur pentru tine. Dragos¸ te iubes¸te, are grijă de voi s¸i suntet¸i
fericit¸i.
Dragos¸: E foarte bine că pot¸i termina s¸coala s¸i ît¸i pot¸i construi o carieră.
Raluca: S¸i eu mă bucur pentru tine că pot¸i să-t¸i continui studiile, dar, în acelas¸i
timp, îmi pare rău pentru acel copil. O să mai vorbim. Noi am plecat. Pa!
SCENA XVII
Finalul – Dialogul în familie
Decor
Masă, scaune, fructe, dulciuri, căni, pahare…
Tata: Având în vedere ce s-a întâmplat cu sora ta, că a abondonat s¸coala din
cauza sarcinii, nu as¸ vrea să se repete acelas¸i lucru s¸i cu tine. Atâta timp cât
nu mă vei mint¸i s¸i ît¸i vei respecta îndatoririle de elevă, eu te voi ajuta cu tot
ce vei avea nevoie.
Ana: Eu nu voi abandona s¸coala ca ea. Îmi voi termina studiile s¸i, abia atunci,
mă voi gândi la măritat s¸i la o familie.
Tata: Sper să fie as¸a! E spre binele tău.
Mama: Sper să fie învăt¸ătură de minte pentru mai târziu, să nu mai repet¸i aceeas¸i
gres¸eală ca s¸i sora ta. Cred că te-ai maturizat s¸i ai învăt¸at din gres¸eli. S¸tii
proverbul acela: «Oamenii din gres¸eli învat¸ă». Sper să fie valabil s¸i pentru tine.
377

Personajele
Aceasta nu este o poveste
COORDONATOR
Anca Florea, Asociat¸ia «No Abuse», Bucures¸ti
AUTOR
Alexandru Stoica, clasa a IX-a
Spike, un adolescent de 15 ani.
Mama lui Spike, o femeie muncitoare, dar plictisită de viat¸ă.
Tony, prietenul cel mai bun al lui Spike s¸i colegul lui de clasă.
Flori, prietenă bună cu Tony. Învat¸ă la aceeas¸i s¸coală.
Maria, prietenă s¸i colegă de clasă cu Flori.
Dl. Badea, tatăl lui Spike, om care apreciază mult banii.
Alexandra, fiica d-lui Badea, sora vitregă a lui Spike.
Costin, fiul d-lui Badea s¸i fratele Alexandrei. De asemenea, fratele vitreg al
lui Spike.
Trei elevi.
Profesorul.
SCENA I
Bucures¸ti. Elevii de clasa a VIII-a urmează sa dea teză. Agitat¸ie. Forfotă. Se mută bănci.
Elevul 1: Bă, am nevoie de ajutor! Mută banca asta mai aproape de mine!
Elevul 2: S¸i dacă se prinde ăla?
378

Elevul 1: Stai calm… Nu se prinde… Apucă de asta!
Elevul 3: Nu as¸a… Împinge put¸in! Gata…
Intră profesorul cu foile de examen.
Profesorul: Am venit! Hai, gata, linis¸te! Completat¸i foile în colt¸ul din dreapta
sus… S¸tit¸i deja… Numele s¸i prenumele vostru, numele si prenumele tatălui
s¸i al mamei, s¸coala etc. etc. Să nu gres¸it¸i!
Spike: S¸i dacă n-am tată?
Profesorul [plictisit]: Tragi bară…
Elevul 1: Ăsta n-are tată, bă?
Elevul 2: Nu s¸tiu…
Elevul 3 [râde]: Ce, mă, e secret?
Spike se ridică brusc din bancă s¸i, cu fat¸a la sală, începe să cânte în ritm de hip-hop.
În acest timp, scena se rotes¸te, iar în locul clasei apare un interior de apartament,
inclusiv us¸a de la intrare. Pe jos sunt hârtii împrăs¸tiate, haine, farfurii murdare.
Spike [cântă în ritm hip-hop]:De mic copil am trăit într-un secret.
Viat¸a mea… a fost un accident.
Mama… singură m-a crescut,
Tata nu-i un cuvânt plăcut.
Am rămas tare în continuare
Cu gândul «Sperant¸a nu moare».
S¸i s¸tiu că o să aflu tot,
Ăsta e singurul meu scop.
Spike intră în casă o dată cu mama sa. Ea începe să strângă hârtiile împrăs¸tiate s¸i
farfuriile de pe jos, în timp ce el o prives¸te fix.
Mama: Ce-ai păt¸it, Spike?
Spike: De mult am vrut să te întreb o chestie, dar n-am avut curaj. Despre
tata… Nu te-am întrebat niciodată.
Mama: Ce?
Spike: Unde este? Cine este? S¸i… de ce m-a lăsat?
Mama: De ce tocmai acum!?!
Spike: Mamă, eu de 15 ani trăiesc într-un secret. De fapt… sunt un secret. Numi
cunosc trecutul, nu s¸tiu cine sunt… M-am săturat!
379

Mama: Nici eu nu s¸tiu bine cine e… Adică nu s¸tiam… Până am aflat…
Spike: Cum te-ai cunoscut tu cu tata?
Mama: Eram în facultate… S¸i am cunoscut un om minunat… pe tatăl tău.
Spike: Tu l-ai iubit mult pe tata…
Mama: Da… dar cu timpul s-a schimbat… Ne vedeam din ce în ce mai rar…
S¸i când i-am spus că am rămas gravidă…
Spike: A plecat…
Mama: Da…
Spike: De ce-a plecat? De ce nu m-a vrut?
Mama: Pentru că… avea s¸i el un secret pe care l-am aflat foarte târziu.
Spike: S¸i… care-i marele secret?
Mama: La ce-t¸i foloses¸te să s¸tii?
Spike [ca pentru sine]: Prea multe secrete… Sunt prea multe secrete…
Mama: Avea o viat¸ă dublă: avea deja o familie! Spike…
Spike: Deci… e posibil să mai am frat¸i!?!
Mama: Probabil că da… Dar nu s¸tiu nimic despre ei.
Spike: Dar… numele de familie?
Mama: Badea. Dar să nu te gândes¸ti la bărbatul de la etajul 2 că nu-i el!
Spike [râde]: Ăla gras? [serios] S¸i… ai lăsat-o as¸a moale? N-ai încercat să-l opres¸ti
să plece?
Mama: N-am s¸tiut că vrea să plece. A plecat într-o noapte. Pur s¸i simplu a
dispărut… Mi-a lăsat doar biletul în care mi-a spus că pleacă; s¸i… că mai are
o familie.
Spike: Tu zici că era un om bun… minunat, dar… ce om bun s¸i-ar lăsa copilul
să crească singur?!
Mama: O să vezi că dragostea e oarbă… Eu îl iubeam atunci… Dar pentru el
nu a contat. Cealaltă familie era mai importantă.
Spike: Mamă, eu sunt hotărât să-l caut!
Mama: De ce vrei să-l caut¸i dacă el te-a părăsit?
Spike: Pentru că în viat¸ă totul se plătes¸te!
Iese.
Mama: Ce-ai făcut la teză?
Spike [bagă capul pe us¸ă]: Bine…
380

SCENA II
Ora de informatică. Elevii sunt îmbrăcat¸i în uniforme, iar pe sub ele se zăresc haine
de stradă: blugii ies¸ind prin fermoarul deschis de la pantaloni s¸i tricourile colorate
pe sub sacouri.
Tony: Bă, Spike, hai să ne jucăm CS!
Spike: Nu acum, băi Tony. Intră un pic pe Facebook!
Tony: Hai, bă, să ne jucăm. Ce naiba vrei să faci pe Facebook?
Spike: Vreau să văd dacă are tata poze
Tony: Care tată, bă, că nici nu-l cunos¸ti. S¸tii cum arată măcar?
Spike: Nu, mă, dar am vorbit cu mama s¸i s¸tiu cum îl cheamă. S¸i cred că
seamănă cu mine…
Tony: S¸i tu chiar vrei să-l caut¸i? Dacă e vreun boschetar?
Spike: Măcar poate-mi găsesc frat¸ii… Mă ajut¸i?
Tony: Bine… Facebook să fie!
Se sună de pauză. În scenă intră mult¸i elevi, printre care Maria s¸i Flori.
Flori: Nu-i as¸a că-i drăgut¸ Tony? Ce crezi?
Maria: Da, e drăgut¸. De ce, vrei să vă combinat¸i?
Flori: Suntem prieteni… dar… mi-ar plăcea s¸i altceva…
Maria: Păi… încearcă să vorbes¸ti mai mult cu el!
Flori: S¸i… ce să-i spun? Că-mi place de el? Sună ciudat…
Maria: Atunci as¸teaptă să facă el primul pas…
Flori: Dacă e după el, pot s-as¸tept mult s¸i bine… Crezi c-o să-i placă blugii mei
scurt¸i?
Maria: Nu s¸tiu. Hai să vedem!
Îs¸i desface fusta de uniformă s¸i rămâne în blugi scurt¸i.
Tony: Bună, Flori! Ce faci?
Flori: Bine, am informatică. Tu?
Tony: Mă duc să mă plimb cu Spike, că următoarea oră am religie.
Spike îl trage într-o parte pe Tony.
Spike: Cine e fata de lângă Flori?!
Tony: E prietena ei. O cheamă Maria. De ce întrebi?
381

Spike: E foarte drăgut¸ă s¸i… Nu s¸tiu de ce, dar… mă simt ciudat.
Tony [râde]: Poate te-ai îndrăgostit!
Spike: …
Se apropie amândoi de Maria s¸i Flori.
Tony: Maria – Spike.
Spike: Încântat.
Maria: De asemenea!
Tony o trage de-o parte pe Flori s¸i pleacă t¸inând-o de brat¸.
Spike: …
Maria: …
Spike: Es¸ti… prietenă bună cu Tony?
Maria: Flori se înt¸elege mult mai bine cu el. Noi suntem doar amici.
Spike: Crezi că e ceva între ei?
Maria: Nu s¸tiu sigur, dar stau mult timp împreună. Cred că lui Flori i-ar plăcea,
dar ar vrea ca s¸i Tony să spună ceva.
Spike: Eu cred că s¸i el o place la fel de mult cum…
Maria: Cum ce?
Spike: Auzi, m-am gândit… dacă vrei… să mergem la o prăjitură tot¸i patru.
Maria: Dar am oră…
Spike: La informatică oricum nu facet¸i nimic; s¸i eu am religie… as¸a că…
Maria: Nu s¸tiu… Dacă vrea s¸i Flori, atunci mergem.
Intră Tony s¸i Flori.
Tony: V-at¸i hotărât? Ies¸im… «în familie»?
Ies tot¸i.
SCENA III
Primavara. În parc. Spike s¸i Flori sunt as¸ezat¸i pe o bancă. Intră Tony.
Tony: Copii… v-am adus: semint¸e, suc s¸i… t¸igări doar pentru părint¸i [râde; îs¸i
aprinde o t¸igară].
382

Sună telefonul. Răspunde Spike.
Spike: Da, iubi!
Telefonul [glasul Mariei]: Ce faci, iubi? Unde es¸ti?
Spike: Bine… Sunt în parc cu Tony s¸i cu Flori. Suntem tot¸i aici. Vino s¸i tu!
Telefonul: Dar avem lucrare! Venit¸i s¸i voi la s¸coală!
Spike [recită]:E prea frumos afară
Ca să stăm la s¸coală…
Telefonul: S¸tiu… dar…
Spike: Hai, măi, vino s¸i tu! Las-o naibii de lucrare!
Telefonul: Nu s¸tiu… Dă-mi-o s¸i mie pe Flori un pic.
Flori: Ce faci, fată? Avem lucrare azi!?!
Telefonul: Da. La română. Nu vii?
Flori: Sunt cu Tony… Vino s¸i tu să stai cu Spike… Am luat suc…
Maria: Bine, vin. S¸i as¸a nu s¸tiu mare lucru…
Tony îl ia deoparte pe Spike.
Tony: Mă, l-am găsit!
Spike: Ce?
Tony: L-am găsit pe taică-tu pe Facebook!
Spike: Es¸ti sigur că e el?
Tony: Seamănă cu tine leit! Trebuie să fie el! Lucian Badea…
Spike: S¸i… unde stă? Ce scrie?
Tony: Aici, în Bucures¸ti.
Maria [care a intrat s¸i este în spatele lor]: Cine stă în Bucures¸ti?
Spike: …
Maria: Spike?
Spike [o sărută]: Iubi, mi-ai lipsit… [o îmbrăt¸is¸ează]
Maria: Nu mai schimba subiectul! E o fată, nu?
Spike: Nu… Hai să stai cu noi! Ît¸i povestesc mai târziu.
Personajele îngheat¸ă, în afară de Spike.
Spike [cântă]:De s¸coală nu mai sunt interesat.
Am afect¸iunea la care am visat,
Familia adevărată, la care am sperat,
De parcă Dumnezeu m-ar fi consolat.
S¸i nimic nu mă va mai dărâma.
383

Scopul este puternic în mintea mea
S¸i într-un final tata va vedea
Că, s¸i fără el, tot am realizat ceva!
SCENA IV
August. Seara. O terasă în Bucures¸ti.
Spike debarasează mesele. Dl. Badea cites¸te ziarul, as¸ezat pe unul din scaune.
Spike: Domnule Badea, după ce termin, mai avet¸i nevoie de ceva?
Dl. Badea: Tu termină aici s¸i discutăm după.
Alexandra [intră]: Tată, te cheamă mama în bucătărie.
Dl. Badea se ridică s¸i iese.
Alexandra: Spike, te ajut ca să termini mai repede?
Spike: Nu, că mă descurc.
Alexandra: S¸i-as¸a n-am ce face…
Spike: Bine… Atunci pot¸i să strângi ces¸tile alea…
Alexandra sparge o ceas¸că s¸i se apleacă după ea.
Spike: A… Stai să te ajut. Să nu te tai!
Alexandra: Îmi pare rău… Sper să nu se supere tata pe tine.
Spike: Nu-i nimic (o sărută pe obraz).
Alexandra: S¸i… prietena ta nu se supară?
Spike: Nu cred…
Intră Dl. Badea. Alexandra iese cu ces¸tile.
Spike: Uitat¸i, am terminat. Mai avet¸i nevoie de ceva?
Dl. Badea: Nu. Mult¸umesc de ajutor.
Spike: Mâine pe la cât să vin?
Dl. Badea: Mâine avem închis. Plec cu familia la pescuit. Poate pot¸i să vii s¸i tu…
Spike: Da… Mi-ar plăcea foarte mult. Mult¸umesc pentru invitat¸ie!
Dl. Badea: Bine. Mâine la ora 5 să fii aici!
Spike: Vine… s¸i Alexandra?
Dl. Badea [râde]: Da, vine s¸i ea.
384

Spike: Am înt¸eles. Bună seara! Ne vedem mâine.
Spike iese.
Dl. Badea: Măi Alexandra, ia vino să vorbesc ceva cu tine!
Alexandra [din spate]: Da, tati, spune [intră].
Dl. Badea: Am văzut că tot stai pe lângă Spike.
Alexandra: Păi… da…
Dl. Badea: Ît¸i place băiatu’?
Alexandra: Sincer… tati… da. Mi se pare că e foarte de treabă. (aparte) Parcăl
cunosc de mult…
Dl. Badea: Da, e de treabă… foarte muncitor. S¸i nici nu mă costă mult… Miar
prinde bine să fie prin preajmă…
Alexandra: Adică… Ce vrei să spui?
Dl. Badea: Nimic, doar că mi se pare că vă înt¸eleget¸i bine…
Alexandra [repede]: Da. Ne înt¸elegem chiar foarte bine!
Dl. Badea [pe gânduri]: Mi-ar plăcea ca s¸i fratele tău să fie la fel de muncitor ca el…
Dl. Badea iese. Intră Spike în colt¸ul din dreapta al terasei. Alexandra rămâne în
partea stângă. Cântă amândoi.
Alexandra: M-am îndrăgostit lulea…
Spike: Secretul meu se va afla?
Alexandra: Simt că-mi ascunde ceva…
Spike: Oare ea s¸tie deja?
Alexandra: Nu s¸tiu de ce, dar mă simt ciudat.
Spike: Ea e sora la care am visat…
Alexandra: S¸i în curând va trebui să-i spun…
Spike: Că eu sunt fratele ei cel bun.
SCENA V
MacDonald’s. După-amiază.
Maria s¸i Flori sunt as¸ezate pe scaune, la terasă.
Flori: Auzi, fată, Spike a trecut clasa?
Maria: Nu… a rămas. Stă mai mult cu voi decât pe la s¸coală…
Flori: Nici cu noi nu prea mai stă… Tot timpul e ocupat cu altceva.
385

Maria: Am văzut s¸i eu că e preocupat. Când l-am întrebat, a zis că are o treabă
importantă s¸i că nu-l interesează dacă rămâne repetent…
Flori: Am s¸i eu corijent¸ă la mate s¸i la geogra. Sper să scap.
Maria: Să scapi, fată, să fim colege s¸i anu’ viitor!
Flori: Oricum, dacă rămân, o să fiu în clasă cu Tony… [zâmbes¸te visatoare].
Maria: Ce vă mai iubit¸i voi…
Intră Spike cu Alexandra de mână, dl. Badea s¸i Costin.
Costin: Înghet¸ată cu pes¸te merge?
Râd tot¸i.
Dl. Badea: Hai, stat¸i s¸i voi la o masă. Ce vret¸i să mâncat¸i?
Încep să-s¸i tragă scaune s¸i să se as¸eze.
Flori [cu gura căscată]: Auzi… Ăsta nu-i Spike?
Maria: Care?
Se întoarce s¸i se uită în direct¸ia unde se uita s¸i Flori.
Maria [ca pentru sine, recită în ritm hip-hop]: Nu-mi vine să cred… / M-a îns¸elat,
/ Când totul era perfect!
Se ridică s¸i trece grăbită pe lângă Spike. Spike o vede s¸i se ridică la rândul lui.
Spike: Maria!?! Stai!
Maria [în ritm hip-hop]: Nu vreau s-aud, ce văd mi-e de ajuns! / As¸a de clar acuma
mi-ai răspuns!
De aici încolo, toate personajele cântă în ritm hip-hop.
Flori: S-o las¸i în pace, Spike!
Alexandra: Ea cine e!?!
Flori: Tu taci s¸i să te t¸ii departe!
Alexandra: Hei, vreau să aflu ce s-a întâmplat! / În ce încurcătură m-am băgat…
Spike o ia de mână pe Maria.
386

Spike: O să explic totul imediat.
Dl. Badea: Hai, să te-aud!
Tot¸i [în afară de Maria]: Da, chiar!
Maria: Orice ai spune e-n zadar! [dă să plece].
Spike: Stai as¸a, / Nu pleca, / Ascultă măcar povestea!
Dl. Badea [bate din picior]: Orice ai spune, es¸ti concediat!
Spike: Tată, ai grijă să nu faci infarct!
Tot¸i: Tată!?!
Alexandra [se uită spre dl. Badea]: Tată? E-adevărat? Adică Spike e…
Spike [adresându-se d-lui Badea]: De mine ai crezut că ai scăpat. / Dar hai să-t¸i
spun ceva: te-ai îns¸elat. / Nu uita, în viat¸ă toate se plătesc! / Eu sunt aici ca
să-t¸i amintesc!
Alexandra: De fratele meu m-am îndrăgostit… / Tu, tată, m-ai mint¸it!
Dl. Badea: Nu dau socoteală nimănui! / Decât în fat¸a Domnului… / Crezi cai
rezolvat ceva / Că t¸i-ai bătut joc de familia mea?
Spike: Am vrut să vadă s¸i ei cine es¸ti, / Că poate nici pe ei nu îi iubes¸ti…
Alexandra: Nici nu s¸tiu ce să cred…
Dl. Badea: Da, poate cu tine am gres¸it, / Dar pe copiii mei i-am iubit!
Costin: Cine-i ăsta s¸i ce vrea?
Dl. Badea: Poate vrea averea mea…
Alexandra: Nu-mi vine să cred că gândit¸i as¸a!
Se duce lângă Spike.
Spike: Eu în viat¸ă am învăt¸at / Că fericirea niciodată nu s-a cumpărat!
Maria: Îmi pare rău că nu te-am ascultat! / Chiar nu s¸tiam ce s-a întâmplat. /
Dar vreau să-t¸i spun că te iubesc!
Spike: S¸i eu te iubesc!
Spike s¸i Maria împreună: Promit că n-o să mai gres¸esc!
Se sărută. Maria plânge.
Spike [adresându-se d-lui Badea s¸i t¸inând-o pe Maria de mână]:
Ce-ai făcut, sper să regret¸i!
Toate astea nu-s poves¸ti!
E o lume crudă, plină de oameni răi.
Din păcate, tu es¸ti unul dintre ei!
Dar măcar de sora mea m-am apropiat,
După atâta timp, pot spune că sunt împăcat.
387

S¸i… hai să ît¸i mai spun ceva:
Prietenii mei au devenit familia mea!
A venit timpul să plec, rămâi cu bine.
Poate acum nu o să mai uit¸i de mine…
Spike iese împreuna cu Maria s¸i Flori.
388

Personaje
Totul se plates¸te
COORDONATORI
prof. Georgeta Cristea, S¸coala nr. 1 «Spiru Haret»,
S¸coala nr. 2 s¸i S¸coala nr. 6, Oltenit¸a;
prof. Marina Ruse, Gr. S¸c. «Ion Ghica», Oltenit¸a
COAUTORI
Paraschiv Adrian Florin, Velicu Daniel Cristian,
S¸coala «Spiru Haret», Oltenit¸a
Daniel: elev de 15 ani, singur acasă, părint¸ii plecat¸i la muncă în Spania.
Adrian: prieten cu Daniel, 17 ani, îmbrăcat modern.
Paul: prieten cu Daniel, 17 ani, îmbrăcat modern.
Andreea: prietenă cu cei trei băiet¸i, 16 ani, în t¸inută provocatoare.
Profesorul de engleză: 45 ani, un tip sobru.
Cristian: unchiul lui Daniel, fratele mamei acestuia, 38 ani, muncitor cu o
slujbă grea, a terminat liceul la seral.
Polit¸is¸ti.
Vecina în vârstă, în t¸inută de casă, cu bigudiurile pe cap.
Sot¸ul vecinei, tot în vârstă, t¸inută de casă.
SCENA I
Acasă la Daniel, în sufragerie, unde se află o canapea, o măsut¸ă, un fotoliu, biroul,
aparatura muzicală s¸i alte obiecte s¸i decorat¸iuni specifice unei sufragerii modeste.
Daniel intră cu sacos¸ele cu pâine, lapte, detergent; le desface s¸i le as¸ează la locul lor.
Deschide CD-playerul s¸i ascultă muzică în timp ce strânge rufele pentru spălat. Face
rapid ceva ordine s¸i curăt¸enie în casă. Se as¸ează la birou s¸i studiază orarul, deschide
389

manualele încercând să studieze, fără prea mare zel, pentru materiile la care nu are
note. Sună telefonul mobil.
Daniel: Salut, Adrian!
Adrian: Ce faci, amice? Care e viat¸a ta? Nu mai dai niciun semn!
Daniel: Ce pot să spun?! Am fost cam ocupat, s¸tii că ai mei sunt plecat¸i!
Adrian: Păi, asta e super, frăt¸ioare!
Daniel: E s¸i nu e! Zi cu ce te pot ajuta!
Adrian: Ce faci în acest moment?
Daniel: Încercam să învăt¸ la engleză! Nu am note pentru că am mai lipsit s¸i
profu’ nu a avut când să mă asculte.
Adrian: Mai lasă-mă, frate, cu învăt¸atul! Eu vreau să vin până la tine!
Daniel: Când?
Adrian: Acum! Sunt în zonă!
Daniel [se ridică de la birou, închide cărt¸ile]: Bine, vino!
Se aude soneria. Daniel merge s¸i deschide. Intră Adrian, însot¸it de Paul s¸i Andreea.
Adrian, Paul, Andreea: Surprizaăă˘!!!
Daniel: Salut![dă mâna cu fiecare din ei] Chiar surpriză!
Adrian: Am terminat cursurile mai devreme s¸i aveam chef de ceva distract¸ie!
Paul: S¸i adevărul e că nu ne-am mai văzut de două săptămâni…
Andreea: Iar eu chiar voiam să văd unde stai.
Daniel: Facet¸i-vă comozi! Aceasta e casa mea, dar parcă mi se pare prea mare pentru
mine de când au plecat ai mei. Nu e tocmai simplu să te ocupi de casă s¸i de tine
singur, însă încerc să fac fat¸ă. Mă mai ajută unchiul Daniel, fratele mamei.
Andreea: Eu m-am cam plictisit de gospodărie de acum, des¸i doar o ajut pe
mama! Visez să am menajeră s¸i să facă ea totul! Eu voi sta la coafor, la
manichiură, la masaj s¸i mai ales la shopping!
Paul: La mine face bunica totul. Ai mei sunt plecat¸i la muncă toată ziua.
Daniel: Mama s¸i tata au plecat pentru că nu au avut de ales. Nu aveau unde să
muncească aici. Au găsit doar slujbe temporare, cu bani foarte put¸ini. Eu am
fost de acord cu decizia lor, pentru că as¸a pot să am s¸i eu ceea ce îmi doresc:
telefon, laptop, haine super…
Adrian: Mie mi-ar plăcea să fiu singur acasă, să fac ce vreau, să nu-i mai aud
toată ziua cum mă bat la cap.
Andreea: Parcă zicea cineva ceva de distract¸ie!
Paul [scoate o sticlă de băutură s¸i un pachet de t¸igări]: Am luat bani de la bunica,
fiindcă s¸tiu că nu observă… S¸i iată ingredientele distract¸iei!
390

Adrian: Bravo! Des¸tept băiat! Daniel, ceva pahare…
Daniel: Andreea, te rog să aduci tu paharele!
Andreea [în timp ce merge după pahare]: Tu ocupă-te de muzică!
Daniel dă muzica mai tare. Andreea pune paharele pe masă, Paul pune băutură s¸i
fiecare din cei trei musafiri îs¸i aprind s¸i câte o t¸igară.
Daniel: La noi în casă nu se fumează. Dacă ar vedea mama, ar fi vai de pielea mea!
Adrian: Dar ai tăi nu s¸tiu că fumezi?
Daniel: Păi, eu nu prea fumez! Am încercat chiar să renunt¸ definitiv la asta.
Paul: Fraier es¸ti! Ce poate fi mai tare decât o băutură s¸i o t¸igară bună?
Andreea [dansând, îi întinde o t¸igară]: Hai, nu mai face pe sfântul! Ia s¸i tu o
t¸igară!
Daniel: Hai, fie!
Adrian îi aprinde t¸igara. Tot¸i ciocnesc paharele: Noroc!
Adrian: Mamma mia, ce bun e coniacul!
Daniel: Eu voi bea doar put¸in, pentru că trebuie să ajung la s¸coală; cel put¸in la
ora de engleză.
Paul: Lasă, frate, s¸coala! Hai să o facem lată!
Adrian: Te duci s¸i tu doar la engleză!
Daniel: Oricum, deja trebuia să fiu la s¸coală! Dar am engleza peste două ore. O
să ajung s¸i văd eu cum mă descurc.
Andreea [dansând lasciv, provoacă băiet¸ii la dans]: Mai bine să dansăm!
Tot¸i dansează, fumează s¸i beau în acelas¸i timp. Atmosferă de petrecere. Când
distract¸ia e în toi, intră unchiul lui Daniel, cel care s-a angajat că îl va supraveghea
pe nepot cât sunt părint¸ii plecat¸i. Cei patru se opresc din dans încurcat¸i s¸i încearcă
să ascundă paharele s¸i t¸igările, împrăs¸tie fumul cu mâinile.
Cristian [ironic]: Nu vă deranjat¸i! Continuat¸i petrecerea!
Daniel opres¸te muzica s¸i este jenat de aparit¸ia unchiului.
Daniel: Să s¸tii că tocmai mă pregăteam să merg la s¸coală!
Cristian: Te cred! Chiar am observat! Apropo, cât e ceasul? Nu cumva trebuia
să fii la s¸coală de o oră?
Daniel: Păi…
391

Cristian [către Daniel]: Niciun «păi»! Imediat pleci la s¸coală! [către musafiri,
împingându-i spre us¸ă] Distract¸ia s-a terminat! La revedere!
Daniel: Să s¸tii că ei s-au invitat la mine!
Cristian: S¸i tu ai fost as¸a de amabil încât ai acceptat!
Daniel: Sunt prietenii mei! Nu am voie să am prieteni?
Cristian: Ai voie! Păcat că nu te pot felicita pentru calitatea prietenilor pe care îi ai.
Daniel: Ce vrei să spui?
Cristian: Că repet¸i gres¸elile mele! Tot cu «ajutorul» prietenilor, nu am terminat
s¸coala la timp s¸i am reluat-o la 30 de ani. Am fost nevoit să muncesc s¸i să îmi
termin s¸i studiile în acelas¸i timp. Abia găseam de lucru, trebuia să accept orice
s¸i pe bani put¸ini. S¸i toate astea m-au făcut să stau prea put¸in timp cu familia
mea, cu fiul meu. Crezi că a fost us¸or?
Daniel [în timp ce îs¸i face ghiozdanul]: Mie nu mi se va întâmpla asta! Eu nu voi
face ca tine!
Cristian: Azi ai făcut exact ca mine acum 20 de ani!
Daniel: S-a întâmplat doar azi! Nu voi renunt¸a la s¸coală pentru prieteni!
Cristian: Ai dreptate. Nu vei renunt¸a tu! Dar te-ai gândit că ar putea să renunt¸e
s¸coala la tine?
Daniel: Cum să renunt¸e s¸coala la mine?
Cristian: Cu ajutorul tău s¸i al prietenilor! De exmatriculare ai auzit?
Daniel: De ce să fiu exmatriculat? Sunt exmatriculat¸i doar cei cu probleme de
disciplină.
Cristian: S¸i cei cu absent¸e!
Daniel: Bine, bine, bine… Merg la s¸coală s¸i fii sigur că nu voi repeta gres¸elile tale!
Daniel pleacă la s¸coală.
SCENA II
La s¸coală, în pauză. Daniel e în pauză s¸i primes¸te un telefon de la Adrian.
Adrian: Chiar ai de gând să stai la s¸coală? A plecat unchiul tău. Fii serios, că nu
mai trece el pe la tine!
Daniel: S¸tiu s¸i eu…
Adrian: Hai, bă fraiere, să terminăm ce am început!
Daniel: Unde suntet¸i?
Adrian: Suntem la pizzeria din colt¸. Te as¸teptăm! Nu spune nu!
Daniel: Să văd ce pot să fac…
392

Închide telefonul. Pe culoar, îl caută cu privirea pe profesorul de engleză, merge spre
el s¸i îl abordează.
Daniel [t¸inându-se de falcă]: Domnule profesor, vă rog să mă învoit¸i de la lect¸ia
de engleză pentru că am programare la dentist!
Profesorul: S¸tii că azi dat¸i test s¸i tu nu prea ai note!
Daniel: Da, s¸tiu, dar vedet¸i, e o problemă serioasă. Nu am dormit de două nopt¸i.
Profesorul: Nu pari a fi obosit!
Daniel [mimând durerea]: Vă jur că e un calvar durerea aceasta!
Profesorul [privind suspicios]: Bine, mergi, dar e ultima oară când lipses¸ti de la
engleză. Va trebui să te pregătes¸ti pentru că nu ai note s¸i trebuie să dai testele.
Daniel: Vă mult¸umesc! Promit să nu mai lipsesc s¸i să-mi fac lect¸iile!
Fuge, îs¸i ia rucsacul cu cărt¸i s¸i îl sună pe Adrian.
Daniel: Adrian, s-a făcut! Vin imediat!
SCENA III
Acasă la Daniel, intră cu tot¸ii pe us¸ă foarte veseli s¸i se as¸ează pe fotolii s¸i canapea.
Daniel pregătes¸te paharele s¸i băutura e servită. Se aprind t¸igările s¸i ciocnesc.
Andreea: Dă muzica mai tare!
Daniel: Cred că e suficient de tare. Am nis¸te vecini cam nas¸pa. Sunt doi
babalâci vizoris¸ti s¸i reclamagii.
Paul: Da’ mai lasă-mă cu babalâcii tăi!
Merge s¸i dă muzica mai tare. Atmosferă de petrecere cu dans, alcool s¸i t¸igări. La us¸ă
bate, disperată, vecina. Insistă, dar nu primes¸te răspuns.
Vecina: Deschide, Daniel! Muzica asta mă înnebunes¸te! Vreau put¸ină linis¸te!
Sot¸ul vecinei [iese în hol s¸i e foarte enervat]: Tinerii din ziua de azi! Nu mai s¸tiu
ce e respectul! Îi învăt¸ eu minte! Chem polit¸ia! (sună la polit¸ie) Alo! Vă rog
să venit¸i în strada Stejarului, bloc A 20. E o petrecere care deranjează tot
blocul, e un vacarm. Nu ne putem odihni.
La us¸ă apar polit¸is¸tii care bat cu putere. În interior se aude bătaia din us¸ă. Tinerii
rămân surprins¸i. Daniel opres¸te muzica s¸i merge să deschidă.
393

Daniel: Bună ziua! Cu ce vă pot ajuta?
Politistul 1: Vrem să vorbim cu părint¸ii tăi.
Daniel: Nu sunt acasă.
Politistul 2: Bună ziua! Sunt agent Corneliu de la Polit¸ia comunitară. Ceea ce
at¸i făcut se numes¸te deranjarea linis¸tii publice s¸i pentru asta primit¸i amendă
100 euro. Numele dumneavoastră, vă rog.
Daniel: Vă rog să înt¸eleget¸i, nu s-a mai întâmplat niciodată.
Politistul 1: Vrem să vorbim cu părint¸ii tăi. Cum te numes¸ti?
Daniel: Eu sunt Daniel Nicolescu. Părint¸ii mei sunt plecat¸i la muncă în Spania.
Politistul 2: De tine cine are grijă? Cu ce adult putem să luăm legatura?
Daniel: Cu unchiul meu, Cristian Ionescu.
Politistul 2: Ce număr de telefon are?
Daniel: 0599.468.320.
Politistul 1 [sună la Cristian]: Agent Popescu de la Polit¸ia comunitară. Vă
solicităm să venit¸i la adresa din strada Stejarului unde locuies¸te nepotul
dumneavoastră, Daniel. Sunt ceva probleme.
Unchiul ajunge în sufragerie s¸i este foarte surprins de ceea ce vede.
Cristian: Ce se petrece?
Politistul 1: Am fost solicitat¸i de locatari pentru faptul că în bloc era muzica
dată foarte tare din acest apartament.
Cristian: Daniel, trebuia să fii la s¸coală! Ce s-a întâmplat?
Daniel prives¸te încurcat s¸i tace.
Cristian [privind spre cei trei musafiri]: S¸i cu voi ce e aici? Eu v-am trimis la
plimbare deja!
Adrian, Paul, Andreea privesc în pământ.
Politistul 2: Îi vom chema s¸i pe părint¸ii lor la polit¸ie. Vor primi s¸i ei amendă
pentru instigare la tulburarea linis¸tii publice. Cum vă numit¸i?
Notează în agendă numele celor trei.
Cristian: Sunt extrem de dezamăgit de felul în care te-ai comportat, Daniel. Ai
chiulit de la s¸coală, m-ai mint¸it, ai reus¸it să iei s¸i o amendă… As¸a grup de
prieteni… Nu s¸tiu cum să vă «felicit» pe tot¸i!
394

Polit¸is¸tii s¸i cei trei tineri părăsesc casa lui Daniel. Acesta rămâne cu Cristian, care
stă pe canapea.
Cristian: Ce pot¸i să spui? Ce vor spune părint¸ii tăi când vor afla despre amendă?
Daniel: Îmi pare rău!
Cristian: Mai pot avea încredere în tine? «Merg la s¸coală s¸i fii sigur că nu voi
repeta gres¸elile tale!».
Daniel: Te rog să mă iert¸i! Îmi dau seama ce ispravă am făcut. Nici mama cu
tata nu vor fi îngăduitori cu mine, chiar merit asta! Nu îmi vor mai trimite
bani de buzunar.
Cristian: Problema cea mai mare e că tu nu ît¸i asumi responsabilităt¸ile. Atitudinea
ta fat¸ă de s¸coală s¸i de viitorul tău e complet iresponsabilă. Crezi că vei face fat¸ă
fără s¸coală?
Daniel: S¸tiu că te-am dezamăgit, îmi pare rău! V-am dezamăgit pe tot¸i. Nu pot
da vina pe prietenii mei. Eu sunt de vină. Eu am făcut o alegere proastă. Daca
as¸ fi stat la s¸coală, nimic din toate astea nu s-ar fi întâmplat.
Cristian: Totul se plătes¸te. Cu o amendă de 100 euro, dar s¸i altfel. Vei veni în
fiecare zi să faci temele la noi s¸i voi comunica zilnic cu dirigintele, pentru a
verifica situat¸ia ta s¸colară. S¸tiu că e neplăcut, dar m-ai obligat să o fac s¸i o voi
face până demonstrezi că ai înt¸eles care sunt responsabilităt¸ile tale! Apropo,
interzis la discotecă în weekend!
Cristian pleacă s¸i Daniel stă în fotoliu s¸i spune:
Daniel: Asta merit! Voi avea măcar timp pentru temele la engleza…
395

Personajele
Destin
COORDONATOR
prof. Florentina Necula, S¸coala nr.6, Oltenit¸a
COAUTORI
Dumitru Cociu, Marian Salim, S¸coala nr.6, Oltenit¸a
Mirela, elevă.
Bunica Mirelei.
Tatăl Mirelei.
Mama vitregă a Mirelei.
Mama naturală a Mirelei.
Nicu, Maria, frat¸ii mai mici ai Mirelei.
Colegi de s¸coală ai Mirelei.
O profesoară a Mirelei.
SCENA I
Acasă, într-o cameră, Mirela îs¸i face temele la masă. Într-un colt¸ cei doi frat¸i mai
mici ai Mirelei se joacă cu nis¸te jucării vechi. Intră bunica Mirelei, mergând cu
dificultate, cu un teanc de rufe s¸i cu fierul de călcat în brat¸e.
Bunica: Ce faci, Mirela, maică?
Mirela: Imi fac tema la matematică. Mâine avem lucrare s¸i mi-a spus doamna
că, dacă am toate temele făcute, îmi dă un punct în plus dacă îmi fac tema.
396

Mă chinuiesc cu un afurisit de exercit¸iu. Bunico, dar tu ce faci cu rufele alea?
[se ridică, ia rufele s¸i le pune pe pat] Lasă-le, că le calc eu mai încolo. Tu,
odihnes¸te-te, s¸tii că nu te-ai simt¸it prea bine zilele astea.
Bunica: Nu, le calc eu. Ai făcut destule azi, ai făcut mâncare, ai spălat pentru ăs¸tia
mici, ai dat cu mătura în bucătărie… Lasă, fă-t¸i tema, să nu se supere doamna.
Mirela: S¸i cine voiai să le facă? Mata es¸ti bătrână s¸i bolnavă. S¸i proasta aia de
Margareta stă toată ziua la cers¸it. De tata, ca să mai zic?
Bunica: Ce să facă? N-avem bani. Face s¸i ea ce poate.
Mirela [se întoarce la masă bombănind]: N-avem bani, n-avem bani. S¸tiu eu ce
face cu banii. Mai bine ar sta acasă s¸i-ar face treabă. Da’ îi e lene s¸i să vadă de
copiii ei [se apucă să scrie].
Intră tatăl Mirelei clătinându-se us¸or, cu o sticlă în mână.
Tatăl: Ce facet¸i aici? [se trântes¸te pe scaun]. Iar scrii? [aruncă de pe masă cărt¸ile s¸i
caietele Mirelei s¸i face semn către burtă] Alemanda, has mimis! Mie să-mi aduci
mâncare, nu să scrii! De ce învet¸i, proasto? Că tot proastă rămâi! Eu n-am
nevoie să te faci doamnă cu s¸coală. Să s¸tii să faci mâncare, să speli, să calci, să
faci copii s¸i să ascult¸i de bărbat.
Mirela [îs¸i adună cărt¸ile s¸i caietele de pe jos]: Ba eu vreau să mă duc la s¸coală. S¸i o
să mă duc! Nu vreau să ajung ca tine s¸i ca nevastă-ta, muritori de foame. O să
termin s¸coala s¸i o să mă angajez undeva. Nimeni nu te angajează fără s¸coală.
Bunica: Lasă fata în pace! Trebuie să meargă s¸i la s¸coală. O să aibă timp să se
mărite s¸i să facă copii. S¸i sper să aibă noroc de un bărbat mai de soi decât tine.
Stai la birt toată ziua în loc să-t¸i găses¸ti ceva de muncă.
Tatăl [pe un ton amenint¸ător]: Să taci! [către Mirela] Hai, adu-mi de mâncare,
că te rup în bătaie!
SCENA II
Într-o sală de clasă. S-a sunat de intrare. Tot¸i elevii sunt în bănci. Apare Mirela în
fugă. Ajunge la bancă s¸i cotrobăie prin ghiozdan.
Bogdan (un coleg): Mirela, iar ai venit târziu. Dacă mai întârziai put¸in, ajungea
profa înaintea ta s¸i iar primeai absent¸ă.
Mirela [nu-l bagă în seamă, cotrobăie în continuare]: Of, unde este?
O colegă: Ce caut¸i? Uite, cărt¸ile s¸i caietele sunt pe masă! Ai nevoie de un pix?
Ît¸i dau eu unul.
397

Mirela: Nu, n-am nevoie de pix. Nu-mi găsesc proiectul la română.
Bogdan: Ba eu cred că nu l-ai făcut s¸i acum vrei să ne faci pe noi să credem că
l-ai pierdut.
Mirela [furioasă]: Ba nu-i adevărat! L-am făcut! Ce, crezi că sunt mincinoasă?
Bogdan: S¸i săptămâna trecută ai zis că t¸i-ai făcut tema, dar de fapt n-ai făcut-o.
Colega: Bogdane, las-o în pace! S¸i-a făcut tema, dar n-a scris toate exercit¸iile. A
scris s¸i ea ce a putut. S¸tii bine că are probleme. S¸i, în afară de asta, profa nu sa
supărat.
Mirela [căutând în continuare în ghiozdan]: Nu-l găsesc. Cred că l-am uitat
acasă. [către colegi] Dar sigur l-am făcut!
Bogdan: Da, da, sigur l-ai făcut!
Alt coleg: Bogdane, ai face bine s-o las¸i în pace. Spre deosebire de tine, pe ea nu
prea are cine să o ajute. Ei nu i-au cumpărat părint¸ii calculator de ultimă
generat¸ie, imprimantă laser, i-pad sau…
Intră profesoara de română.
Profesoara: Bună ziua! [se as¸ează la catedră s¸i deschide catalogul] Lipses¸te cineva azi?
Elevii: Nu.
Bogdan [destul de tare, dar nu cât să fie auzit de profesoară]: Dar era cât p-aci să
lipsească Mirela [cât¸iva elevi râd pe înfundate, alt¸ii se uită cu repros¸ la el].
Profesoara: S¸tit¸i că azi trebuie să aducet¸i proiectele. Cred că at¸i avut timp
suficient să le facet¸i.
Mirela: Doamna profesoară, eu nu am proiectul. Cred că l-am uitat acasă. Dar
l-am făcut.
Profesoara: Es¸ti sigură? S-a mai întâmplat să nu-t¸i faci temele la timp.
Mirela: As¸a e. Dar până la urmă le-am făcut. S¸i proiectul l-am făcut. Am găsit
s¸i imagini. S¸i mi l-au printat doamnele de la librărie. S¸tit¸i că le mai ajut la
curăt¸enie acolo. S¸i în loc să-mi dea bani, m-au ajutat cu proiectul. Îl aduc
data viitoare. Sau, dacă vret¸i, mă duc acum acasă să-l aduc.
Profesoara: Nu pot¸i să lipses¸ti de la oră. Îl vei aduce ora următoare. Dar ai grijă
să nu se mai întâmple. [către elevi] Deschidet¸i cărt¸ile la pagina 54, vă rog!
SCENA III
Acasă la Mirela. Bunica stă în pat. Intră Mirela bucuroasă.
Mirela: Sărut-mâna! Bunico, am luat 6 la mate. De fapt, luasem 5, dar profa
mi-a verificat temele s¸i mi-a zis că îmi dă… Bunico, ce-ai păt¸it?
398

Bunica: Mi-e tare rău. Nici nu pot să mă ridic din pat. Adu-mi o cană cu apă!
Mirela [îi aduce apă]: De când t¸i-e rău? Nu a stat nimeni cu dumneata? Nu e
nimeni acasă?
Bunica: Margareta e plecată la cers¸it s¸i taică-tău m-a văzut s¸i a zis să stau în pat,
că-mi trece. S¸i a plecat.
Mirela: S¸i ăs¸tia mici? Erau în curte când am plecat eu la s¸coală.
Bunica: S-or fi dus la vecina să se joace cu copiii ei.
Mirela: Bunico, te duc la spital!
Bunica: Lasă, mamă, că mai stau în pat, poate îmi trece. Ce să fac la spital? Sunt
prea bătrână. S¸i dacă merg la spital, tu o să lipses¸ti de la s¸coală ca să ai grijă
de mine, as¸a cum ai făcut data trecută.
Mirela: N-o să se întâmple nimic dacă lipsesc o zi-două. Doamna dirigintă o să
mă înt¸eleagă dacă îi spun că am stat cu tine în spital. Numai dacă lipsesc fără
motiv se supără. S¸i dacă se întâmplă ceva cu tine, ce mă fac eu? Cine o să aibă
grijă de mine? Mama m-a părăsit. Tata o să mă vândă cu prima ocazie s¸i o să
spună că e spre binele meu să mă mărit. Vrea să scape de mine s¸i să mai capete
nis¸te bani. S¸i Margareta nu e în stare să aibă grijă de copiii ei, darămite de
mine. Tu es¸ti s¸i mama mea s¸i tatăl meu, bunico. Sun la salvare.
SCENA IV
Într-o sală de clasă, în pauză.
O colegă: De unde vii?
Altă colegă: M-a chemat diriga la cancelarie. Vrea să s¸tie ce se întâmplă cu
Mirela. S¸tii că n-a mai venit a s¸coală de câteva zile. I-am spus că nu s¸tiu
nimic. N-a anunt¸at. O fi păt¸it ceva? Tu ce s¸tii de ea?
Prima colegă: Nici eu nu s¸tiu nimic. Poate s-a plictisit de s¸coală s¸i nu mai vrea
să vină. Sau poate au măritat-o ai ei. S¸tii că la ei în comunitate e ceva normal
să nu le mai lase la s¸coală s¸i să le mărite pe bani buni.
A doua colegă: Da, as¸a e, dar nu cred că e cazul ei. S¸tii cum e Mirela. Ea n-o
să se lase vândută de tatăl ei cu una cu două.
Prima colegă: Sau poate s-a hotărât, în sfârs¸it, să plece la mama ei. La mama ei
naturală, vreau să spun. Am auzit că nu locuies¸te prea departe.
A doua colegă: Să se ducă la ea după ce a fost părăsită? Nu prea cred. S¸i, în afară
de asta, ea chiar vrea să vină la s¸coală.
Prima colegă: Nu se prea descurcă la s¸coală. Era cât p-aici să rămână corigentă
la mate semestrul trecut.
399

A doua colegă: Dragă, nu o mai compara pe Mirela cu tine. Normal că n-are cum
să ia nouă s¸i zece. Dar a trecut clasa. Se străduies¸te să-s¸i scrie temele, atât cât
poate, îs¸i face s¸i proiectele. A reus¸it să ia un 6 la mate. S¸i important e faptul că
vine la s¸coală. Câte fete de vârsta ei din comunitatea lor mai vin încă la s¸coală?
Prima colegă: Ai dreptate. Dar dacă n-o ajutai tu s¸i Maria s¸i alt¸ii, s¸i profii, nu
trecea clasa. S¸i uite, acum nu mai vine la s¸coală.
A doua colegă: Sigur s-a întâmplat ceva. [intră Mirela, se as¸ează în bancă obosită]
Mirela, ce faci? Ce s-a întâmplat? Ai lipsit mult de la s¸coală!
Prima colegă: Credeam că te-ai plictisit s¸i nu mai vrei să vii.
Mirela: Am stat cu bunica în spital trei zile. A fost foarte bolnavă.
A doua colegă [spre prima colegă]: T¸i-am spus eu. [către Mirela] S¸i acum ce face?
Se simte mai bine?
Mirela: Da, nu mai este în spital. Dar n-am putut să vin imediat la s¸coală
pentru că am fost să muncesc. Aveam nevoie de bani de medicamente. S¸i ceam
găsit acasă…
A doua colegă: Să vorbes¸ti cu doamna dirigintă! Să-i spui ce s-a întâmplat!
Lumea crede că nu mai vrei să vii la s¸coală.
Mirela: Da, o să mă duc chiar acum.
SCENA VI
Acasă la Mirela. Bunica face mâncare. Intră mama naturală a Mirelei.
Bunica [surprinsă]: Ce caut¸i tu aici?
Mama: Am venit să-mi văd fata.
Bunica: Mint¸i! Dacă voiai să-t¸i vezi fata, veneai de mult. Cum te-a răbdat inima
să o las¸i s¸i să pleci?
Mama: Asta nu e treaba ta.
Bunica: Mirela nu mai e fata ta, e fata mea. Eu am avut grijă de ea s¸i acum ea
mă ajută pe mine. Nu te las să mi-o iei, să s¸tii.
Intră Mirela cu un cos¸ de rufe uscate.
Mirela: Bunico, avem musafiri?
Mama: Ce fată frumoasă te-ai făcut! S¸i harnică. Mirela, eu sunt mama ta.
Mirela: Da? S¸i până acum unde ai fost? De ce m-ai părăsit?
Mama: Nu te-am părăsit. Dar n-am mai putut suporta să stau cu taică-tău. A
trebuit să plec. S¸i acum trăiesc bine. S¸i, uite, acum am venit să te iau acasă.
400

Mirela: Dar eu am casa mea. O am pe bunica. Tu m-ai părăsit.
Mama: Nu te-am părăsit. Am venit să te iau la mine ca să ai o viat¸ă mai bună.
Ce faci tu în cocioaba asta? Speli, calci, faci mâncare? Uite cu ce es¸ti îmbrăcată!
Bunica: Nu, nu, lasă fata! Nu se duce nicăieri cu tine, auzi? Nicăieri. Fata mea
stă aici.
Mama: Mirela, hai cu mama! O să-t¸i cumpăr haine frumoase, de firmă, o să te
duc la coafor, o să stai într-o casă mare s¸i frumoasă. Nu mai trebuie să faci
treabă s¸i să ai grijă de alt¸ii.
Mirela [se gândes¸te]: S¸i cu s¸coala cum rămâne? Eu vreau să termin s¸coala. Vreau
să-mi iau serviciu.
Mama: Nici n-o să ai nevoie de serviciu. O să ai tot ce-t¸i trebuie. S¸i cu s¸coala,
dacă vrei tu, o să te duci s¸i la s¸coală, dar nu la s¸coala asta.
Bunica: Mirela, minte! Vrea să te mărite pe bani. Nu o crede!
Mama: Ba nu-i adevărat. Vreau să stai cu mine. Am fost atâta timp despărt¸ite.
O să ai tot ce vrea inimioara ta!
Bunica: Mirela, nu pleca! Pe mine cui mă las¸i? Ce mă fac eu fără tine?
Mirela [stă pe gânduri]: Bunico, nu te las! Dar as¸ vrea să am s¸i eu haine frumoase
s¸i să nu mai trebuiască să fac treabă în casă. Vreau să văd s¸i eu cum este să stai
într-o casă mare. Bunico, am să vin să te văd des. Mamă, îmi promit¸i că o să
o ajutăm pe bunica de aici încolo? Dacă îmi promit¸i, o să merg cu tine. Îmi
promit¸i?
Mama: Sigur, fata mamei. Uite, îi las nis¸te bani, să aibă cu ce cumpăra mâncare.
Bunica: Mirela, o să-t¸i pară rău. Nu pleca!
Mirela: Hai bunico, nu te mai gândi numai la rele. O să vin să te văd foarte des.
[îs¸i sărută bunica s¸i iese împreună cu mama].
SCENA VII
Într-o cameră necunoscută. Mirela stă la masă s¸i scrie o scrisoare.
Mirela: «Dragă mamă, sper ca atunci când o să cites¸ti această scrisoare să simt¸i s¸i
tu ce simt eu acum. Am avut încredere în tine. Mă s¸i vedeam la tine acasă,
îmbrăcată în haine bune, cu mâncare bună pe masă, fără griji, înconjurată de
dragostea pe care mi-ai promis-o. S¸i tu ce-ai făcut? M-ai vândut pe 1000 de
euro! După ce că m-ai lăsat când eram mică în spital, acum mă dai după
oricine care-t¸i dă nis¸te bani? S¸i pentru ce? Ca să spăl, să calc, să fac curat s¸i să
fac mâncare pentru unul care nu e niciodată mult¸umit? Măcar acasă făceam
401

402
lucrurile astea pentru ai mei, nu pentru străini. N-ar fi trebuit să te ascult.
Trebuia să-mi dau seama că tot ce ai spus sunt numai minciuni. Trebuia sămi
dau seama că nu are de ce să-t¸i pese de mine. Ce-t¸i pasă t¸ie că eu n-am voie
să o văd pe bunica? Ce-t¸i pasă t¸ie că, dacă am curajul să le spun ce cred s¸i ce
vreau, tot ce primesc este numai bătaie? Ce-t¸i pasă t¸ie că ei nu-mi dau voie să
merg la s¸coală? De ce să-t¸i pese? Ai bani acum. Pentru tine nu contează că miai
distrus mie viat¸a pentru banii ăs¸tia. Es¸ti mult¸umită? Mirela».

Introduction
Writing Theatre in Romania allowed the persons involved having a personal
and professional experience focused on creativity and opened to realities by means
of writing theatre for social inclusion. The project’s participants - teachers, NGO’s
representatives, students or young dealing with school abandon - were able to experiment
with roles hardly accessible or difficult to be managed in every day life
and to accept our proposition of «playing» in a very serious way with the school
abandon theme, issues related to it, social, educational and cultural context, suggestions
on how to deal with, in this way becoming an experience that allowed all
to try out new perspectives, new roles and to act. The added value of this project
is related to the fact that it presents and enables the practitioners working with
young a method and instruments no very often used in our country.
The practitioners involved had the chance to be part of some training activities
held by drama practitioners and to experiment the contents learned with the
young. So, as a result, there were written ten scripts that are included in this publication,
and that above all have created enthusiasm among all involved.
403

Characters
We are what we decide to be
COORDINATORS
Alina Nit¸u – teacher, Tatiana Păduraru – teacher,
«Octav Onicescu» National College – Bucharest
CO-AUTHORS
Ten students form grade 10 D 1 ,
«Octav Onicescu» National College – Bucharest
Bianca.
Sonia.
Ana, a good classmate.
Mother, Mrs. Ionescu.
Bianca’s sister, Alina.
Alina Popescu’s husband.
The teacher, Prodan Vicent¸iu.
Sonia’s grandfather, Mavrocordan.
SCENE I
Act I
Strolling around, Sonia and Bianca are talking about their families.
Sonia: Hi, girl!
Bianca: Hi, girl!
Sonia: What are we going to do today?!
404

Bianca: As usual, we aren’t going to school, we’re going to the park, as mum is
away, and she knows nothing about me. My sis is busy with her kid, at work;
my brother in law knows nothing else but to drink … So I can do whatever I
want.
Sonia: What shall I say about me, my grandpa thinks I’m an A student after all
I’ve told him. Let’s go to the park, maybe we meet those guys from yesterday
who gave us cigarettes and booze … We’ll have some fun.
Bianca: Come on, girl, you’ve told him you’re an A student? That beats all, me
too; that’s why we are best friends, we know how to get on well.
Sonia: Of course, or else he wouldn’t have given me any money.
Stage instructions: Bianca takes out her lipstick, the eye shadows, the mirror…
Sonia: Give me some, girl! I look horrible. My grandpa didn’t let me put any
more make up, he sent me to school like this. He says in his early days there
were no face paints like these.
SCENE II
They meet their classmate, whom at first they do not recognize.
Bianca: Hey, look at that! Why is she staring at us?
Sonia: Maybe she was with us, yesterday in the park.
Bianca: I don’t think so, girl, don’t you see what a nerd face she has? Phew…
Stage instruction: Ana comes nearer to her classmates.
Ana: Hi, girls!
Bianca: Come with us for a smoke, like yesterday!
Ana: What smoke, what yesterday? I was at school, at classes. You haven’t come
for almost a whole semester.
Sonia: It doesn’t matter, we’ll pass anyway, my grandpa has money… and for
saving his face he will pay to pass me the class.
Bianca: And mum will send presents to teachers… Maybe some money too…
I’ll talk her off somehow…
Ana: The teacher, Mr. Prodan, said he wouldn’t pass you the class without the
exam.
405

Sonia: And when is this exam?
Ana: Today!
Bianca: We have exam today??? So quickly did a semester go by? If we come, you
have to help us! We only need a 5 2 … Come on, we’ll talk with our mates and
nobody will bully you anymore.
Ana: All right, I’ll help you, but see how you’ll do so I don’t get 1 3 or other small
grade…
SCENE III
The three girls arrive at school; they sit down at their desks. Plans are made for the exam.
The teacher enters the classroom.
The teacher: Good afternoon!
He checks the attendance list, asking the student on duty who is missing.
The teacher: Nobody’s absent today?
Ana [student on duty]: Yes, nobody.
The teacher: Ms. Bianca and Ms. Sonia have also come?
Bianca and Sonia [together]: But we’ve always been here.
Ana: Hush… he’s nervous! He’ll give us a harder test and on numbers 4 .
The teacher: All right, we won’t have any exam today; the two girls who have
come every day should get to the blackboard.
Bianca: See, if you were quiet, we’d have had exam and get away with it.
Sonia: You should have been quiet!
The headmaster: Get to the blackboard without any talking! Solve this exercise:
2a+2=2!
The girls go to the blackboard and marvel how difficult the exercise is.
Bianca: But we haven’t learnt something like this.
The headmaster: No, of course, we learnt them at the beginning of the semester
and now it’s the end of it.
406

SCENE IV
Bianca’s mother enters together with Bianca’s sister and her brother in law.
Mother: Good afternoon, teacher! I’m Bianca’s mother and I’ve come to see her
education situation. Excuse me for interrupting the class, but Bianca tells me
she has no problems, that she is even an A student, while her sister and brother
in law are telling me the opposite.
The teacher: I’ll show you immediately the situation from the catalogue. She
doesn’t have grades, but plenty of absences. And I’ve just asked her to solve…
a simple exercise, for the 5th grade while she is the 10th grade. And she didn’t
know how to solve it. I’m almost sure she won’t pass the class.
Mother [asks Bianca to come nearer]: Bianca what have you told me and what is
this here?
Bianca: Well, mum, I couldn’t just tell you the naked truth or you wouldn’t
have given me any money, but there are more things… Ask also Alina…
When I wanted to do my lessons she made me take care of the baby.
Alina: Mother, this is not true, I was just asking her when coming from highschool
to buy some bread and a 2 litre bottle of still water, as she drinks only
this. Never has she given me the change back, but I let it aside as I didn’t want
her say I didn’t give her this at least…
Bianca: Well, she wouldn’t give me money not even for a juice. I had to do
something.
Mother: What about the money I’ve sent?
Bianca: David, my brother-in-law, took them; for booze.
The brother-in-law: You gave them to me so I didn’t tell your mum, didn’t you…
about how I caught you in the park!
Bianca: And what were you doing in the park at that hour?
The brother-in-law: I was going to get myself employed.
Bianca: Come on, you were going to the pub with your punks.
The brother-in-law: It’s not true; a friend told me he has one more job… What
was I supposed to do?!
Mother: That’s enough! I’ve got it.
Alina: Mother, neither I knew this whole story, I thought David was taking her
to school, and not that they’ve met in parks…
Sonia: But what’s wrong about going to the park?! And she wasn’t alone, she was
with me, you don’t have to worry so much. She’s on good hands.
The teacher: As you can see none of them knows anything.
Mother [towards Sonia]: And who are you?
407

Alina: As if we care who you are.
They speak simultaneously.
David: Yes, she was also in the park.
The teacher: With all this noise we’ll find the headmaster at the door…
Everybody gets quiet.
SCENE V
Somebody knocks on the door. No, it’s not the headmaster… It’s an elf that transforms
entirely the characters…
The characters
Mrs. Dogaru, the teacher.
Ema’s mother Irina.
Sergiu.
The waiter.
Sergiu’s father, the moralist.
Ema.
SCENE I
Act II
Ema, Irina and Sergiu are in the park on a bench and plan skipping class and going
to a bar.
Ema: What are we doing today, are we going to school?
Sergiu: To school!? What’s wrong with you? There’s plenty of time till the end
of the semester when we have the final grade averages…
Irina: We do as usual, we tell teachers either we were sick, or that our folks have
some problems, blah, blah… Just to impress them and get a 5.
Ema: So, we are going to the bar… Hurray! That’s how I want you!
408

SCENE II
At the bar.
Sergiu: So, girls, what are we drinking?
Ema: Pepsi Cola.
Irina: Lemonade.
Sergiu: What’s wrong with you? Aren’t you drinking anything else? I’ll try something
stronger: gin and tonic.
Ema: With what money? Mother doesn’t give me anymore, she asked me to
show her the grades… And she also threatens me she’ll come to school. I don’t
even know what to tell her so she wouldn’t come.
Irina: It’s almost the same thing with me.
Sergiu: Nobody inquires about me, as they don’t have time, they have two jobs,
they come home dead-beat… I’m not going to trouble them with my problems.
Sergiu: Waiter, are you taking our order? We are wasting time… here.
Waiter: What do you want to order?
Sergiu: A Pepsi, a lemonade and a gin and tonic.
Waiter: We do not serve alcohol beverages to under-age.
Sergiu: Come on, stop joking, you’ll get your tip… what’s the problem?
The waiter: The problem is that we have rules and we obey them!
Irina: Come on; how old are you? What, are we the first teenagers asking for
booze? Didn’t you drink in high school?
The waiter: If you don’t stop, I’ll have to call the bodyguards.
Sergiu: Come on, girls; let’s go as here we would only get nervous!
SCENE III
The students get out of the restaurant; sit down on a bench in the park. Sergiu takes
out the cigarettes, the girls redo their make-up. All of the sudden, their teacher comes
nearer… The students don’t notice her.
The teacher: What are you doing here? Ema, didn’t you tell me yesterday on the
phone that you were sick, and you wouldn’t come to school the whole week?
And now you are in the park?! And you too, Irina and Sergiu?! You all know
your situation: lots of absences and small grades…
Sergiu: But, teacher, we have medical exemption. We are sick, but no so seriously…as
to stay indoors.
409

The teacher: Yes, I can see. [pointing towards cigarettes and make-up] You also
treat yourself! Come to school right now!
Irina: We cannot, we don’t have with us what we need. In fact, we do not know
what classes we have.
The teacher: I’ll ask your colleagues to lend you some pencils and sheets of paper
so you can take notes.
During this conversation, Ema’s mother also shows up.
Ema’s mother: Good afternoon, teacher, I see Ema is in the park instead of being
in school. I work even 12 hours per day so she didn’t lack anything while
she stays in the park instead of school. And if today we haven’t had pest extermination,
I would still be at work!
Ema: No, mum, we don’t have classes today.
The teacher: Are you lying in front of me?!
Irina: Ema, hush! We’ll get in more trouble…
The teacher [speaks to the mother]: Madam, Ema has a difficult situation: she
doesn’t learn, she will probably fail some subjects; she has lots of absences and
shows no sign of wishing to mend her ways. I don’t know what else to say.
Probably you haven’t received my invitations to come to school?!
Ema’s mother: Now it’s the first time I hear about this and it’s true since I cannot
leave my office as my boss trusts only me.
The teacher: I believe you, but you see in the end you’ve neglected your child.
And Ema felt she could hide the truth from you.
Ema’s mother: That’s true, but I promise you this situation will change, I’ll
come daily until things improve, as you know she has been an A student till
this year… And I’ll also speak with Sergiu’s and Irina’s parents, as they are my
neighbours.
Irina: No, ma’am, please!
Sergiu: Please, no! Goodness, I can see my father coming…
Sergiu’s father comes… who in fact ends this scene by saying the moral.
Sergiu’s father: People can change… today they play one role on the stage of
life, tomorrow another one, it depends on how they write the script for themselves
and how they direct the world they create.
410

Notes
1. The 10th grade is the second year of high school; it generally includes young from
15 to 16 years old.
2. The marking system in Romania is from 1 to 10 (except preschool and primary education),
5 meaning a passing grade.
3. 1 is a grade generally used for telling another the correct answer.
4. «On numbers» expression is generally used to show that the students will nor all receive
the same subjects but different ones considering their number (generally are 2 numbers
1 and 2 that correspond to a certain row of seats).
411

A cold story…
COORDINATOR
Teacher Doina Mus¸at, «Nicolae Bălcescu» Vocational School, Oltenit¸a
CO-AUTHORS
Cantacuz Cătălin, Dana Andreea, Eftimie Laurent¸iu, Mincu Loredana, Zamfir Ioana,
«Nicolae Bălcescu» vocational school, Oltenit¸a
I don’t think they will ever find out where I am…
They are never thinking about me… they have their own problems, their never-ending
and cold quarrels, that I cannot break in but as a quiet spectator or as a
furniture piece. In fact I cannot even react to… I don’t have the necessary words
anymore, I don’t know whom to address to: maybe to my father as I enjoyed more
staying with him, or maybe to my mother as I was laughing with her when we
went shopping sometimes. Better not to tell anybody, it’s quite not necessary!
Andreea…
I’ll call her to tell… she has many friends… sure she’ll help me…
I’ll text my parents: «Don’t worry. I’m at my grandparents, at the countryside».
Why should I write to them? Maybe it’d be better not to inform them of anything!
Anyway mum would read the text when she arrives home; particularly
noticing it’s from me!
Now I’m going to text Andreea again… I don’t have money to make a call:
«Call me. I don’t have any money on my pre-pay. I ran away from home».
I’m looking at my phone and I’m not surprised it has only one battery line. It
doesn’t take in with me either. I feel like smashing it on the irregular asphalt of
the pavement and forget about everything surrounding me. Looking at my thin
and small shadow I’m asking myself if there’s someone in this world thinking
about me… calling me, shouting my name, helping me with a friendly advice.
412

I’m looking at the red phone I remember a boyfriend bought it for me, my first
boyfriend and mum rewarded my joy with an awful flogging.
That was the first time I ran away from home and school… I went to his
place… then police followed and the given statements and the quarrels neverending…
and cold, without any emotions.
Back then I wasn’t as lonely as I am now; there were my schoolmates who
looked for me and helped me.
Now nobody calls me…
I’m waiting… I’m waiting… I’m waiting…
I’ve been staring at my pone for 2 minutes and 30 seconds.
I’m bored and hungry. I’m moving my cold hand over the belly covered with
the thick green wool pullover, my favourite one. I’ve put it on as I know it brings
me luck!
I’m passing near a shop window and without planning it I see my face… I
make fun of me, as I’m a little tousled by the wind outside, then I suddenly get sad
and I’m about to cry, to punch the shop window that’s disfiguring the face I know
very well. I gaze at me one more time, and then wipe my tears; I draw the tissues
out of the bag as this morning make-up seems to have suffered serious damage.
I look around me. The street is empty so no one can see how much I suffer…
no one is near me… lonely again!
That’s how I am, lonely!
The phone…
«Tomorrow for school we should have the Maths exercise book. My book is at
your place. Please bring it tomorrow. Diana».
I have to answer her: «I cannot come to school tomorrow… I think I won’t
come at all, as a series of certain personal problems emerged that need to be
solved urgently. Take the exercise book from one of the colleagues, thus solving
the situation. I’m sorry! Marina».
Two texts were on hold while I was writing the pathetic excuse to Diana.
«Let’s meet at the bar. I’ll come with my boyfriend and with Ionut¸, your classmate.
Andreea».
I thought Andreea had grown up, but she’s 16 and behaves as spoilt children of
10. She has all the rights to behave like this, as her parents understand her perfectly
in everything she does… and then her boyfriend is thoughtful and very patient.
I don’t know why that geek of Ionut¸ is involved in this and why Andreea bear
him around. Everybody will find out about my intention, but it’s time not to
think about this anymore.
The other text has to be read: «Are you really crazy, Marina? There are few
more weeks till the end of the 10th grade!!! If the headmaster finds out, you’re
413

dead!!! I hope it’s a bad joke and you’ll recover your senses until tomorrow and
realize the disaster awaiting you. If you need help… Diana».
Help!?! Who can help me!?!
«Don’t worry about me! I’ll manage by myself this time!».
Lonely… lonely… lonely…
My parents haven’t even realized I’m missing! If I go to school I’ll have the
surprise the chemistry teacher will not pass me for understandable reasons… absences,
absences, absences. But she has never asked me instead if I were happy in
my family, if my father spent and enjoyed some time with me, if my mother, smart
and always busy with her high payable job, had ever noticed that … I’m
pregnant…
I’ve said it… I thought I’d never been able to say it out loud… Let me say it
one more time… let me shout it… I’m pregnant!!!
A strange noise makes me recover from the dream I’ve built on a sad reality.
The phone announces me the battery is about to die… as are my hopes… about
to die!
«Marina, we are waiting for you to come to the bar. Where are you?».
With the last gleams of the battery I sent a text: «I don’t think I can come anymore!
Small changes have appeared in my current schedule. I’ve discovered
something wonderful… Don’t worry about me! Have fun! Marina».
The wind was blowing coldly and its breeze was painfully whipping my face,
my body tormented and anguished by thoughts.
The night might bring with it the solution for my problems… the sincere discussion
with my family.
414

School abandon and the tragedy of a 13 year-old boy
COORDINATOR
Natalia Oproiu – «No Abuse» Association, Bucharest
CO-AUTHORS
Ică Alexandru, Oproiu Eduard Gabriel, Radu Cătălin
The narrator: I’m a boy of just 13 years old and I have plenty of hardships. I
don’t know what happiness and pampering are anymore, like other children
of my age. This is how the story of 13 year-old boy begins. One day he was going
to the market to buy bread and potatoes, as that was all they could afford
and he met an ex- school mate, who was in the 7 th grade and who asked him:
Gabriel: Hello! Are you Darius, the boy who abandoned school in the 2 nd grade,
at just 8 years old?
Darius: Hi! Yes, it’s true, my name is Darius and I abandoned school, but it wasn’t
my fault, it was due to the problems I experienced and I still am. I don’t
know you, I don’t know who you are… if you have time to listen to me, I want
to tell you more as I feel the need to talk with somebody who listens to me.
Even more, I really want a friend.
Gabriel: Ok, from now on, you can call me your friend; now let’s go to the park
to discuss more.
Darius: I’m very sorry; I cannot go now, as my little brothers are waiting for me
at home, with the shopping I’ve told you about, bread and potatoes.
Gabriel: Then, when do you want us to meet?
Darius: I’m taking my brothers out to the park tomorrow and we can speak
there. Thanks for your friendship and we’ll talk more tomorrow. Good-bye!
Gabriel: Good-bye to you too!
415

The narrator: Next day, Darius went to the park with his brothers, meeting his
friend there.
Gabriel: Hi, Darius! How are you?
Darius: Hi, but I don’t know your name, my friend.
Gabriel: I forgot to introduce myself yesterday. I’m Gabriel and I want to find out
more about your school abandon. Why did you drop out of school? You were
the best student in class, with A grades and very friendly. When the colleagues
heard you couldn’t go to school anymore, they were all shocked, and me too.
Darius: Before hearing my real life story, as I’m going to tell you the truth, I
want you to meet my younger brothers. She is Maria; she’s 6 years old, while
Cătălin is ten years old. Now go and play in the park! I’m very sorry about
Maria as she is very talented, she has a beautiful voice, she sings all day, but I
cannot do anything for her thus her talent is discovered. Now I’m going to tell
you the cause of my school abandon. School is my dream, I’ll go to school but
later on, when my father wants to return home.
Gabriel: Why? Where is he?
Darius: Everything has happened because of him. We were a happy family, we
went to school, we were feeling good together until dad, greedy for bigger
earnings, decided to go abroad. He didn’t want to live decently, he thought
about living high. He didn’t think about us, about my mum, about leaving us
alone, he was selfish. All our sorrows started with him. At the beginning there
was a time when he used to send us the necessary money we needed for food
and utilities. But, later on, he forgot about us.
Gabriel: How come he forgot about you?
Darius: He forgot he had a wife and children at home. He stopped calling us, never
mind the money… Back then mother was working from morning till late
at night so she could support us and, after all her fatigue so we grew well, an incurable
disease took her to bed…
Gabriel: What disease?
Darius: She went to the doctor as she was very sick, she thought the cause was exhaustion,
and stress, but she was shocked to find out she had cancer and heart
problems. Only my father made her ill at heart, but of cancer I don’t know
anymore… I’m too small and all these go beyond my understanding. All the
time she was thinking she would die and we’d be left with the grandparents
that are old and sick. But this is not all. After 1 year of sufferance and torment
she died from distress, having a heart attack.
Gabriel: What can it be worse than the death of the mother who gave you birth?
Darius: When finding out about my mother’s death, I cried a lot, I was very sick.
Then grandma took me to the doctor and he said I was depressive because of
416

the shock suffered; I also have diabetes, probably caused by sorrow, I don’t
know. Days, months and years of torment and grief followed after my mum’s
death, my grandma borrowed money from everybody for mum’s funeral, for
the alms she did for her and for my insulin medication that I have to do 3 times
per day even now. I was forced to drop out of school because I don’t have money
either for food or medication, never mind the school supplies or the school
uniform. I’m not as lucky as you are, to have parents taking care of me, I’m the
big brother and I’m like a parent for my siblings, taking care of them.
Gabriel: How do you take care of them? Aren’t your grandparents taking care of
you?
Darius: My grandparents are very old and sick, they are afraid not to die, so the
state takes us to the orphanage. Grandma prays every day to God to keep her
alive until dad returns, for us to grow up, to be able to work, not to be taken to
the orphanage. Grandma also prays to pay the huge debts she made for my illness
and need of medication, while the state doesn’t ensure me all the treatment
I need. They also need their medicine, the poor of them renounced at
it to my favour, plus the food and the house utilities they have to pay, without
clothes and shoes … we receive from good- hearted people.
Gabriel: I didn’t know you’ve been through all these troubles. I’m really sorry,
I’ll speak with my parents, my father is a policeman and maybe he can find your
father, to tell him to come home.
Darius: I don’t think he’ll come, even if he finds him.
Gabriel: Why do you think he won’t come?
Darius: He forgot we are still living. Maybe now he has another family and other
children. A man changes in 5 years, don’t you think?
Gabriel: I don’t know what to think, but I’m sure he loves you. Maybe something
happened to him, don’t you think?
Darius: The hardships I’ve passed through made me grow up a lot and I find it
difficult to believe in dreams and hopes. Sincerely speaking, I don’t believe he
will return or that he is sick. Five years have already passed. In 5 years we
should have received at least one phone call informing us if he was sick, if he
came home or if he still loved us. Honestly I believe father abandoned us as I
abandoned school and not because I lacked the will to attend school but for
my present situation.
Gabriel: I’m very sorry for you. I didn’t know your life was a real tragedy. But you
know hope is the last to die. I’ll help you as much as I can, as you have been
sincere with me and told me about your life.
Darius: Thanks a lot for understanding, I hope to see you soon, if you find pleasure
in talking with me, after finding out I’m sick with diabetes.
417

Gabriel: Of course we’ll meet again. We are friends, aren’t we?
Darius: Of course. Good-bye!
Gabriel: Good-bye to you too!
Darius: Maria, Cătălin, let’s go home!
Maria: We stay a little more to play.
Darius: We can’t stay anymore, as we are upsetting grandma who is worried and
sick.
Maria: Ok, I’m coming.
The narrator: The children went home, but the older boy Darius was thinking
about his father. All the time his mind was asking questions like these: Are we
guilty of what is happening? Have I made a mistake? Had I upset father so
much that he wanted to leave, to get away from us? I’m sure he doesn’t love
us… If by a miracle father returns home, I may go to school again.
Darius: But it’s better not to dream and I believe destiny wanted this tragedy to
happen. However I’ll pray to God to get well and have a rescue from heaven, so
grandparents pay all the debts they made, the pensions that are low now to be
doubled and our social allowances of only 10 euros per months to be increased.
The narrator: And the miracle happened: Gabriel’s father made some inquiries,
and phone calls and found the children’s father, announced him of his wife’s
death and about his older son Darius’s school drop-out. Hearing this news
Darius’s father embarked urgently on a plane and returned to Romania to his
house and children. The hopeless grandparents were praying to God for a
miracle. Then the miracle came through the children’s father who returned
home from abroad with lots of money. Seeing him, children couldn’t control
their tears of emotions and joy. Grandparents told dad they can die in peace
now as somebody will take care of their grandchildren. Finding out about the
grandparents’ debts, father paid them, regretted he had forgotten about his
children for five years and that his older son, Darius, got sick and abandoned
school. He found out the other siblings hadn’t been to school either. Then father
went to school and registered the children, Maria and Cătălin in the 1 st
grade, and Darius in the 3rd grade to restart his abandoned studies.
418

SCENE I
The brothers
COORDINATOR
Ana Maria – «Sintagma» Centre, Bucharest
Elisabeta S¸erbănescu – «No Abuse» Association, Bucharest
CO-AUTHORS
Maria Petre, Alexandra Sava, Alexandru Niculae
Darkness. The voices of two children can be heard.
Giany: Alex…
Alex: What’s up?
Giany: When we grow up, will you still be my brother?
Alex [clear in his mind]: Of course, we’ll be. Nothing will take us apart!
Giany: And do you promise to take care of me?
Alex [equally sure]: I promise! Till our death! But what came to you, suddenly
like this?
Giany [a little frightened]: I don’t know, Alex but… [with a trembling voice] I’m
scared. I’m very scared.
SCENE II
Darkness. Several knocks can be heard. Weak lights lean over the two brothers who are studying
in the right corner of the stage. On the left, the nervous and agitated father sits in
an armchair and smokes. From time to time he shakes his cigarette ash on the floor and
sips from a glass of wine. From the left corner of the stage the mother enters, tired, and
with clearly outlined eye pouches and bags in both hands. She closes the door. She sighs.
419

Father [boiling]: Now you’re coming, wretched woman?
Mother [with a shaken voice]: Well… I was…
Father [furious]: You’ve been to the brothel, whore! That’s your place!
The kids put down the books. Giany starts trembling, and Alex covers his ears with the
hands. Meanwhile, the father stands up from the armchair and goes towards the bags
mother has left on the table. He searches them up, then full of anger turns towards his wife.
Father: Where’s my bottle? Bitch!
Mother: Have you no shame at all? I’m working all day long; we have such a hard
life, and now you have the nerve to ask me spending money on booze?! What
are we feeding these children with? With air? You drink too much, man! And
this booze is going to destroy you, just listen to me!
Father slaps mother.
Father: Don’t tell me how much I have to drink!
From the right side of the stage, the children jump to protect the mother. Father pushes
them away.
Father: Go away, you filthy scoundrels! Go to your room and study!
Mother: Don’t you dare hit them! What have they done to you now? They
haven’t done anything!
Father: Shut up! Go away! I don’t want to see you!
Father pushes mum who fells. He digs up through her purse, takes some money and exits
the scene. The children lean over their mother and cry. After some seconds, Giany
stands up and starts running. He exits through the left side of the stage. Alex remains
leaning over his mother. He holds her hand and keeps on crying. The light focuses on
them, and then turns off.
SCENE III
Darkness. On the right side of the stage, at the corner of a block of flats a gang of boys
is laughing and talking. Some of them do a break-dance on a hip hop tune. On the
right side Giany sits on some steps and looks sadly at the others. After some seconds the
music stops.
420

Giany: Why are they so happy? How come they have no worries? And how come
everything is so well for them? I don’t think I can resist much. It’s so difficult
since mother died. My old man… I haven’t seen him for a month. [he sighs] Is
it not possible for me to forget about all these? Can’t I escape it? I believe I
have to try, at least once. I have nothing to lose. I have to try!
Giany stands and goes towards the gang. The boys look at him, first sceptically, and
then they shook hands. The hip hop tune can be heard again, while Giany speaks with
the gang leader. This one hesitates first, but in the end he gives Giany a cigarette.
SCENE IV
The same setting, the same gang and Giany. The leader grabs Giany by his neck.
Bullet: Come on, bro, tell me, are you ready? We’re doing it this time, aren’t we?
Giany [hesitating]: Ok, Bullet. We’re doing it.
Bullet: Be more certain, man! Fuck it! After this hit we’ll be the wise guys.
Another member of the band: What, man? Are you scared? Did you get frightened?
Giany: No, bro, but I feel it baloney…
Alex enters the stage and listens to the talking.
Bullet: Man! Are you with us or not? If you don’t want, that’s it, but don’t come
to us afterwards and pretend we are friends. Who’s going to give you weeds?
Who’s going to make you a wise guy? Tell me! It’s your business, bro!
Giany: Yes, man, Ok! I’m with you! How shan’t I?
Bullet: Like this, my brother.
He grabs his neck again. They shake hands. Alex gets nearer and takes Giany aside.
Alex: You’re hanging out with these, man?
Giany: What do you want? What’s the problem?
Alex: That’s why you haven’t come home? Or gone to school?
Giany: Errr yes… No!
Alex: Then?
Giany: What… is it your business? Leave me! Bullshit!
Alex: Listen to me too, man… It’s not good. It’s not good at all, you should know!
421

Giany: What is it no good, man? What do you know?
Alex: I know enough. Listen. I spoke with grandma and we’re not going to stay
here anymore. We’re going to their house in Timis¸oara. How’s that?
Giany: Why?
Alex: What do you mean why? What shall we do here? Can’t you see we’re alone;
we don’t have anybody.
Giany: You are alone! You’re too stupid.
Alex: Why are you speaking like this, man? Don’t you understand we’re going
there? We’re going to stay there; like we used to do in the summer holidays
only this time we’ll be going to school there too. You know grandpa was a
teacher. He’ll find us a good school. There is no problem.
Giany: You go! I’m not interested.
Bullet: Giany! Come here a little, man!
Giany: Just a minute, Bullet. Wait a little. [to Alex] See? I’m not alone. I don’t
have problems. I don’t keep you here with me. If you want, go away. But you
shouldn’t make me come with you either.
Alex: I… you know… I’ve only told you… that way should be better.
Giany: Maybe. But I’m still not coming. I’m staying here.
Alex: Ok. Maybe you change your mind.
Alex exits the stage. Giany ponders a little.
Giany [to himself]: I won’t change my mind. I’ll never change my mind.
A piece of a BUG Mafia tune can be heard: Avem acelas¸i sânge în vine (‘We have
the same blood in our veins’) speaks about time passing by. One of the lines says:
«We’ll be brothers till death tears us apart»…
SCENE V
Three men sit around a table. They play poker.
Giany: Check.
Bullet: Me too. Giany, you know I sold the powders, you’ve brought good stuff.
The third: Another hundred.
Bullet: I’ll give you.
Giany: Me too. [Places his last card] That’s what the boys said? That it’s good?
They liked it, didn’t they? Check.
422

Bullet: Yes, yes. How can they not like it? I’m all in.
The third: Ha! He’s bluffing! Look at this sloppy face. I’m going.
Giany: I’m not.
From the two sides of the stage hooded persons enter gathering slowly towards the table
that they surround.
The third: Giany, my man, he doesn’t have anything, man; he only wants to scare
us.
Giany: I still won’t go.
Bullet: Come on, man, play here. Leave Giany alone! He won’t go, he won’t go.
The third: Let me see. What do you have?
Bullet: Full!
The third [throwing the cards]: Man, again?
One of the hooded men: Police! Nobody moves!
Giany takes out a gun, hence the hooded policemen fire and shoot him. Giany falls on
the floor. The other two are taken out of the stage in cuffs by hooded policemen. Only
one hooded policeman remains on the stage who moves towards Giany and takes his
hood off. The hooded guy is Alex.
Alex [grabs Giany’s elbow]: Move!
Giany: Ouch!
Alex: Move more quickly or it will hurt even more!
Giany: Bullshit!
Alex [puzzled]: Giany! Giany, brother, is this you?
Giany [looking into his eyes]: No! [pushing him] I’m not brother with you, son of
a bitch! That’s what you are, what you’ve become, a fucking policeman.
Alex: What about you? Look who’s talking! What have you become, man? Look
at you…
Giany: That’s my business!
Alex: Well, it’s not your business, man. This is my business, to arrest you, asshole.
An asshole, that’s what you’ve become!
Giany: Arrest me!
Alex: Don’t you even care?
Giany: Man, are you arresting me or not? Arrest me at once!
Alex: You’ll go to jail.
Giany: Take me! You take me there, with your hand. I want to see if you’re my
brother, you animal!
423

Alex: Meaning? What do you want now? To let you escape?
Giany: No, take me to the police; this is what brothers do…
Alex: It seems we weren’t brothers.
Giany: We were! We would still be, maybe, if you weren’t a fucking policeman.
Alex: This fucking policeman is going to take you to the station right now. You’ll
get what you deserve. I’m sorry but this is how it should be done.
Alex handcuffs Giany and takes him out of the stage.
SCENE VI
A table in the middle of the stage. Alex sits on one side, Giany with handcuffs on the
other side. Alex offers him a package.
Alex: Here you are!
Giany: What’s this?
Alex: What you’ve asked me for.
Giany: Cigarettes?
Alex: Yes. [studies Giany] I see you have the whole arm in bandage.
Giany [furious]: Fuck it! I’d better have lost it than suffer this pain.
Alex: You’re talking nonsense! It’s useless to pretend you don’t care.
Both of them are quiet for some seconds. They stare at the floor.
Alex [raise his eyes towards Giany]: I spoke into court.
Giany: And?
Alex: I don’t know… They’ve already decided, you know very well.
Giany: I see. Thank you, bro.
Alex: You’re welcome.
They are quiet again, looking down.
Giany: I can’t resist anymore. Do you understand? I really think I cannot resist
anymore. These here behave as if we weren’t human.
Alex: I’ll talk again.
Giany: With whom?
Alex: Don’t you worry, I know enough influential people, I’ve told you before.
You’ll see, everything will be all right. At least they should treat you properly.
424

Giany: Will it be all right? That’s how you thought? That everything will be all
right? But have you thought if this were also possible? Considering what I’ve
done, do you think I deserve it?
Alex: You’re here for Bullet’s fault. You let him manipulate you as he wanted. He
was the one we wanted to catch. What the fuck were you doing there?
Giany is quiet. Alex raises his shoulders and stares at him persistently.
Giany [without looking at Alex]: Who do you think will take pity on me?
Alex: I will! I will take pity on you, brother.
Giany: You were right; I’ve become a son of a bitch… like any other else.
Alex: I wanted to help you since we were kids. Do you remember? But back then
you didn’t want it…
Giany: Don’t remind me, please. I really don’t want to know. Believe me, if I
could only turn back time… I’d listen to you. I’d go to school with you in
Timis¸oara, or anywhere else… You always knew what was good.
Alex: Don’t you worry. It’ll be all right. [takes his hands] Do you remember?
We’ll be brothers till death tears us apart.
Giany: That’s all I have left as I didn’t listen to you when I should. You, brother!
Lights turn off over the two brothers holding hands.
425

Empty bottles
COORDINATOR
Vechiu Mihaela «No Abuse» Association, Bucharest
ASSISTENTS
Aura Bardescu, Carmen Stanciu,
Raluca Moisescu, volunteers, «No Abuse» Association, Bucharest;
Gheorghe Gabriel & Vechiu Cristian – intervention sessions
CO-AUTHORS
Simona Banu, Raluca Boba, Andreea Damian, Ana Maria Lazăr
Notes about the characters
Tina
Tina is 16 years old. She is a thin teenager, quite tall [around 1.70 m] with refined
features, natural blonde hair, light-coloured eyes. She draws attention
mainly due to her eyes strongly highlighted through make-up, with eye-liner and
mascara. She treads firmly and walks in a straight position. Her face expression is
somehow stoned. She doesn’t smile. The face muscles are tensed, the stare is
fixed, challenging and offensive. Her hair seems dishevelled all the time,
arranged in a big hurry. A kind of nonconformist manifesto. Almost all the time
she wears jeans and T-shirt, sport shoes or kickers, never sandals, never heels.
After her parents’ divorce she has become extremely aggressive. She doesn’t
have friends. She prefers mainly boy entourages and seems to feel at ease with the
boys. When in such company she laughs loudly, gesticulates, smokes often, speaks
loudly, and swears. She uses the mobile phone a lot placing all the time on
top of the cigarettes pack she puts on the table. Either for talking, or for texting,
the phone seems to be an extremely precious objet of her. At school she got used
to the girls being afraid of her. Not only does she speaks rudely to them and
threatens them, but she is always ready to fall over them. She is very surprised and
irritated when one of the colleagues answers back to her insults and seems decided
to face her.
426

Once entering her block entourage, she starts smoking marijuana. She seems
to have a closer and closer relationship with a boy a little older than her who
makes tattoos. She is extremely proud of the tattoo he is drawing on her neck, a
drawing representing a marijuana leaf. She adopts as much as possible the boy’s
way of life, including his tastes in music, films, and how to spend leisure time.
Father
The father is around 43 years old, tall, a mature man who still looks good. His
look is somehow a little scruffy: unshaved, wearing the same pair of jeans and
maybe the same T-shirt, a tired expression, maybe as he smokes a lot. He always
has a lit cigarette in hand or in the ashtray. He has an office job that seems not to
get him enough satisfactions. When coming home, all he wants is to sit on the
couch and watch TV. He married young and Tina appeared early in his life.
Sometimes he does not know how to communicate with her. He would love his
wife to pay more attention to their daughter, especially now Tina is a teenager.
After he divorces and meets Dana, he is very caught up in the new relationship.
The attention paid to his daughter decreases dramatically and Tina feels this but
she doesn’t know how to tell him.
Mother
Mother is around 40 years old; she has brown hair, usually arranged in a light
bun. She is quite tall, slender, a still young and attractive silhouette. She is always
on the move, both at work, where she holds quite an important position with responsibilities,
and at home where she always finds something to do. At work she
dresses herself austerely and elegantly: skirt, heels, discreet make-up; at home she
prefers jeans and T-shirt, but always dapper, with make-up, earrings, and rings.
She goes to the gym and to the beauty centre; she has a very organized schedule
and usually a very busy one. She seems restless all the time, stressed, as if waiting
for something to happen in order to change her life. Lately she cannot stand cigarette
smoke inside the house, especially she has quitted smoking. She has nervous
twitches – playing with the keys, with the mobile phone. She doesn’t have
too much time for Tina. She wished she could impose herself both to her daughter
and to her husband. Her voice sounds authoritative as long as she can control
herself. The moment she loses her temper and this happens quite fast and frequent,
her voice becomes strident and almost desperate.
Logics teacher
Young teacher, around 35-37 years old. Always dressed carefully, he is aware
within high school he represents a model for the teenagers he teaches to. He of-
427

fers equal chances to all students. He doesn’t judge them by appearances [for example,
after the way they dress]. He doesn’t punish them for absences in his class.
He tries to be as correct and objective as possible. He is impressed by Tina’s intelligence,
as she succeeds in getting a 10, without having benefitted of his explanations,
as the other students who were present in his class. He defends Tina in the
Teachers’ Council and is willing to give her another chance.
Headmaster Mândrut¸escu
The headmaster is over 50 years old. Before being headmaster, she was deputy
director. Now, she can finally impose herself as she has been wishing for a long
time. She wears bright colours [coat and skirt] and make-up and dyes her hair equally
bright. She speaks firmly, quite fast and has the bad habit of interrupting
anyone trying to express/impose an opinion. She is divorced and has a boy who left
the country long time ago. She is very strict regarding the high school rules and
nourishes the ambition of raising the high school level through radical measures
and strategies contemplated by her in many years. She abuses power and threatens
to fire the teachers any time they do not obey her decisions unconditionally.
The teacher
She is around 30 years old, has long and straight hair, and wears glasses. She
wears maxi dresses/ skirts, doesn’t wear heels or make-up. She’s always on the run
and carries a very large bag where books, notebooks, agenda etc are getting
mixed. She is a teacher that succeeds in imposing herself in front of the students,
although she is not severe. She is devoted to her profession and children feel this.
She tries to know better her students and communicate with them as much as
possible. She is not afraid to express her opinions, to have a separate opinion
from the rest of the teachers and even to face schoolmaster Mândrut¸escu.
Leo, the tattoo guy
He is around 18 years old, head-shaved, athletic body, many tattoos all over
his body, wears vest-typed T-shirts. He dropped out of school, lives on the money
received on the tattoos done. He has a motorbike that he’s very proud of, is
very popular among those frequenting the bar where Tina’s group comes too.
Cristi, the weird guy
Around 18-19 years old, always wears a cap, listens to hip-hop, speaks loudly
and enjoys insulting those around him, justifying it as a joke. He wears a green
T-shirt, with different messages referring to «weeds» and very large hip-hopper
trousers.
428

Lizi
She is Tina’s class mate, around 16 years old. She is an obedient student, doesn’t
have absences, doesn’t provoke scandals, enjoys certain school subjects she studies
for fun and, generally, strives to get good marks in all subjects. She wears
uniforms, and usually grips her hair in a ponytail. She has an open nature and has
enough friends among the classmates. She doesn’t like being insulted and is not
used to someone being picky with her. She is the only girl in the class who has the
courage to confront Tina.
Friends, the entourage
Aged between 17 and 20. Always surrounded by smoke: either of tobacco or
marijuana. Dressed quite differently, however most of them show their affinity
to hip-hop. Some of them have tattoos done by Leo.
SCENE I
The divergent dialogue between mother and father
Action takes place within a normal family, typically Romanian, that lives
somewhere in the neighbourhood of the big city (Bucharest).
Setting
In the backside there is a curtain, a cabinet with drawers and a suitcase.
Left-backside: a door (mother exits through).
Left-front side: a coach (father sits on).
On the right, there is a table with 3 seats (chairs).
Lateral right: a second door ajar.
A little in front of the coach, there is a coffee table and a TV-set.
Costumes
Father: a T-shirt, trousers and sport shoes.
Mother: jeans, a low-cut blouse, a delicate necklace, hair arranged in a Spanish
bun.
Tina: T-shirt, jeans, canvas sport shoes, hair arranged in a messy bun.
Stage details
Darkness in the hall. Nervous steps on heels can be heard (tack, tack, tack).
Lights are turned on gradually and uncover the whole background: it’s late in the
evening (10 am), father is at home, in the living room, smoking a cigarette – TV
429

is on and he watches a football match. He leisurely smokes his cigarette. Meanwhile
mother sets up some bottles. Mother’s line follows.
Mother: Will you stop staring at the TV all day long and help me? [easily irritated
and a little ironical].
Father [indifferent]: Just a minute… Just a minute…
Mother waits for some seconds but her husband doesn’t show up. The woman comes
and puts his bottles on the table, nervously.
Father: What are you doing, woman?!
Mother: Move your ass and do something in this house!
Father: You do pick your moments…
Mother: Ah!!! [sarcastically] I’m disturbing you… Yes… What you’re watching
there is more important. You can also see the rerun tomorrow.
Father [ironically]: Do you need me to do something? Look what I’m doing! I’m
doing this! [he stands up, takes the bottles and smashes them] Now move away!
Mother: You’re no good at all; I’ve had enough of you! You never do anything.
Father: Yes… Yes… And what do you want me to do? Anyway you’re not satisfied
with anything.
Mother: I’ve had enough. Your indolence is sufficient!
Father: You know what?! If you don’t like it, just go!!!
Mother packs her suitcase with fast and violent gestures, grumbling. Tina enters the
stage through the door ajar and starts walking at the back, without mother noticing
her. Mother goes towards the exit (the door on the left), where she slams the door in her
daughter’s face. Light turns off suddenly. Another light is kept on Tina. The girl seems
shocked by what is happening. The football match can be heard on the tv and father
shouting something.
Tina: And now what???
Light turns off slowly underlining only the girl’s contracted and lost face. Gradually,
the intensity of the light grows. Only the narrator appears.
The narrator: A happy family? Two loving parents? And an obedient daughter?
A child like any other? Nobody knew or will ever know what hides beneath a
family portrait, many bring their prejudices. Anyone can find himself in these
circumstances. However here is Tina. This is not just a story, it can also be reality.
Sometimes all we need is just a pretext…
430

Light decreases its intensity, and the narrator enters the shadow. At the beginning, the
scene can have comical accents, when the two characters are having the dialogue. Towards
the end, when everything turns into tension, once the bottles are smashed, the
accent is dramatic.
SCENE II
Strangers
Action takes place in the house of the same family, some months after the
mother has left. It’s evening during a week day. The girl is in the house living
room, trying to do her homework. At the beginning she speaks on the phone
with a class mate.
Setting
Left-backside: a door.
Left-front side: a coach.
On the right: a table with 2 chairs. On the table there will be 2 glasses and a
bottle of wine. In front of the coach, there is a coffee table and a tv-set.
Costumes
Father: a casually 2 buttons undone shirt, informal trousers and interesting
suede shoes.
The new wife: a large midi dress, high-heeled shoes, silk stockings. She has
loose hair.
Tina: T-shirt, jeans, canvas sport shoes, hair arranged in a dishevelled bun.
The colours of the costumes for the two characters, father and his new wife,
can be chosen by the costume designer.
Tina is in the room, on the couch. She speaks on the phone. The tv can be heard on low
volume.
Tina: I can’t manage it… I don’t know if I can cope with it… And now this!?!
I’ve hardly seen him at all and…
Father enters through the door (on lateral right) with two glasses and a bottle of wine.
Tina: I’ll call you back immediately! [she ends the call] Hi, daddy! [Tina goes towards
him with a notebook and a pen. She wants to ask for his help regarding a
431

school subject. His attitude is hesitant and distracted]. Daddy, come a little,
please! I want to ask your opinion. I don’t know if it’s better to…
Father: Wait a minute!
Tina: It won’t take long…
Father walks through the room, she follows him, but he moves further away towards
the door on the left. A woman emerges through this door. She smiles to the man. He
stretches his hand and invites her to step into the room. A song starts: Tango to Evora
by Loreena McKennitt. The two move away dancing (tango) towards the table in
the living room (We want to underline the moment with this dancing transposition).
Tina makes way for them and the two sit down at the table. Her father and the
woman laugh loudly. The characters freeze. The girl stares confusedly at the two seats
and the two glasses. The song can be heard diffuse, low.
Tina: What about me? Where is my glass?
The song starts again. The two resume their activity, look at Tina and smile to her.
The girl’s face changes showing slight fear. Father introduces her to his new wife. The
song is diffuse, very low.
Father: She is Dana, you’ll get along very well.
The song volume turns on. The girl’s face is amazed and she almost cries. One can notice
from her expression that she lives all this as a shock. She leaves sadly, moving away.
The song continues till the end of this scene. The light on stage starts decreasing its intensity,
becoming more and more diffuse. At the same time, the slight luminous area
focuses on Tina, while she moves away from the two and goes towards the door on the
left. When she reaches the door to exit, the stage is covered in darkness.
SCENE III
The group
Action takes place in a house basement. There is a bar here. The bar comprises
also a place where tattoos are made. It is a place hidden amid the centre of
Bucharest, common among a certain genre. A gang of pretty weird teenagers always
comes here. They are teenagers from Tina’s neighbourhood. Recently the
girl has started going out with them quite often. It’s late in the evening. The youngsters
gathered as usual and they have invited Tina too.
432

Setting
In the back there is the curtain. Visual messages are presented on it (from the
beginning till the end of this scene).
In the middle: A coach and an armchair. Empty bottles and smoked cigarettes
are around it. In front of the couch there is a table with a dirty ashtray and some
spilt liquid.
Lateral right: a table and a chair.
Costumes
The boys wear large training trousers, vests or old T-shirts. The girls wear
jeans or short shorts, large T-shirts and canvas sport shoes. They all use the black
eye liner. The tattoos guy wears a tight black vest and some jeans, and canvas sport
shoes.
Stage clues
On the couch, there are four friends (boys), there are two more standing
(girls). The tattoo guy sits alone at the table and when Tina comes to him he
moves his chair to be nearer her. He takes deep smokes from his cigarette, puffing
them out slowly and staring at Tina. The stage is flooded by diffuse and differently
coloured lights.
From the left side, light is turn on to a diffuse intensity. The first message
shown on the curtain: «You can never make the same mistake twice. Because the
second time you make it it’s not mistake, it’s a choice». Simultaneously music is
heard: Pink – Raise your Glass. Under this light, with music in the background,
the weird group (already on the stage) can be seen. She goes along the group, as if
swaying around the room looking for something. She enters the group. They offer
her a lit joint telling her.
A weird guy: Welcome my baby!
The group starts dancing on the music. The girl takes the joint and puffs it several
times. She coughs once, but she keeps on smoking it. She smiles plainly and sourly. Under
the effect of marijuana, she starts dancing. Seeming drugged she goes towards a
table. A boy making tattoos is there. He asks her.
The guy: What are you enjoying this very minute?
She shows him the joint – now the song changed: V. Spike – «The Roads». In the
background only the chorus can be heard: «we are all in a bulk and tattered… if we
433

don’t arrive back the way we left…» The boys take her dancing in turns and repeat
this chorus. The music remains in the background, all the others dance around.
Noi suntem pe drum, venim acum, as¸teptat¸i-ne
Nu suntem departe, tre să văspun
Că suntem tot¸i grămadă s¸i suntem praf
Ni se rupe dacă n-ajungem cum am plecat.
Noi suntem pe drum, venim acum, as¸teptat¸i-ne
Nu suntem departe, tre să văspun
Că suntem tot¸i grămadă s¸i suntem praf
Ni se rupe dacă n-ajungem cum am plecat.
Translation: We are on the way, we’re coming now, wait for us / We are not
away, I must tell you / We are all in a bulk and tattered / We don’t give a damn
if we don’t arrive back the way we left.
Music stops suddenly, as well as the rest of the characters. The song is changed with a
new one: Bring Me to Life – Evanescence. The light remains diffuse. Tina sits down
on a chair, stretches her neck towards him (the weird guy that makes tattoos) and let
him tattoo her (on the left side of her neck). The guy laughs languidly and sardonically.
The tattoo he draws is a marijuana leaf. Another strong light moves over the two.
SCENE IV
The classroom and the Logics class
Action takes place within the high school Tina studies at. For some time, the
girl has started skipping classes a lot. As holiday was getting near, she nonetheless
decided to come to school, though with not too much interest.
Setting
Lateral left: a table (the teacher’s desk) and a chair. A blackboard (flipchart)
next to it. There is a marker on the teacher’s desk.
At the back, a collective image of a class with students in uniforms will be projected
on the curtain.
Lateral right: seven chairs and small desks.
434
Costumes
The teacher: suit (trousers, shirt, coat and shoes).

The students: white shirt, trousers/ skirts, girls wear a slight make-up.
Tina: jeans, T-shirt, canvas sport shoes, strong eyeliner make-up, mobile
phone in sight, on the desk.
Stage clues
There are seven students, mostly girls. One of the students is her class mate Lizi.
Tina will be alone at her desk.
The narrator re-enters the stage. He is a student (a youngster), who gets out from his
desk and presents the story.
The narrator: After a long period of skipping school, when showing up, Tina
decides participating to one of that day classes.
Then the narrator retreats to his seat, moment when the action is resumed. During his
monologue, the group made up of teacher and students is still, as in a photograph.
The teacher [entering the classroom]: Good afternoon! Good afternoon! How are
you today? It’s a beautiful day. You’ve been waiting for the Logics class with
interest, haven’t you?
Student [whispering to another one]: What are you doing?
The teacher [stretches himself a little towards the student]: Ask me what I am doing
too! [he smiles]. Hi! Hi! Hi! Hi! How sweet!
Student [slowly]: Excuse me…
The teacher [walking in front of the classroom]: Today we must do some exercises.
As we have a new lesson, we have new exercises too… [the student yawns,
the teacher notices him] What? Don’t you like new exercises?
Student: No!
The teacher: Why don’t you like them? Are you bored, is holiday coming?
Come on, you should bear it just a little more. Let’s see… Who wants to come
to the blackboard? Let’s see the catalogue… Who doesn’t have grades?
Student: Me! I want a grade!
The teacher surveys the student smiling. Then he goes towards his desk. He sits down
and takes the catalogue.
The teacher [from his desk, turning over the catalogue pages]: How come you
don’t? Let me see… Ah, yes! You were absent, but there is someone else who
has no grade. [he turns around to Tina] Yes… Miss Cristina Mihăilescu. You
435

must show me your skills. [class is noisy, laughing] Ionescu, if you get bored,
you can help Cristina for my part.
Tina: I don’t need it! [ironically] So… What shall I write?
The teacher: The exercise is the following [the teacher writes something on the
blackboard]. Ok. That’s it! Let’s support your colleague.
Student 2 [ironically]: Look, man, she knows this!
Student 1 [ironically]: Yes…
Student 2 [ironically, chuckles]: This one came to school…
Tina [turns around nervously]: But who do you think I am? What? Am I yourself?
[she stops from writing].
The teacher: Please, let her work… Yes, well done! Haven’t you done your
homework?
Student 1: She doesn’t do her homework! And she always skips school!
Tina: Shut up!
The teacher: And how do you know?
Tina [ironically]: Maybe because he skips classes with me…
Student: Look how she comes dressed! What trousers she has…
The teacher: During break you can admire her trousers, boots, whatever you
want. Silence now! Tina, you did great! You should come again to the Logics
class. You have lots of absences. Why have you been absent so long?
Tina looks someplace else. It’s clear the question bothers her.
Student: Well, she hangs around with boys!
The teacher [to the student]: Well I also saw you playing snooker. So, take care!
Tina: May I go to my place?
The teacher: Yes, yes, go. I’ve told you. You’re fine; you should come to the class
again…
Tina: Yes, maybe… [she pretends paying attention to a paper she reads].
The teacher: Ok, well, that was all. Have a nice holiday! Take care and… See you
next year! Good bye!
Class: Good bye!
Acting expression of the dialogue between teacher and students has comical accents. Students’
interaction is humorous, through the ironical accents. The whole scene is
comical. The teacher’s voice although maintaining authority and order is warm and
pleasant. The students have fun through the remarks towards Tina, having a slightly
distracted and amusing air. One colleague (Lizi) stares persistently at Tina. The
latter stands up and goes to her annoyed.
436

Tina: Why are you staring at me like this, why?
Lizi [indifferent]: But why? Am I not allowed to look? Who do you think you are?
Tina: Listen, don’t you speak to me like this. Come on, mind your own business
and stop staring!
Lizi: Who the hell are you telling me what to do?
Tina: Who am I? Who am I? [she seizes her colleague].
Lizi: Take your hands off me!
Tina: Hey, take care! You’re nothing!
She pushes her back on her chair. The colleague answers back. The two start fighting.
After some seconds, the others interfere to separate them. The two look at each other
aggressively, while their colleagues can hardly hold them from brawling even worse.
Colleague Lizi withdraws from the girls holding her and runs out of the classroom.
She subsequently reappears, followed by the headmaster. In the meantime, there is
still uproar in the classroom as students talk frantically.
Headmaster: That’s enough! Stop quarrelling! Come on: on the left [pointing to
the students]… on the right [pointing to Tina]. What happened here?
Tina: Nothing.
Headmaster: How is this «nothing»? Come nearer to me! [to Tina] Tell me what
happened!
Tina: Nothing happened. Do you see anybody hurt?
Headmaster [looking at a different student]: Miss, put that book aside… Ah…
Philosophy!?! Mmm… [buzz in the classroom] That’s enough! Silence!
Headmaster: Come on, Ionescu, tell us what happened here!
Ionescu: I don’t know… I haven’t seen anything…
Headmaster: What? I’ve understood they were fighting, pulling their hair!
Where do you think we are? At the fair!?! We’re in a civilized school, please
maintain order and discipline! Aren’t you ashamed? I’ll speak with your father
[telling Tina] and with your mother [to the colleague].
Tina [to her colleague, ironical]: Listen to this, aren’t you ashamed?
Lizi: Me? Aren’t you!?!
Headmaster: Silence, please! Miss Ionescu, put the book down!
Lizi: She won’t tell you anything ever! [towards Tina] They’re afraid of HER!
Headmaster: Why?
Lizi: She’ll beat them up at the school corner!
Headmaster: Tell me, Miss Mihăilescu, what happened?
Tina: Come on, ma’am! There was no quarrel, nothing! You know how we
are…
437

Headmaster: For everybody, I’m the headmaster Mrs. Mândrut¸escu, in case you
forgot, Miss! My name is «Mrs. Mândrut¸escu»! I’m not ma’am with you!
Tina [ironical]: Mrs. Mândrut¸escu!
Headmaster: I’ll inform your parents about this happening.
Tina: Well, as if they care…
Headmaster: Who doesn’t care?
Tina [her face expression changes immediately and she goes away]: I have to go!
Headmaster: All right… Go! [to the colleague] You, stay here! I’ll call the parents!
Lizi: What? It’s my fault? She’s the only one who…
Headmaster: Enough! I’ve finished here!
End of scene: students look down, motionless, careless. The headmaster’s voice is
strong, at the same time authoritative and revolted. She speaks firmly and coarsely.
SCENE V
The teachers’ council
Action takes place in the high school council hall. At the headmaster’s request,
some teachers gather to discuss Tina’s situation. The headmaster wants a
decision to be taken regarding her.
Setting
Lateral right: some chairs [5-6] in semicircle, where teachers will sit.
Lateral left: a desk with chair next to it.
Backside left: a door.
Costumes
Headmaster: pink/ orange suit, high heels, lots of jewels.
Teachers: Logics teacher preserves his costume; the rest are casually dressed
(men in shirt and jeans, women in blouses and trousers/ skirts).
The teacher arriving late: blouse and midi skirt, flat shoes, everything in pale
colours.
Stage clues
Headmaster will stand on the left of the stage. During her speech, she walks in
front of the teachers with firm, nervous steps. Sometimes she stops when she has
objections to address to them. She is permanently holding a pen.
The teacher arriving late makes her way through a door from the left side and
will sit on an empty chair.
438

During the entire scene, the light is unclear, as the situation itself. A tensioned
atmosphere is created. The headmaster stays a little in the darkness in order to increase
the suspense and to offer the audience the clue of what is about to be decided.
The narrator re-enters the stage. On stage there is the whole council hall where the
headmaster together with some teachers decides Tina’s situation. Before their dialogue,
the narrator presents the situation. During the council meeting, the light is
weaker… a darker atmosphere. When Tina will enter the stage, at the end, during
her monologue, the entire council hall is covered in darkness, light falling only on her.
The narrator: Tina, a little agitated and sad, awaits the decision in front of the
door. But what the decision will be? What will happen to Tina? And, mainly,
what will her fate be?
The actual dialogue between headmaster and teachers begin. She is very bitter and speaks
on a strong, authoritative voice. The teachers watch and, from time to time they
get abashed. The woman seems to have absolute control.
Headmaster: Good afternoon, professors!
Teachers [in 3 turns, from various teachers]: Good afternoon!
Headmaster: I want to mention to you this happening that I sincerely am very
ashamed of. [irritated voice] And that I want to solve with your help. Today at 4
o’clock I intercepted a reckless fight [accentuating the penultimate word]. I’ve never
seen something like this in my life!!! I got scared. I’m a family woman. In
such a civilized school, a reckless fight cannot take place! Do you agree? [the
teachers talk among themselves, look at the headmaster] Yes!?! So… Well… Please!
Let’s vote now and see how can we succeed in evaluating this young lady and
solve the problem. [she breathes. Resumes, underlining each word] Fight… absences…
neglect… Please! [she points to the Logics teacher] Speak, professor!
Logics teacher: The student, you know… However, yesterday at my class…
Headmaster [interrupts him]: I don’t think this a civilized attitude for school! And
this vulgar and violent happening… cannot take place here! In this school!
Logics teacher: Madam, I understand. But we’ll give her a warning… We’ll diminish
her behaviour grade 1 …
Headmaster [interrupts him again]: All right. Shall I assume you’re bivalent? As
in life too… [furious look] Good! [rolling her glaze around the hall towards a
teacher] Tell us, please!
Teacher [babbling]: I… I… abstain myself.
439

Headmaster: Yes! Better to abstain yourself than making wrong decisions.
One teacher: However I think we should talk with her parents… To evaluate
her absences… With diminishing her behaviour grades…[headmaster interrupts
her].
Headmaster: Let’s vote! I believe everyone agrees, isn’t it?
Another teacher: Yes… I propose to expel her.
Headmaster: Exceptional. I’ll propose you for a salary raise.
Teachers in the hall whisper to each other at the same time.
Headmaster: Behaviours like this… [as a request] Professors… All right! All
right! I’ll take into account the… [she stops suddenly].
Meanwhile a teacher who is late enters the hall. Headmaster sees her and says firmly.
Headmaster: Bah!!! Miss Thinly… How good of you!
Teacher: Excuse me, I’m late. What’s this about?
Headmaster: A council, professor… We’re deciding a situation; that of student
Mihăilescu.
Teacher: Ah… I know her, Mihăilescu… 10 D.
Headmaster: That’s her we’re talking about. We must expel her. Situation? I
was informed about a reckless fight… The young lady jumped as a tiger to kill
another young lady, dear colleague. How can we allow something like this? In
a civilized school? Please!
Teacher: Headmaster, I would need more details.
Headmaster: She slapped her, pulled her hair… Is this relevant?
Teacher: Then let’s take measures for both of them if we do not want violence in
the school.
Headmaster: Aaa… The other young lady was purely surprised by this act of violence.
[fuming towards the other teachers] Do we agree, yes!?!
Teacher: We cannot expel her without having a discussion with her parents. We
need to ponder more on the situation.
Headmaster: Professor… I know you for so long and I trusted you’d support me
in this case.
Teacher: I cannot express any opinion regarding Tina until knowing her situation;
from school and from home.
Headmaster [angry]: Good bye! Enough! I’m closing this case. Professor, you
have a nice career that I think you should respect. Cristina Mihăilescu, must
be expelled. We do not need violence in our school!
440

Teacher: I imagine the young lady didn’t fight alone…
Headmaster: Well, by vote, I believe everybody agrees. Great!
Logics teacher [objects]: Headmaster, I’d like to say something! The girl has certain
abilities… I’ve seen her in my class. She’s not such a malevolent child.
Headmaster: What do you mean…? That??? She studies or what?
Logics teacher: We’d better punish her by diminishing her behaviour grade.
Let’s give her another chance. This is how we redress her. Let’s look closer at
the problem!
Teachers in the hall (some of the ones present) talk among themselves in mutual agreement
to the Logics teacher’s objection. At the same time, the headmaster addresses her
objections to another group of teachers. The teacher seems to speak for himself, at the
same time as the headmaster’s vehement voice.
Headmaster [turns around to the Logics teacher]: All right, my dear sir, I’ll also
look closer at your situation. Everybody wants her to be expelled. And you…
I don’t understand this.
Teacher Thinly: Let’s speak with her parents…
Headmaster [puts her hand on the head]: I have an awful headache… My head
flickers… I have heart problems, Miss.
Meanwhile the teachers talk randomly about their opinions.
Headmaster [to the hall]: So do we agree? Yes!?! [she interrupts the teachers] We’ve
decided the situation. We’ve finished this discussion. Good bye! This student
destroys the reputation of our school. I’m expelling her right now!!! [she
shouts] Tell Mihăilescu to come! [she exits the council hall].
Teachers remain in the hall, speechless, motionless.
Headmaster: Miss! Following a right and correct [she underlines the two words]
council meeting… Following unanimous decisions… [she coughs and stops]
By vote, it wasn’t my decision…
Tina [interrupts her, on a neutral voice]: I’m sure!
Headmaster: Please, don’t be disrespectful! You are expelled. Good bye!
Tina: Ok.
Lights turn off gradually. The scene has situation comical accents.
441

SCENE VI
The monologue
Action takes place at school. Tina is alone in the classroom. She stares blankly.
Setting
A table and some scattered chairs.
Costume
Tina: jeans, T-shirt, canvas sport shoes, hair in a messy bun.
The stage is in semi-darkness. Meanwhile a song can be heard in the background De
ce – Vama Veche (it plays till the end of the drama). Another light is on Tina. At the
end, she is the only one in the light; the rest of the hall is in darkness. She walks on the
stage with small steps, holding the mobile phone at her back. She looks at it, and then
puts it at her back. She nervously rubs her hands. She stops suddenly. The mobile
phone falls. She stays straight, and her posture shows surrender. Her hands are free along
her body. She inhales and starts speaking slowly (when the song is on lower volume).
This is the time when her monologue begins.
Tina [monologue]: Mmm… They’ve expelled me… Don’t ask me if it’s right or
wrong, if I deserve to be expelled or not… It doesn’t matter who is right… All
that matters is the chance I’ve missed and that I don’t know when and if I’ll get it
back… Right now, however, I’ve lost everything: family, friends, even myself…
I thought if I rebelled, the others would hear me… They would see my despair,
would take into account my cry of getting another chance… That of getting off
on the right foot. [light turns off gradually] I’ve condemned all the others for not
helping me… Yet I didn’t do this either… I’ve condemned myself.
When her monologue finishes, Tina remains in the darkness. The song continues till
the end.
Notes
1. A semestrial grade, usually is maximum (10), but in certain cases of missbehaviour
(stipulated by the school regulation) it can be lower.
442

Grafitti sketch
COORDINATOR
teacher Corina Popescu, teacher Garofit¸a Iancu,
«Octav Onicescu» National College, Bucharest
CO-AUTHORS
9th E grade students, «Octav Onicescu» National College, Bucharest
Characters
One act play
Gelu Goldis¸, student in the 9th grade of a Bucharest college.
Gelu’s grandma, his father, the teacher, as if they were on stage.
SCENE I
Gelu and grandma
Grandma’s home, modest, a simple kitchen table, some chairs, a green plant in a pot,
a window frame in the background. Gelu is dressed in large trousers, a shabby Tshirt,
studded bracelet and hair dropping on his forehead, everything black, except the
T-shirt that has violent drawings with skulls on the front side. He enters with a bored
look, hands in his pocket, chewing gum, and then he throws down on a chair, ostentatiously
stretching his legs.
Gelu: ’Morning! Is coffee ready? I’m meeting the boys today at 11… [silence, he
stretches himself, yawns noisily] I was a little late last night out with the boys, I
hope you didn’t worry as for some time you’ve been spying on me… What’s
new? Have the old folks called you from Spain? Are they still alive? What else
are they sending me as I’m already out of finances? I need money for the «sand-
443

wich» during lunch break [he laughs falsely, sarcastically]. You might give me a
slice of salami between bread, as you used to give father one hundred years ago…
Times have changed, do you understand? We have other needs too!
Artistic ones! But anyway you can’t understand! [sardonically and superiorly distant]
A generation of simple-minded! I need tubes, and paint sprays, how
many times I have to tell you? [puzzled] How’s this what do I need them for?
Grafitti is a form of art! [he yells mischievously] Art, yes! And not the bullshit
we’re doing at school! They’re expensive you say? [annoyed] What are you here
for? To get me the money, as I’ve already aimed the wagon of a subway train to
decorate – large surface, finishing possibilities, outline drawing… [as if dreaming,
drawing in the air, with large movements] So make a collection! Tonight I’m
going to «solve» it! [he widely opens his eyes, mimicking surprise] School? What is
that? I’ve already had the school of life, the other one bores me to death: fixed
schedule, crazy personnel, retarded brats … [laughs foolishly about the pun]
Don’t pester me! I go there from time to time, so they didn’t pronounce me
missing in action. They get me back anytime, as ten grades seem to be compulsory.
[he sips noisily from the cup] What shall I do from next year? I’ll see by then,
what am I, a clairvoyant? Let us pass this apocalypse too and then we’ll talk. [the
phone rings, short break, listens to the talk, makes signs, at a certain time – no, no!
then whispering] Are they my old folks? Tell them I’m at school! At school,
can’t you hear? Don’t do this to me, please! I’ll be cut out of funds. I’ll be good,
I promise, I’ll go to school too. Don’t hang up, I’m begging you! [he falls sobbing
on the chair, then, suddenly, goes towards the window, places a stool and
climbs onto the sill] If you don’t call them back to tell them everything is all
right, I’ll go to Spain… flying! [he puts one foot outside the window sill].
SCENE II
Gelu and his father
The same setting. The door bell rings. Gelu goes and opens the door without looking
through the eyehole. Total surprise, confusion, lies and exculpation. Gelu goes from
the previously menacing tone to a sweet, defensive one.
Gelu [with an overload of gestures, of a nervous politeness]: Dad, what a surprise!
I’m so happy you’ve come! Has mum remained there? When are you going
back? About me? Nothing but the best! Hi, hi! Ask grandma too… [he gets
flustered for the scruffy clothes] A, no, not at all! This is my home outfit… more
comfortable… Of course, when I go to school it’s something else. [he quickly
444

takes out the earring, then the studded bracelets and puts them in the trousers large
pockets] What, am I not late? Don’t worry, today we don’t do the first two
classes – the teacher has been sick for almost one week, poor thing! Of course
we’re doing the other classes. But according to my watch it’s early. [he looks at
his watch, shakes his hand, puts it to his ear, knocks on its glass] It’s set after
Barcelona time. I’ve set it like this, thinking about you! [he smiles falsely, eyeing
his grandmother] Shall I get dressed so you can take me to school in your car?
Aren’t you tired, after all these travelling hours? Dad, leave it for tomorrow!
Today I’m going to make a huge exception from attending classes so you
could tell me stories from there, so I could spend some time with you… No?
[baffled, fighting with himself] In fact, you’re right! Tomorrow is a day too!
Ok, I’m taking my backpack right now. Grandma, where could I have put my
backpack? [he makes desperate and conspiring signs, meaning – I don’t have
something like this, cover me!]. It must be here somewhere! [he finds an older
backpack, throws randomly in it whatever he finds on the cupboard]. The school
clothes? [he quickly puts on a white T-shirt, and crumples the black one with the
skulls and throws it in the backpack, on top of the rest] Perfect for school! [he goes
after his father, towards the door on the left, turns back and grabs a sandwich leftover
from the table, then says apart] Be it, I make a sacrifice today! [to grandma]
All right, you don’t have to worry anymore, I have everything under control,
as usual, you should know!
He exits the stage.
SCENE III
Gelu and the teacher
Change of setting. At school. The bell rings the beginning of the classes. Noise. Gelu’s
colleagues, returning from the break, enter the classroom; one bites a croissant, another
one drinks from a bottle of mineral water, in turmoil.
Gelu [to some of his colleagues, recognizing them]: Hi, old man! How are you, bro?
Are you ok, partner? What’s new on the west front? Has our tutor 1 asked about
me? She’s pronounced me missing in action, hasn’t she? [he sees the teacher at
the end of the hall] Ouch, look she’s coming! [with false consideration] Good afternoon,
teacher! Yes, I’m sorry, I haven’t attended school… You know I had
some family problems, my grandma died and I had to take care of my little sister
as my parents had left to Spain… Of course I have a sister… Mm, in fact I
445

have two [holds his fingers crossed at the back, visible to the public] Father told you
at the first parents’ meeting but you may have forgotten… [surprised, seeing
his father climbing the stairs] Dad, I can manage, there’s no need to come with
me; everything is ok.
After a pause, while the teacher spoke with the parent and Gelu stared at the floor,
played with a pen, pressing its end, annoyingly and obsessively, rolled the cap nervously
in his hand.
Gelu: Father, forgive me, I’ve said this thing about grandmother as I had some
health problems and I couldn’t come to school for a while. I didn’t tell you as
I didn’t want you to worry, as you are far away. From now on, I’ll come each
day. I promise! In fact, every time I’ve come, I got a good mark on the answers
given in class, but at homework… I’m better at drawing. I know it’s a pity, you’re
right, you strive among foreigners for me, and I… I have a good brain
and I’m wasting it… But from now on I’m going to uphold your expectations!
You’ll see! Starting from tomorrow! As you deserve it, as I deserve it too.
SCENE IV
Gelu and a friend
Gelu speaks on the mobile phone with a friend, during the entire scene that takes place
in the same classroom setting.
Gelu: It’s over, Beaver! I’m out of the «club», as dad came and discovered the whole
thing… [pause] Yeah, that’s it! From now on you’re on your own with
the boys! We cannot see each other but in week-ends. And, you’ll laugh, but
I made myself noticed since my first day after the big come-back: I’ve got a
high grade at Romanian 2 on a drawing! [pause] Wait, man, don’t laugh! It was
a possible illustration to a Romanian novel! That’s it, I found my calling – I’m
going to be book illustrator! Good for me, you say? Well, for this you have to
read the book, old man, so first I’ll do some research. I’ll get two in one, won’t
I? I relax, I do what I like and I get advantages… for school. Well, what do you
think, is it worth? I really start enjoying it. And, so you could marvel to the
end, I’ve received a first order for the theatre play setting of the Christmas production!
What are you saying? [probably protests are heard on the phone] If we
are meeting tomorrow? No, I cannot, man, I have to do all these. Not even on
Thursday, as we pass to a new subject and I’m the class illustrator, remember?
446

I don’t know… Maybe on Saturday… No, man, nothing happened to me, I
haven’t gone crazy; I just have work to do. And next week… [he checks his new
notebook] neither! Exams begin! Maybe on holiday… [worried] Beaver, hello,
are you still there? Hello? Hello! [he throws the phone aside] Good riddance! You
can’t understand, «you’re stupid», as one character said… whose character?
I used to know this once… [he starts looking ardently through the textbook].
I’m having a memory-slip! But I’ll solve it. Maybe someone is still at the
school library… Or I’ll look it up on the internet… Anyway, I have to trim
myself with the subject matter! [he searches his backpack] And I cannot find
anything in here… Come on, starting with tomorrow I’ll be back among the
living! [towards the other colleagues and seemingly towards the whole world]
Folks, take care I’m coming! [he finds the black T-shirt with skulls inside the
backpack, then to a class mate, sitting at the desk behind him] Vlad, don’t you
want a T-shirt to add to your collection of oddities? [he laughs bitterly] No, I
don’t need it anymore. Take it and then tell me what’s our Romanian homework
for tomorrow.
Note
1. Tutor: the teacher in charged with one class of students.
2. Romanian language and literature classes.
447

School abandon of a 12 year-old girl and the story of her family
COORDINATOR
Oproiu Natalia
ASSISTANT
Dinu Elena
CO-AUTHORS
Hîrtopanu Florentina, Drăgulinescu Andreea Mihaela, Munteanu Răzvan Andrei,
Dobre Geo Valentin, Dobre Marius Florian, Genunche Bianca Mihaela,
Popa Lucia Ana-Maria, Ungureanu Cristina
Characters
Mother, Mrs. Voicu: 35 years old, strong personality, full of criticism and advice.
Father, Mr. Voicu: 40 years old, caring, severe, harsh, full of criticism.
Raluca Voicu: their 12 year-old daughter, beautiful, brown hair, green eyes, slightly
amenable, loving.
Ana Voicu: their 10 year-old daughter, brown hair, green eyes, full of criticism.
Raluca’s friend (Roxana): 12 years old, thorough, but also happy, funny.
Roxana’s boyfriend (Dragos¸): 17 years old, immature but responsible, loving.
Ana’s friend (Mihaela): 10 years old, full of advice and criticism.
The headmaster: 45 years old, strong personality, objective, full of advice and
criticism at the same time.
The doctor: 48 years old, precautious, caring, full of advice and criticism.
448

SCENE I
At home, in the kitchen of Voicu family
Setting
Table, glasses, chairs, fruit (apples, bananas, oranges).
The narrator: Raluca is twelve years old and she is the elder daughter of Voicu
family; Ana is ten and she is the younger daughter. The girls have a discussion
with their mother at home.
Raluca: Mum, I’m going to Roxana, my colleague, to do a biology project. Byebye!
Mother: All right, you may go, but don’t come home later than 9 am, as you’ll
upset your dad.
Ana: Can I go also to Mihaela to play?
Mother: Raluca doesn’t go to play; she’s going to do a biology project. When you
grow up, I’ll let you go too.
Ana: It’s not fair what’s going on.
SCENE II
Raluca at Roxana’s house
Setting
Clothes everywhere, lipstick, make-up, perfumes, hair spray…
The narrator: Raluca arrives at Roxana’s house, who invites her to go to a party
to have fun.
Raluca: Hi, Roxy! I’ve come to do the biology project.
Roxana: Hi, Raluca, I’ve already done it. Come with me to a party to have a little
fun! Here you have a dress, make-up, lipstick… put some make-up on and
let’s go!
Raluca: Wait a little! I have to tell mum we haven’t finished the project and I’m
staying at you overnight so she doesn’t worry. [on the phone] Hello! Mum, I
have a lot to write at this project and I’m staying overnight at Roxana’s… to
finish it as I have to hand it in until tomorrow… and you know what my
grades are.
Mother [on the phone]: From my side, you may stay, but what am I going to say
to your father?
Raluca: Do not mind it! You’ll manage it. Bye!
Roxana: Ok, now let’s go to the party.
449

SCENE III
The party
Setting
Table, cassette-player, glasses, wine, beer, juices, coke, girls and boys.
The narrator: Arriving at the party, she meets Roxana’s neighbour.
Roxana: Raluca, he is Dragos¸, my neighbour.
Raluca: Hi, Dragos¸, nice to meet you!
Dragos¸: Hi, Raluca! What a beautiful name…
Roxana: I’ll leave you two alone. I’m going to drink something.
Dragos¸: Since when have you known Roxana?
Raluca: For a long time, we are desk mates.
Dragos¸: Aha…well, then why haven’t I seen you with her in the neighbourhood?
Raluca: Well… dad doesn’t quite let me go out. Also I’m studying canto and I
don’t have enough time.
Dragos¸: Do you like singing? Do you want to become a star?
Raluca: Yes, I like singing a lot and I need lots of rehearsals to become a star.
Dragos¸: Let’s drink something! Coke, beer, wine… I’m drinking wine, do you
want some?
Raluca: Yes. How old are you, Dragos¸?
Dragos¸: I’m seventeen. What about you?
Raluca: I’m twelve and I have a sister who is ten.
Dragos¸: I’m the only child. Don’t you want to retreat to a quieter place?
Raluca: Yes, I prefer quietness.
The narrator: Raluca and Dragos¸ retreated to the bedroom and after two hours
of searching, Roxana finally finds them.
Roxana: Where have you been hiding? I’ve looked for you everywhere.
Dragos¸: We retreated to a more quiet room as the music gave us a headache.
Roxana: Raluca, are you ok?
Raluca: I have a slight headache.
Roxana: Let’s go home! Dragos¸, we’re leaving. Bye!
Dragos¸: Shall I accompany you home?
Roxana: No, thank you.
450

SCENE IV
The parent’s dialogue at home
Setting
Table, glasses, chairs, the teapot, fruit…
The narrator: While Raluca was at the party, her dad returned home from work
at 11 am and asked his wife.
Father: Where is Raluca?
Mother: Raluca went to do a biology project at Roxana, her colleague.
Father: And why hasn’t she returned till this hour?
Mother: She called to tell me she hadn’t finished the project and was staying at
Roxana.
Father: And why haven’t I been informed? I said she wasn’t allowed to sleep
overnight!
Mother: But she’s her school mate…
Father: I don’t know if the mate is a she… or a he, as I haven’t checked. We’ll see
tomorrow!
SCENE V
Raluca’s return home
Setting
Table, chairs, cups, milk, cereals…
The narrator: Next morning, Raluca came home, while her mum was at work.
Raluca: Good morning, daddy!
Father: It’s not good at all for you! Listen to me! Where have you been all night?
Since when are you sleeping overnight at your colleagues’?
Raluca: I spoke with mum and she told me I could stay at Roxana’s to finish the
project.
Father: Projects are not done at night, but during the day. At night you should
come home to sleep so in the morning you go to school rested. You’ll be
grounded for this.
451

SCENE VI
Raluca is pregnant (news given to Dragos¸)
Setting
Trees, flowers, plants…
The narrator: Raluca was feeling very sick at home and especially at school; she
had nausea, she was throwing up, her belly started to grow. Then her friend
Roxana advised her to go to the doctor to see if she was pregnant or to do a
pregnancy test. She didn’t go to the doctor as she should have taken her mother,
but she did a pregnancy test that got positive. She was desperate what her
parents would say, and mainly her boyfriend whom she hadn’t seen since the
party, as her father had grounded her. Four-five months had passed since the
party and the connection between Dragos¸ and Raluca was through phone only,
as her father used to take her to and from school by car. Raluca thought
about skipping school and meeting Dragos¸ to tell him about pregnancy.
Raluca: Hi, Dragos¸! We have to meet urgently; I have something very important
to tell you.
Dragos¸: Ok, we meet in 30 minutes.
Dragos¸: What’s happened? Why did you want to see me so urgently?
Raluca: We have a problem… I’m pregnant.
Dragos¸: Are you sure? How do you know?
Raluca: I’m very sure. I made the test and it’s positive.
Dragos¸: I love you and I want to keep the baby.
Raluca: And how am I going to tell my parents about the pregnancy? How will
they react?
Dragos¸: I love you and I want this baby, no matter what your folks will say.
Raluca: I love you too and I’ll think about how to tell them.
Dragos¸: Take care, we’ll speak on the phone.
SCENE VII
The news given to the parents
Setting
Desk, chair, computer, books, notebooks, pencils, pens, bookcase.
The narrator: Raluca doesn’t know how to tell her parents about the pregnancy,
but they find out instantly.
Ana: Raluca, why are you upset?
452

Raluca: Do you remember the night I spent at Roxana? In fact we didn’t study,
we were to a party where I met a boy named Dragos¸, whom I fell in love with
and now I’m pregnant.
Ana: What have you said? You’re pregnant? Are you crazy? Are you thinking
about what dad is going to do to you?
Raluca: I’m not interested, we love each other and we’ll get married.
The narrator: Mum interrupts the discussion.
Mother: What has happened? Whose marriage are you talking about?
Ana: Tell mum too what you’ve told me.
Raluca: That night I slept at Roxana’s to do the project, in fact I lied and we went
to a party where I met a boy whom I love and he loves me and now I’m pregnant
and we are going to get married.
Mother: What, you got pregnant? I trusted you…You disappointed me…Why
have you begun your sexual life at just twelve years old? Stupid child!
Raluca: I didn’t want it, but I drank something and I don’t remember…
Mother: Why didn’t you tell me when you called, I would have told you how to
protect yourself, there are so many contraceptive methods…
Raluca: We love each other and we’ll get married.
Mother: Are you of a different nationality or ethnicity, where girls marry and
give birth at eleven-twelve years old? You’re Romanian, European; girls get
married after they come of age. After graduating school they have a job, build
a career in life and only after these they think about marriage. You’ll see when
you dad finds out!
Father: Find out what?
Mother: She lied about that biology project when she stayed at Roxana’s overnight;
in fact she spent the night with a boy… And now she is pregnant with him.
Father: How could you do something like this? Are you out of your mind? Pregnant
at 12 years old? Go immediately to hospital and have an abortion!
Raluca: I don’t want to have an abortion, I don’t want to kill an innocent child
and now it’s too late. I love Dragos¸ and we’ll get married.
Father: You’re getting married at 12? Are you crazy!? First you have to finish secondary
school, high school, university and then marry, not now. But if you
want to give birth, you have no place in my house… Go to your boyfriend and
stay there! You’re no longer my daughter! You don’t exist for me anymore, as
you didn’t listen to me.
The narrator: Raluca packs her luggage to go and calls Dragos¸, her boyfriend.
Raluca: Dragos¸, dad found out about my pregnancy and kicked me out of the
house. What shall I do?
Dragos¸: No problem, you’ll stay at my place. I’m coming to pick you up.
453

SCENE VIII
The meeting with Roxana
Setting
Trees, flowers, plants…
The narrator: Raluca moved to Dragos¸. There she gave birth to a boy when she
was thirteen years old. Meanwhile she dropped out of school, dedicating her
time to raising the child. But one day, while walking in the park with the baby,
she meets Roxana, her colleague.
Roxana: Hi, Raluca! How are you? Why haven’t you come to school anymore?
Why have you abandoned school? Why haven’t you called me at all? Your
parents said you were away. Who’s this baby? He isn’t yours, is he? Or is he?
Didn’t you have an abortion?
Raluca: Too many questions, I’m having a headache… He’s my cousin and I
have to take him home to his mother. Sorry but I’m in a hurry. I’ll call you to
set a meeting. Bye!
SCENE IX
Mum goes to Raluca’s school following the headmaster’s request
Setting
Desk, computer, agenda, pen, flower pots.
The narrator: Mum lied to her daughter’s teacher who kept on calling her to ask
about Raluca, that she was abroad with an aunt. The headmaster called her to
come immediately to school to clarify Raluca’s situation.
Mother: Good afternoon, headmaster! I’m the mother of Raluca Voicu and I’ve
come following your request.
The headmaster: Good afternoon, Mrs. Voicu! I’ve asked you to come regarding
Raluca’s school situation of. As you know, Raluca hasn’t come to school
for a long time, she has many absences and she has to repeat the class. I’m sorry
as she is a very good and talented girl, she studies canto, but these are the circumstances.
She doesn’t have grades due to absences in the first semester, and
during the second semester she hasn’t come at all.
Mother: Headmaster, you should know: my daughter has abandoned school as
she got pregnant, without our knowledge. I believe in the meantime she gave
birth… I don’t know anything about her… as her father threw her out of the
house and at present she doesn’t live with us; she lives with her boyfriend.
454

The headmaster: How could something like this happen to Raluca who is only
12 years old and has such a strict parent?
Mother: She said she was going to a colleague to do a biology project… Everything
happened there… Unfortunately we also found out too late.
The headmaster: I’m sorry for all that happened. Maybe you are also too severe
and that is why these things have happened. In life we have to offer children
some freedom of knowledge and expression, to differentiate by themselves the
good from the bad. As a consequence of these happenings, I hope it were a lesson
for Ana.
Mother: We’ll be more careful with her.
The headmaster: Good-bye, Mrs. Voicu! Thank you for being able to come and
I’m sorry she had to abandon school. Now all you can do is to support her
with her talent as she has an amazing voice.
Mother: Thank you for understanding and your advice. Although he’s a strict
man, I’ll try to communicate efficiently with my husband for Raluca’s benefit.
SCENE X
The sister’s dialogue
Setting
Table, chairs, glasses, appetizers on the table.
The narrator: Over two years, Raluca comes home while her parents where absent
and is talking with Ana, her sister, who did the same thing as she… She
got pregnant at twelve years old.
Raluca: Ana, how are you? I’ve come to see you as I was missing you.
Ana: Hi! I don’t feel very well, my belly hurts and I didn’t have my period… I’ve
got nausea… I think I did the same thing as you, I got pregnant!!!
Raluca: And what are you going to do? I hope you don’t plan to have an abortion!?!
Ana: I don’t know what I’ll do, but I’m sure I won’t do the same thing as you:
dropping out of school! I won’t abandon it. Dropping out of school didn’t
help you.
Raluca: It’s your choice. Do as you want! But think about it, it’s a baby life involved,
an innocent soul whom you want to kill!
Ana: I’ll think better about the situation I’m in now.
Raluca: I’d better leave until our parents return home. Bye and we’ll see each
other! Take care what you’re doing.
455

SCENE XI
The friend’s dialogue
Setting
Table, chairs, juice bottles on the table, pizza.
The narrator: Ana went to Mihaela, her friend, to confess a secret.
Ana: Hi, Mihaela! It’s so good we’ve met as I have to tell you a secret and maybe
you can give me an advice.
Mihaela: What’s your secret and how can I help you?
Ana: I’m pregnant and I don’t know what to do… To keep the child or to have
an abortion?
Mihaela: How did you get pregnant? Why didn’t you protect yourself? Do you
want to do as your sister and abandon school? Do your parents know?
Ana: No, I don’t know and I don’t want to drop out of school. I want to build a
career.
Mihaela: In this case you should talk to your mum and have an abortion.
Ana: Yes, unfortunately this is the only solution.
Mihaela: As if your father finds out he’ll throw you away too as he did with your
sister. Quickly tell your mum and have the abortion!
Ana: I’m going home right now and I’ll tell mum to go to the doctor.
Mihaela: Ok, Ana! Let me know what you’ve done. Bye!
Ana: I’ll do this. Bye!
SCENE XII
Mother’s dialogue with Ana
Setting
Table, chairs, plates, glasses, cutlery…
The narrator: Ana comes home in a hurry and tells mum the big secret.
Ana: Mum, I have something very important to tell you.
Mother: What happened?
Ana: We have to go urgently to the doctor as my belly hurts and I have nausea; I
don’t feel very good.
Mother: I hope you’re not doing as your sister, telling me you’re pregnant?! But you
knew about the contraceptive methods and the condom man has to use when…
Ana: Mummy, I don’t think I am, I’m just sick. That’s all.
456

Mother: All right, we’ll see.
The narrator: Mum tells dad she’s taking Ana to the doctor as she needs to do
the annual medical tests.
Mother: I’m going with Ana to the doctor for the annual tests she has to do.
Father: Shall I take you by car?
Mother: No, thank you. We’ll walk to do some exercise.
Father: All right! Then call me to come after you.
Mother: All right, dear!
SCENE XIII
The visit to the doctor’s
Setting
Desk, prescriptions, pens, computer, sterile gloves, blood-pressure meter,
thermometer, sterile medical tools, bed.
The narrator: Mum arrives at the gynaecologist’s and enters with Ana.
Mother: Good afternoon, doctor!
The doctor: Good afternoon! What is your problem?
Mother: I’ve brought my daughter for a checking as she complains about abdominal
pains and she didn’t have her period. I’m afraid she doesn’t do as her
older sister… To get pregnant at twelve years old!
The doctor: Twelve years old? So little? How’s this possible? I have to examine
you. Madam, please go to the waiting room and I’ll let you know after the examination.
The narrator: After ten minutes, the doctor let mother know she can enter the
consulting room.
The doctor: Please, Mrs. Voicu, come in! Your daughter is two-month pregnant.
What are you planning to do?
Mother: Well, she did just like her sister… Maybe it’s her father’s fault too as he
kept them at home and was too severe with them.
The doctor: Too much severity is no good either, nor too much freedom. The
children should be controlled, checked, not confined in the house, as then
they misbehave.
Mother: If her father finds out, he’ll throw her out of the house like he did with
her sister. I suggest you do her an abortion.
The doctor: It’s a little risky for such a small age. I’ll do my best to end it well.
From a psychological point of view, she’s finished as she kills her own baby.
My advice is to take her to a psychologist after the abortion for her soul peace.
457

Mother: Thank you very much for your advice and suggestions.
The doctor: Ana, please come in and tell us what you’ve decided? I spoke with your
mother; she knows you’re pregnant. You have to take a decision together.
Mother: How could something like this happen? Did you follow your sister’s example?
Didn’t you now about the methods of protection? Contraceptives
pills, condoms…
Ana: Mum, stop lecturing me, now that’s too late! It happened… It’s important
dad doesn’t find out and to have the abortion done… I don’t want to abandon
school like my sister did… I want to continue my studies.
Mother: Doctor, please tell me how much it will cost me?
The doctor: The prices are posted on the door.
Mother: Very expensive! But what shall I do? My daughter’s stupidity must be
paid for.
The narrator: After a couple of hours of waiting, mother enters the consulting
room again and asks the doctor:
Mother: Doctor, how’s my daughter? Is she well? Can we go home? As her father
called me to ask why we weren’t going come home? He’s worried.
The doctor: She’s well now, but before reaching home, stop at a drugstore’s and
buy this prescription with antibiotics so she doesn’t get an infection; and I’ve
recommended her some contraceptive pills for the future.
Mother: Thank you very much.
SCENE XIV
The parent’s dialogue
Setting
Table, chairs, beer, glasses…
Father: Where have you been so long?
Mother: At the medical test… We were waiting for the result…
Father: And what’s wrong?
Mother: She has a slight anaemia. We went to the drugstore too to buy her the
medicine prescribed by the doctor.
Father: Is it serious? What medicine?
Mother: It’s nothing serious. They are vitamins for strength and iron supplements
for anaemia.
458

SCENE XV
Ana’s meeting with Mihaela
Setting
Trees, flowers, plants…
Ana: Hi, Mihaela. I’ve listened to your advice and I went with mum to the doctor
to have an abortion.
Mihaela: I’m happy you didn’t abandon school as your sister did, but I’m sorry
for that innocent baby soul that you killed.
Ana: I know it’s not good that I killed a baby but it was the only way I could continue
my studies and build a career later.
Mihaela: It’s good you can continue your studies, as later on you can have children.
Take care how you protect yourself so it doesn’t repeat.
Ana: I’ve got contraceptive pills from the doctor. Bye! Kisses!
Mihaela: Kisses, bye!
SCENE XVI
The sister’s meeting
Setting
Desk, computer, notebooks, books…
Raluca: Ana, how are you? What have you done with the pregnancy?
Ana: I went to the doctor with mum and I had an abortion.
Raluca: You made a big mistake killing an innocent soul!
Ana: Yes, I made a mistake but I haven’t abandon school as you did. Now I can
build a career… I’ll have a family later on… not now.
Raluca: Don’t worry, as many talents with no university have become stars.
Thanks to my talent I can also be successful in life and become a big star.
Ana: I’m happy for you. Dragos¸ loves you, takes care of you and you’re happy.
Dragos¸: It’s very good you can finish school and build a career.
Raluca: I’m happy that you can continue your studies, but at the same time I feel
sorry for that baby soul you killed. We’ll talk. Now we’re leaving. Bye!
459

SCENE XVII
The end – dialogue within the family
Setting
Table, chairs, fruit, sweets, jugs, glasses…
Father: Taking into consideration what happened to your sister, that is abandoning
school due to the pregnancy, I don’t want this repeat with you too. As
long as you don’t lie to me and you’ll follow your student tasks, I’ll help you
with everything you need.
Ana: I won’t abandon school as she did. I’ll finish my studies and only afterwards
I’ll think about marriage and family.
Father: I hope it’ll be like this! It’s for your own good.
Mother: I hope it’ll be a lesson for later on, not making the same mistake as your
sister. I believe you have grown up and learnt from mistakes. You know
that saying: «People learn from their mistakes»! I hope it’s valid for you too.
460

Characters
This is not a fairytale
COORDINATOR
Anca Florea, «No Abuse» Association, Bucharest
AUTHOR
Alexandru Stoica, 9 th grade
Spike, a 15 year-old teenager.
Spike’s mother, a hard-working woman, but bored with life.
Tony, Spike’s best friend and his class mate.
Flori, good friend with Tony; attends the same school.
Maria, friend and class mate of Flori.
Mr. Badea, Spike’s father, a money loving man.
Alexandra, Mr. Badea daughter, Spike’s step- sister.
Costin, Mr. Badea’s son and Alexandra’s brother; also, Spike’s step-brother.
Three students.
The teacher.
SCENE I
Bucharest. Students in the 8 th grade 1 are about to have the test. Agitation. Bustle.
Desks are moved.
Student 1: Man, I need help! Move this desk closer to me!
Student 2: And what if he catches on?
461

Student 1: Stay calm… He won’t… Grab this!
Student 3: Not like this… Push a little! That’s it…
Enters the teacher carrying the tests.
Teacher: Here I am! Come on, that’s enough, silence! Fill in the right corner of
your sheet… You know by now… Your name and surname, father’s and
mother’s name and surname, school etc… Don’t make mistakes!
Spike: What if I don’t have a father…
Teacher [bored]: You cross it…
Student 1: This one doesn’t have a father, man?
Student 2: I don’t know…
Student 3 [laughing]: What’s the big secret, man?
Suddenly Spike stands up and facing the hall, starts singing on hip-hop rhythm. During
this performance, the stage swings, and the indoor of an apartment shows up instead
of the classroom, including the front door too. On the floor there are scattered papers,
clothes, and dirty plates.
Spike [sings on hip-hop rhythm]: Since I was a kid I’ve lived in a secret.
My life… was an accident.
Mother… raised me by herself,
«Father» is not a pleasant word.
I stood strong further on
Thinking «Hope doesn’t die».
And I know I’ll find out all
This is my only purpose.
Spike enters the house at the same time as his mother. She starts gathering the scattered
papers and the plates from the floor, while he stares at her.
Mother: Spike, what’s the matter?
Spike: I’ve wanted to ask you something for a long time, but I didn’t have the
courage. Something about my father… I’ve never asked you.
Mother: What?
Spike: Where is he? Who is he? And… why did he leave me?
Mother: Why exactly now!?!
Spike: Mum, I’ve been living in a secret for fifteen years. In fact… I’m a secret.
I don’t know my past; I don’t know who I am… I’ve had enough!
462

Mother: Neither do I know very well who he is… I mean I didn’t know… Until
I found out…
Spike: How did you and father meet?
Mother: I was at university… And I met a wonderful man… your father.
Spike: Did you love father a lot?
Mother: Yes… but in time he changed… We saw each other once in a blue
moon… And when I told him I was pregnant…
Spike: He left…
Mother: Yes…
Spike: Why did he left? Why didn’t he want me?
Mother: Because… he also had a secret I found out very late.
Spike: And… what’s the big secret?
Mother: What’s the use in knowing it?
Spike [as for himself]: Too many secrets… There are too many secrets…
Mother: He had a double life: he already had a family! Spike…
Spike: So… is it possible I have other brothers or sisters!?!
Mother: Yes, probably… But I don’t know anything about them.
Spike: But… his family name?
Mother: Badea. Although don’t think about the man on the 2 nd floor as it’s not
him!
Spike [laughing]: That fat one? [seriously] And… did you leave it like this? Didn’t
you try to stop him from leaving?
Mother: I didn’t know he wanted to leave. He left one night. He just disappeared…
He only left to me the note saying he was leaving; and… that he has
another family.
Spike: You’re saying he was a good man… wonderful, but… What good man
would leave his child grow up by himself?!
Mother: You’ll see love is blind… I loved him back then… But it didn’t count
for him. The other family was more important.
Spike: Mum, I’m decided to look for him!
Mother: Why do you want to look for him if he left you?
Spike: As in life everything is paid for!
He exits.
Mother: How was your test?
Spike [showing his head through the door]: Good…
463

SCENE II
IT&C class. Students are dressed in uniforms, while underneath one can see the street
clothes: jeans showing through the unzipped trousers and coloured T-shirts under the coats.
Tony: Spike, my man, let’s play Counter Strike.
Spike: Not now, Tony. Log in a little on Facebook.
Tony: Let’s play, man. What on earth do you want to do on Facebook?
Spike: I want to see if my father has pictures.
Tony: What father, man, you don’t know him. Do you know at least how he
looks like?
Spike: No, man, but I spoke with mum and I know his name. And I think he
looks like me.
Tony: And do you really want to look for him? What if he’s homeless?
Spike: I may find my siblings at least… Would you help me?
Tony: Ok… Facebook it is!
The bell rings for the break. Many students enter the scene, among them Maria and Flori.
Flori: Tony is cute, isn’t it? What do you think?
Maria: Yes, he is cute. Why, do you want to get together?
Flori: We’re friends… but… I’d like something else too…
Maria: Well… try to talk more with him!
Flori: And… what shall I tell him? That I like him? It sounds strange…
Maria: Then wait for him to make the first move…
Flori: As far as him, I can wait an eternity… Do you think he’ll like my new short
jeans?
Maria: I don’t know. Let’s see!
She unzips her uniform skirt and remains in short jeans.
Tony: Hi Flori! How are you?
Flori: I’m fine, I have IT&C classes. How are you?
Tony: I’m going for a walk with Spike, as our next class is Religion.
Spike draws Tony to one side.
Spike: Who’s the girl next to Flori?!
Tony: She’s her friend. Her name is Maria. Why are you asking?
464

Spike: She’s very pretty and… I don’t know why but… I feel strange.
Tony [laughs]: Maybe you’re in love!
Spike: …
They both come closer to Maria and Flori.
Tony: Maria – Spike.
Spike: Nice to meet you.
Maria: Nice to meet you too!
Tony draws Flori to one side and leaves holding her arm.
Spike: …
Maria: …
Spike: Are you… best friend of Tony?
Maria: Flori is getting along much better with him. We are just pals.
Spike: Do you think it’s something going on between them?
Maria: I don’t know for sure, but they spend much time together. I think Flori
would like it but she wishes Tony would say something.
Spike: I think he likes her as much as…
Maria: As what?
Spike: Listen, I’ve been thinking… if you want… to go out for a cake all four of us.
Maria: But I’ve got classes…
Spike: Anyway you don’t do anything at IT&C and I have Religion… so…
Maria: I don’t know… If Flori wants too, then we go.
Enter Tony and Flori.
Tony: Have you decided? Are we going out… «as family»?
Exit all.
SCENE III
Springtime. In the park. Spike and Flori sit on a bench… Tony enters.
Tony: Children… I’ve brought you sunflower seeds, juice and… cigarettes just
for parents [he laughs and lights a cigarette].
465

The phone rings. Spike answers.
Spike: Yes, sweetie.
Maria [voice on phone]: How are you, sweetie? Where are you?
Spike: I’m fine… I’m in the park with Tony and Flori. We are all here. You
should come too!
Maria: But we are having a test! You should come to school too!
Spike [reciting]: It’s too nice outside / To stay in school inside…
Maria: I know…but…
Spike: Come on, girl, come! Forget the bloody test!
Maria: I don’t know… Pass me Flori a little.
Flori: Girl, how are you? Are we having a test today?!!
Maria: Yes. At Romanian. Aren’t you coming?
Flori: I’m with Tony… You should come to stay with Spike… We’ve bought
juice…
Maria: Ok, I’m coming… Anyway, I know nothing much…
Tony takes Spike aside.
Tony: Man, I found him!
Spike: Whom?
Tony: I found your dad on Facebook!
Spike: Are you sure it’s him?
Tony: He looks exactly like you! It must be him! Lucian Badea…
Spike: And…where does he live? What does it say?
Tony: Here in Bucharest.
Maria [who has entered and stays behind them]: Who lives in Bucharest?
Spike: …
Maria: Spike?
Spike [kisses her]: Sweetie, I’ve missed you… [gives her a hug].
Maria: Stop changing the subject! It’s a girl, isn’t she?
Spike: No… Come and sit with us! I’ll tell you later.
The characters freeze, apart from Spike.
Spike [singing]: I’m not interested in school anymore.
I’ve got the affection I’ve dreamt of,
The real family I’ve hoped of,
As if God had comforted me.
466

And nothing will pull me to pieces again.
The aim is strong in my mind
And in the end father will see
That even without him, I’ve still achieved something!
SCENE IV
August. Evening. A terrace in Bucharest. Spike cleans off the tables. Mr. Badea reads
the newspaper sitting on one of the chairs.
Spike: Mr. Badea, do you need something else after I finish here?
Mr. Badea: Finish first and then we’ll talk.
Alexandra [enters]: Dad, mum calls you in the kitchen.
Mr. Badea stands up and exits.
Alexandra: Spike, shall I help you to finish more quickly?
Spike: No, I can manage.
Alexandra: Anyway I don’t have anything to do…
Spike: Ok… Then you can clean off those cups…
Alexandra breaks one cup and bends over it.
Spike: A… Let me help you. Careful you don’t cut yourself!
Alexandra: I’m sorry… I hope dad won’t get angry with you.
Spike: It’s nothing [he kisses her on the cheek].
Alexandra: And… your girlfriend doesn’t mind?
Spike: I don’t think so…
Mr. Badea enters. Alexandra exits with the cups.
Spike: Look, I’ve finished. Do you need anything else?
Mr. Badea: No. Thanks for your help.
Spike: What time shall I come tomorrow?
Mr. Badea: Tomorrow it’s closed. I’m taking my family out fishing. Maybe you
can come too…
Spike: Yes…I’d love to. Thanks a lot for the invitation!
Mr. Badea: Ok. Be here tomorrow at 5!
467

Spike: Is… Alexandra coming too?
Mr. Badea [laughing]: Yes, she’s coming too.
Spike: I see. Good evening! See you tomorrow.
Exits Spike.
Mr. Badea: Mai Alexandra, come here a little to talk with you!
Alexandra [from the backside]: Yes, daddy, tell me [she enters].
Mr. Badea: I’ve seen you hang about Spike a lot.
Alexandra: Well… yes…
Mr. Badea: Do you like the guy?
Alexandra: Honestly… daddy… yes. I think he’s a very good guy. [to herself] As
if I know him for a long time…
Mr. Badea: Yes, he’s a good guy… hard working. And he doesn’t cost me a lot…
It would be good for me having him around…
Alexandra: Meaning…What are you saying?
Mr. Badea: Nothing, only that it seems to me you get along well…
Alexandra [quickly]: Yes. We get along very well!
Mr. Badea [thinking]: I’d like your brother to be as hard working as he is…
Mr. Badea exits. Spike enters from the right corner of the terrace. Alexandra remains
on the left side. They both sing.
Alexandra: I’m head over heels in love…
Spike: Will my secret be found?
Alexandra: I feel he’s hiding me something…
Spike: I wonder if she knows already.
Alexandra: I don’t know why but I feel strange.
Spike: She’s the sister I’ve dreamt of…
Alexandra: And soon I’d have to tell him…
Spike: That I’m actually her brother.
SCENE V
MacDonald’s. Afternoon time. Maria and Flori sit down on chairs at the terrace.
Flori: Listen, girl, did Spike pass the class?
Maria: No… he failed. He spends more time with you than in school…
468

Flori: He doesn’t spend time with us either… He’s busy with something else all
the time.
Maria: I’ve also noticed he has something on his mind. When I asked him, he
told me he had something important to do and he wasn’t interested whether
repeating the year…
Flori: I have failed Maths and Geography. I hope to pass them.
Maria: You should pass them, girl, so we’d be classmates next year too!
Flori: Anyway, if I fail I’ll be in the same class as Tony… [she smiles dreamingly].
Maria: How much you love each other…
Enter Spike holding Alexandra by hand, Mr. Badea and Costin.
Costin: Do ice cream and fish go along?
They all laugh.
Mr. Badea: Come on, sit down at a table. What do you want to eat?
They start pulling chairs and sit down.
Flori [open-mouthed]: Listen… Isn’t that Spike?
Maria: Which one?!
She turns around and looks where Flori is staring.
Maria [as if to herself, recites on hip-hop rhythm]: I can’t believe it / He cheated on
me, / When everything was perfect!
She stands up and passes by Spike in a hurry. Spike sees her and stands up in his turn.
Spike: Maria!?! Wait!
Maria [on hip-hop rhythm]: I don’t want to hear, it’s enough what I see! / So clear
you’ve answered to me now!
From now on all characters sing on hip-hop rhythm.
Flori: Leave her alone, Spike!
Alexandra: Who’s she?!
Flori: You be quiet, and stay aside!
Alexandra: Hey, I want to know what happened! / What trouble I got myself into.
469

Spike takes Maria’s hand.
Spike: Immediately I’ll explain everything.
Mr. Badea: Come on, let me hear!
Everybody [except Maria]: Yes, come on!
Maria: Whatever you say it’s useless!
She is about to leave.
Spike: Wait, / Don’t go away, / At least listen to my story!
Mr. Badea [stamps his foot]: No matter what you say, you’re fired!
Spike: Dad, take care not to have a heart-attack!
All: Dad!?!
Alexandra [looking at Mr. Badea]: Dad? Is this true? That is Spike is…
Spike [to Mr. Badea]: You thought you got rid of me. / But let me tell you something:
you’re wrong. / Don’t forget, in life everything is paid for! / I’m here to
remind you that!
Alexandra: I fell in love with my brother… / Father, you lied to me!
Mr. Badea: I don’t account to anybody! / Unless in front of God… / Do you
think you’ve solved something / By mocking my family?
Spike: I wanted them to see who you really are / Maybe you don’t love them either…
Alexandra: I don’t know what to think anymore…
Mr. Badea: Yes, maybe I did wrong with you, / But I loved my children!
Costin: Who’s this and what does he want?
Mr. Badea: Maybe he wants my fortune…
Alexandra: I can’t believe you’re thinking like this!
She goes next to Spike.
Spike: In my life I’ve learnt / That happiness has never been bought!
Maria: I’m sorry I haven’t listened to you! / I really didn’t know what had happened.
/ But I want to tell you that I love you!
Spike: I love you too!
Spike and Maria [together]: I promise not to make mistakes again!
They kiss. Maria is crying.
470

Spike [to Mr. Badea, and holding Maria by hand]:
What you’ve done I hope you’ll regret!
All these are not fairytales!
It’s a cruel world, full of bad people.
Unfortunately, you’re one of them!
But at least I’ve gotten closer to my sister,
After all this time, I can say I’m relieved.
And… let me tell you something else:
My friends became my family!
Time has come for me to leave, farewell.
Maybe now you will not forget about me again…
Spike, Maria and Flori exist together.
Notes
1. The last grade of the gymnasium (around the age of 14); at the end of the 8 th grade
students generally go to high school.
471

Everything is paid for
COORDINATORS
Georgeta Cristea – teacher, School no. 1, School no. 2 and School no. 6, Oltenit¸a,
Marina Ruse – teacher, «Ion Ghica», vocational school, Oltenit¸a
Characters
CO-AUTHORS
Paraschiv Adrian Florin, Velicu Daniel Cristian,
«Spiru Haret» school, Oltenit¸a
Daniel, student, 15 years old, home alone, parents left to Spain for work.
Adrian, friend of Daniel, 17 years old, modernly dressed.
Paul, friend of Daniel, 17 years old, modernly dressed.
Andreea, friend of the three boys, 17 years old, in a provocative outfit.
The English teacher, 45 years old, a solemn guy.
Cristian, Daniel’s uncle, his mother’s brother, 38 years old, worker with a
hard job, has recently finished high school in evening classes.
Policemen.
The old neighbour lady, in home outfit, with rolls in her hair.
The neighbour’s husband, also old, home outfit.
SCENE I
At Daniel’s house in the living room where there is a couch, a coffee table, an armchair,
the desk, the musical system and other objects and decorations typical for a modest living
room. Daniel enters with bags of bread, milk, detergent, opens them and arranges
them in their proper place. He turns on his cd-player and listens to music while gathering
the laundry for washing up. He quickly tidies up and cleans the house a little. He sits
472

down at the desk and studies the timetable, opens school books trying to study, without
much enthusiasm, for the subjects he doesn’t have grades for. The mobile phone rings.
Daniel: Hi, Adrian!
Adrian: How are you, buddy? How’s your life? You don’t show any signs!
Daniel: What can I say? I was a little busy; you know my folks are away!
Adrian: Well, this is great, bro!
Daniel: Yes and no! Tell me how I can help you!
Adrian: What are you doing right now?
Daniel: I was trying to study for English! I don’t have any grades as I’ve skipped
some classes and the teacher didn’t have when to listen to me.
Adrian: Come on, bro! Stop talking about studying! I want to come up to your
place!
Daniel: When?
Adrian: Now! I’m in the neighbourhood!
Daniel [stands up from the desk, closes the books]: Ok, come up!
The bell rings. Daniel goes and opens the door. Adrian enters accompanied by Paul
and Andreea.
Adrian, Paul, Andreea: Surprise!!!!!!
Daniel: Hi! [he shakes hands with everybody] It’s quite a surprise!
Adrian: We’ve finished classes earlier and we were in the mood for some fun!
Paul: And the truth is we haven’t met for two weeks…
Andreea: And I really wanted to see where you live.
Daniel: Make yourself comfortable! This is my house, but it seems too big for
me since my folks left. It’s not quite simple to take care of a house and yourself
on your own, but I’m trying to cope with it. Uncle Daniel, my mother’s
brother, helps me sometimes.
Andreea: I’m already bored with the household, although I’m only helping
mum! I dream of having a housekeeper who will do everything! I’ll spend my
time at the hairdresser’s, at the massage centre and mainly at shopping!
Paul: At my house grandma does everything. My folks are at work all day long.
Daniel: Mum and dad left as they didn’t have a choice. They didn’t have where
to work here. They only found temporary jobs with very little money. I agreed
with their decision as this way I can have what I want: a phone, laptop, cool
clothes…
Adrian: I’d love being home alone, do whatever I want, not to hear them all day
long pestering me.
473

Andreea: Somebody said something about having some fun!
Paul [takes out a bottle of booze and a pack of cigarettes]: I took money from grandma
as I know she won’t notice and here you have the ingredients for having fun!
Adrian: Bravo! Smart boy! Daniel, some glasses…
Daniel: Andreea, bring the glasses please!
Andreea [while going after the glasses]: You’re in charge of the music!
Daniel turns the music volume up. Andreea puts the glasses on the table, Paul pours
drink and each of the three guests lights a cigarette.
Daniel: We don’t smoke in our house. If mum sees this I’ll be dead!
Adrian: But don’t your folks know you’re smoking?
Daniel: Well I pretty much don’t smoke! I even tried giving it up for good.
Paul: You’re such a dupe! What can be cooler than booze and a good cigarette?
Andreea [dancing, offers him a cigarette]: Come on, stop behaving like a saint!
Take one cigarette!
Daniel: Ok, be it!
Adrian lights up his cigarette. They all toast: Cheers!
Adrian: Mamma mia, how good is the cognac!
Daniel: I’ll drink just a little as I have to reach school, at least for the English class.
Paul: Forget school, bro! Let’s paint the town red!
Adrian: Go only for the English class!
Daniel: Anyway I should have been at school already! But I have English class in
two hours. I’ll go there and see how I’ll manage.
Andreea [dancing lasciviously challenges the boys to dance]: We’d better dance!
They all dance, smoke and drink at the same time. Party atmosphere. When the fun is
at its height Daniel’s uncle enters, the one committing to supervise the nephew while
the parents are away. Embarrassed the four youngsters stop dancing and try to hide
the glasses and the cigarettes, dissipating the smoke with their hands.
Cristian [ironically]: Don’t bother! Continue the party!
Daniel stops the music and is embarrassed by his uncle showing up.
Daniel: You know, I was just getting ready to go to school!
Cristian: I believe you! I’ve even noticed this! By the way! What time is it? Weren’t
you supposed to have been at school to a certain class?
474

Daniel: Well…
Cristian [to Daniel]: No «well»! Go to school immediately! [to the guests, pushing
them towards the door]: Fun is over! Good-bye!
Daniel: You should know they invited themselves to my place!
Cristian: And you were so kind and accepted it!
Daniel: They are my friends! Am I not allowed to have friends?
Cristian: You’re allowed! Pity I cannot congratulate you for the quality friends
you have.
Daniel: What do you mean?
Cristian: That you’re repeating my mistakes! Also with my friends’ «help» I didn’t
finish school in time and I restarted it when 30 years old. I had to work and
finish my studies at the same time. I hardly found something to work; I had to
accept anything on little payment. And all those made me spend too little
time with my family, and with my son. Do you think it was easy?
Daniel [while preparing his schoolbag]: This won’t happen to me! I will not do
like you!
Cristian: Today you did exactly like me 20 years ago!
Daniel: It only happened today! I’ll not drop out of school for my friends!
Cristian: You’re right. You won’t give it up! But have you thought school might
give you up?
Daniel: How can school give me up?
Cristian: With your help and that of your friends! Have you heard about being
expelled?
Daniel: Why should I be expelled? Only those with behaviour problems are expelled.
Cristian: And those with absences!
Daniel: Ok, ok, ok… I’m going to school and rest assured I won’t repeat your
mistakes!
Daniel leaves for school.
SCENE II
At school, during break. Daniel has school break while he receives a call from Adrian.
Adrian: Are you really planning to stay at school? Your uncle has left. Be serious,
he won’t pass by your place anymore!
Daniel: I don’t know…
475

Adrian: Come on, sucker, let’s finish what we’ve started!
Daniel: Where are you?
Adrian: We’re at the pizza’s around the corner. We’re waiting for you! Don’t say no!
Daniel: Let me see what I can do…
He ends the call. He looks after his English teacher in the hall, goes towards him and
approaches him.
Daniel [holding his jaw]: Teacher, please, can I have a leave of absence for the
English class as I have a dentist appointment!
The teacher: You know today you’re having the test and you really don’t have enough
grades!
Daniel: Yes, I know, but you see it’s a serious problem. I haven’t slept for two
nights.
The teacher: You don’t seem tired!
Daniel [mimicking pain]: I swear to you this pain is an ordeal!
The teacher [looking suspiciously]: All right, go, but it’s the last time you miss out
English. You’ll have to get ready as you don’t have any grades and need to take
the tests.
Daniel: Thank you! I promise you not to miss out classes anymore and do my
lessons!
He dashes, takes his backpack with books and calls Adrian.
Daniel: Adrian, it’s done! I’m coming right away!
SCENE III
At Daniel’s house, they all enter through the door very happy and sit on the armchairs
and on the couch. Daniel arranges the glasses and booze is served. Cigarettes are lit
and they toast.
Andreea: Turn the music louder!
Daniel: I think it’s loud enough. I have some awful neighbours. They are two
spying and grumbling old heave-hoes.
Paul: Give me a break with your old heave-hoes!
He goes and turns the music louder. Party atmosphere with dance, booze and cigarettes.
The neighbour lady knocks desperately on the door. She insists but receives no answer.
476

The neighbour: Daniel, open up! This music drives me crazy! I want some
peace!
The neighbour’s husband [goes out in the hall and is very nervous]: The young
generation of nowadays! They no longer know what respect is! I’ll teach them
a lesson! I’m calling the police! [he calls the police]. Hello! Please come on Stejarului
Street, block A 20. It’s a party that disturbs the whole block, it’s a
chaos. We cannot rest.
Policemen come to the door and knock heavily. Inside the house the knock on the door is
heard. The youngsters get surprised. Daniel turns off the music and goes to open the door.
Daniel: Hello! How can I help you?
Policeman 1: We want to talk to your parents.
Daniel: They’re not at home.
Policeman 2: Hello! I’m inspector Corneliu from the Community Police. What
you have done is called disturbance of the public order and you receive a fine
of 100 for this. Your name please!
Daniel: Please, understand, this has never happened before.
Policeman 1: We want to speak to your parents. What’s your name?
Daniel: I’m Daniel Nicolescu. My parents are away at work in Spain.
Policeman 2: Who takes care of you? What adult can we get in touch with?
Daniel: My uncle, Cristian Ionescu.
Policeman 2: What’s his phone number?
Daniel: 0599.468.320.
Policeman 1 [calls Cristian]: Inspector Popescu from the Community Police.
We ask you to come to the apartment from Stejarului Street where your
nephew Daniel lives. There are some problems.
The uncle enters the living room and is very surprised of what he sees.
Cristian: What’s going on?
Policeman 1: We’ve been requested to come by the tenants as the block was at
roar with very loud music from this flat.
Cristian: Daniel, you should have been at school! What happened?
Daniel looks embarrassed and is quiet.
Cristian [looking towards the three guests]: And what are you doing here? I’ve previously
sent you away!
477

Adrian, Paul and Adreea look down.
Policeman 2: We’ll call their parents to the police station too. They will also receive
a fine for inciting to disturbance of public order. What are your names?
He writes down in his notebook the names of the three.
Cristian: I’m extremely disappointed by the way you behaved, Daniel. You’ve
skipped classes, you lied to me, and you succeeded in getting a fine… Quite
a group of friends… I don’t know how to «congratulate» you all!
The policemen and the three youngsters leave Daniel’s house. He remains with Cristian,
who sits on the couch.
Cristian: What can you say? What will your parents say when they find out
about the fine?
Daniel: I’m sorry!
Cristian: Can I trust you anymore? «I’m going to school and rest assured I won’t
repeat your mistakes!».
Daniel: Please forgive me! I realize what a mess I’ve done. Neither mum nor dad
will be permissive with me, I really deserve it! They won’t send me pocket
money anymore.
Cristian: The biggest problem is that you don’t assume your responsibilities. Your
attitude towards school and your future is completely irresponsible. Do you
think you can cope without school?
Daniel: I know I’ve disappointed you, I’m sorry! I’ve disappointed all of you. I
cannot blame my friends. I’m to blame. I’ve made a bad choice. If I had stayed
at school, none of these would have happened.
Cristian: Everything is paid for. With a fine of 100 , and also in a different way.
You’ll come every day to our place to do your homework and I’ll speak daily
with your teacher to check your academic situation. I know it’s unpleasant,
but you made me do it and I’ll do it until you prove you have understood what
your responsibilities are! By the way, discotheque is forbidden in weekend!
Cristian leaves and Daniel sits in the armchair.
Daniel: That’s exactly what I deserve! At least I’ll have time for my English
homework…
478

Characters
Destiny
COORDINATOR
teacher Florentina Necula, school no. 6, Oltenit¸a
CO-AUTHORS
Dumitru Cociu, Marian Salim, school no. 6, Oltenit¸a
Mirela, student.
Mirela’s grandma.
Mirela’s father.
Mirela’s stepmother.
Mirela’s biological mother.
Nicu, Maria, Mirela’s younger siblings.
Mirela’s school mates.
One of Mirela’s teachers.
SCENE I
At home, in one of the rooms, Mirela is doing her homework at the table. In one corner
Mirela’s younger siblings are playing with some old toys. Mirela’s grandma enters,
walking with difficulty, holding a bunch of laundry and the ironing machine.
Grandma: Mirela dear, what are you doing?
Mirela: I’m doing my Maths homework. We’ll have a test tomorrow and the
teacher told me she would give me an extra point if I had all my homework
479

done. I’m fretting with one bloody exercise. But grandma, what are you doing
with those laundries? [she stands up, takes the laundries from her and sets them on
the bed] Leave them! I’ll iron them later. Get rest, you know you haven’t been
feeling very well these days.
Grandma: No, I’ll iron them. You’ve done enough for today, you cooked, you
washed after these little ones, and you swept away the kitchen… Don’t mind
it, do your homework so the teacher wouldn’t get upset.
Mirela: And who do you want to carry them out? You’re old and sick. And that
stupid Margareta spends all day begging. What shall I say about dad?
Grandma: What is she supposed to do? We don’t have money. She does what
she can.
Mirela [returning to the table grumbling]: We don’t have money, we don’t have
money. I know what she does with the money. She’d better stay at home and
do some chores. But she’s lazy to look even after her kids [she starts writing].
Mirela’s father enters, staggering a little, a bottle in one hand.
Father: What are you doing here? [he slams himself on a chair] Are you writing again?
[he throws Mirela’s books and notebooks away from the table and points to
his stomach] Alemanda, has mimis! You should bring me food, not write! Why
are you studying, stupid? As you’ll still be stupid! I don’t need you to become
a schooled lady. You should know to cook, to wash, to iron, make babies and
listen to the man.
Mirela [gathering her books and notebooks from the floor]: No, I want to go to
school. And I will! I don’t want to become like you or your wife, starved to
death. I’m going to finish school and get employed somewhere. Nobody hires
you without school.
Grandma: Leave the girl alone! She has to go to school. She’ll have time to get
married and have children. And I hope she’ll have the luck of a better man. All
day long you sit at the pub instead of looking for some work.
Father [on a menacing tone]: Be quiet! [to Mirela] Come on, bring me food, or I’ll
thrash you.
SCENE II
In the classroom. The bell rings the beginning of classes. All students are at desks.
Mirela shows up in a hurry. She gets to her desk and searches her schoolbag.
480

Bogdan: Mirela, you’re late again. If you were a little bit late, the teacher would
have come before you and once again you’d have got an absence.
Mirela [without noticing him, continues searching]: Oh, where is it?
One student girl: What are you looking for? Look, the books and notebooks are
on the desk? Do you need a pen? I’ll give you one.
Mirela: No, I don’t need a pen. I cannot find my project for Romanian.
Bogdan: On the contrary, I think you didn’t do it and now you want to make us
believe you lost it.
Mirela [furious]: No, it’s not true! I’ve done it! What, do you think I’m a liar?
Bogdan: Last week you also said you had done your homework and in fact you
hadn’t.
The colleague girl: Bogdan, leave her alone! She did her homework but she didn’t
write all the exercises. She wrote what she could. You know very well she
has problems. And besides, the teacher didn’t get upset.
Mirela [still searching her schoolbag]: I cannot find it. I think I forgot it home. [to
her colleagues] But I certainly did it.
Bogdan: Yes, yes, you sure did it!
Another colleague boy: Bogdan, you’d better leave her alone. She doesn’t have
pretty anybody to help her unlike you. Her parents didn’t buy her the last
generation computer, laser printing machine, I-pad or…
The Romanian teacher enters.
Teacher: Good afternoon! [she sits at her desk and opens the catalogue] Is anybody
missing?
The students: No.
Bogdan [pretty loud, but not as to be heard by the teacher]: But Mirela was close to
be missing [some students chuckle, others look at him reproachfully].
The teacher: Today you should have brought the projects. I think you had enough
time to do them.
Mirela: Teacher, I don’t have the project. I believe I’ve forgot it home. But I did it.
The teacher: Are you sure? It happened before not doing your homework on time.
Mirela: That’s true. But I did them in the end. And I did the project. I also found
images. And the ladies from the bookstore printed them for me. You know
I’m helping there sometimes with the cleaning. And instead of paying me,
they helped me with the project. I’ll bring it next time. Or, if you want I can
go home right now and bring it.
The teacher: You can’t miss the class. You’ll bring it next time. But be careful this
doesn’t happen again. [to the students] Open your books at page 54, please.
481

SCENE III
At Mirela’s house. Grandma sits in bed. Mirela enters happy.
Mirela: Hello! Grandma, I’ve got a 6 in Maths. In fact, I got a 5, but the teacher
checked my homework and said she would give me a… Grandma, what’s
wrong?
Grandma: I’m very sick. I can’t even get out of bed. Bring me a cup of water!
Mirela [brings her water]: Since when have you been sick? Did nobody stay with
you? Isn’t anybody home?
Grandma: Margareta went begging and your dad saw me and said I should stay
in bed, and I’d be better. And he left.
Mirela: What about the little ones? They were in the yard when I went to school.
Grandma: Maybe they went to a neighbour to play with her children.
Mirela: Grandma, I’m taking you to hospital!
Grandma: Leave it, dear, I’ll stay in bed further, maybe it goes away. What shall
I do in hospital? I’m too old. If I go to hospital too, you’ll miss school to take
care of me, as you did last time.
Mirela: Nothing will happen if I miss one day or two. The teacher will understand
when I tell her I’ve stayed with you in hospital. She gets upset only if I
skip classes without a reason. And what if something happens to you, what
shall I do? Who’ll take care of me? Mum left me. Dad will sell me on first occasion
and would say it’s for my own good to get married. He wants to get rid
of me and get some more money. And Margareta is not able to take care of her
own children, even less of me. You’re my mum and dad, grandma. I’m calling
the ambulance.
SCENE IV
In a classroom, during a break.
One colleague: Where are you coming from?
Another colleague: The teacher called me to the office. She wants to know what
is going on with Mirela. You know she hasn’t come to school for some days.
I’ve told her I don’t know anything. She didn’t let me know. Might something
have happened to her? What do you know about her?
The first colleague: I don’t know anything either. Maybe she got bored of
school and doesn’t want to come anymore. Or maybe her folks married her.
482

You know in their community it’s normal not to let them come to school and
marry them for good amounts of money.
The second colleague: Yes, that’s true, but I don’t think it’s her case. You know
how Mirela is. She won’t let her dad sell her just like this.
The first colleague: Or maybe she has finally decided to go to her mother. To
her biological mother, I mean. I’ve heard she doesn’t leave too far away.
The second colleague: To go to her after she was abandoned? I don’t think so.
And, besides this, she really wants to come to school.
The first colleague: She isn’t coping very well with school. She was just about to
fail Maths last semester.
The second colleague: Dear, stop comparing Mirela with you. Of course she
cannot get 9 and 10. But she passed the class. She tries doing her homework,
as much as she can, she does her projects too. She succeeds in getting a 6 in
Maths. And it’s important she comes to school. How many girls of her age
from their community are still coming to school?
The first colleague: You’re right. But if you and Maria and others, and the
teachers weren’t helping her, she wouldn’t have passed the class. And look
now, she’s not coming to school anymore.
The second colleague: Surely something has happened. [Mirela enters and sits
down in her desk tired] Mirela, how are you? What happened? You’ve been absent
from school a lot!
The first colleague: I thought you got bored and didn’t want to come anymore.
Mirela: I stayed in hospital with grandma for 3 days. She was very sick.
The second colleague [to the first colleague]: I’ve told you. [to Mirela] And how
is she now? Is she feeling better?
Mirela: Yes, she’s no longer in hospital. But I couldn’t come to school immediately
as I went to work. I needed money for medicine. And what I found
home…
The second colleague: Speak with our teacher! Tell her what happened! People
believe you don’t want to come to school anymore.
Mirela: Yes, I’ll go right now.
SCENE VI
At Mirela’s house. Grandma is cooking. Mirela’s biological mother enters.
Grandma [surprised]: What are you doing here?
Mother: I’ve come to see my daughter.
483

Grandma: You’re lying! If you wanted to see your daughter, you’d have come
some time ago. How could you abandon her and go?
Mother: This is none of your business!
Grandma: Mirela is no longer your daughter, she’s my girl. I took care of her and
now she is helping me. I won’t let you take her away from me, you should
know.
Mirela enters with a basket full of dry laundry.
Mirela: Grandma, do we have guests?
Mother: What a beautiful girl you’ve become! And hardworking! Mirela, I’m your
mother.
Mirela: Yes? And where have you been up to now? Why did you abandon me?
Mother: I didn’t leave you. But I couldn’t stand it living with your father. I had
to go. And now I’m doing fine. And, look, now I’ve come to take you home.
Mirela: But I have a home. I have grandma. You left me.
Mother: I didn’t leave you. I’ve come to take you to my home so you have a better
life. What are you doing in this hut? You wash, you iron, you cook? Look
how you’re dressed!
Grandma: No, no, leave the girl alone. She’s not coming anywhere with you,
can you hear me? Nowhere. My girl stays here.
Mother: Mirela, come with your mum. I’ll buy you beautiful clothes, branded
ones, I’ll take you to the hair-stylist, and you’ll live in a big and beautiful
house. You don’t have to do chores and take care of others anymore.
Mirela [thinking]: And what about school? I want to finish school. I want to take
a job.
Mother: You won’t even need a job. You’ll have everything you want. And
about school, if you want, you’ll go to school too, but not to this school.
Grandma: Mirela, she’s lying! She wants to marry you on money. Don’t believe
her!
Mother: That’s not true. I want you to stay with me. We’ve been separated for so
long. You’ll have everything your heart wants!
Grandma: Mirela, don’t go! Whom are you leaving me to? What shall I do without
you?
Mirela [pondering]: Grandma, I’m not going to leave you! But I wish I had beautiful
clothes and didn’t do chores anymore. I want to see how it is living in a
big house. Grandma, I’ll come and see you often. Mum, do you promise we’re
going to help grandma from now on? If you promise, I’ll go with you. Do you
promise?
484

Mother: Of course, my dear daughter. Look, I’m giving her some money so she
can buy food.
Grandma: Mirela, you’ll be sorry. Don’t go!
Mirela: Come on, grandma; don’t think only about bad things. I’ll come and see
you very often.
She kisses her grandma and exits with her mother.
SCENE VII
In an unknown room. Mirela sits at the table and writes a letter.
Mirela: «Dear mum, When reading this letter I hope you’ll also feel what I’m
feeling now. I trusted you. I was just seeing myself in your house, dressed in
cool clothes, with good food on the table, with no worries, surrounded by the
love you’ve promised me. And what have you done? You sold me for 1000
Euros! Let aside you had abandoned me in hospital when I was a baby, this
time you gave me away after whoever offers you some money? And to do
what? To do the washing, and ironing, to clean and cook for somebody who is
never satisfied? At least at home I was doing all these stuff for my family, and
not for strangers. I shouldn’t have listened to you. I should have known all you
had said were only lies. I should have known you couldn’t care for me.
What do you care I’m not allowed to see grandma? What do you care if I had
the courage to tell them what I think and what I believe, all I get is drubbing?
What do you care they don’t let me go to school? Why should you care? You
have money now. For you it doesn’t matter you destroyed my life for this
money. Are you happy? Mirela».
485

Introduzione
Scrivere teatro sull’inclusione sociale in Romania ha permesso alle persone
coinvolte di fare un’esperienza professionale e personale di tipo creativo, e di entrare
direttamente in relazione con le realtà trattate. I partecipanti al progetto –
insegnanti, rappresentanti di ONG, studenti e ragazzi con trascorsi di abbandono
scolastico – hanno saputo sperimentare ruoli difficilmente accessibili o comunque
difficili da gestire nella vita di tutti i giorni, e hanno voluto accettare la nostra
proposta di giocare in modo molto serio con il tema dell’abbandono scolastico
e con i contesti sociali, educativi e culturali ad esso connessi, accettando i nostri
suggerimenti su come affrontarli; ne è scaturita un’esperienza che ha aperto ad ognuno
nuove prospettive, nuovi ruoli da agire. Il valore aggiunto del progetto risiede
nella possibilità che è stata data agli operatori di lavorare con metodi e strumenti
non molto comuni nel nostro paese.
Gli operatori coinvolti hanno potuto partecipare ad attività formative tenute
da professionisti del teatro e hanno messo in pratica assieme ai ragazzi i contenuti
studiati. Il risultato sono le dieci pièce contenute in questo libro, e il grande
entusiasmo che ognuno ha messo nella loro realizzazione.
486

Personaggi
Siamo ciò che decidiamo di essere
COORDINATORI
Alina Nit¸u, insegnante; Tatiana Păduraru, insegnante,
Collegio Nazionale «Octav Onicescu», Bucarest
COAUTORI
dieci studenti del decimo 1 , sezione D,
Collegio Nazionale «Octav Onicescu», Bucarest
Bianca.
Sonia.
Ana, una buona amica.
Signora Ionescu, madre di Bianca.
Alina, sorella di Bianca.
Il marito di Alina Popescu.
Prodan Vicent¸iu, insegnante.
Mavrocordan, nonno di Sonia.
SCENA I
Atto I
Mentre passeggiano, Sonia e Bianca parlano delle rispettive famiglie.
Sonia: Ciao!
Bianca: Ciao!
Sonia: Che facciamo oggi?
487

Bianca: Quello che facciamo sempre, non andiamo a scuola, andiamo al parco,
tanto mamma non c’è e non sa niente di me. Mia sorella è occupata col suo
bambino, o al lavoro. Mio cognato è buono solo a ubriacarsi… Perciò posso
fare quello che mi pare.
Sonia: E io allora? Mio nonno mi crede una brillante studentessa, dopo tutto
quello che gli ho raccontato. Andiamo al parco, magari incontriamo ancora
quei ragazzi di ieri, quelli che ci hanno dato da bere e da fumare… Ci divertiamo
un po’.
Bianca: No! Gli hai detto che vai bene a scuola? Questa batte tutti, anche me; ecco
perché sei la mia migliore amica: noi sì che sappiamo il fatto nostro.
Sonia: Per forza, altrimenti non mi dava i soldi.
Bianca tira fuori lo specchio, il rossetto, l’ombretto…
Sonia: Prestali anche a me! Guarda che faccia. Mio nonno non mi permette più
di truccarmi, mi manda a scuola in questo stato. Dice che ai suoi tempi non
ci si pitturava la faccia così.
SCENA II
Incontrano i loro compagni di classe e sulle prime non li riconoscono.
Bianca: Ehi, guarda quella! Perché ci fissa?
Sonia: Forse c’era anche lei, ieri al parco.
Bianca: Non credo proprio. Non hai visto che faccia da sfigata? Puah…
Ana si avvicina alle sue compagne.
Ana: Salve, ragazze!
Bianca: Vieni a fumare una sigaretta, come ieri!
Ana: Sigaretta? Ieri? Io ieri ero a scuola, a lezione. Non siete venute per quasi tutto
il semestre.
Sonia: Non importa, ci promuoveranno lo stesso, mio nonno ha i soldi… mi
farà promuovere a pagamento pur di salvarsi la faccia.
Bianca: E mamma manderà dei regali agli insegnanti… Forse anche un po’ di
soldi… La convincerò in qualche modo…
Ana: L’insegnante, il professor Prodan, ha detto che chi non fa gli esami non potrà
essere promosso.
488

Sonia: E quando ci sono questi esami?
Ana: Oggi!
Bianca Oggi si sono gli esami? È già finito il semestre? Se veniamo, devi aiutarci!
Ci basta un cinque 2 … Ti prego! Parleremo coi compagni, così non ti daranno
più fastidio.
Ana: D’accordo, vi aiuto. Ma badate a quel che fate. Non voglio prendere un uno
3 o un altro voto basso…
SCENA III
Le tre ragazze arrivano a scuola; si siedono ai loro banchi. Sono pronte per gli esami.
L’insegnante entra in classe.
L’insegnante: Buon pomeriggio!
Controlla la lista delle presenze, chiedendo allo studente incaricato chi manca.
L’insegnante: Non manca nessuno oggi?
Ana [in qualità di studente incaricato]: Nessuno.
L’insegnante: Sono venute anche le signorine Bianca e Sonia?
Bianca e Sonia [insieme]: Ma se siamo venute ogni giorno!
Ana: Shhh… è nervoso! Ci darà un compito più difficile, magari differenziato 4 .
L’insegnante: Va bene, niente esami oggi; le due ragazze che sono venute ogni
giorno vengano alla lavagna.
Bianca: Ecco, se fossi rimasta zitta, avremmo fatto l’esame e ce la saremmo cavata.
Sonia: Potevi star zitta tu!
L’insegnante: Andate alla lavagna in silenzio! Risolvete questo: 2a + 2 = 2!
Le ragazze vanno alla lavagna e non sanno svolgere l’esercizio.
Bianca: Ma non le abbiamo studiate, queste cose.
L’insegnante: Certo che no, le abbiamo studiate all’inizio del semestre, e adesso
siamo alla fine.
489

SCENA IV
La madre di Bianca entra insieme alla sorella e al cognato di Bianca.
Madre: Salve, professore! Sono la madre di Bianca e sono venuta a vedere come
procede l’educazione di mia figlia. Mi scusi se ho interrotto la lezione, ma
Bianca mi ha detto che non ha problemi, che ha addirittura il massimo dei voti,
mentre sua sorella e suo cognato mi hanno detto il contrario.
L’insegnante: Le mostro immediatamente la situazione di sua figlia sul registro.
Di voti non ne ha, ma in compenso ha moltissime assenze. Le ho appena chiesto
di risolvere un esercizio per studenti di quinta, mentre lei è al decimo anno.
E non lo ha saputo risolvere. Sono quasi sicuro che verrà bocciata.
Madre [chiede a Bianca di avvicinarsi]: Bianca, che cosa mi hai raccontato, e che
cosa sta succedendo qui?
Bianca: Ehm, mamma, non potevo dirti la cruda verità, perché non mi avresti
dato più soldi, ma c’è dell’altro. Chiedi anche ad Alina. Ogni volta che volevo
fare i compiti lei mi faceva badare al bambino.
Alina: Non è vero, mamma. Le ho chiesto solo, quando tornava da scuola, di
comprare del pane e due litri di acqua naturale, perché beve solo quella. Non
mi ha mai dato il resto, ma ho lasciato correre per non sentirle dire che potevo
almeno darle qualcosa…
Bianca: Non mi darebbe un soldo nemmeno per un succo di frutta. Senza avere
qualcosa in cambio.
Madre: E i soldi che ho mandato?
Bianca: Li ha presi David, mio cognato, per andare a ubriacarsi.
Il cognato: Se sei stata tu a darmeli, perché non raccontassi a tua madre come ti
ho beccata nel parco!
Bianca: E tu che ci facevi a quell’ora al parco?
Il cognato: Ero in cerca di un lavoro.
Bianca: Ma smettila! Stavi andando al bar con quei teppisti dei tuoi amici.
Il cognato: Non è vero. Un amico mi aveva detto che c’era un lavoro… Che dovevo
fare?
Madre: Basta così! Ho capito.
Alina: Mamma, nemmeno io sapevo niente di questa storia. Credevo che David
l’accompagnasse a scuola, non che si incontrassero nei parchi…
Sonia: Che c’è di male nell’andare al parco? E non era sola, c’ero anch’io, non deve
preoccuparsi tanto. È in buone mani.
L’insegnante: Come vede nessuno di loro ne sa niente.
Madre [rivolta a Sonia]: E tu chi sei?
Alina: Come se ce ne importasse qualcosa.
490

Parlano tutti insieme.
Il cognato: Sì, c’era anche lei nel parco.
L’insegnante: Con tutto questo chiasso verrà il preside…
Tutti tacciono.
SCENA V
Bussano alla porta. No, non è il preside, ma un elfo che trasforma completamente i
personaggi.
Personaggi
Signora Dogaru, l’insegnante.
Irina, madre di Ema.
Sergiu.
Il cameriere.
Il moralista, padre di Sergiu.
Ema.
SCENA I
Atto II
Ema, Irina e Sergiu sono seduti su una panchina al parco e decidono di marinare la
scuola per andare al bar.
Ema: Che facciamo oggi, ci andiamo a scuola?
Sergiu: A scuola!? Che ti viene in mente? C’è ancora tempo prima della fine del
semestre, quando faranno le medie dei voti…
Irina: Facciamo come al solito, raccontiamo ai professori che siamo stati malati
o che i nostri genitori hanno avuto dei problemi e bla bla bla… si commuoveranno
e ci daranno la sufficienza.
Ema: Si va al bar, allora… Evviva! Così mi piacete!
491

SCENA II
Al bar.
Sergiu: Allora, ragazze, cosa beviamo?
Ema: Una Pepsi.
Irina: Una limonata.
Sergiu: Che vi prende? Tutto qua? Io prenderò qualcosa di più forte: un gin tonic.
Ema: Con quali soldi? Mia madre non mi dà più niente, mi ha chiesto di vedere
i miei voti… E minaccia di andare a scuola, anche. Non so più cosa raccontarle
per impedirglielo.
Irina: Per me è più o meno lo stesso.
Sergiu: A me nessuno dice niente, perché non hanno tempo, hanno due lavori,
tornano a casa stanchi morti… Non li snervo coi miei problemi.
Sergiu: Cameriere possiamo ordinare? Si batte la fiacca qui.
Cameriere: Che cosa prendete?
Sergiu: Una Pepsi, una limonata e un gin tonic.
Cameriere: Non serviamo alcolici ai minorenni.
Sergiu: Va bene, basta scherzi, avrai la tua mancia… che problema c’è?
Cameriere: Il problema è che abbiamo delle regole, e le rispettiamo!
Irina: Ma dài! Quanti anni hai? Non saremo mica i primi ragazzini che ordinano
da bere, no? Tu non bevevi quando andavi alle superiori?
Cameriere: Se non la piantate, dovrò chiamare la sicurezza.
Sergiu: Forza, ragazze, andiamo via. Qui si diventa troppo nervosi!
SCENA III
Gli studenti escono dal locale e si siedono su una panchina nel parco. Sergiu tira fuori
le sigarette, le ragazze si rifanno il trucco. All’improvviso si avvicina il loro insegnante.
Gli studenti non se ne accorgono.
L’insegnante: Che ci fate voi qui? Ema, ieri al telefono mi hai detto che eri ammalata,
e che non saresti venuta a scuola per tutta la settimana. E adesso sei
qui, al parco! A anche tu, Irina, e tu, Sergiu! Conoscete bene la vostra situazione.
Molte assenze e voti bassi.
Sergiu: Ma professore, abbiamo il certificato medico. Siamo malati, ma non gravemente,
non così tanto da dover stare a casa.
L’insegnante: Sì, lo vedo [indica le sigarette e i cosmetici]. E prendete anche le medicine!
A scuola, subito!
492

Irina: Non possiamo, non abbiamo l’occorrente. In effetti, non sappiamo nemmeno
che materie abbiamo.
L’insegnante: Chiederò ai vostri compagni di prestarvi carta e matite, così potrete
prendere appunti.
Durante questa conversazione appare in scena la madre di Ema.
Madre di Ema: Salve, professore, vedo che Ema è al parco, quando invece dovrebbe
essere a scuola. Io lavoro fino a dodici ore al giorno perché non le manchi
niente e lei se ne sta al parco invece di andare a scuola. Se oggi non fosse stato
giorno di disinfestazione, sarei ancora al lavoro!
Ema: No, mamma, oggi non c’è lezione.
L’insegnante: Hai il coraggio di mentire di fronte a me?
Irina: Ema, sta zitta! Peggiori le cose…
L’insegnante [rivolgendosi alla madre]: Signora, la situazione di Ema è preoccupante:
non studia, probabilmente sarà bocciata in diverse materie; ha fatto un
mucchio di assenze e non dà segno di voler cambiare rotta. Non so cos’altro
dire. Probabilmente i miei inviti a venire a colloquio non le sono arrivati.
Madre di Ema: Lo sento ora per la prima volta, e in effetti non posso lasciare l’ufficio
perché il capo si fida solo di me.
L’insegnante: Lo credo, ma in questo modo, come vede, ha trascurato sua figlia.
Ed Ema ha fiutato la possibilità di tenerle nascosta la verità.
Madre di Ema: È vero, ma prometto che le cose cambieranno, verrò tutti i giorni
finché la situazione non migliorerà, perché come sa prima di quest’anno era
un’ottima studentessa… e parlerò anche coi genitori di Sergiu e Irina, dato
che sono miei vicini di casa.
Irina: No, signora, la supplico!
Sergiu: Per favore, no! Oh Dio, sta arrivando mio padre…
Entra in scena il padre di Sergiu, che conclude la scena enunciando la morale.
Padre di Sergiu: Le persone possono cambiare. Oggi recitano una parte sul palcoscenico
della vita, domani ne reciteranno un’altra, dipende da come scrivono
il loro copione e da come dirigono il mondo che hanno creato.
Note
1. Il decimo grado è il secondo anno di scuola superiore; di solito gli studenti hanno
quindici o sedici anni.
493

2. Il sistema dei voti scolastici in Romania va dall’uno al dieci (tranne che all’asilo e alle
elementari); dal cinque in su si è promossi.
3. «Uno» è il voto che viene assegnato di solito a chi passa il compito ad altri.
4. In base al numero degli studenti, i compiti d’esame possono avere soggetti diversi distribuiti
secondo le file, in modo da rendere più difficile copiare dal vicino.
494

Una storia fredda
COORDINATORE
Doina Mus¸at, insegnante, Istituto professionale «Nicolae Bălcescu», Oltenit¸a
COAUTORI
Cantacuz Cătălin, Dana Andreea, Eftimie Laurent¸iu,
Mincu Loredana, Zamfir Ioana,
studenti dell’istituto professionale «Nicolae Bălcescu», Oltenit¸a
Non credo che scopriranno mai dove mi trovo…
Non si preoccupano di me, hanno i loro problemi, le loro aride e infinite beghe,
in cui io non entro se non come spettatore silenzioso, né più né meno di un
pezzo di mobilio. In effetti non so nemmeno io come reagire… non ho più le parole
per farlo, non saprei a chi rivolgermi: forse a mio padre, con cui mi trovo meglio,
o forse con mia madre, dato che le poche volte che siamo andate a far compere
insieme mi sono divertita con lei. Ma la cosa migliore è non parlare con nessuno,
dato che non è necessario!
Andreea…
Chiamerò lei… ha un sacco di amici… di sicuro saprà aiutarmi…
Ai miei genitori manderò un messaggio: «Non vi preoccupate. Sono dai nonni,
in campagna».
E perché dovrei scrivergli? Forse sarebbe meglio tenerli all’oscuro di tutto! Tanto
mamma lo leggerebbe solo una volta arrivata a casa, e noterebbe appena che
l’ho scritto io!
Adesso mando un altro messaggio ad Andreea… non ho soldi per una chiamata:
«Chiamami. Non ho credito sulla prepagata. Vado via di casa».
Guardo il mio telefono e vedo, senza stupirmi, che c’è solo una tacca di batteria.
Ci mancava anche questa. Mi viene voglia di buttarlo per terra e di scordarmi
di tutto quello che c’è intorno a me. Mentre guardo la mia ombra piccola ed esile,
mi domando se c’è qualcuno al mondo che mi pensi… che mi chiami, che gri-
495

di il mio nome, che mi aiuti con un consiglio da amico. Guardo il telefono rosso
e mi torna in mente che me l’ha regalato un ragazzo, il mio primo ragazzo, e che
mia madre ha accolto la mia gioia con una tremenda serie di frustate.
Quella fu la mia prima fuga da casa e da scuola… Andai a casa sua… Poi venne la
polizia e le dichiarazioni e problemi a non finire… e il freddo, senza un’emozione.
Allora non ero sola come adesso; c’erano i miei compagni di scuola a occuparsi
di me, ad aiutarmi.
Adesso non mi chiama nessuno…
Aspetto… aspetto… aspetto.
Sono due minuti e trenta secondi che fisso il telefono.
Sono stufa e ho fame. Mi passo la mano sulla pancia coperta da un pesante maglione
di lana verde, il mio preferito. L’ho messo perché lo so che mi porta fortuna!
Passo davanti a una vetrina e senza volere vedo la mia faccia… Sembro buffa,
col vento che mi arruffa i capelli, poi di colpo divento triste e sto per piangere, per
colpire la vetrina che ha stravolto la faccia che conoscevo così bene. Mi do un’altra
occhiata e mi asciugo le lacrime; prendo un fazzoletto dalla borsa perché il mio
make-up del mattino ha avuto un serio dissesto.
Mi guardo intorno. La strada è vuota, nessuno vede quanto soffro… non c’è
nessuno vicino a me… sono di nuovo sola!
Ecco come sono, sola!
Il telefono…
«Domani a scuola dobbiamo portare il libro degli esercizi di matematica. Il mio
è a casa tua. Per favore, riportamelo domani. Diana».
Devo risponderle.
«Domani non posso venire a scuola. Credo che non verrò più, ho dei problemi
personali che devo risolvere con urgenza. Prendi in prestito il libro da qualcuno
dei compagni, e il problema è tuo. Mi dispiace! Marina».
Arrivano due messaggi mentre scrivo le mie patetiche scuse a Diana.
«Vediamoci al bar. Vengo col mio ragazzo e con Ionut¸, il tuo compagno di
classe. Andreea».
Credevo che Andreea fosse grande, ma ha sedici anni e si comporta come una
bambina viziata di dieci. Ha tutto il diritto di fare così, perché i suoi genitori la capiscono
perfettamente in tutto quello che fa… e poi il suo ragazzo è gentile e tanto
paziente.
Mi domando che c’entra quello sfigato di Ionut¸ e perché Andreea debba portarselo
dietro. Tutti sapranno quello che devo fare, ma ormai non è più il caso di
pensarci.
Devo leggere l’altro messaggio: «Sei pazza, Marina? Mancano poche settimane
alla fine dell’anno!!! Se il preside lo scopre sei morta!!! Spero sia un brutto scherzo
496

e che tu torni in te entro domani e ti rendi conto del disastro che stai combinando.
Se ti serve una mano, io ci sono. Diana».
Una mano? E chi può darmi una mano?
«Non preoccuparti per me. Stavolta me la cavo da sola».
Sola… sola… sola.
I miei non si sono nemmeno accorti della mia assenza! Se vado a scuola, scoprirò
che la prof di Chimica non vuole promuovermi per ovvie ragioni: assenze su
assenze su assenze. Però non mi ha mai chiesto se sono felice con la mia famiglia,
se mio padre passa un po’ di tempo con me, se mia madre, così intelligente e sempre
presissima dal suo lavoro strapagato, si è almeno accorta che… sono incinta…
L’ho detto… Non credevo che sarei mai stata in grado di dirlo a voce alta… voglio
dirlo ancora… gridarlo… Sono incinta!
Un suono strano mi scuote dal sogno che ho sovrapposto alla triste realtà. Il
telefono mi annuncia che la batteria è sul punto di esaurirsi, così come le mie speranze!
«Marina, ti stiamo aspettando al bar. Dove sei?».
Con le ultime energie della batteria le rispondo: «Mi sa che non posso più venire.
Un piccolo cambiamento di programma. Ho fatto una scoperta meravigliosa…
Non preoccuparti per me! Divertitevi! Marina».
Il vento soffiava freddo e mi sferzava la faccia, mentre i pensieri mi tormentavano.
La notte avrebbe portato con sé la soluzione ai miei problemi: parlare sinceramente
con la mia famiglia.
497

Abbandono scolastico.
La tragedia di un tredicenne
COORDINATORE
Natalia Oproiu, Associazione «No Abuse», Bucarest.
COAUTORI
Ică Alexandru, Oproiu Eduard Gabriel, Radu Cătălin
Narratore: Sono un ragazzo di tredici anni e ho un mucchio di problemi. Non so
più cosa siano la felicità e la tenerezza, che dovrebbero essere nella vita di un
bambino della mia età. Inizia così la storia di un tredicenne. Un giorno andò
al mercato a comprare pane e patate – era tutto quel che la sua famiglia poteva
permettersi – e incontrò un ex compagno di scuola, che era ormai al settimo
anno e che gli domandò:
Gabriel: Ciao! Sei Darius, il ragazzo che ha lasciato la scuola in seconda, a soli otto
anni?
Darius: Ciao! Sì, è vero, mi chiamo Darius e ho lasciato la scuola, ma non è stata
colpa mia. È stato per via dei problemi che avevo e che ho ancora. Non ti conosco,
non so chi sei… se hai tempo per ascoltarmi, voglio raccontarti dell’altro,
perché ho bisogno di parlare con qualcuno che mi stia a sentire. Anzi, veramente
vorrei tanto avere un amico.
Gabriel: Va bene, da adesso in poi puoi considerarmi tuo amico; ora andiamo
al parco, così parliamo.
Darius: Mi dispiace molto. Adesso non posso venire, i miei fratellini mi aspettano
a casa, con la spesa di cui ti ho parlato, pane e patate.
Gabriel: Allora quando vuoi che ci vediamo?
Darius: Domani porto i miei fratelli al parco, potremmo parlare lì. Grazie per la
tua amicizia, ci vediamo domani. A presto!
Gabriel: Ciao!
498

Narratore: Il giorno dopo, Darius andò al parco coi suoi fratelli e incontrò il suo
amico.
Gabriel: Ciao, Darius! Come stai?
Darius: Ciao! Però non so come ti chiami, amico mio.
Gabriel: Ieri ho dimenticato di presentarmi. Sono Gabriel e voglio saperne di più
sui motivi per cui ha lasciato la scuola. Com’è successo? Eri il migliore della
classe, avevi sempre il massimo dei voti e tanti amici. Quando i compagni hanno
saputo che non venivi più a scuola, sono rimasti sconvolti, me compreso.
Darius: Prima di raccontarti la mia vera storia, perché voglio dirti la verità, voglio
presentarti i miei fratellini. Lei è Maria, ha sei anni, mentre Cătălin ne ha dieci.
Andate adesso a giocare! Mi dispiace tanto per Maria, perché ha molto talento,
una bella voce, canta in continuazione, ma non posso fare niente perché il
suo talento sia scoperto. Adesso ti dirò perché ho lasciato la scuola. La scuola è il
mio sogno. Ci tornerò più avanti, quando mio padre deciderà di tornare.
Gabriel: Perché? Dov’è andato?
Darius: È successo tutto per causa sua. Eravamo una famiglia felice, andavamo a
scuola, stavamo bene fino a quando mio padre, avido di maggiori guadagni,
non ha deciso di andare all’estero. Non gli bastava vivere dignitosamente, voleva
una vita agiata. Non ha pensato a noi, alla mamma, al fatto che saremmo
restati soli, era un egoista. I nostri guai sono cominciati per colpa sua. All’inizio
ci mandava i soldi necessari per mangiare e pagare i conti. Ma dopo un po’
si è scordato di noi.
Gabriel: Come ha potuto scordarsi di voi?
Darius: Ha dimenticato che a casa aveva una moglie, dei figli. Ha smesso di telefonare,
figuriamoci mandare i soldi… Allora la mamma lavorava dalla mattina
fino alla sera tardi per poterci mantenere e, dopo aver faticato tanto per
farci crescere come si deve, una malattia incurabile l’ha costretta a letto…
Gabriel: Che malattia?
Darius: Siccome stava molto male siamo andati dal dottore; pensava che fosse
la stanchezza, lo stress, invece ha scoperto che aveva il cancro e dei problemi al
cuore. A farle male al cuore è stato mio padre, ma del cancro non so nulla…
Sono troppo piccolo, e tutto questo va oltre la mia comprensione. Non si dava
pace perché dopo la sua morte noi saremmo rimasti con i nonni, che sono
vecchi e malati. Ma non è tutto. Dopo un anno di sofferenza e tormenti, è
morta di un attacco di cuore.
Gabriel: Cosa può esserci di peggio che perdere la propria madre?
Darius: Quando ho saputo che mia madre era morta, ho piano tanto, sono stato
malissimo. Allora la nonna mi ha portato dal dottore e lui ha detto che ero depresso
a causa del trauma; ho anche il diabete, forse una conseguenza del dolo-
499

e, non lo so. Dopo la morte della mamma ci sono stati mesi di lutto e di angoscia,
la nonna ha chiesto prestiti dappertutto per il fare il funerale, per le offerte
e per le iniezioni di insulina che ancora oggi devo fare tre volte al giorno. Ho
dovuto lasciare la scuola perché non avevo soldi né per mangiare e per le medicine,
figurarsi se potevo comprare l’occorrente per la scuola e la divisa scolastica.
Non ho la fortuna che hai tu, dei genitori che si prendono cura di me, sono
il fratello più grande e devo fare da padre ai miei fratelli, prendermi cura di loro.
Gabriel: Perché devi prenderti cura di loro? Non ci sono i tuoi nonni a occuparsi
di voi?
Darius: I nonni sono molto vecchi e malati. Temono che, se muoiono, lo Stato
ci metterà all’orfanotrofio. Nonna prega ogni giorno che Dio la tenga in vita
fino al ritorno di papà, o finché non saremo grandi abbastanza da poter lavorare,
e non ci portino all’orfanotrofio. Nonna prega anche di trovare i soldi
per pagare i grossi debiti che ha fatto a causa della mia malattia, perché lo Stato
non mi garantisce le medicine che mi servono. Anche a loro servono le medicine,
e, poverini, ci hanno rinunciato per me, in più c’è il mangiare e le bollette
che bisogna pagare, senza contare scarpe e vestiti… delle persone generose
ci regalano la loro roba.
Gabriel: Non sapevo che ti fossero capitati tutti questi guai. Mi dispiace tanto,
parlerò coi miei genitori, mio padre è un poliziotto e forse può trovare tuo padre,
dirgli di tornare a casa.
Darius: Non credo che tornerà, anche se lo trovaste.
Gabriel: Perché la pensi così?
Darius: Si è scordato della nostra esistenza. Forse ha un’altra famiglia adesso, altri
figli. Un uomo può cambiare in cinque anni, non credi?
Gabriel: Non so cosa credere, ma sono sicuro che ti vuole bene. Forse gli è successo
qualcosa, non ci hai pensato?
Darius: Quello che ho passato mi ha fatto crescere in fretta e ormai trovo difficile
credere a sogni e speranze. Sinceramente, non credo che tornerà o che sia
malato. Sono già passati cinque anni. In cinque anni avrebbe dovuto fare almeno
una telefonata, per dirci se era ammalato, se tornava a casa o se ci voleva
ancora bene. Onestamente credo che mio padre ci abbia abbandonato così
come io ho abbandonato la scuola, e non perché non avessi voglia di venire
a lezione, ma a causa di tutta questa situazione.
Gabriel: Mi dispiace tanto per te. Non sapevo che la tua vita fosse una tale tragedia.
Ma lo sai, la speranza è l’ultima a morire. Ti aiuterò come posso, perché
ti sei aperto con me e mi hai raccontato la tua storia.
Darius: Grazie mille per la tua comprensione, spero di rivederti presto, se ti va di
parlare ancora con me dopo aver saputo che soffro di diabete.
500

Gabriel: Certo che ci rivediamo. Siamo amici, no?
Darius: Certo. A presto!
Gabriel: A presto!
Darius: Maria, Cătălin, andiamo a casa!
Maria: Restiamo a giocare un altro po’.
Darius: Non possiamo restare. La nonna è malata, e si preoccuperà.
Maria: Va bene, arrivo.
Narratore: I bambini andarono a casa, ma il più grande, Darius, stava pensando
a suo padre e si faceva domande come: è colpa nostra se ci è successo tutto
questo? Ho commesso qualche errore? Ho fatto arrabbiare papà al punto che
ha deciso di lasciarci? Sono sicuro che non gli importa niente di noi… Ma se
per miracolo papà tornasse, io potrei andare di nuovo a scuola.
Darius: Ma è meglio non sognare, e io credo che il destino abbia voluto che ci capitasse
questa tragedia. Però prego Dio che mi faccia stare meglio e mi faccia
cadere un aiuto dal cielo, in modo che i nonni possano pagare i debiti, e che
le pensioni dei nonni siano raddoppiate e che il nostro sussidio sociale di soli
dieci euro venga aumentato.
Narratore: E il miracolo avvenne: il padre di Gabriel fece qualche ricerca e qualche
telefonata e trovò il padre di Darius, gli disse della morte di sua moglie e
del fatto che il figlio maggiore, Darius, non andava più scuola. Quando seppe
queste cose il padre di Darius prese subito l’aereo e andò in Romania, a casa
sua, dai suoi bambini. I nonni disperati stavano pregando Dio perché facesse
un miracolo. Poi il miracolo ci fu davvero, perché il padre dei ragazzi tornò
a casa dall’estero con tanti soldi. Nel vederlo, i bambini non poterono trattenere
le lacrime dall’emozione e dalla gioia. I nonni dissero che ora potevano
morire in pace, perché qualcuno si sarebbe preso cura dei loro nipoti. Quando
seppe dei debiti dei nonni, il padre li pagò tutti, pentito com’era di essersi
dimenticato dei suoi ragazzi per cinque anni, e addolorato che il figlio maggiore,
Darius, si fosse ammalato e avesse lasciato la scuola. Scoprì che nemmeno
gli altri due andavano a lezione. Così il padre andò alla scuola e iscrisse i
bambini: Maria e Cătălin alla prima, e Darius alla terza, perché potesse riprendere
da dove aveva interrotto.
501

SCENA I
Fratelli
COORDINATORE
Ana Maria, Centro «Sintagma», Bucarest;
Elisabeta S¸erbănescu, Associazione «No Abuse», Bucarest
COAUTORI
Maria Petre, Alexandra Sava, Alexandru Niculae
Buio. Si sentono le voci di due bambini.
Giany: Alex…
Alex: Che succede?
Giany: Quando saremo grandi, tu sarai ancora mio fratello?
Alex [in tono convinto]: Certo. Nulla potrà mai dividerci!
Giany: E prometti di occuparti di me?
Alex: Te lo prometto! Fino alla morte! Ma che ti è preso, così all’improvviso?
Giany [un po’ spaventato]: Non lo so, Alex, ma… [con voce tremante] Ho paura.
Ho tanta paura.
SCENA II
Buio. Bussano diverse volte alla porta. Luci basse illuminano i due fratelli che fanno
i compiti a un angolo della scena. Sulla sinistra il padre, nervoso e agitato, fuma seduto
in poltrona. Di tanto in tanto scuote la sigaretta sul posacenere posato per terra e
sorseggia vino da un bicchiere. Dal lato sinistro entra la madre, con gli occhi cerchiati
e borse e sacchetti in entrambe le mani. Chiude la porta. Sospira.
502

Padre [agitato]: Adesso ti presenti, stupida donna?
Madre [con voce tremante]: Beh… Ero…
Padre [furioso]: Al bordello eri, sgualdrina! Quello è il tuo posto!
I ragazzi mettono da parte i libri. Giany inizia a tremare, Alex gli copre le orecchie
con le mani. Intanto, il padre si alza e va verso le borse che la madre ha posato sul tavolo.
Ne controlla il contenuto, poi si volta verso sua moglie.
Padre: Dov’è la mia bottiglia? Puttana!
Madre: Ma non ti vergogni nemmeno un po’? Lavoro tutto il giorno, la vita è
dura e hai il coraggio di chiedermi di spendere i soldi per del vino? Che cosa
diamo da mangiare a questi bambini? L’aria? Tu bevi troppo, amico mio! La
bottiglia sarà la tua rovina, dammi retta!
Il padre schiaffeggia la madre.
Padre: Non dirmi quanto devo bere!
Dal lato destro della scena i bambini si alzano in difesa della madre. Il padre li spinge
via.
Padre: Levatevi, sudici marmocchi! Andate in camera vostra a studiare!
Madre: Non provare a toccarli! Che ti hanno fatto, adesso? Non hanno fatto
niente di male!
Padre: Sta’ zitta! Vattene! Non voglio vederti!
Il padre spintona la madre, che cade a terra. Apre la borsa, prende dei soldi ed esce
dalla scena. I bambini si chinano sulla madre e piangono. Dopo qualche secondo
Giany si alza e si mette a correre. Esce dal lato sinistro della scena. Alex rimane chino
su sua madre. Le tiene la mano e continua a piangere. La luce si concentra su di loro,
poi si spegne.
SCENA III
Buio. Sul lato destro del palco, all’angolo di un palazzo, alcuni ragazzi ridono e parlano
tra loro. Qualcuno accenna un passo di break dance o hip-hop. Sulla destra,
Giany si siede su un gradino e guarda gli altri con occhi tristi. Dopo qualche secondo
la musica finisce.
503

Giany: Perché sono così contenti? Come fanno a non avere un pensiero al mondo?
Perché a loro va tutto bene? Non credo di poter resistere a lungo. È tutto
così difficile da quando è morta la mamma. E il mio vecchio… non lo vedo da
un mese. [Sospira]. Come posso dimenticarmi tutto questo? Potrò mai fuggire?
Devo provarci, almeno una volta. Non ho niente da perdere. Devo provare!
Giany si alza e si avvicina al gruppo. Sulle prime lo guardano con scetticismo, poi si
danno la mano. Si sente ancora il pezzo hip-hop, mentre Giany parla con il capo della
banda. Il quale all’inizio è titubante, poi offre una sigaretta a Giany,
SCENA IV
Stessa scena, stessa banda e Giany. Il capo prende Giany per il collo.
Bullet: Forza fratello, dimmi, te la senti? Stavolta lo facciamo, vero?
Giany [titubante]: D’accordo, Bullet. Facciamolo.
Bullet: Un po’ di entusiasmo, amico! ’Fanculo! Dopo questo colpo sì che ci rispetteranno.
Un altro membro della banda: Che succede, amico? Hai paura? Ci hai ripensato?
Giany: No, fratello, è che mi sembrano tutte cazzate…
Alex entra in scena e ascolta la conversazione.
Bullet: Amico! Ci stai o no? Se non vuoi, nessun problema, ma non venire qui a
far finta che siamo amici. Chi è che ti dà l’erba? Chi farà di te un vero dritto?
Dimmelo! Sta a te, fratello!
Giany: Sì, va bene, ok! Ci sto! Che altro posso fare?
Bullet: Così mi piaci, fratello.
Gli afferra di nuovo il collo. Si stringono le mani. Alex si avvicina e prende da parte
Giany.
Alex: Che ci fai con questi?
Giany: Che vuoi? Che problemi hai?
Alex: È per questo che non sei mai a casa? Che non vai a scuola?
Giany: Ehm… sì. Anzi, no!
Alex: Allora?
Giany: Ma che… sono affari tuoi, per caso? Lasciami perdere! Merda!
504

Alex: Stammi a sentire, fratello… Non va bene. Non va bene per niente, dovresti
saperlo!
Giany: Cos’è che non va bene? Che ne sai tu?
Alex: Ne so abbastanza. Ascolta. Ho parlato con la nonna e ce ne andremo da
qui, Andiamo a stare da lei a Timis¸oara. Che ne pensi?
Giany: Perché?
Alex: Come sarebbe perché? Che ci stiamo a fare qui? Non lo vedi che siamo soli?
Non abbiamo nessuno.
Giany: Solo sarai tu! Sei troppo stupido.
Alex: Perché parli in questo modo? Non lo capisci che dobbiamo andarci? Staremo
laggiù; come facevamo durante le vacanze, solo che stavolta andremo anche
a scuola lì. Sai che il nonno era insegnante. Ci troverà una buona scuola.
Non ci sono problemi.
Giany: Vacci tu! A me non interessa.
Bullet: Giany! Vieni un attimo qui, amico!
Giany: Un attimo, Bullet. Aspetta un momento. [si rivolge ad Alex]. Lo vedi?
Non sono solo. Non ho nessun problema. Non ti trattengo. Va’, se vuoi. Ma
non chiedermi di venire con te.
Alex: Io… sai… Volevo solo dirti… che sarebbe meglio così.
Giany: Forse. Ma per ora non ci vengo. Resto qui.
Alex: Va bene. Forse cambierai idea.
Alex esce di scena. Giany riflette un po’.
Giany [parlando a se stesso]: Non cambierò idea. Non cambierò mai idea.
Si sente un brano dei B.U.G. Mafia, Avem acelas¸i sânge în vine (‘Abbiamo lo stesso
sangue nelle vene’) parla del tempo che passa. Un verso dice: «Saremo fratelli finché
la morte non ci dividerà».
SCENA V
Tre uomini siedono intorno a un tavolo. Giocano a poker.
Giany: Parola.
Bullet: Io pure. Giany, sai che ho venduto tutto? La roba che hai portato era buona.
Terzo giocatore: Altri cento.
505

Bullet: Vengo.
Giany: Io pure. [si scopre l’ultima carta] È così che dicono i ragazzi? Che è buona?
Gli è piaciuta, eh?
Bullet: Sì, sì. Certo che gli piace. All in.
Terzo giocatore: Ah! Sta bluffando! Gli si legge in faccia. Vengo.
Giany: Passo.
Dai lati del palco delle figure incappucciate entrano in scena radunandosi lentamente
intorno al tavolo.
Terzo giocatore: Giany, amico, non ha niente; vuole solo metterci paura!
Giany: Ho detto passo.
Bullet: Forza, gioca e basta. Lascia stare Giany! Se ha detto passo, vuol dire passo.
Terzo giocatore: Fammi vedere. Che hai?
Bullet: Full!
Terzo giocatore [gettando le carte]: Merda! Un’altra volta!
Uno degli incappucciati: Polizia! Nessuno si muova!
Giany tira fuori la pistola, il poliziotto incappucciato gli spara e lo colpisce. Giany cade
a terra. Gli altri due vengono portati via di scena ammanettati dai poliziotti col
cappuccio. Solo uno di loro resta in scena, si avvicina a Giany e si toglie il cappuccio.
È Alex.
Alex [prende Giany per il gomito]: Muoviti!
Giany: Ooh!
Alex: Muoviti più in fretta o farà sempre più male!
Giany: Cazzate!
Alex [stupito]: Giany! Giany, fratello, sei tu?
Giany [guardandolo negli occhi]: No! [lo spinge via] Non sono tuo fratello, figlio
di puttana! Ecco cosa sei, cosa sei diventato, uno sbirro di merda!
Alex: E tu allora? Senti chi parla! Tu che cosa sei diventato? Guardati…
Giany: Sono affari miei!
Alex: No, non sono solo affari tuoi. Perché tocca a me arrestarti, stronzo. Uno
stronzo, ecco cosa sei diventato!
Giany: E allora arrestami!
Alex: Non ti importa nemmeno di questo?
Giany: Che fai, mi arresti o no? Fa’ quello che devi fare!
Alex: Andrai in galera.
506

Giany: Portamici! Portamici tu con le tue mani. Voglio vedere se sei mio fratello,
bestia!
Alex: Che vuoi dire? Vuoi che ti aiuti a scappare?
Giany: No, portami alla polizia; è quello che fanno i fratelli…
Alex: Noi non sembriamo fratelli.
Giany: Lo eravamo. Lo saremmo ancora, se tu non fossi uno schifoso sbirro.
Alex: Lo schifoso sbirro adesso ti porta di filato in caserma. Avrai quel che meriti.
Mi dispiace ma è l’unica cosa da fare.
Alex ammanetta Giany e lo scorta fuori dalla scena.
SCENA VI
Un tavolo al centro della stanza. Alex siede da una parte, Giany, ammanettato, dall’altra.
Alex gli porge un pacchetto.
Alex: Ecco.
Giany: Che roba è?
Alex: Quello che mi hai chiesto.
Giany: Sigarette?
Alex: Sì. [osserva Giany] Vedo che hai il braccio ingessato.
Giany [furioso]: ’Fanculo! Meglio restare senza che soffrire tanto.
Alex: Stai vaneggiando. Non fingere che non te ne importi.
Tacciono entrambi per qualche secondo.
Alex [alza lo sguardo su Giany]: Ho parlato col giudice.
Giany: Allora?
Alex: Non so… Non hanno ancora deciso, lo sai bene.
Giany: Ho capito. Grazie, fratello.
Alex: Non c’è di che.
Tacciono di nuovo, guardando in basso.
Giany: Non ce la faccio più, lo vuoi capire? Non ce la faccio proprio più! Qui ci
trattano come se non fossimo degli esseri umani.
Alex: Andrò a parlare di nuovo…
Giany: Con chi?
507

Alex: Non preoccuparti. Conosco della gente influente, te l’ho detto. Vedrai, si
sistemerà tutto. Almeno ti tratteranno come si deve.
Giany: Si sistemerà tutto? È così che la pensi? Che andrà tutto bene? Ma ti sei chiesto
se è possibile? Considerando quello che ho fatto, credi che me lo meriti?
Alex: È colpa di Bullet se sei qui. Ti sei lasciato manipolare da lui. Era lui che volevamo
prendere. Che cazzo ci facevi lì?
Giany non risponde. Alex alza le spalle e lo guarda con insistenza.
Giany [senza guardare Alex]: Chi credi avrà pietà di me?
Alex: Io! Io avrò pietà di te, fratello!.
Giany: Avevi ragione, sono diventato un figlio di puttana… come tutti gli altri.
Alex: Volevo aiutarti, fin da quando eravamo ragazzini.
Giany: Ti prego, non ricordarmelo. Non ci voglio pensare. Credimi, se solo potessi
tornare indietro… Ti darei retta. Verrei con te a Timis¸oara, a scuola, ovunque…
tu hai sempre saputo qual era la cosa migliore da fare.
Alex: Sta’ tranquillo. Andrà bene. [gli prende le mani] Ti ricordi? Saremo fratelli
finché la morte non ci dividerà.
Giany: È tutto quello che mi resta, perché non ti ho dato ascolto quando avrei
dovuto, fratello mio!
Le luci si spengono sui due fratelli che si stringono le mani.
508

Personaggi
Bottiglie vuote
COORDINATORE
Vechiu Mihaela, Associazione «No Abuse», Bucarest.
ASSISTENTI
Aura Bardescu, Carmen Stanciu, Raluca Moisescu,
volontari dell’Associazione «No Abuse», Bucarest.
Gheorghe Gabriel & Vechiu Cristian, sessioni di intervento.
COAUTORI
Simona Banu, Raluca Boba, Andreea Damian, Ana Maria Lazăr.
Tina
Tina ha sedici anni. È una ragazzina esile, piuttosto alta (un metro e settanta),
dai lineamenti fini, i capelli biondi naturali, gli occhi chiari. Attira l’attenzione
soprattutto grazie ai suoi occhi, pesantemente truccati con mascara ed eye-liner.
Cammina a testa alta, eretta. Talvolta ha un’espressione un po’ inebetita. Non
sorride. I muscoli del viso sono tesi, lo sguardo fisso, provocante e aggressivo. Ha
sempre i capelli arruffati, come se si fosse pettinata in gran fretta. Una specie di
dichiarazione di anticonformismo. Porta quasi sempre jeans e maglietta, scarpe
sportive o Kickers, mai sandali, né tacchi alti.
Dopo che i suoi genitori hanno divorziato è diventata estremamente aggressiva.
Non ha amiche. Sembra preferire la compagnia dei maschi e si trova a proprio
agio coi ragazzi. In loro compagnia ride forte, gesticola, parla a voce alta e dice parolacce.
Usa continuamente il cellulare, lo mette sempre sopra il pacchetto di sigarette
che posa sul tavolo. Lo usa per parlare, per mandare messaggi, il telefono
sembra la cosa più preziosa per lei. A scuola è abituata ad essere temuta dalle altre.
Non solo è sgarbata con loro e le minaccia, ma è sempre pronta ad aggredirle. Si
stupisce e si irrita molto quando qualcuno dei suoi compagni risponde alle sue
provocazioni o sembra deciso ad affrontarla. Entrata nel gruppo di ragazzi del
509

quartiere, ha cominciato a fumare marijuana. Sembra molto vicina a un ragazzo
un po’ più grande di lei che fa tatuaggi. Va molto fiera del tatuaggio che ha sul
collo, il disegno di una foglia di marijuana. Aderisce il più possibile allo stile di vita
di lui, compresi i suoi gusti in fatto di musica, cinema tempo libero.
Padre
Il padre ha circa quarantatré anni, alto, un uomo maturo ma ancora attraente.
A volte è un po’ trasandato: non si rade, porta la stessa maglietta e lo stesso paio di
jeans per diversi giorni, ha l’aria stanca, forse perché fuma molto. Ha sempre una
sigaretta accesa in mano o sul posacenere. Ha un lavoro d’ufficio da cui non sembra
trarre grande soddisfazione. Quando torna a casa vuole solo sedersi sul divano
e guardare la televisione. Si è sposato giovane ed è subito arrivata Tina. Gli capita
spesso di non sapere come comunicare con lei. Vorrebbe che sua moglie facesse
più attenzione a Tina, soprattutto adesso che è un’adolescente. Da quando
ha divorziato e ha conosciuto Dana, è molto preso dalla nuova relazione. Il
tempo dedicato a sua figlia si è ridotto drasticamente; Tina se ne accorge ma non
sa come dirglielo.
Madre
La madre ha circa quarant’anni; ha capelli castani, pettinati per lo più in un
leggero chignon. È alta, snella, una figura ancora giovane e piacente. È sempre in
movimento: al lavoro, dove ricopre un ruolo con importanti responsabilità, e a
casa, dove ha sempre qualcosa da fare. Al lavoro si veste in modo austero ed elegante:
gonna, tacchi alti, trucco discreto; a casa preferisce stare in jeans e maglietta,
ma sempre con stile, truccata, con gli orecchini, anelli alle mani. Va in palestra
e dall’estetista; ha un’agenda molto ben organizzata e di solito strapiena. Sembra
sempre indaffarata, e come in attesa di un evento che cambi radicalmente la sua
vita. Ultimamente non tollera più che si fumi in casa, e ha smesso di fumare. Ha
dei tic nervosi: giocherellare con le chiavi, col telefonino. Non ha molto tempo
per Tina. Vorrebbe sapersi imporre di più con la figlia e col marito. Ha una voce
autorevole finché rimane calma. Quando perde le staffe, e succede piuttosto
spesso, la sua voce diventa stridula e disperata.
Professore di Logica
Giovane insegnante, trentacinque, massimo trentasette anni. Sempre ben vestito,
sa di rappresentare un modello di riferimento per i suoi allievi al liceo. Offre
uguali possibilità a tutti gli studenti. Non li giudica in base alle apparenze (per
come vestono, ad esempio). Non li punisce quando non vengono alle sue lezioni.
Cerca di essere obiettivo quanto possibile. È colpito dall’intelligenza di Tina,
510

quando riesce a ottenere il massimo dei voti senza aver nemmeno assistito alla
spiegazione, come gli altri studenti presenti in classe. Difende Tina al consiglio
dei docenti ed è intenzionato a farle avere una seconda possibilità.
Preside Mândrut¸escu
La preside ha superato la cinquantina. Prima di diventare preside, era vicedirettrice.
Adesso può finalmente imporre la propria volontà come a lungo ha desiderato
di poter fare. Veste colori chiari (giacca e gonna), trucco chiaro e capelli
biondi tinti. Parla con fermezza, piuttosto in fretta, e ha il brutto vizio di interrompere
chiunque cerchi di esprimere o affermare un punto di vista. È divorziata
e ha un figlio che ha lasciato il paese tanto tempo fa. È molto severa riguardo alle
regole della scuola e coltiva l’ambizione di innalzare il livello dell’istituto applicando
metodi radicali e strategie messe a punto da lei stessa nel corso degli anni.
Abusa del proprio potere e minaccia gli insegnanti di licenziarli ogni volta che si
rifiutano di obbedire alle sue decisioni.
Professoressa Thinly
Ha circa trent’anni, capelli lunghi e lisci, e porta gli occhiali. Indossa abiti e
gonne ampi, non mette mai i tacchi e non si trucca. È sempre di corsa e ha con sé
una grossa borsa, dove tiene alla rinfusa libri, taccuini, agende. Come insegnante,
è brava a imporsi di fronte agli studenti, ma senza essere severa. Ama il suo lavoro
e gli allievi lo sentono. Cerca di conoscere i propri studenti e di comunicare
con loro per quanto possibile. Non ha paura di esprimere le proprie opinioni,
anche quando non corrispondono a quelle degli altri insegnanti, e anche di fronte
alla preside Mândrut¸escu.
Leo, il ragazzo dei tatuaggi
Ha circa diciotto anni, la testa rasata, un fisico atletico, molti tatuaggi su tutto
il corpo, e gira in canottiera. Ha lasciato la scuola, vive facendo tatuaggi. Ha una
moto di cui va molto fiero, ed è molto popolare tra i frequentatori del bar dove
vanno anche Tina e i suoi amici.
Cristi, il tipo strano
Ha diciotto o diciannove anni, porta sempre il berretto, ascolta musica hiphop,
parla a voce alta e gli piace insultare la gente, per poi giustificarsi dicendo
che stava scherzando. Porta magliette verdi, con scritte che hanno sempre a che
fare con l’«erba» e pantaloni larghissimi stile hip-hop.
511

Lizi
È nella stessa classe di Tina e ha circa sedici anni. È una studentessa diligente,
va sempre a scuola, non provoca scandali; le piacciono alcune materie che studia
anche nel tempo libero, ma in generale cerca di prendere buoni voti in tutte le
materie. Porta la divisa, e di solito si lega i capelli in una coda di cavallo. È socievole
per carattere e ha diversi amici tra i compagni di classe. Non le piace essere
insultata o guardata dall’alto in basso. È l’unica ragazza in classe che ha il coraggio
di affrontare Tina.
Amici, detti anche «La cricca»
Hanno tra i diciassette e i vent’anni. Sempre avvolti in una nuvola di fumo,
di sigaretta o di marijuana. Vestono in modi diversi, ma la maggior parte di loro
si rifà allo stile hip-hop. Alcuni sfoggiano tatuaggi eseguiti da Leo.
SCENA I
Divergenze fra padre e madre
L’azione ha luogo all’interno di una famiglia rumena come tante, in una casa
come tante, a Bucarest.
Setting
In fondo c’è una tenda, un armadio con i cassetti e una valigia. In fondo a sinistra
c’è una porta (da cui esce la madre). A sinistra, sul davanti, c’è un divano (dove siede
il padre). Sulla destra, un tavolo con tre sedie. Vicino al tavolo, una seconda porta,
socchiusa. Di fronte al divano ci sono un tavolino da salotto e un televisore.
Costumi
Padre: pantaloni, maglietta e scarpe da ginnastica.
Madre: jeans, giacchino corto, una collana sottile, capelli racconti in uno chignon.
Tina: jeans, maglietta, scarpe sportive di tela, capelli raccolti disordinatamente.
Indicazioni di scena
Buio in sala. Passi nervosi di scarpe coi tacchi alti (tac tac tac). Le luci si accendono
piano e illuminano l’intera scena: sono circa le dieci di sera, il padre è in casa,
e fuma una sigaretta in soggiorno, la tivù è accesa e trasmette una partita di
calcio. Lui si gode la sua sigaretta. Nel frattempo la madre entra portando delle
bottiglie. È lei che apre la scena.
512

Madre: Perché non la smetti di guardare la televisione e invece non mi dai una
mano? [subito irritata e un po’ ironica].
Padre [con indifferenza]: Un momento… un momento…
La madre aspetta qualche secondo, ma il padre non si alza. La donna si avvicina e gli
mette nervosamente le bottiglie sul tavolo.
Padre: Che fai, donna?
Madre: Muovi il culo e vedi di renderti utile in casa!
Padre: Certo che scegli sempre il momento migliore…
Madre [sarcastica]: Ah!!! Poverino, ti disturbo… Certo… Quello che stai guardando
sì che è importante. Domani vedrai anche la replica, scommetto.
Padre [ironico]: Vuoi che faccia qualcosa? Guarda qua, allora! Ecco cosa faccio!
[si alza, prende le bottiglie e le fa a pezzi]. Adesso levati dai piedi!
Madre: Sei proprio un buono a nulla! Ne ho abbastanza di te! Non fai mai niente.
Padre: Sì… sì. E che cosa vorresti che faccia? Tanto non sei mai soddisfatta.
Madre: Mi hai stufato. Ne ho abbastanza del tuo startene in panciolle.
Padre: Sai una cosa? Se non ti piace, allora vattene!
La madre prepara la valigia con movimenti rapidi e violenti, borbottando sottovoce.
Tina entra dalla porta socchiusa e si incammina verso il fondo della scena, senza
che sua madre si accorga di lei. La madre va verso l’uscita, la porta sulla sinistra, e la
chiude in faccia alla figlia. Le luci si spengono di colpo.
Si accende una luce su Tina. La ragazza appare sconvolta da quanto sta accedendo.
Si sente ancora la partita in tivù e il padre che grida qualcosa.
Tina: E adesso?
Le luci si spengono lentamente illuminando solo il volto teso e smarrito della ragazza.
Poi, a poco a poco, si riaccendono. Appare sulla scena il Narratore, solo.
Narratore: Una famiglia felice? Genitori innamorati? Una figlia obbediente? Una
figlia come tante? Nessuno sa o potrà mai sapere che cosa si nasconda dietro
un ritratto di famiglia, ma molti hanno dei pregiudizi. Molti possono riconoscersi
in questa situazione. Comunque, lei è Tina. Questa non è solo una
storia, può essere la realtà. A volte quello che ci serve è un banale pretesto…
Le luci si affievoliscono pian piano, e il Narratore sparisce nell’ombra.
513

(All’inizio, la scena può avere accenti comici, durante lo scambio di battute tra i due
personaggi. Verso la fine, quando la tensione sale e le bottiglie vengono fatte a pezzi,
l’atmosfera è drammatica).
SCENA II
Estranei
L’azione ha luogo in casa della stessa famiglia, alcuni mesi dopo che la Madre
se ne è andata. È la sera di un giorno di lavoro. Tina è in soggiorno, cerca di fare
i compiti. All’inizio parla al telefono con una compagna di classe.
Setting
In fondo a sinistra c’è una porta. Sul davanti, a sinistra, un divano. Sulla destra,
un tavolo con due sedie. Sul tavolo dovranno esserci due bicchieri e una bottiglia
di vino. Di fronte al divano un tavolino da salotto e un televisore.
Costumi
Padre: una camicia con due bottoni aperti, pantaloni comodi e belle scarpe di
camoscio.
La nuova moglie: un ampio miniabito, scarpe col tacco alto, calze di seta. Capelli
sciolti.
Tina: jeans, maglietta, scarpe sportive di tela, capelli raccolti e arruffati.
I colori dei costumi del padre e della nuova moglie sono a discrezione del costumista.
Tina è nella stanza, sul divano. Parla al telefono. Si sente la tivù a basso volume.
Tina: Non ce la faccio… Non so proprio come farò… Ci mancava solo questo!
Non ci siamo praticamente più visti e…
Il padre entra dalla porta sulla destra con due bicchieri e una bottiglia di vino.
Tina: Ti richiamo presto! [riattacca] Ciao papà! [Tina si avvicina al padre con il
quaderno e la penna. Vuole chiedergli aiuto per un compito scolastico. Lui è esitante
e distratto] Papà, vieni un attimo, per favore! Voglio sapere la tua opinione.
Non se è meglio…
Padre: Aspetta un momento!
Tina: Non ci vorrà molto…
514

Il padre cammina per la stanza, lei lo segue, ma lui va verso la porta sulla sinistra.
Dalla porta entra una donna. Gli sorride. Lui le tende la mano e la invita a entrare.
Inizia una canzone, Tango to Evora di Loreena McKennit. I due si avvicinano al
tavolo del soggiorno ballando il tango. La scena del ballo serve a sottolineare l’esclusività
del rapporto tra i due. Tina si fa da parte e la coppia prende posto attorno al tavolo.
Il padre e la nuova moglie ridono forte. I personaggi si immobilizzano. La ragazza
guarda smarrita le due sedie e i bicchieri. Si sente ancora, soffusa, la canzone.
Tina: E io? Dov’è il mio bicchiere?
Riprende la canzone. I due ricominciano a muoversi, guardano Tina e le sorridono.
L’espressione di Tina è leggermente impaurita. Il padre le presenta la sua nuova moglie.
La musica resta in sottofondo, bassissima.
Padre: Lei è Dana. Andrete molto d’accordo.
Il volume della canzone sale. La ragazza ha un’espressione stupita ed è sul punto di
piangere. Guardandola si capisce che tutto questo è un vero shock per lei. Lascia la scena
tristemente. La canzone continua fino alla fine della scena. Le luci si affievoliscono,
si fanno soffuse. Il debole cono di luce segue Tina mentre si allontana dai due e va
verso la porta sulla sinistra. Quando esce, il palco è completamente al buio.
SCENA III
La cricca
L’azione ha luogo in un seminterrato. C’è un bar. Nel bar c’è un angolo in cui
vengono eseguiti tatuaggi. Siamo nel cuore del centro di Bucarest, in un locale
frequentato da persone di un certo tipo. Tra queste, un gruppo di adolescenti eccentrici.
Vivono nello stesso quartiere di Tina. Negli ultimi tempi esce spesso
con loro. I ragazzi sono riuniti lì come al solito e hanno invitato anche lei.
Setting
Sullo sfondo c’è una tenda. Vi vengono proiettate delle scritte dall’inizio alla
fine di questa scena. Al centro del palco ci sono un divano e una poltrona.
Tutt’intorno, bottiglie vuote e mozziconi di sigarette. Di fronte al divano c’è un
tavolino con un posacenere pieno e del liquido versato. Sul lato destro, un tavolo
e una sedia.
515

Costumi
I ragazzi indossano ampi pantaloni da ginnastica e canottiere o magliette logore.
Le ragazze portano jeans o pantaloncini molto corti. Tutte usano l’eye-liner
nero. Il ragazzo dei tatuaggi porta una canottiera aderente nera e jeans lunghi fino
al polpaccio.
Indicazioni di scena
Sul divano siedono quattro ragazzi, mentre due ragazze stanno in piedi. Il ragazzo
dei tatuaggi, Leo, siede solo al tavolo, e quando Tina lo raggiunge sposta la
sedia per starle più vicino. Aspira lunghe boccate dalla sigaretta, poi soffia via il fumo
lentamente mentre fissa Tina. La scena è illuminata da luci colorate e soffuse.
Dalla sinistra si accende una luce diffusa. La prima frase che appare sulla tenda
è: «Non si fa lo stesso errore due volte, perché la seconda volta non è più un errore,
ma una scelta». Allo stesso tempo parte la musica: Raise Your Glass di Pink.
Sotto la luce, e con la musica in sottofondo, il bizzarro gruppo è già in scena. Tina
è con loro, e si guarda intorno come alla ricerca di qualcosa. Si mescola con gli
altri. Le offrono uno spinello.
Uno dei ragazzi: Benvenuta, piccola!
Iniziano a ballare a ritmo della musica. La ragazza prende lo spinello e aspira diverse
boccate. Tossisce, ma continua a fumare. Sorride mesta e inespressiva. Si mette a
ballare sotto l’effetto della marijuana. Nello stesso stato, si avvicina al tavolo. Un ragazzo
si sta facendo fare un tatuaggio.
Ragazzo: Cosa provi in questo momento?
Lei gli mostra lo spinello.
Cambia la canzone: adesso c’è Drumurile 1 , di Spike. Si sente solo il ritornello, in sottofondo.
I ragazzi la fanno ballare a turno e ripetono il verso della canzone. La musica
resta in sordina, tutti gli altri ballano intorno.
Noi suntem pe drum, venim acum, as¸teptat¸i-ne
Nu suntem departe, tre să văspun
Că suntem tot¸i grămadă s¸i suntem praf
Ni se rupe dacă n-ajungem cum am plecat.
Noi suntem pe drum, venim acum, as¸teptat¸i-ne
Nu suntem departe, tre să văspun
516

Că suntem tot¸i grămadă s¸i suntem praf
Ni se rupe dacă n-ajungem cum am plecat.
Traduzione: Stiamo arrivando, ci siamo quasi, aspettaci / Non manca molto,
devo dirtelo / Siamo in tanti e siamo a brandelli / Non ce ne frega niente di tornare
nelle stesse condizioni in cui siamo partiti.
La musica si interrompe di colpo, e i personaggi sulla scena si immobilizzano. La canzone
viene sostituita da un’altra: Bring Me to Life, Evanescence. La luce rimane soffusa.
Tina si siede, si protende verso Leo e si fa fare un tatuaggio sul lato sinistro del
collo. Lui emette una risata languida e sardonica. Le disegna sulla pelle una foglia di
marijuana. Una terza luce, più intensa, sostituisce le altre.
SCENA IV
In classe. A lezione di Logica
L’azione si svolge nel liceo in cui studia Tina. Negli ultimi tempi ha marinato
spesso la scuola. Si avvicinano le vacanze, e lei decide di andare a lezione, benché
senza molto interesse.
Setting
Sul lato sinistro ci sono la cattedra e una sedia. Una lavagna a fogli mobili. Un
pennarello posato sopra la cattedra. Sulla tenda in fondo vengono proiettate le
immagini di una scolaresca in uniforme. Sul lato destro ci sono sette sedie e piccoli
banchi.
Costumi
Insegnante: completo giacca e pantaloni, cappotto, scarpe.
Studenti: camicia bianca, pantaloni o gonna, le ragazze sono truccate in modo
leggero.
Tina: jeans, maglietta, scarpe sportive di tela, occhi pesantemente truccati,
cellulare posato in bella vista sul banco.
Indicazioni di scena
Ci sono sette studenti, per lo più ragazze. Una di loro è Lizi. Tina siede al banco
da sola.
517

Rientra in scena il Narratore. È uno studente, un ragazzo che si alza dal banco e presenta
la storia.
Narratore: Dopo un lungo periodo di assenza, Tina torna in classe e decide di
partecipare a una delle lezioni.
Dopo che il Narratore è tornato al suo posto, l’azione riprende. Durante le sue battute,
il gruppo costituito dall’insegnante e dagli allievi è rimasto immobile come in una
foto.
Insegnante [entrando in classe]: Salve a tutti! Come state oggi? È una splendida
giornata. Aspettate con ansia la lezione di Logica, vero?
Studente [sussurrando all’orecchio di un altro]: Che stai facendo?
Insegnante [si china un poco verso lo studente]: Mi chiede che sto facendo! [sorride].
Ah ah ah. Che carino!
Studente [lentamente]: Scusi…
Insegnante [mettendosi di fronte alla classe]: Oggi facciamo un po’ di esercizi. Dato
che c’è una lezione nuova, ci sono anche nuovi esercizi… [lo studente sbadiglia.
L’insegnante se ne accorge]. Che succede? Non ti piacciono gli esercizi?
Studente: No!
Insegnante: Perché no? Ti annoi, con le vacanze che si avvicinano? Coraggio, ti
tocca pazientare ancora un po’. Vediamo un po’… Chi viene alla lavagna?
Diamo un’occhiata al registro… chi è ancora senza voto?
Studente 1: Io! Voglio un voto!
L’insegnante guarda sorridendo lo studente. Poi va alla cattedra, si siede e prende il
registro.
Insegnante [dalla cattedra, girando le pagine del registro]: E come mai non hai il
voto? Fammi vedere… Ah, sì! Eri assente, ma c’è anche un’altra persona che
non ha il voto. [si volta verso Tina] Sì… la signorina Cristina Mihăilescu. Vediamo
cosa sa fare. [la classe si agita, ridendo]. Ionescu, se ti annoi, per me puoi
anche venire qui ad aiutare Cristina.
Tina: Non mi serve! [ironica] Allora… che devo scrivere?
Insegnante: Ecco l’esercizio. [scrive qualcosa alla lavagna] Va bene. Ecco qua.
Lasciate lavorare la vostra compagna.
Studente 2 [ironico]: Ma guarda! Lo sa fare!
Studente 3 [ironico]: Già…
Studente 2 [ironico, ridacchia]: È persino venuta a scuola…
518

Tina [si volta nervosa]: Con chi credete di parlare? Sono vostra sorella, per caso?
[smette di scrivere].
Insegnante: Per favore, lasciatela lavorare… Sì, bene! Hai fatto il compito?
Studente 1: Non li fa mai i compiti! Non viene nemmeno mai a scuola!
Tina: Sta’ zitto.
Insegnante: E tu che ne sai?
Tina [ironica]: Forse non ci va nemmeno lui a scuola.
Studente: Guarda come viene vestita! Che razza di pantaloni…
Insegnante: Puoi ammirare i suoi pantaloni, o le sue scarpe o quello che vuoi,
durante l’intervallo. Zitti adesso! Tina, sei stata bravissima! Dovresti venire
ancora a lezione di Logica. Hai fatto molte assenze. Come mai sei mancata così
tanto?
Tina guarda altrove, chiaramente annoiata dalla conversazione.
Studente: Beh, è sempre impegnata a correre dietro ai ragazzi…
Insegnante [rivolto allo studente]: Beh, io ti ho visto giocare a biliardo, perciò sta’
attento a come parli!
Tina: Posso andare a posto?
Insegnante: Sì, va pure. Te l’ho detto. Sei andata bene. Dovresti tornare a lezione…
Tina [si finge assorta nella lettura di un foglio]: Sì, forse…
Insegnante: Va bene. È tutto. Fate buone vacanze! State bene e… ci vediamo
l’anno prossimo! Arrivederci!
Classe: Arrivederci!
(Il dialogo fra l’insegnante e gli allievi deve avere un tono comico. Gli interventi degli
studenti sono di carattere umoristico, ironico. L’intera scena è comica. La voce dell’insegnante,
benché autorevole, è calda e piacevole. Gli studenti si divertono a punzecchiare
Tina, che ha un’aria lievemente divertita e distratta).
Una delle ragazze, Lizi, fissa Tina con insistenza. Quest’ultima si alza e va da lei infastidita.
Tina: Perché mi guardi in quel modo? Rispondi!
Lizi [con indifferenza]: Perché, non posso guardare? Chi credi di essere?
Tina: Stammi bene a sentire. Non puoi parlarmi così. Fatti gli affari tuoi e smettila
di fissarmi.
Lizi: Chi diavolo sei tu per dirmi quello che devo fare?
Tina: Chi sono io? Chi sono io? [la strattona].
519

Lizi: Levami le mani di dosso!
Tina: Ma guardati! Non vali niente!
La fa cadere sulla sedia con uno spintone. L’altra reagisce. Iniziano a picchiarsi. Dopo
qualche secondo, gli altri intervengono per separarle. Le due si guardano in cagnesco,
mentre i compagni le trattengono a fatica. Lizi si libera dalle compagne che la
trattengono e corre fuori dall’aula. Riappare poco dopo seguita dalla preside. La classe
è ancora in subbuglio, gli studenti discutono agitati.
Preside: Adesso basta! Smettetela di chiacchierare! Forza: A destra! [rivolta agli
studenti]… a sinistra! [rivolta a Tina] Che succede qui?
Tina: Niente.
Preside: Come sarebbe «niente»? Vieni qua [rivolta a Tina]. Dimmi che sta succedendo.
Tina: Non sta succedendo niente. Le sembra che qualcuno si sia fatto male?
Preside [rivolta a un’altra allieva]: Signorina, metti via quel libro… Ah, filosofia!
Mmh… [brusio in classe]. Basta adesso! Silenzio! Avanti, Ionescu, dimmi che
cosa è successo qui.
Ionescu: Non lo so… Io non ho visto niente…
Preside: Che cosa? Si sono picchiate, si sono prese per i capelli! Dove credete di
essere, al mercato? Questa è una scuola civile, siete pregare di mantenere ordine
e disciplina! Non vi vergognate? Parlerò con tuo padre [rivolta a Tina] e
con tua madre [rivolta a Lizi].
Tina [rivolta a Lizi, ironica]: Hai sentito, non ti vergogni?
Lizi: Io? E tu allora?
Preside: Silenzio, per favore! Signorina Ionescu, metti via il libro!
Lizi: Non le dirà mai niente! [guarda Tina] Hanno paura di lei!
Preside: Perché?
Lizi: Li picchia appena voltano l’angolo della scuola!
Preside: Signorina Mihăilescu, che sta succedendo?
Tina: Andiamo, signora! Non c’è stato niente, nessuna lite! Lo sa come siamo…
Preside: Ascoltate tutti, io qui sono la preside, la professoressa Mândrut¸escu, nel
caso qualcuno se ne sia scordato. Signorina! Mi chiamo «professoressa Mândrut¸escu»!
Non chiamarmi «signora»!
Tina [ironica]: …professoressa Mândrut¸escu.
Preside: Informerò i tuoi genitori di quanto sta succedendo.
Tina: Se crede che gliene importi qualcosa…
Preside: A chi non importa?
Tina [cambia repentinamente espressione e va via]: Devo andare!
520

Preside: D’accordo… va’. [rivolta a Lizi] Tu non ti muovere! Vado a chiamare
i tuoi!
Lizi: Come? È colpa mia? È stata lei a…
Preside: Basta così. Ho finito.
La scena si chiude: gli studenti guardano in basso, immobili, indifferenti.
(La preside parla in tono deciso, autoritario e al tempo stesso disgustato. La voce è ferma
e rude).
SCENA V
Il consiglio dei docenti
L’azione si svolge nella sala professori della scuola. Su richiesta della preside,
alcuni insegnanti cominciano a discutere della situazione di Tina. La preside
vuole che sia presa una decisione in proposito.
Setting
Sul lato destro ci sono cinque o sei sedie disposte in semicerchio, dove siedono
gli insegnanti. Sul lato sinistro, c’è un banco con una sedia. In fondo a sinistra,
una porta.
Costumi
Preside: completo rosa e arancione, tacchi alti, molti gioielli.
Insegnanti: il professore di Logica ha gli stessi abiti della scena precedente; gli
altri vestono in modo informale: uomini in jeans e camicia, donne in camicetta e
gonna, o pantaloni.
L’insegnante in ritardo, la professoressa Thinly, indossa minigonna e camicetta,
scarpe basse, tutto in tinte chiare.
Indicazioni di scena
La preside si colloca sulla sinistra. Durante il suo discorso, cammina nervosa
davanti agli insegnanti. Si ferma di tanto in tanto per obiettare a quanto dicono.
Tiene sempre una penna in mano. La professoressa Thinly entra dalla porta a sinistra
e prende posto su una sedia vuota. L’intera scena è debolmente illuminata,
a sottolineare la poca chiarezza della situazione rappresentata. Deve esserci un’atmosfera
tesa. La preside rimane qualche secondo nell’ombra per aumentare la suspense
e dare un indizio al pubblico su quanto sta per accadere.
521

Rientra il Narratore. In scena c’è già l’intero consiglio riunito con la preside per decidere
le sorti di Tina. Prima del dialogo, il Narratore presenta la situazione. La luce
sul consiglio è debole, l’atmosfera tetra. Quando Tina entra in scena, alla fine, per
pronunciare il suo monologo, il consiglio è al buio e la luce si concentra su lei sola.
Narratore: Tina, triste e agitata, attende fuori dalla porta. Ma quale sarà la decisione?
Che ne sarà di Tina? Quale sarà, infine, il suo destino?
Inizia il vero e proprio dialogo fra la preside e gli insegnanti. La prima è severa e parla
in tono autoritario. Gli insegnanti la osservano, di tanto in tanto appaiono imbarazzati.
La donna sembra avere il pieno controllo di tutti.
Preside: Buonasera, professori!
Insegnanti [uno alla volta]: Buonasera, preside!
Preside: Voglio discutere di un fatto avvenuto oggi di cui francamente mi vergogno.
[in tono risentito] E voglio trovare una soluzione col vostro aiuto. Oggi,
alle quattro, ho assistito a una rissa indecorosa [enfatizza le ultime parole]. Non
avevo mai visto una cosa simile in vita mia! Ho avuto paura. Sono una madre
di famiglia. In una scuola civile come questa non si può assistere a scene del genere.
Siete d’accordo? [gli insegnanti parlottano fra sé, poi guardano la preside].
Sì? Dunque… Per favore! Adesso votiamo e vediamo come possiamo risolvere
la situazione di questa giovane allieva [respira, poi riprende, sottolineando ogni
parola]. Risse, assenze, negligenza… Prego! [indica il professore di Logica].
Dica pure, professore!
Professore di Logica: Quella ragazza, sa… È vero anche che oggi, durante la mia
lezione…
Preside [interrompendolo]: Non credo sia un comportamento adeguato da tenere
a scuola! Simili scene violente e volgari… non possono accadere qui! In questo
istituto!
Professore di Logica: Certo, signora. È chiaro. Ma l’ho messa in guardia… Potremmo
darle un brutto voto in condotta 2 …
Preside [lo interrompe di nuovo]: Bene allora. Desumo che la sua è una posizione
ambigua. Così come nella vita [uno sguardo furioso]. Bene! [passa in rassegna
con lo sguardo gli insegnanti] Prego, dica!
Insegnante [balbettando]: Io… io mi astengo.
Preside: Giusto. Meglio astenersi che prendere la decisione sbagliata.
Un altro insegnante: Credo che dovremmo parlare coi genitori… Per capire il
perché delle assenze… Oltre a metterle un voto più basso in condotta…
Preside [interrompendolo]: Si vota! Mi pare che siamo tutti d’accordo, no?
522

Un altro insegnante: Sì… propongo di espellerla.
Preside: Eccellente! La segnalerò per un aumento di stipendio.
Gli insegnanti si mettono a bisbigliare tra loro tutti insieme.
Preside: Comportamenti del genere… [li richiama] Professori, per favore! Va
bene, va bene. Prendo nota del… [si interrompe di colpo].
Intanto un’insegnante in ritardo entra in sala. La preside la vede e si rivolge a lei.
Preside: Ma guarda! Professoressa Thinly… È bello che sia venuta!
Professoressa Thinly: Scusi, ho fatto tardi. Di che si tratta?
Preside: Di una riunione del consiglio, professoressa… Stiamo valutando un caso.
Quello della signorina Mihăilescu.
Professoressa Thinly: Ah, la conosco, sì… Mihăilescu… della decima D, mi pare.
Preside: È di lei che parliamo. Dobbiamo espellerla. Mi è giunta voce di una rissa
furibonda… La ragazza è saltata addosso a un’altra allieva come una belva,
cari colleghi. Come possiamo tollerare un fatto simile? In una scuola rispettabile?
Per favore!
Professoressa Thinly: Signora preside, avrei bisogno di qualche altro dettaglio.
Preside: L’ha schiaffeggiata, le ha tirato i capelli… Che importanza ha?
Professoressa Thinly: Prendiamo un provvedimento nei confronti di entrambe
se non vogliamo la violenza a scuola.
Preside: Ma… l’altra ragazza è stata colta alla sprovvista da quest’atto di violenza.
[rivolgendosi furiosa agli altri docenti] Siamo d’accordo, sì?
Professoressa Thinly: Non possiamo espellerla senza prima parlare coi genitori.
Dobbiamo valutare meglio la situazione.
Preside: Professoressa, la conosco da tanto tempo e speravo in un maggior supporto
da parte sua in un caso come questo.
Professoressa Thinly: Non posso esprimere un parere su Tina senza conoscere
la sua situazione a scuola e a casa.
Preside [arrabbiata]: Insomma! Basta così! Il discorso è chiuso. Professoressa, lei
dovrebbe mostrare maggior rispetto per il ruolo che ricopre. Cristina Mihăilescu
deve essere espulsa. Non vogliamo violenti nella nostra scuola!
Professoressa Thinly: Suppongo che non abbia fatto a botte da sola…
Preside: Beh, allora, ai voti. Mi pare che siamo tutti d’accordo. Eccellente!
Professore di Logica: Preside, vorrei dire una cosa. La ragazza ha delle doti…
me ne sono accorto alla mia lezione. Non è così cattiva…
Preside: Che vuole dire? Cosa? Che è brava o cos’altro?
523

Professore di Logica: Faremmo meglio a punirla dandole un brutto voto in
condotta. Diamole una seconda possibilità. Mettiamola sulla giusta strada.
Guardiamo il problema da vicino!
Alcuni dei docenti in sala bisbigliano tra loro approvando all’unisono la proposta del
professore di Logica. Contemporaneamente, la preside si rivolge a un altro gruppo di
docenti. Il professore sembra parlare a se stesso.
Preside [rivolgendosi al professore di Logica]: Molto bene, caro signore. Voglio anch’io
guardare il problema da vicino. Tutti sono favorevoli all’espulsione. E
lei… non la capisco.
Professoressa Thinly: Parliamo coi genitori…
Preside [si mette le mani sui capelli]: Ho un mal di testa terrificante… ho le vertigini…
sto per avere un attacco di cuore.
Intanto gli altri professori discutono per conto proprio.
Preside [rivolta a tutti]: Allora, siamo d’accordo? Sì? [interrompe alcuni di loro] Il
problema è risolto. La discussione è finita. Basta, questa ragazzina distrugge la
reputazione della scuola. La espello immediatamente. [grida] Fate entrare
Mihăilescu!
Esce dalla sala. I professori restano in scena, muti e immobili.
Preside: Signorina! Dopo una giusta e corretta [enfatizza queste parole] discussione
del Consiglio… la decisione unanime [tossicchia e si interrompe], presa
mediante voto, non è una scelta mia…
Tina [la interrompe]: Me lo immagino!
Preside: Porta rispetto! Sei espulsa. Addio!
Tina: Va bene.
Le luci si spengono poco a poco.
(La scena ha carattere comico).
524
SCENA VI
Il monologo
L’azione si svolge a scuola. Tina è sola in classe. Guarda fisso di fronte a sé.

Setting
Un tavolo e delle sedie sparse.
Costumi
Tina: jeans, maglietta, scarpe sportive di tela, capelli raccolti disordinatamente.
La scena è in penombra. In sottofondo c’è una canzone, De ce di Vama Veche, che
dura fino alla fine della scena. Un cono di luce illumina Tina. Alla fine, solo lei è illuminata;
il resto della scena è al buio. Cammina a piccoli passi sul palco, col cellulare
in mano, dietro la schiena. Lo guarda, poi lo nasconde di nuovo. Si strofina le
mani nervosa. Si blocca di colpo. Il cellulare cade. È rigida, la posa esprime resa. Le
mani sono libere, le braccia distese lungo i fianchi. Prende fiato e inizia a parlare lentamente,
con la musica a basso volume. Inizia il monologo.
Tina: Mmh… Mi hanno espulsa. Non chiedetemi se è giusto o sbagliato, se me
lo merito oppure no. Non conta chi ha ragione… Conta l’occasione che ho
perso e che non so se e quando mi ricapiterà. Per ora, comunque, ho perso tutto;
famiglia, amici, persino me stessa… Credevo che se mi fossi ribellata, qualcuno
mi avrebbe ascoltata, che avrebbero visto la mia disperazione, ascoltato
le mie suppliche per avere un’altra possibilità di partire col piede giusto. [le luci
si spengono gradualmente] Ho condannato tutti gli altri per non avermi aiutata…
Ma non è vero: è me stessa che ho condannato.
Concluso il monologo, Tina resta al buio. La canzone continua fino alla fine.
Note
1. ‘Strade’.
2. Il voto in condotta viene assegnato semestralmente; di solito è un dieci, ma nei casi
di violazione del regolamento scolastico può essere abbassato .
525

Personaggi
Graffiti sketch
COORDINATORE
Corina Popescu – insegnante, Garofit¸a Iancu – insegnante,
Collegio Nazionale «Octav Onicescu», Bucarest.
COAUTORI
studenti della nona classe,
Collegio Nazionale «Octav Onicescu», Bucarest
Atto unico
Gelu Goldis¸, studente del nono anno in una scuola di Bucarest
La nonna di Gelu, suo padre, l’insegnante, personaggi fuori scena.
SCENA I
Gelu e la nonna
La modesta casa della nonna, un semplice tavolo di cucina, delle sedie, una pianta
verde in vaso, una finestra sullo sfondo. Gelu indossa pantaloni larghi, una maglietta
sgualcita, bracciale con borchie e i capelli che gli ricadono sulla fronte, tutto nero
eccetto la maglietta, che è di colori sgargianti con un teschio disegnato sul davanti.
Entra con aria annoiata, le mani in tasca, il chewing gum in bocca e si lascia cadere
su una sedia allungando voluttuosamente le gambe.
Gelu: ’Giorno. È pronto il caffè? Devo vedere i ragazzi alle undici… [fa una pausa,
si stiracchia, sbadiglia rumorosamente] Ieri sera ho fatto un po’ tardi con gli amici,
non ti sarai preoccupata troppo a non potermi spiare, vero? Che succede
di nuovo? Ti hanno chiamato i vecchi dalla Spagna? Sono ancora vivi? Mi hanno
mandato qualcosa, che sono già al verde? Mi servono i soldi per la merenda
526

durante l’intervallo. [una risata falsa, sarcastica] Potresti mettermi un po’ di salame
fra due fette di pane come facevi con papà cent’anni fa… Ma i tempi sono
cambiati, lo vuoi capire? Anche noi abbiamo bisogni diversi! Artistici! Ma tanto
non capisci! [in tono distante, sprezzante e ironico] Che generazione di sempliciotti!
Mi servono colori e vernici spray, quante volte te lo devo dire? [esasperato]
A che mi servono? I graffiti sono una forma d’arte! [grida, con malignità] Di
arte, sì! E non le cazzate che facciamo a scuola. Costano cari, dici? [infastidito] E
allora tu che ci stai a fare? Per darmi i soldi, perché ho già puntato un vagone
della metropolitana da decorare, un’ampia superficie per grandi rifiniture, motivi…
[disegna nell’aria con fare sognante e movimenti ampi]. Fai una colletta!
Stasera vado a «risolvere il problema»! [spalanca gli occhi, fingendosi sbalordito]
Scuola?! Che roba è? Io ho già la scuola della vita; l’altra mi annoia a morte: orari
fissi, gente fuori di testa, vermi ritardati… [ride stupidamente alla sua stessa
battuta]. Non rompere! Ci vado ogni tanto, così, perché non si dimentichino di
me. Tanto mi riacchiappano comunque, i primi dieci anni pare siano obbligatori.
[sorseggia rumorosamente dalla tazza] Che farò il prossimo anno? Ci penserò
il prossimo anno, cosa sono, un veggente? Lasciamo passare quest’apocalisse,
poi ne parliamo. [il telefono squilla, una breve pausa, ascolta la conversazione,
a un certo punto gesticola: «No! No!», poi bisbiglia] Sono i miei? Digli che sono
a scuola! A scuola, hai capito? Non farmi questo, ti prego! Mi taglieranno i
fondi. Farò il bravo. Lo prometto, andrò a scuola, anche. Non riattaccare, ti
prego! [cade gemendo sulla sedia, poi, di scatto, si avvicina alla finestra, sistema una
sedia e si arrampica sul davanzale]. Se non li richiami per dirgli che è tutto a
posto, vado in Spagna… volando! [mette un piede sul cornicione esterno].
SCENA II
Gelu e suo padre
La scena è la stessa. Suona il campanello. Gelu va e apre la porta senza guardare dallo
spioncino. Completa sorpresa, confusione, bugie e giustificazioni. Da baldanzoso
che era, Gelu passa a un atteggiamento debole e difensivo.
Gelu [gesticolando troppo, con cortesia falsa e nervosa]: Papà, che sorpresa! Che bello
che sei venuto! Mamma è rimasta laggiù? Quando torni? Io? Tutto bene!
Chiedi anche alla nonna… [si agita pensando agli abiti sciatti che indossa] Ah
no, assolutamente! Questi li porto giusto per stare in casa, sono comodi, sai…
Certo, per andare a scuola ne ho degli altri [si toglie in fretta e furia l’orecchino,
il braccialetto con le borchie e infila tutto nelle grosse tasche dei pantaloni]. Co-
527

sa? Se sono in ritardo? Non preoccuparti, oggi saltiamo le prime due lezioni,
l’insegnante è malato da quasi una settimana, poveretto! Certo che seguo le altre
lezioni. Ma secondo il mio orologio è ancora presto. [guarda l’orologio,
scuote la mano, se la porta all’orecchio] È regolato sull’ora di Barcellona. L’ho
regolato così pensando a voi! [fa un sorriso falso, lanciando occhiate alla nonna].
Che dici, mi vesto, così mi accompagni a scuola in macchina? Non sei stanco
dopo tante ore di viaggio? Papà, e se rimandassimo a domani? Oggi farò
un’eccezione alla regola, così mi racconterai qualcosa di laggiù, passiamo un
po’ di tempo assieme… No? [confuso, combattuto] Ma certo, hai ragione! Domani
è un altro giorno! Va bene, prendo lo zaino. Nonna, dove avrò messo lo
zaino? [fa dei cenni disperati che significano: non ce l’ho lo zaino, coprimi!] Deve
essere qui da qualche parte! [trova un vecchio zainetto, ci infila dentro quello
che trova in dispensa] Gli abiti per la scuola? [si infila in fretta e furia una maglietta,
poi appallottola quella con il teschio e la infila nello zaino sopra il resto della
roba] Pronto per la scuola! [raggiunge il padre alla porta sulla sinistra, si volta
e afferra un avanzo di panino dal tavolo e parla senza farsi sentire dal padre]. E
sia! Per oggi farò un sacrificio! [rivolto alla nonna] Tutto a posto, non preoccuparti,
ho tutto sotto controllo, come sempre, dovresti saperlo!
Esce di scena.
SCENA III
Gelu e l’insegnante
Cambio di scena. A scuola. La campanella suona segnalando l’inizio delle lezioni.
Rumore. I compagni di Gelu entrano in classe dopo l’intervallo; uno di loro mangia
un croissant, un altro beve da una bottiglia di acqua minerale. C’è agitazione.
Gelu [ad alcuni compagni, riconoscendoli]: Ciao, amico! Come stai, fratello? La
prof ha chiesto di me? Mi ha dato per disperso, vero? [vede l’insegnante entrare
in classe] Oh, guarda un po’ chi arriva! [con falsa deferenza] Buongiorno,
professoressa! Sì, mi dispiace, non sono venuto a lezione… Sa, ho avuto qualche
problema in famiglia, mia nonna è morta e ho dovuto occuparmi della
mia sorellina perché i miei sono in Spagna… Certo che ce l’ho una sorella…
Mmh, in effetti ne ho due [tiene le dita incrociate dietro la schiena, visibili al
pubblico]. Papà gliene ha parlato alla prima riunione coi genitori, ma forse se
ne è dimenticata… [sorpreso, si accorge che il padre sta salendo le scale] Papà,
posso farcela. Non devi venire anche tu, va tutto bene.
528

Segue una pausa, durante la quale l’insegnante parla col padre e Gelu fissa il pavimento,
giochicchia con la penna, la fa scattare ossessivamente, ruota nervoso il cappuccio
con la mano.
Gelu: Papà, perdonami. Ho detto quella cosa sulla nonna perché ho avuto dei
problemi di salute e non sono potuto venire a scuola per un po’. Non te l’ho
detto perché non volevo farti preoccupare, dato che abiti lontano. Da oggi in
poi ci verrò tutti i giorni. Lo prometto! Ogni volta che ci vengo, prendo un
buon voto alle interrogazioni; sebbene coi compiti… insomma, me la cavo
meglio col disegno. Lo so che è un peccato, hai ragione, tu lavori come un pazzo
in un paese straniero per me e io… ho delle buone doti e le spreco così…
Ma d’ora io poi sarò all’altezza delle tue aspettative! Vedrai! A cominciare da
oggi! Come meriti, e come merito anch’io.
SCENA IV
Gelu e Beaver, un amico
Per tutta la scena, che si svolge nell’aula scolastica, Gelu parla al cellulare con il suo amico
Beaver.
Gelu: È finita Beaver! Ho chiuso, papà è arrivato e ha scoperto tutto… [pausa]. Sì,
infatti! D’ora in poi sarete tu e i ragazzi. Potremo vederci solo nei finesettimana.
Ehi, non ci crederai, ma mi sono fatto notare fin dal mio primo giorno: ho
preso un voto alto in Romeno facendo un disegno! [pausa] Aspetta, non ridere!
Era una possibile illustrazione per un romanzo romeno. Proprio così! Ho trovato
la mia strada. Farò l’illustratore! Buon per me, dici? Prima dovresti leggere
il libro, perciò comincerò facendo un po’ di ricerca. Così prendo due piccioni
con una fava, no? Mi rilasso, faccio quello che mi piace e vado anche bene a
scuola! Beh, che ne dici, ne vale la pena? Comincia davvero a piacermi. E, tanto
per completare il quadro, mi hanno già incaricato di fare le scene per la recita
di Natale! Che stai dicendo? [si sentono delle proteste dal telefono] Se ci vediamo
domani? No, amico, non posso. Devo fare tutte queste cose. Nemmeno
giovedì, perché cominciamo un nuovo argomento e io sono l’illustratore della
classe, te lo ricordi? Non so, forse sabato. No, amico, non mi è successo niente,
non sono diventato matto; ho solo del lavoro da fare. E la settimana prossima…
[controlla il suo diario nuovo] Nemmeno! Iniziano gli esami! Forse durante
le vacanze… [preoccupato] Beaver, pronto, ci sei ancora? Pronto? Pronto?
[butta il telefono da una parte] Che liberazione! Non puoi capire, «sei uno stupi-
529

530
do» come dice quel personaggio… qual è? Aspetta, lo sapevo… [si mette a sfogliare
il libro con impazienza] Ho un vuoto di memoria. Ma mi verrà in mente.
Forse c’è ancora qualcuno in biblioteca a scuola… Oppure posso guardare
su Internet… Comunque devo prepararmi per la materia di domani! [guarda
nello zaino] Qui dentro non c’è niente… Coraggio, da domani sarò di nuovo
tra i vivi! [si rivolge ai compagni, al mondo intero] Preparatevi, gente, sto arrivando!
[trova la maglietta nera col teschio e si rivolge a un compagno di scuola seduto
dietro di lui] Vlad, vuoi una maglietta da aggiungere alla tua collezione di orrori?
[ride amaramente] No, a me non serve più. Prendila e dimmi quali sono i
compiti di Romeno che dobbiamo fare per domani.

Abbandono scolastico.
Storia di una dodicenne e della sua famiglia
COORDINATORE
Natalia Oproiu
ASSISTENTE
Elena Dinu
COAUTORI
Hîrtopanu Florentina, Drăgulinescu Andreea Mihaela, Munteanu Răzvan Andrei,
Dobre Geo Valentin, Dobre Marius Florian, Genunche Bianca Mihaela,
Popa Lucia Ana-Maria, Ungureanu Cristina
Personaggi
Madre, la signora Voicu: trentacinque anni, una forte personalità, prodiga di
critiche e di consigli.
Padre, il signor Voicu: quarant’anni, premuroso, severo, burbero, criticone.
Raluca Voicu, la figlia dodicenne: bella, capelli castani, occhi verdi, un po’ suscettibile,
innamorata.
Ana Voicu, la figlia minore: dieci anni, capelli castani, occhi verdi, criticona.
Roxana, l’amica di Raluca: dodici anni, dura ma anche saggia, divertente.
Dragos¸, il ragazzo di Raluca: diciassette anni, immaturo ma responsabile, innamorato.
Mihaela, l’amica di Ana: dieci anni, prodiga di consigli e di critiche.
Preside: quarantacinque anni, forte personalità, obiettiva, prodiga di consigli
e di critiche.
Dottore: quarantotto anni, prudente e premuroso, anche lui non risparmia
critiche e consigli.
531

SCENA I
La cucina della famiglia Voicu
Setting
Un tavolo con sopra della frutta (mele, banane, arance) e dei bicchieri, sedie.
Narratore: Raluca ha dodici anni ed è la figlia maggiore della famiglia Voicu; Ana
ne ha dieci ed è la minore. Le due ragazze discutono con la madre, in casa.
Raluca: Mamma, vado da Roxana, la mia compagna, dobbiamo fare un progetto
di Biologia. Ciao ciao!
Madre: Bene, va’ pure. Ma non tornare più tardi delle nove, sennò papà si preoccupa.
Ana: Posso andare anche io a giocare da Mihaela?
Madre: Raluca non va a giocare; va a fare un progetto di Biologia. Quando sarai
grande, potrai andare anche tu.
Ana: Però non è giusto…
SCENA II
Raluca e Roxana a casa di quest’ultima
Setting
Abiti sparsi ovunque, rossetti, cosmetici, profumi, spray per capelli…
Narratore: Raluca arriva a casa di Roxana, che la invita ad andare con lei a una festa.
Raluca: Ciao, Roxy! Sono venuta per quel progetto di Biologia.
Roxana: Ciao, Raluca, l’ho già finito. Vieni con me a una festa, ci divertiamo!
Ecco un vestito, cosmetici, rossetto… truccati un po’ e andiamo!
Raluca: Aspetta un attimo! Devo dire a mamma che non abbiamo finito il progetto
e che passerò la notte da te, così non si preoccupa. [al telefono] Pronto,
mamma… Ho molto da scrivere per questo progetto, dovrò dormire qui da
Roxana, perché devo consegnarlo domani… sai come sono i miei voti.
Madre [al telefono]: Per me puoi restare, ma che dirò a tuo padre?
Raluca: Non ti preoccupare, qualcosa ti verrà in mente! Ciao!
Roxana: Bene, adesso andiamo!
532

SCENA III
Alla festa
Setting
Tavolo, registratore, bicchieri, vino, birra, succhi di frutta, Coca-Cola, ragazzi
e ragazze.
Narratore: Arrivata al party, Raluca incontra il vicino di casa di Roxana.
Roxana: Raluca, lui è Dragos¸, il mio vicino.
Raluca: Ciao, Dragos¸, lieta di conoscerti!
Dragos¸: Ciao, Raluca! Che splendido nome…
Roxana: Vi lascio da soli. Vado a prendermi da bere.
Dragos¸: Da quando conosci Roxana?
Raluca: Da molto tempo. Siamo compagne di banco.
Dragos¸: Ah, bene… ma allora come mai non ti ho mai vista con lei nel quartiere?
Raluca: Sai, papà non mi lascia uscire tanto facilmente. Poi studio anche canto,
e non mi resta molto tempo.
Dragos¸: Ti piace cantare? Vuoi diventare una star?
Raluca: Sì, mi piace cantare. E dovrò esercitarmi molto per diventare una star.
Dragos¸: Beviamo qualcosa! Coca, birra, vino… Io prendo del vino, ne vuoi un po’?
Raluca: Sì, quanti anni hai, Dragos¸?
Dragos¸: Ne ho diciassette. E tu?
Raluca: Ne ho dodici e ho una sorella che ne ha dieci.
Dragos¸: Io sono figlio unico. Ti va di andare in un posto più tranquillo?
Raluca: Sì. Preferisco la quiete.
Narratore: Raluca and Dragos¸ vanno in camera da letto e dopo averli cercati per
due ore finalmente Roxana li trova.
Roxana: Dove vi eravate nascosti? Vi ho cercato dappertutto.
Dragos¸: Siamo andati in una stanza più tranquilla perché la musica ci faceva venire
il mal di testa.
Roxana: Raluca, stai bene?
Raluca: Ho un leggero mal di testa.
Roxana: Andiamo a casa! Dragos¸, noi ce ne andiamo. Ciao!
Dragos¸: Vi accompagno a casa?
Roxana: No, grazie.
533

SCENA IV
A casa
Setting
Tavolo, bicchieri, sedie, una teiera, frutta…
Narratore: Mentre Raluca è alla festa, suo padre torna dal lavoro. Sono le undici
passate e lui chiede alla moglie.
Padre: Dov’è Raluca?
Madre: Raluca è andata a fare un progetto di Biologia da Roxana, la sua compagna.
Padre: E come mai a quest’ora non è ancora tornata?
Madre: Mi ha telefonato per dire che non avevano terminato il compito e che sarebbe
rimasta da Roxana.
Padre: E perché io non ne so niente? Ho detto che non si può dormire fuori!
Madre: Ma si tratta di una compagna di scuola…
Padre: Non so se si tratta di un compagno o una compagna, non ho controllato.
Lo vedremo domani.
SCENA V
Raluca torna a casa
Setting
Tavolo, sedie, tazze, latte, cereali…
Narratore: La mattina dopo, quando Raluca torna casa, sua madre è già al lavoro.
Raluca: Buongiorno, papà!
Padre: Non è affatto un buon giorno per te! Stammi a sentire! Dove sei stata tutta
la notte? Da quando dormi a casa dei tuoi amici?
Raluca: Ho parlato con mamma e mi ha detto che potevo dormire da Roxana
per finire il progetto.
Padre: I compiti non si fanno di notte, ma di giorno. La notte bisogna dormire
in modo da andare a scuola riposati.
534

SCENA VI
Raluca è incinta e dà la notizia a Dragos¸
Setting
Alberi, fiori, cespugli.
Narratore: Raluca si è sentita male a casa e a scuola; ha avuto la nausea, ha dato
di stomaco, le è cresciuta la pancia. Così la sua amica Roxana le ha consigliato
di andare da un dottore per vedere se era incinta, oppure di fare un test di
gravidanza. Non è andata dal dottore perché avrebbe dovuto portare con sé
sua madre, ma ha fatto un test di gravidanza che ha dato esito positivo. È disperata
perché non sa cosa diranno i genitori, né, soprattutto, il suo ragazzo,
che non vede dalla sera della festa poiché il padre l’ha confinata in casa. Dopo
cinque mesi dalla festa, il rapporto tra Raluca e Dragos¸ è esclusivamente telefonico,
perché il padre di Raluca la accompagna e la va a prendere da scuola
con la macchina. Così Raluca ha pensato di marinare la scuola e di incontrarsi
con Dragos¸ per dirgli della sua gravidanza.
Raluca: Ciao, Dragos¸! Dobbiamo vederci subito; ho una cosa molto importante
da dirti.
Dragos¸: Va bene, vediamoci fra mezz’ora.
Dragos¸: Che cos’è successo? Perché volevi incontrarmi con tanta fretta?
Raluca: Abbiamo un problema… sono incinta.
Dragos¸: Ne sei certa? Come lo sai?
Raluca: Ne sono sicurissima. Ho fatto il test ed è positivo.
Dragos¸: Ti amo, e voglio il bambino.
Raluca: E come farò a dirlo ai miei genitori? Come reagiranno?
Dragos¸: Ti amo e voglio questo bambino, non importa cosa diranno i tuoi.
Raluca: Anch’io ti amo. Mi verrà in mente qualcosa da dirgli.
Dragos¸: Abbi cura di te, ci sentiamo al telefono.
SCENA VII
I genitori ricevono la notizia
Setting
Scrivania, sedia, computer, libri, quaderni, penne, scaffali.
Narratore: Raluca non sa come dire ai genitori che è incinta, ma loro lo scoprono
subito.
535

Ana: Raluca, come mai stai male?
Raluca: Ti ricordi quella sera che sono andata da Roxana? In effetti non abbiamo
studiato, siamo andate a una festa. Ho incontrato un ragazzo di nome Dragos¸,
ci siamo innamorati e adesso sono incinta.
Ana: Che cos’hai detto? Sei incinta? Sei pazza? Hai pensato a come reagirà papà?
Raluca: Non mi importa. Ci amiamo e ci sposeremo.
Narratore: La madre interrompe la conversazione.
Madre: Che succede? Chi è che si sposa?
Ana: Di’ a mamma quello che hai detto a me.
Raluca: Quella notte in cui sono stata da Roxana, per quel progetto… beh, ho
mentito: siamo state a una festa dove ho incontrato un ragazzo che amo e che
mi ama. Adesso sono incinta e ci sposeremo.
Madre: Che cosa? Sei incinta? E io che mi fidavo di te… Mi hai delusa. Perché
hai cominciato con il sesso a soli dodici anni? Stupida ragazzina!
Raluca: Io non volevo, ma ho bevuto un po’ e non ricordo più bene…
Madre: Dovevi dirmelo, ti avrei detto come proteggerti. Ci sono tanti metodi
contraccettivi.
Raluca: Noi ci amiamo e ci sposeremo.
Madre: Vivi forse in un paese, o appartieni a una cultura, dove le ragazze si sposano
e partoriscono a undici, dodici anni? Tu sei rumena, europea. Le ragazze
si sposano quando ne hanno l’età. Dopo che hanno finito la scuola trovano
un lavoro, costruiscono una carriera e solo allora pensano a sposarsi. Vedrai
quando lo saprà tuo padre…
Padre: Quando saprò cosa?
Madre: Ha mentito a proposito di quel progetto scolastico la sera in cui ha dormito
da Roxana. Ha passato la notte con un ragazzo… e adesso è incinta,
Padre: Come hai potuto fare una cosa simile? Sei impazzita? Incinta a dodici anni?
Devi andare subito in ospedale e abortire!
Raluca: Io non voglio abortire, non voglio uccidere un bambino innocente, e in
più ormai è troppo tardi. Amo Dragos¸ e ci sposeremo.
Padre: Vuoi sposarti a dodici anni? Sei matta? Prima devi finire le medie, il liceo,
andare all’università, e poi sposarti, non adesso. Ma se vuoi avere il bambino,
non c’è più posto per te in casa mia… Va’ dal tuo ragazzo e restaci! Non sei più
mia figlia. Per me non esisti più, visto che non mi hai dato ascolto.
Narratore: Raluca fa i bagagli e chiama Dragos¸, il suo ragazzo.
Raluca: Dragos¸, papà ha scoperto che sono incinta e mi ha cacciato fuori. Che
posso fare?
Dragos¸: Nessun problema, starai da me. Vengo a prenderti.
536

SCENA VIII
Raluca e Roxana
Setting
Alberi, fiori, cespugli
Narratore: Raluca si è trasferita da Dragos¸. Ha partorito un maschietto, a soli
tredici anni. Nel frattempo ha smesso di andare a scuola e dedica il suo tempo
ad accudire il piccolo. Ma un giorno, mentre passeggia nel parco col suo
bambino, incontra Roxana, la sua amica.
Roxana: Ciao, Raluca! Come stai? Perché non sei più venuta a scuola? Hai deciso
di lasciarla? E perché non mi hai più chiamata? I tuoi mi hanno detto che eri
andata via. E questo bambino di chi è? Non sarà mica il tuo? È un maschio o
una femmina? Non hai più abortito, allora…
Raluca: Troppe domande, mi gira la testa! È mio cugino e devo riportarlo a casa
dalla madre. Scusa ma vado di fretta. Ti chiamo così ci vediamo. Ciao!
SCENA IX
La mamma va alla scuola di Raluca su richiesta della preside
Setting
Scrivania, computer, agenda, penna, vaso di fiori.
Narratore: La mamma ha mentito all’insegnante che continuava a telefonare per
chiedere di Raluca, dicendo che la figlia era all’estero con una zia. La preside
l’ha chiamata per chiarire la situazione.
Madre: Salve preside. Sono la madre di Raluca Voicu e sono venuta su sua richiesta.
Preside: Salve, signora Voicu. Le ho chiesto di venire per discutere della situazione
scolastica di Raluca. Come lei sa, Raluca non viene a scuola ormai da tempo,
ha fatto molte assenze e dovrà ripetere l’anno. Mi dispiace perché è una ragazza
dotata e che si impegna, studia canto, ma questi sono i fatti. Non ha voti
per via di tutte le assenze che ha fatto nel primo semestre, mentre nel secondo
semestre non è mai venuta a lezione.
Madre: Preside, è giusto che lei sappia: mia figlia ha abbandonato la scuola perché
è rimasta incinta, senza che noi ne sapessimo niente. Credo che nel frattempo
abbia anche partorito… Non so nulla di lei… Suo padre l’ha cacciata
di casa e al momento non vive con noi; vive col suo ragazzo.
537

Preside: Come è potuto accadere a Raluca, che ha solo dodici anni e due genitori
che le stanno vicino?
Madre: Ha detto che andava da una compagna a fare un compito di Biologia…
È accaduto lì. Purtroppo quando lo abbiamo scoperto era troppo tardi.
Preside: Mi dispiace per quanto è successo. Forse siete stati troppo severi, ed è
successo per questo. Dobbiamo lasciare ai figli un minimo di libertà per esprimersi
ed esplorare il mondo esterno, in modo che imparino a distinguere con
le loro forze il bene dal male. Spero almeno che tutto questo sia di lezione per
Ana.
Madre: Staremo più attenti con lei.
Preside: Arrivederci, signora Voicu! Grazie per essere passata. È un peccato che
sua figlia abbia lasciato la scuola. Ora non vi resta che aiutarla a sviluppare il
suo talento, ha una voce così bella…
Madre: Grazie per la sua comprensione e i suoi consigli. È un uomo severo, ma
cercherò di convincere mio marito per il bene di Raluca.
SCENA X
Dialogo tra sorelle
Setting
Tavolo, sedie, bicchieri, antipasti sul tavolo.
Narratore: Dopo due anni, Raluca va a casa in un momento in cui i genitori sono
fuori, e parla con sua sorella Ana, che ha avuto la sua stessa sorte: è rimasta
incinta a dodici anni.
Raluca: Ana, come stai? Sono venuta a trovarti perché mi mancavi.
Ana: Ciao! Non mi sento molto bene, ho mal di pancia e ho saltato il ciclo… ho
la nausea, credo mi sia successa la stessa cosa che è capitata a te. Sono incinta!
Raluca: E che cosa farai? Spero tu non stia pensando di abortire!
Ana: Non so cosa farò, ma di sicuro non quello che hai fatto tu: lasciare la scuola!
Non interromperò gli studi. Aver smesso di studiare non ti è stato di aiuto.
Raluca: È una scelta tua. Fa’ quello che vuoi! Però pensaci: c’è di mezzo la vita di
un bambino, un’anima innocente, e tu vuoi ucciderlo!
Ana: Rifletterò meglio sulla situazione.
Raluca: È meglio che me ne vada prima che i tuoi tornino a casa. Ciao, ci vediamo
presto! Pensa bene a quello che fai.
538

SCENA XI
Dialogo fra amiche
Setting
Tavolo, sedie, bottiglie di succo di frutta sul tavolo, pizza.
Narratore: Ana è andata dalla sua amica Mihaela per confessarle un segreto.
Ana: Ciao Mihaela! Che bello che ci siamo viste. Devo dirti un segreto; magari tu
saprai darmi un consiglio.
Mihaela: Di che segreto si tratta? Come posso aiutarti?
Ana: Sono incinta e non so cosa fare… tenere il bambino o abortire?
Mihaela: Com’è possibile che tu sia rimasta incinta? Perché non hai preso precauzioni?
Vuoi fare come tua sorella che ha lasciato la scuola? I tuoi lo sanno?
Ana: No, non lo so, ma di sicuro non voglio lasciare la scuola. Voglio una carriera.
Mihaela: In tal caso devi parlare con tua madre e abortire.
Ana: Sì, purtroppo è l’unica soluzione.
Mihaela: Anche perché se tuo padre viene a saperlo ti butta fuori come ha fatto
con tua sorella. Dillo subito a tua madre e vai ad abortire!
Ana: Vado subito a casa e dico a mia madre di accompagnarmi dal dottore.
Mihaela: D’accordo, Ana! Fammi sapere come va. Ciao!
Ana: Lo farò. Ciao!
SCENA XII
Ana e sua madre
Setting
Tavolo, sedie, piatti, bicchieri, posate.
Narratore: Ana torna di corsa a casa e dice alla madre il grande segreto.
Ana: Mamma, devo dirti una cosa molto importante.
Madre: Cos’è successo?
Ana: Devo andare di corsa dal dottore perché ho mal di pancia e la nausea; non
mi sento bene.
Madre: Non si ripeterà mica quello che è successo con tua sorella, che è venuta
a dirmi che era incinta? Li conosci i metodi di contraccezione, il profilattico…
Ana: Mamma, non credo di essere incinta, sono solo ammalata. Tutto qui.
Madre: Va bene. Vedremo.
Narratore: La madre dice al padre che porta Ana dal dottore per fare gli annuali
controlli medici.
539

Madre: Porto Ana dal dottore. Deve fare il controllo annuale.
Padre: Vi accompagno in macchina?
Madre: No, grazie. Ci farà bene camminare un po’.
Padre: Va bene. Chiamatemi che vengo a prendervi.
Madre: D’accordo, caro!
SCENA XIII
La visita dal dottore
Setting
Scrivania, ricettari, penne, computer, guanti sterili, apparecchio per misurare
la pressione, termometro, strumenti sterili, lettino.
Narratore: Ana e sua madre entrano nello studio del ginecologo.
Madre: Buonasera, dottore.
Dottore: Buonasera. Qual è il problema?
Madre: Ho portato mia figlia a fare un controllo, perché si lamenta di avere dolori
addominali e non ha avuto il ciclo. Temo che abbia fatto come sua sorella:
incinta a dodici anni!
Dottore: A dodici anni? Così giovane? Ma com’è possibile? Dovrò visitarla. Signora,
per favore, vada in sala d’aspetto, e la chiamerò una volta completata
la visita.
Narratore: Dopo dieci minuti, il dottore dice alla madre di entrare nello studio.
Dottore: Prego, signora Voicu, entri! Sua figlia è incinta di due mesi. Cosa intende
fare?
Madre: Ecco, proprio come sua sorella… Forse la colpa è del padre che le ha tenute
sempre in casa ed è stato troppo rigido.
Dottore: Troppa severità non va bene, così come la troppa libertà. I bambini
vanno controllati, non confinati in casa, perché poi non sanno come comportarsi.
Madre: Se suo padre lo scopre, la butta fuori come ha fatto con la sorella. Vorrei
che abortisse.
Dottore: Ci sono dei rischi quando si è così giovani. Farò del mio meglio. Da un
punto di vista psicologico, per lei è come uccidere il suo bambino. Le consiglio
di portarla da uno psicologo dopo l’aborto, per ritrovare un po’ di pace.
Madre: La ringrazio per i suoi consigli.
Dottore: Ana, per favore, entra e dicci che cos’hai deciso. Ho parlato con tua
madre; sa che sei incinta. Dovete prendere una decisione insieme.
540

Madre: Com’è possibile una cosa simile? Hai seguito l’esempio di tua sorella?
Non sapevi che esistono dei modi per proteggersi? Pillola anticoncezionale,
preservativi…
Ana: Mamma, smettila di farmi la lezione, ormai è troppo tardi! È successo… La
cosa importante è che papà non venga a saperlo, e fare subito l’intervento. Non
voglio lasciare la scuola come ha fatto mia sorella… voglio continuare gli studi.
Madre: Dottore, per favore, mi dica quanto verrà a costarmi.
Dottore: Le tariffe sono scritte sulla porta.
Madre: Costa molto! Ma che devo fare? Qualcuno deve pagare per la stupidità di
mia figlia.
Narratore: Dopo un paio d’ore di attesa, la madre entra di nuovo nello studio e
chiede al dottore:
Madre: Dottore, come sta mia figlia? È andato tutto bene? Possiamo andare a casa?
Perché suo padre mi ha telefonato per sapere come mai non torniamo. È
preoccupato.
Dottore: Sta bene adesso, ma prima di andare a casa, fermatevi in farmacia a
comprare gli antibiotici che le prescriverò, in modo che non le venga un’infezione;
le ho anche suggerito una pillola anticoncezionale, per il futuro.
Madre: La ringrazio molto.
SCENA XIV
I genitori
Setting
Tavolo, sedie, birra, bicchieri.
Padre: Dove siete state tutto questo tempo?
Madre: Dal dottore. Abbiamo dovuto aspettare i risultati degli esami.
Padre: E che c’è che non va?
Madre: Una leggera anemia. Siamo andate in farmacia a prendere le medicine
prescritte dal dottore.
Padre: È grave? Che medicine?
Madre: Non è niente di grave. Si tratta di vitamine per recuperare le forze e di un
integratore di ferro per l’anemia.
541

SCENA XV
Ana e Mihaela
Setting
Alberi, fiori, cespugli.
Ana: Ciao Mihaela. Ho seguito il tuo consiglio e sono andata con mamma dal
dottore per abortire.
Mihaela: Sono contenta che non hai lasciato la scuola come ha fatto tua sorella,
ma mi dispiace per l’anima innocente che hai ucciso.
Ana: So che non è bello aver ucciso un bambino, ma era l’unico modo per proseguire
gli studi e avere una carriera.
Mihaela: È un bene che tu continui a studiare, così potrai avere dei bambini più
in là. Bada di prendere precauzioni in futuro, perché non accada di nuovo.
Ana: Il dottore mi ha prescritto delle pillole anticoncezionali. Ti saluto! Ciao!
Mihaela: Ciao ciao!
SCENA XVI
Le due sorelle
Setting
Scrivania, computer, quaderni, libri.
Raluca: Ana, come stai? Cos’hai fatto della gravidanza?
Ana: Sono andata dal dottore con mamma e ho abortito.
Raluca: Hai fatto un grosso errore a uccidere un’anima innocente!
Ana: Sì, è stato un errore, ma almeno non ho abbandonato la scuola come hai fatto
tu. Costruirò una carriera… avrò una famiglia, un giorno, ma non adesso.
Raluca: Non preoccuparti: tante persone non hanno fatto l’università ma hanno
ugualmente avuto successo. Grazie al mio talento anch’io farò la mia strada
e diventerò una star!
Ana: Sono felice per te. Dragos¸ ti ama, si prende cura di te e la tua vita va bene.
Dragos¸: Fai bene a finire la scuola e trovare un lavoro.
Raluca: Sono felice che continui a studiare, ma allo stesso tempo mi fa star male
il pensiero del piccolo che hai ucciso. Ci sentiamo presto. Adesso andiamo
via. Ciao!
542

SCENA XVII
Epilogo, in famiglia
Setting
Tavolo, sedie, frutta, dolci, caraffe, bicchieri.
Padre: Visto quello che è successo a tua sorella, che ha abbandonato la scuola dopo
essere rimasta incinta, non voglio che questo si ripeta anche con te. Finché
sarai sincera con me e rispetterai i tuoi doveri scolastici, ti lascerò fare quello
che vuoi.
Ana: Non abbandonerò la scuola come ha fatto lei. Porterò a termine gli studi e
solo dopo penserò al matrimonio e alla famiglia.
Padre: Me lo auguro! Per il tuo bene.
Madre: Spero che d’ora in poi ti serva di lezione, per non commettere gli stessi
errori di tua sorella. Sei cresciuta e da questi errori hai tratto una lezione. Sai
come si dice: sbagliando si impara! Mi auguro sia vero anche per te.
543

Personaggi
Questa non è una favola
COORDINATORE
Anca Florea, Associazione «No Abuse», Bucarest
AUTORE
Alexandru Stoica, nono anno
Spike, un quindicenne.
Madre di Spike, una donna che lavora sodo, ma è delusa dalla vita.
Tony, migliore amico e compagno di scuola di Spike.
Flori, amica di Tony; frequentano la stessa scuola.
Maria, amica e compagna di classe di Flori.
Signor Badea, il padre di Spike, un uomo che ama il denaro.
Alexandra, figlia del signor Badea, sorellastra di Spike.
Costin, figlio del signor Badea e fratello di Alexandra, fratellastro di Spike.
Tre studenti.
Insegnante.
SCENA I
Bucarest. Gli allievi dell’ottavo anno 1 stanno per sostenere l’esame. Agitazione. Confusione.
Si spostano banchi.
Studente 1: Amico, mi serve una mano! Avvicinati col banco!
Studente 2: E se ci becca?
544

Studente 1: Sta’ calmo… non ci beccherà… Prendi questo!
Studente 3: Non così… spingi un po’ di più… ecco.
Entra l’insegnante coi compiti d’esame.
Insegnante: Eccomi qua! Forza, basta così, silenzio! Riempite la colonna destra
del foglio… ormai lo sapete… Nome e cognome, nome e cognome di padre e
madre, scuola eccetera. Non fate errori!
Spike: E se uno non ha il padre?
Insegnante [infastidito]: Non lo scrivi…
Studente 1: Questo non ha il padre?
Studente 2: Boh…
Studente 3 [ridendo]: Qual è il tuo grande segreto, amico?
All’improvviso Spike si alza in piedi e, rivolto al pubblico, comincia a cantare a ritmo
di hip-hop. Durante la sua esibizione, la scena cambia e al posto dell’aula scolastica
appare l’interno di un appartamento, compresa la porta d’ingresso. Sul pavimento
ci sono carte sparse, vestiti e piatti sporchi.
Spike [a ritmo di hip-hop]: Da quando ero bambino, vivo in un segreto
La mia vita… è un incidente
Mia madre… mi ha tirato su da sola
Papà è una brutta parola
Mi sono fatto coraggio
Pensando: la speranza non muore mai
So che scoprirò tutto
Penso solo a questo.
Spike e sua madre entrano in casa nello stesso momento. Lei si mette a raccogliere le
carte sparse e i piatti dal pavimento, mentre lui la guarda.
Madre: Spike, che ti prende?
Spike: È tanto che voglio chiedertelo, ma non ho il coraggio. Qualche notizia su
mio padre… non te l’ho mai chiesto.
Madre: Che cosa vuoi sapere?
Spike: Dov’è? Chi è? Perché mi ha lasciato?
Madre: Perché vuoi saperlo proprio ora?
Spike: Mamma, sono quindici anni che vivo con questo segreto. In effetti… sono
un segreto io stesso. Non conosco il mio passato; non so chi sono. Ne ho
abbastanza!
545

Madre: Nemmeno io so bene chi sia… insomma, non lo sapevo… finché non
ho scoperto…
Spike: Come vi siete incontrati tu e papà?
Madre: Andavo all’università e incontrai un uomo meraviglioso… tuo padre.
Spike: Lo amavi molto?
Madre: Sì, ma col tempo lui è cambiato. Ci vedevamo solo ogni tanto, e quando
gli dissi che ero incinta…
Spike: Se ne andò.
Madre: Sì.
Spike: Perché se ne è andato? Perché non mi voleva?
Madre: Perché anche lui aveva un segreto. Io stessa l’ho scoperto molto tempo
dopo.
Spike: E qual è questo grande segreto?
Madre: A che serve saperlo?
Spike [parlando fra sé]: Troppi segreti… ci sono troppi segreti.
Madre: Faceva una doppia vita. Aveva già una famiglia! Spike…
Spike: Perciò… io potrei avere dei fratelli, delle sorelle?
Madre: Sì. È probabile… ma non so niente di loro.
Spike: Ma qual è il suo cognome?
Madre: Badea. Ma non pensare al signore che abita al secondo piano, perché non
è lui!
Spike [ridendo]: Quel ciccione? [serio] E tu l’hai lasciato fare? Non hai cercato di
fermarlo?
Madre: Non sapevo che volesse andar via. È partito di notte. È scomparso e basta.
Mi ha lasciato solo un biglietto in cui diceva che se ne andava, e che aveva
già una famiglia.
Spike: Hai detto che era un uomo buono, un uomo meraviglioso… ma quale
persona buona lascerebbe che suo figlio cresca da solo?
Madre: Capirai presto che l’amore è cieco. Allora lo amavo. Ma non contavo per
lui. Contava solo l’altra famiglia.
Spike: Mamma. Voglio trovarlo!
Madre: Perché vuoi trovarlo, dopo che ti ha abbandonato?
Spike: Perché nella vita tutto si paga!
Esce.
Madre: Com’è andato l’esame?
Spike [con la testa che sporge dalla porta ]: Bene…
546

SCENA II
A lezione di informatica. Gli allievi indossano l’uniforme scolastica, ma sotto si intravedono
abiti da strada: jeans nascosti nei pantaloni sbottonati e magliette colorate
nelle giacche.
Tony: Spike, amico, giochiamo un po’ a Counter Strike.
Spike: Non adesso, Tony. Devo fare una cosa su Facebook.
Tony: Forza amico. Giochiamo. Che cavolo devi fare su Facebook?
Spike: Voglio vedere se c’è qualche foto di mio padre.
Tony: Che padre? Non lo conosci nemmeno… sai almeno che faccia ha?
Spike: No, ma ho parlato con mamma e so come si chiama. E credo che mi somigli.
Tony: E davvero intendi cercarlo? E se fosse un senzatetto?
Spike: Potrei trovare almeno i miei fratelli… mi dai una mano?
Tony: Va bene… e Facebook sia, allora!
Suona la campana dell’intervallo. Entrano molti studenti, tra cui Maria e Flori.
Flori: Non è carino Tony? Che te ne pare?
Maria: Sì. È carino. Ci vuoi uscire insieme?
Flori: Siamo amici, però mi piacerebbe che ci fosse qualcosa di più…
Maria: Beh, prova a parlarci.
Flori: Sì, ma che gli dico? Che mi piace? Suona strano…
Maria: Allora aspetta che faccia lui il primo passo.
Flori: Potrei aspettare in eterno… Credi che gli piaceranno i miei shorts nuovi?
Maria: Non lo so. Vediamo!
Si toglie la gonna della divisa e resta in shorts.
Tony: Ciao Flori! Come stai?
Flori: Bene. Ho lezione di Informatica. Tu come stai?
Tony: Vado a fare un giro con Spike. Tanto abbiamo Religione, adesso.
Spike prende da parte Tony.
Spike: Chi è quella vicino a Flori?
Tony: La sua amica. Si chiama Maria. Perché?
Spike: È molto carina e… non so perché, ma mi sento strano.
547

Tony [ride]: Non sarai mica innamorato!
Spike: …
Entrambi si avvicinano a Maria e Flori.
Tony: Maria… Spike.
Spike: Piacere.
Maria: Piacere mio!
Tony trascina Flori da una parte tenendola per un braccio.
Spike: …
Maria: …
Spike: Tu e Tony siete amici?
Maria: Flori è molto più in confidenza con lui. Noi ci conosciamo appena.
Spike: Credi ci sia qualcosa tra loro?
Maria: Non ne sono sicura, ma passano molto tempo insieme. Credo che a Flori
piacerebbe, ma vorrebbe che Tony le dicesse qualcosa.
Spike: Credo che lei a lui piaccia come…
Maria: Come cosa?
Spike: Senti, stavo pensando, se ti va, potremmo uscire a prendere un gelato tutti
e quattro insieme.
Maria: Ma io ho lezione…
Spike: Tanto a Informatica non c’è niente da fare, io ho Religione, perciò…
Maria: Non lo so. Se anche Flori è d’accordo, allora andiamo.
Entrano Tony e Flori.
Tony: Avete deciso? Usciamo come… una bella famiglia?
Escono tutti.
SCENA III
Una giornata di primavera, al parco. Spike e Flori siedono su una panchina. Entra
Tony.
Tony: Ragazzi, ho portato semi di girasole, succo di frutta e sigarette, ma solo per
gli adulti [ride e si accende una sigaretta].
548

Squilla il telefono. Spike risponde.
Spike: Ciao, piccola.
Maria [al telefono]: Come stai, amore? Dove sei?
Spike: Sto bene. Sono al parco con Tony e Flori. Ci siamo tutti. Manchi solo tu!
Maria: Ma c’è il compito! Dovresti venire a scuola anche tu!
Spike [recitando]: Si sta troppo bene qua fuori / per rinchiudersi a scuola.
Maria: Lo so, ma…
Spike: Forza, piccola, vieni! Lascia perdere quel cavolo di compito in classe!
Maria: Non lo so. Passami un attimo Flori.
Flori: Ehi, come va? Proprio oggi hai un compito in classe?
Maria: Sì, di Romeno. Tu non vieni?
Flori: Sono con Tony… Dovresti venire anche tu, con Spike… abbiamo portato
da bere.
Maria: Va bene, arrivo… Tanto non ero preparata.
Tony prende da parte Spike.
Tony: Amico, l’ho trovato!
Spike: Di chi parli?
Tony: Ho trovato tuo padre su Facebook!
Spike: Sei sicuro che sia proprio lui?
Tony: Ha la tua stessa faccia. Deve essere lui! Lucian Badea…
Spike: E… dove abita? Che c’è scritto?
Tony: Qui a Bucarest.
Maria [che è appena entrata e si trova alle loro spalle]: Chi è che vive a Bucarest?
Spike: …
Maria: Spike?
Spike [la bacia]: Piccola, mi sei mancata… [l’abbraccia].
Maria: Smettila di cambiare discorso! Si tratta di una ragazza, vero?
Spike: No… Vieni, dài. Siediti con noi. Dopo ti racconto.
I personaggi restano immobili, a parte Spike.
Spike [canta]: La scuola non mi interessa più
Adesso ho l’affetto che ho sempre sognato
La vera famiglia in cui ho sempre sperato
Come se Dio avesse voluto ricompensarmi
E niente più potesse farmi a pezzi
549

La meta è chiara nella mia mente
E alla fine papà vedrà
Che anche senza di lui sono riuscito a sfondare.
SCENA IV
Agosto, pomeriggio. Una terrazzo di Bucarest. Spike pulisce i tavoli. Il signor Badea
legge il giornale seduto su una sedia.
Spike: Signor Badea, le serve altro dopo che ho finito qui?
Signor Badea: Prima finisci, e poi ne parliamo.
Alexandra [entrando in scena]: Papà, ti chiama mamma in cucina.
Il signor Badea si alza ed esce.
Alexandra: Spike, posso aiutarti così finisci prima?
Spike: No, ce la faccio.
Alexandra: Tanto non ho niente da fare…
Spike: Va bene, allora pulisci queste tazze.
Alexandra rompe una tazza e si china a raccoglierla.
Spike: Ah, ti aiuto. Attenta a non tagliarti…
Alexandra: Mi dispiace. Spero che papà non se la prenda con te.
Spike: Non fa niente [la bacia sulla guancia].
Alexandra: E alla tua ragazza non dispiacerà?
Spike: Non credo…
Entra il signor Badea. Alexandra esce con le tazze.
Spike: Ecco, ho finito. Le serve altro?
Signor Badea: No. grazie del tuo aiuto.
Spike: A che ora devo venire domani?
Signor Badea: Domani è chiuso. Porto la famiglia a pescare. Potresti venire anche
tu…
Spike: Sì, mi piacerebbe tanto. Grazie per l’invito!
Signor Badea: Va bene. Vieni qui alle cinque allora.
Spike: Viene… viene anche Alexandra?
550

Signor Badea [ridendo]: Sì. Viene anche lei.
Spike: Ho capito. Arrivederci! A domani!
Spike esce.
Signor Badea: Alexandra, vieni qua un attimo. Vorrei parlarti!
Alexandra [da dietro le quinte]: Sì, papà, dimmi [entra].
Signor Badea: Vedo che tu e Spike andate molto d’accordo.
Alexandra: Beh… sì…
Signor Badea: Ti piace, il ragazzo?
Alexandra: In effetti, papà, sì. Credo sia un gran bravo ragazzo. [parlando fra sé]
Come se lo conoscessi da chissà quanto tempo…
Signor Badea: Sì, è un bravo ragazzo. Lavora sodo. E non mi costa molto. È conveniente
averlo intorno…
Alexandra: Cosa? Che vuoi dire?
Signor Badea: Niente. Solo che mi è sembrato che andaste d’accordo.
Alexandra [di fretta]: Sì. Andiamo molto d’accordo.
Signor Badea [tra sé]: Vorrei che tuo fratello si desse da fare come lui…
Il signor Badea esce. Spike entra dall’angolo destro della terrazzo. Alexandra resta
sulla sinistra. Lui canta.
Alexandra: Sono innamorata cotta…
Spike: Scopriranno il mio segreto?
Alexandra: Sento che mi nasconde qualcosa.
Spike: Chissà se lei lo sa già.
Alexandra: Non so perché, ma mi sento strana.
Spike: Lei è la sorella che ho sempre voluto.
Alexandra: Devo dirgli al più presto…
Spike: … che sono suo fratello.
SCENA V
Da McDonald’s, il pomeriggio. Maria e Flori sono sedute in terrazza.
Flori: Spike ha passato l’esame?
Maria: No, è stato bocciato. Passa più tempo con voi che a scuola.
Flori: Non lo passa neanche con noi, il tempo. È sempre occupato a fare altro.
551

Maria: Ho l’impressione che abbia in mente qualcosa. Quando gliel’ho chiesto,
mi ha detto che doveva fare una cosa importante e che non gli importava di ripetere
l’anno.
Flori: Ho sbagliato i compiti di Matematica e Geografia. Spero di passare lo stesso.
Maria: Devi passare! Così saremo compagne di classe anche l’anno prossimo!
Flori: Però se non passo, sarò in classe con Tony… [sorride con aria sognante].
Maria: Quanto vi amate voi due…
Entrano Spike, che tiene per mano Alexandra, il signor Badea e Costin.
Costin: Pesce e gelato stanno bene insieme?
Ridono tutti.
Signor Badea: Forza, sediamoci. Che volete da mangiare?
Iniziano a spostare le sedie e a sedersi.
Flori [a bocca aperta]: Guardate. Non è Spike quello?
Maria: Dove?
Si volta a guardare nella direzione indicate da Flori.
Maria [come parlando tra sé, a ritmo di hip-hop]: Non posso crederci / Mi ha tradita
/ Quando tutto era perfetto.
Si alza e corre vicino a Spike. Spike la vede e si alza anche lui.
Spike: Maria! Aspetta!
Maria [a ritmo di hip-hop]: Non voglio sentire, mi basta quello che vedo / Mi hai
risposto con fin troppa chiarezza!
Da adesso in poi, tutti recitano a ritmo di hip-hop.
Flori: Lasciala stare, Spike!
Alexandra: Chi è lei?
Flori: Tu sta’ zitta. E fatti da parte!
Alexandra: Ehi, voglio sapere che succede. In che guaio mi sono messa!
552

Spike prende per mano Maria.
Spike: Ti spiego tutto subito.
Signor Badea: Sentiamo!
Tutti [tranne Maria]: Sì, sentiamo!
Maria: Qualunque cosa tu dica è inutile! [fa per andarsene].
Spike: Aspetta, / Non andare! / Ascolta almeno la mia storia!
Signor Badea [salta in piedi]: Di qualunque cosa si tratti, sei licenziato!
Spike: Papà, sta’ attento a non farti venire un infarto!
Tutti: Papà!?!
Alexandra [rivolta al signor Badea]: Papà? È vero? Spike è…
Spike [al signor Badea]: Credevi di esserti sbarazzato di me / Non dimenticare
che nella vita tutto si paga / Sono venuto a ricordartelo.
Alexandra: Mi sono innamorata di mio fratello / Papà, mi hai mentito!
Signor Badea: Io non rendo conto a nessuno! / Tranne che a Dio! / Cosa credi di
aver ottenuto / Ingannando la mia famiglia?
Spike: Volevo che sapessero chi sei veramente. / Forse non vuoi bene neanche a
loro.
Alexandra: Non so più cosa pensare…
Signor Badea: È vero, forse ho sbagliato con te. / Ma ho amato i miei bambini.
Costin: Chi è questo? E che vuole?
Signor Badea: Forse vuole i miei soldi…
Alexandra: Non posso credere che tu pensi questo!
Va accanto a Spike.
Spike: Nella vita ho imparato / Che la felicità non si compra.
Maria: Mi dispiace di non averti ascoltato / Non avevo idea di quello che stava
succedendo / Ma voglio dirti che ti amo!
Spike: Anch’io ti amo!
Spike e Maria: Prometto che non farò altri errori!
Si baciano. Maria piange.
Spike [rivolto al signor Badea, e tenendo per mano Maria]:
Spero che tu ti penta di quello che hai fatto!
Tutto questo non è una favola!
È un mondo crudele, pieno di gente cattiva.
Purtroppo tu sei uno di loro.
553

Ma almeno mi sono avvicinato a mia sorella.
Dopo tutto questo tempo mi sento sollevato
E… voglio dirti un’altra cosa:
I miei amici sono la mia famiglia!
Devo andare adesso, addio!
Chissà se ti scorderai ancora di me…
Spike, Maria e Flori escono insieme.
Note
1. L’ultimo anno del ginnasio (verso i quattordici anni); alla fine dell’ottavo anno, gli
studenti vanno generalmente al liceo.
554

Tutto si paga
COORDINATORI
Georgeta Cristea, insegnante, Scuola n. 1, Scuola n. 2 e Scuola n. 6, Oltenit¸a;
Marina Ruse, insegnante, Istituto professionale «Ion Ghica», Oltenit¸a
Personaggi
COAUTORI
Paraschiv Adrian Florin, Velicu Daniel Cristian,
scuola «Spiru Haret», Oltenit¸a
Daniel, studente, quindici anni, vive da solo, i genitori sono in Spagna per lavoro.
Adrian, amico di Daniel, diciassette anni, vestito all’ultima moda.
Paul, amico di Daniel, diciassette anni, vestito all’ultima moda.
Andreea, amica dei tre ragazzi, sedici anni,vestita in modo provocante.
L’insegnante di Inglese, quarantacinque anni, un tipo serioso.
Cristian, zio di Daniel, fratello di sua madre, trentotto anni, operaio che lavora
duramente e ha preso il diploma di recente frequentando i corsi serali.
Poliziotti.
L’anziana vicina di casa, in vestaglia e coi bigodini.
L’anziano vicino di casa, in vestaglia anche lui.
SCENA I
Il soggiorno di casa di Daniel, un divano, un tavolino da salotto, una poltrona, la
scrivania, lo stereo e altri oggetti e ninnoli tipici di una casa modesta. Entra Daniel,
portando sacchetti colmi di pane, latte e detersivi, e comincia a sistemare la spesa. Accende
lo stereo e ascolta musica mentre raccoglie la biancheria per lavarla. Riordina e
555

pulisce in fretta la casa. Si siede alla scrivania e consulta il suo orario, poi, senza molto
entusiasmo, apre i libri per studiare le materie in cui non ha ancora un voto. Gli
squilla il cellulare.
Daniel: Ciao, Adrian!
Adrian: Come stai, bello? Tutto bene? È un po’ che non ti fai sentire.
Daniel: Che ti devo dire? Ho avuto un po’ da fare; sai che i miei sono via…
Adrian: Beh, è una figata, amico!
Daniel: Sì e no. Dimmi, che posso fare per te?
Adrian: Che stavi facendo?
Daniel: Cercavo di studiare Inglese. Non ho voti perché ho fatto delle assenze e
il prof non ha potuto interrogarmi.
Adrian: Ma dài, bello! Basta parlare di libri! Passo lì da te!
Daniel: Quando?
Adrian: Adesso! Abito dalle tue parti.
Daniel [si alza e chiude i libri]: Va bene. Ti aspetto!
Suona il campanello. Daniel va ad aprire. Entra Adrian, insieme a Paul e Andreea.
Adrian, Paul e Andreea: Sorpresa!
Daniel: Ciao! [stringe la mano a tutti] È una sorpresa davvero!
Adrian: Abbiamo finito presto e avevamo voglia di divertirci un po’.
Paul: E poi non ci vediamo da due settimane.
Andreea: E io ero curiosa di vedere dove vivi.
Daniel: Mettetevi comodi. Questa è casa mia, ma mi sembra troppo grande da
quando i miei sono partiti. Non è semplice prendersi cura da soli di una casa
e di se stessi, io ci sto provando. Lo zio Cristian, il fratello di mia madre, mi dà
una mano ogni tanto.
Andreea: Io mi rompo da morire a fare le faccende di casa, anche se si tratta solo
di aiutare mia madre! Il mio sogno è avere una governante che faccia tutto!
Così passerei il tempo dal parrucchiere, al centro massaggi e soprattutto a fare
shopping!
Paul: A casa mia fa tutto mia nonna. I miei lavorano dalla mattina alla sera.
Daniel: Mamma e papà sono partiti perché non avevano scelta. Qui non avevano
da lavorare. Trovavano solo impieghi temporanei e malpagati. Io ho appoggiato
la loro decisione, perché così potrò avere quello che mi serve: il telefono,
il computer, bei vestiti…
Adrian: A me piacerebbe da matti stare a casa da solo, fare tutto quello che mi pare,
non sentirli che mi rompono le scatole tutto il giorno.
556

Andreea: Qualcuno ha detto qualcosa a proposito di andare a divertirsi?
Paul [tira fuori una bottiglia e un pacchetto di sigarette]: Ho preso i soldi alla nonna
mentre non guardava ed ecco a voi quello che serve per divertirsi!
Adrian: Bravo! Ragazzo sveglio! Daniel, dei bicchieri…
Daniel: Andreea, prendi i bicchieri, per favore!
Andreea [mentre cerca i bicchieri]: Tu pensa alla musica!
Daniel alza il volume dello stereo. Andreea mette i bicchieri sul tavolo, Paul versa da
bere e ognuno dei tre ospiti si accende una sigaretta.
Daniel: Non si fuma in questa casa. Se mamma se ne accorge sono morto!
Adrian: Ma i tuoi non lo sanno che fumi?
Daniel: Beh, veramente io non fumo. Ho preferito smettere.
Paul: Che scemo che sei! Che c’è di meglio di un po’ d’alcool e una bella sigaretta?
Andreea [ballando, gli offre una sigaretta]: Avanti, smettila di fare il bravo ragazzo!
Prendi una sigaretta!
Daniel: E va bene!
Adrian gliel’accende. Brindano.
Tutti: Cin cin!
Adrian: Mamma mia, che buono il cognac!
Daniel: Ne bevo solo un po’, perché devo tornare a scuola, almeno per l’ora di
Inglese.
Paul: Non pensare alla scuola, bello! Andiamo a fare un po’ di baldoria.
Adrian: Vai solo all’ora di Inglese!
Daniel: Avrei dovuto già essere lì! Ma la lezione di Inglese è tra due ore. Posso andarci
dopo e vedere quello che riesco a fare.
Andreea [ballando in maniera provocante invita i ragazzi a unirsi a lei]: Balliamo,
dài!
Ballano tutti, fumano e bevono. L’atmosfera è rilassata. Al culmine del divertimento
arriva lo zio di Daniel, incaricato di dare un occhiata al nipote mentre i genitori sono
via. I quattro smettono di ballare imbarazzati e cercano di nascondere le sigarette
e i bicchieri, di scacciare il fumo con le mani.
Cristian [ironico]: Non vi preoccupate! Continuate pure!
Daniel spegne lo stereo, imbarazzato per l’arrivo dello zio.
557

Daniel: Sai, mi stavo solo preparando per andare a scuola!
Cristian: Come no. Si vede subito! A proposito! Che ore sono? Non dovevi andare
a lezione a un certo punto?
Daniel: Beh…
Cristian [a Daniel]: Niente «beh»! [agli altri, spingendoli verso la porta] La festa
è finita! Addio!
Daniel: Devi sapere che sono venuti di loro iniziativa.
Cristian: E tu sei stato così gentile da farli entrare.
Daniel: Sono miei amici. Non posso avere degli amici?
Cristian: Certo che puoi! Peccato che tu non abbia più buon gusto nella scelta!
Daniel: Che vuoi dire?
Cristian: Che stai facendo i miei stessi errori! È stato anche con «l’aiuto» dei miei
amici che non ho terminato gli studi in tempo e li ho ripresi a trent’anni. Ho
dovuto lavorare e studiare contemporaneamente. A stento trovavo da lavorare;
dovevo accettare qualunque lavoro malpagato. E per colpa di tutto questo ho
passato poco tempo con la mia famiglia, con mio figlio. Credi sia stato facile?
Daniel [mentre prepara lo zaino]: Questo a me non succederà. Non farò come te.
Cristian: Oggi stavi facendo esattamente quello che facevo io vent’anni fa.
Daniel: Ma è successo solo oggi! Non ho intenzione di abbandonare la scuola
per andare dietro ai miei amici!
Cristian: Hai ragione. Tu non la lascerai. Ma non ti è venuto in mente che la
scuola potrebbe abbandonare te?
Daniel: E come può succedere?
Cristian: Basta un po’ di aiuto da parte tua e dei tuoi amici! Hai mai sentito parlare
di espulsione?
Daniel: E perché mai dovrebbero espellermi? Solo quelli con problemi comportamentali
vengono espulsi.
Cristian: E quelli che fanno tante assenze!
Daniel: Va bene, va bene. Andrò a scuola. E sta’ tranquillo: non ripeterò i tuoi
errori.
Daniel va a scuola.
SCENA II
A scuola, durante la ricreazione. Daniel riceve una telefonata da Adrian.
Adrian: Davvero hai intenzione di restare a scuola? Tuo zio è partito. Siamo seri,
non passerà di nuovo a casa tua!
558

Daniel: Non lo so…
Adrian: Dài, non fare lo stronzo, finiamo quello che abbiamo cominciato!
Daniel: Dove siete?
Adrian: Alla pizzeria all’angolo. Ti aspettiamo. Non dire di no!
Daniel: Vedrò cosa posso fare…
Riattacca. Vede l’insegnante di Inglese in classe e gli si avvicina.
Daniel [tendendosi la mascella]: Professore, per favore, mi autorizza a saltare l’ora
di Inglese? Ho appuntamento dal dentista.
L’insegnante: Oggi hai il compito, lo sai. Hai pochissimi voti!
Daniel: Sì, lo so. Ma ho un problema serio. Sono due notti che non dormo.
L’insegnante: Non sembri stanco.
Daniel [fingendosi dolorante]: Le giuro che mi fa un male cane!
L’insegnante [guardandolo con sospetto]: Va bene. Vai. Ma è l’ultima lezione di
Inglese che salti. Devi prepararti perché sei senza voti, e dovrai fare il test.
Daniel: Grazie! Le prometto che non salterò mai più le lezioni e che faro i compiti.
Corre via, prende lo zaino coi libri e chiama Adrian.
Daniel: Adrian, è fatta! Sto arrivando!
SCENA III
A casa di Daniel. Arrivano tutti molto eccitati e si siedono sulle poltrone e sul divano.
Daniel sistema i bicchieri che vengono subito riempiti. Accendono le sigarette e
brindano.
Andreea: Alza il volume!
Daniel: Mi pare già abbastanza alto. I vicini sono terribili. Due vecchi impiccioni
brontoloni.
Paul: Dacci un taglio, Daniel!
Va ad alzare il volume della musica. La festa ha inizio, con balli, alcool e sigarette.
L’anziana vicina, esasperata, comincia a bussare alla porta. Insiste ma nessuno le risponde.
559

La vicina: Daniel, apri! Questa musica mi fa diventar matta! Dammi un po’ di
pace!
Il vicino [esce in corridoio, molto nervoso]: Questi giovani d’oggi! Non sanno più
cosa sia il rispetto! Darò loro una lezione! Chiamo la polizia [telefona alla polizia].
Salve. Per favore venite in via Stejarului, blocco A 20. C’è una festa che
disturba l’intero condominio, un caos infernale. Non possiamo riposare.
I poliziotti arrivano alla porta e bussano con forza. I ragazzi all’interno se ne accorgono
e restano sorpresi. Daniel spegne la musica e va a vedere.
Daniel: Salve! Che posso fare per voi?
Poliziotto 1: Vogliamo parlare coi tuoi genitori.
Daniel: Non sono in casa.
Poliziotto 2: Sono l’ispettore Corneliu, della polizia. Quello che state facendo
qui si chiama disturbo della quiete pubblica e vi costerà cento euro di multa. Il
suo nome, prego!
Daniel: La prego, sia comprensivo. Non era mai successo prima!
Poliziotto 1: Vogliamo parlare coi suoi genitori. Come si chiama?
Daniel: Sono Daniel Nicolescu. I miei genitori sono in Spagna a lavorare.
Poliziotto 2: Chi si occupa di lei? Non c’è un adulto con cui possiamo metterci
in contatto?
Daniel: Mio zio, Cristian Ionescu.
Poliziotto 2: Qual è il suo numero di telefono?
Daniel: 0599.468.320.
Poliziotto 1 [chiama Cristian]: Sono l’ispettore Popescu della polizia di Bucarest.
Deve venire nell’appartamento di via Stejarului dove vive suo nipote. C’è
un problema.
Lo zio entra in soggiorno ed è sbalordito da ciò che vede.
Cristian: Che sta succedendo?
Poliziotto 1: Ci hanno chiamato dei vicini perché il condominio era disturbato
da musica ad alto volume proveniente da questo appartamento.
Cristian: Daniel, tu dovresti essere a scuola! Che cosa è successo?
Daniel lo guarda imbarazzato e non risponde.
Cristian [rivolgendosi ai tre ospiti]: E voi che ci fate qui? Non vi ho già buttato
fuori una volta?
560

Adrian, Paul, Andreea guardano in basso.
Poliziotto 2: Chiameremo anche i loro genitori dalla stazione di polizia. Anche
loro verranno multati per incitazione al disturbo della quiete pubblica. Come
vi chiamate?
Scrive sul taccuino i nomi dei tre.
Cristian: Sono molto deluso dal tuo comportamento, Daniel. Hai marinato la
scuola, mi hai mentito, sei riuscito a prendere una multa… Davvero un bel
gruppo di amici, mi congratulo con tutti voi!
I poliziotti e i ragazzi se ne vanno. Daniel rimane con Cristian, che si siede sul divano.
Cristian: Che hai da dire? E che diranno i tuoi quando verranno a sapere della
multa?
Daniel: Mi dispiace!
Cristian: Potrò fidarmi ancora di te? «Andrò a scuola. Sta’ tranquillo: non ripeterò
i tuoi errori»!
Daniel: Ti prego, perdonami! Mi rendo conto del casino che ho combinato.
Mamma e papà non me la perdoneranno, e hanno ragione! Non mi manderanno
più soldi.
Cristian: Il problema più grosso è che tu non ti assumi le tue responsabilità. Il
tuo atteggiamento verso la scuola e il futuro è completamente irresponsabile.
Che cosa credi di poter fare senza un diploma?
Daniel: So che ti ho deluso. Mi dispiace! Ho deluso tutti. Non posso prendermela
coi miei amici, ma solo con me stesso. Ho fatto la scelta sbagliata. Se fossi
rimasto a scuola non sarebbe successo niente.
Cristian: Tutto si paga. Con una multa di cento euro e anche in altri modi. Verrai
a casa nostra a fare i compiti ogni giorno e ogni giorno parlerò con gli insegnanti
per controllare la tua situazione scolastica. So che è spiacevole, ma
non mi hai lasciato scelta, e continuerò così finché non avrai dimostrato di esserti
assunto le tue responsabilità. A proposito, scordati pure di andare in discoteca
nel fine settimana!
Cristian esce e Daniel si siede sulla poltrona.
Daniel: È proprio quello che mi merito! Almeno, adesso avrò il tempo per fare i
compiti di Inglese…
561

Personaggi
Destino
COORDINATORE
Florentina Necula, insegnante, Scuola n. 6, Oltenit¸a
AUTORI
Dumitru Cociu, Marian Salim, Scuola n. 6, Oltenit¸a
Mirela, studentessa.
La nonna.
Il padre.
Margareta, la matrigna.
La madre biologica.
Nicu, Maria, i fratellini di Mirela.
I compagni di scuola (tra cui Bogdan).
La professoressa.
SCENA I
In casa, Mirela fa i compiti seduta a un tavolo. In un angolo, i fratelli più piccoli giocano
con dei vecchi giocattoli. Entra con passo malfermo la nonna, reggendo della
biancheria e il ferro da stiro.
Nonna: Mirela, tesoro, che stai facendo?
Mirela: Faccio i compiti. Domani c’è il compito di Matematica e il professore ha
detto che avrò un punto in più se faccio tutti i compiti. C’è un esercizio che mi
562

fa impazzire. Ma, nonna, che ci fai con tutta quella biancheria… [si alza, prende
la biancheria e la posa sul letto]. Lascia, li stiro io più tardi. Vai a riposare,
non ti sei sentita bene negli ultimi giorni.
Nonna: No. Ci penso io. Tu hai fatto già abbastanza per oggi. Hai cucinato, hai
lavato i piccoli, hai riordinato la cucina. Non ti preoccupare, fa’ i compiti, così
il professore non si arrabbia.
Mirela: E chi vuoi che ci pensi? Tu sei anziana e non stai bene. E quella scema di
Margareta sta tutto il giorno a pregare. Non parliamo poi di papà…
Nonna: Che deve fare? Non abbiamo soldi, fa quello che può.
Mirela [torna al tavolo borbottando]: Non abbiamo soldi, non abbiamo soldi. Lo
so io che ci fa lei coi soldi. Invece di occuparsi della casa, come dovrebbe. Ma è
troppo pigra persino per star dietro ai suoi figli [si mette a scrivere].
Entra il padre di Mirela, vacillando un poco con la bottiglia in mano.
Padre: Che ci fai qui? [si lascia cadere su una sedia] Stai di nuovo scrivendo? [getta
a terra i libri e i quaderni di Mirela e si indica lo stomaco]. Alemanda has mimis.
Portami da mangiare invece di scrivere! Perché perdi tempo a studiare,
stupida? Sarai sempre una stupida! Non mi serve che diventi una signora istruita.
Devi saper cucinare, lavare, stirare, fare bambini e ascoltare il tuo uomo.
Mirela [mentre raccoglie libri e quaderni dal pavimento]: No, io voglio andare a
scuola. E ci andrò! Non voglio diventare come tua moglie, che muore di fame.
Finirò la scuola e troverò un lavoro da qualche parte. Nessuno ti assume se
non hai un diploma.
Nonna: Lasciala stare! Deve andare a scuola. Avrà tempo di sposarsi e fare dei figli.
E spero che le capiti un uomo migliore di te. Stai tutto il giorno seduto all’osteria
invece di cercarti un lavoro.
Padre [in tono minaccioso]: Sta’ zitta! [rivolto a Mirela] Forza, portami da mangiare,
o ti prendo a schiaffi.
SCENA II
In classe. La campanella suona l’inizio delle lezioni. Tutti sono seduti al proprio banco.
Mirela arriva trafelata. Si siede al banco e comincia a frugare nello zaino.
Bogdan: Mirela, sei di nuovo in ritardo. Un altro po’ e il professore arriverà prima
di te, e ti segnerà un’altra assenza.
Mirela [non gli dà retta e continua a cercare]: Dov’è? Dov’è?
563

Una compagna: Che cosa cerchi? Libri e quaderni sono già sul banco. Ti serve una
penna? Te la presto io.
Mirela: No, non mi serve una penna. Non trovo il progetto di Romeno.
Bogdan: Invece secondo me non l’hai fatto e vuoi farci credere che lo hai perso.
Mirela [furiosa]: No, non è vero! L’ho fatto! Mi prendi per una bugiarda?
Bogdan: Anche la scorsa settimana hai detto che avevi fatto i compiti e invece
non li avevi.
La compagna: Bogdan, lasciala stare! Li ha fatti i compiti, ma non è riuscita a
scrivere tutti gli esercizi. Ha scritto fin dove ha potuto. Lo sai bene che ha dei
problemi. E poi, il professore non si arrabbierà.
Mirela [senza smettere di frugare nello zaino]: Non lo trovo. Devo averlo dimenticato
a casa. [rivolta ai compagni] Ma l’ho fatto, questo è certo.
Bogdan: Sì, certo come no!
Un compagno: Bogdan, perché non la lasci in pace? Non ha nessuno che le dia
una mano, a differenza di te. I suoi non le hanno comprato il computer di ultima
generazione, la stampante laser, l’iPad o…
Entra la professoressa di Romeno.
Professoressa: Buongiorno! [si siede alla cattedra e apre il registro] Chi manca?
Gli studenti: Nessuno.
Bogdan [a voce alta, ma non tanto da farsi sentire dalla professoressa]: Però Mirela
è arrivata all’ultimo momento.
Alcuni compagni ridacchiano, altri lo guardano con riprovazione.
Professoressa: Oggi dovete consegnarmi i progetti. Mi pare abbiate avuto abbastanza
tempo per farli.
Mirela: Professoressa, io non ho il mio. Credo di averlo dimenticato a casa. Ma
l’ho fatto.
Professoressa: Ne sei certa? È già capitato che tu non abbia fatto i compiti in
tempo.
Mirela: È vero. Ma li ho fatti, alla fine. E ho fatto anche il progetto. Ho anche
trovato delle immagini. Le signore della libreria mi hanno fatto delle copie. Lo
sa che di tanto in tanto do loro una mano a fare le pulizie. Invece di pagarmi,
mi hanno aiutato con il progetto. Lo porto a prossima volta. Oppure, se vuole,
vado a casa adesso e lo prendo.
Professoressa: Non puoi perdere la lezione. Lo porterai la prossima volta. Ma
bada che non succeda di nuovo. [rivolta agli studenti] Aprite il libro a pagina
54, per favore.
564

SCENA III
Casa di Mirela. La nonna siede sul letto. Mirela entra eccitata.
Mirela: Ciao, nonna, ho preso sei in Matematica! In effetti era un cinque, ma il professore
ha controllato i compiti e ha detto che mi dava… Nonna, che cos’hai?
Nonna: Mi sento molto male. Non riesco nemmeno ad alzarmi dal letto. Portami
un bicchiere d’acqua!
Mirela [le porta l’acqua]: Da quanto tempo stai male? Non c’era nessuno con te?
Non c’è nessuno in casa?
Nonna: Margareta è andata a pregare. Tuo padre mi ha vista e mi ha detto di
mettermi a letto, che così mi sarei sentita meglio, poi se ne è andato.
Mirela: E i piccoli? Erano in giardino quando sono andata a scuola.
Nonna: Forse sono andati a giocare coi figli dei vicini.
Mirela: Nonna, ti porto in ospedale!
Nonna: Lascia stare, tesoro. Me ne starò un altro po’ a letto, forse passerà da sé.
Che devo fare in ospedale? Sono troppo vecchia. Se vado in ospedale, dovrai
saltare la scuola per prenderti cura di me, come hai fatto l’altra volta.
Mirela: Non succede niente se salto un giorno o due. L’insegnante capirà quando
le dirò che dovevo stare con te in ospedale. Si arrabbia solo se salto le lezioni
senza ragione. E se dovesse capitarti qualcosa, io che farò? Chi si prenderà cura
di me? Mamma se ne è andata. Papà mi venderebbe al primo venuto dicendo
che devo sposarmi per il mio bene. Vuole liberarsi di me e guadagnare qualche
soldo. Margareta non è in grado nemmeno di occuparsi dei suoi figli, figuriamoci
di me. Tu sei mamma e papà per me, nonna. Chiamo l’ambulanza.
SCENA IV
In classe, durante l’intervallo.
Compagno 1: Da dove vieni?
Compagno 2: La professoressa mi ha chiamato nel suo studio. Vuole sapere che
succede a Mirela. Sai che non viene a scuola da giorni… Le ho detto che non
ne so niente. Non mi ha detto niente. Le sarà successo qualcosa? Tu che cosa
sai su di lei?
Compagno 1: Non ne so nulla. Forse si è stufata della scuola e ha deciso di non
venire più. O forse i suoi l’hanno fatta sposare. Lo sai che nella loro comunità
è normale, far sposare le figlie in cambio di soldi.
565

Compagno 2: Sì, è vero, ma non credo sia il suo caso. Lo sai com’è Mirela. Non
lascerà che suo padre la venda così.
Compagno 1: O forse ha deciso finalmente di andare da sua madre. La sua vera
madre. Ho sentito che non abita lontano.
Compagno 2: Andare da lei dopo che l’ha abbandonata? Non credo. E inoltre lei
ci tiene molto a venire a scuola.
Compagno 1: Non sta andando molto bene. Lo scorso semestre è stata quasi
bocciata in Matematica.
Compagno 2: Smettila di paragonare la situazione di Mirela alla tua. Certo che
non può prendere tutti nove o dieci. Si sforza di fare i compiti, per quanto
può; fa anche i progetti. È riuscita a prendere sei in Matematica. È importante
che venga a scuola. Quante ragazze della sua età, nella sua comunità, vengono
ancora a lezione?
Compagno 1: Hai ragione. Ma se non l’aveste aiutata tu e Maria e i professori,
non avrebbe passato l’anno. E guarda adesso: non viene più.
Compagno 2: Deve essere successo qualcosa. [entra Mirela e si siede, stanca, al
suo banco] Mirela! Come stai? Che cosa è successo? Sei mancata così a lungo!
Compagno 1: Credevano fossi stufa della scuola e che non saresti più venuta.
Mirela: Sono stata in ospedale con mia nonna per tre giorni. È stata molto male.
Compagno 2 [rivolto al primo]: Te lo dicevo. [rivolto a Mirela] E come sta adesso?
Si sente meglio?
Mirela: Sì. È uscita dall’ospedale. Ma non sono potuta tornare subito a scuola
perché ho dovuto lavorare. Servivano soldi per le medicine. E quello che ho
trovato a casa…
Compagno 2: Parla con la professoressa! Dille quello che è successo! La gente
pensa che tu non abbia più voglia di venire a scuola.
Mirela: Sì. Ci vado subito.
SCENA V
Casa di Mirela. La nonna cucina. Entra la madre biologica di Mirela.
Nonna [sorpresa]: E tu che ci fai qui?
Madre: Sono venuta a trovare mia figlia.
Nonna: Bugiarda! Se fossi stata interessata a tua figlia, saresti venuta tanto tempo
fa. Come hai potuto abbandonarla così?
Madre: Non sono affari tuoi.
Nonna: Mirela non è più tua figlia, è la mia bambina. Io mi sono presa cura di lei
e lei mi aiuta. Non ti permetterò di portarmela via, sappilo.
566

Entra Mirela con una cesta piena di biancheria asciutta.
Mirela: Nonna, abbiamo ospiti?
Madre: Che bellissima bambina sei diventata! E come sei brava! Mirela, sono tua
madre!
Mirela: Davvero? E dove sei stata tutto questo tempo? Mi hai abbandonata?
Madre: Non ti ho abbandonata. È solo che non sopportavo più di vivere con tuo
padre. Adesso le cose vanno bene. Ascolta, sono venuta a prenderti per portarti
a casa.
Mirela: Ma io ce l’ho già una casa. Ho la nonna. Tu mi hai lasciata.
Madre: Io non ti ho lasciata. Sono venuta a prenderti per portarti a casa mia, dove
starai meglio. Che ci fai in questa baracca? Lavi, stiri e cucini? Guarda come
sei vestita!
Nonna: No, no! Lascia in pace la bambina! Non va da nessuna parte con te, mi
hai sentito? Da nessuna parte. La mia bambina resta qui.
Madre: Mirela, vieni dalla mamma. Ti comprerò dei bei vestiti, di quelli firmati.
Ti porterò dal parrucchiere. Non dovrai più fare le faccende, né prenderti
cura di nessuno.
Mirela [riflettendo]: E la scuola? Io voglio finire di studiare e trovare un lavoro.
Madre: Non ti serve nemmeno un lavoro. Avrai tutto ciò che vorrai. E per quando
riguarda la scuola, puoi andarci se vuoi, ma non in questa!
Nonna: Mirela, sta mentendo! Vuole farti sposare in cambio di denaro. Non crederle!
Madre: Non è vero. Voglio tenerti con me. Siamo state separate troppo tempo.
Avrai tutto quello che desideri!
Nonna: Mirela, non andare! Non lasciarmi! Che farò senza di te?
Mirela [riflettendo]: Nonna, io non ti lascerò! Però mi piacerebbe avere bei vestiti
e non dover più fare le faccende. Voglio vedere come si vive in una casa grande.
Nonna, io vado, ma verrò a trovarti spesso. Mamma, prometti che d’ora in
poi verremo ad aiutare la nonna? Se me lo prometti, vengo con te. Me lo prometti?
Madre: Ma certo, figlia mia. Guarda, le do un po’ di soldi per comprarsi da mangiare.
Nonna: Mirela, ti si spezzerà il cuore. Non andare!
Mirela: Coraggio, nonna. Non pensare sempre al peggio. Verrò a trovarti molto
spesso.
Bacia la nonna ed esce con sua madre.
567

SCENA VI
Una stanza nuova e sconosciuta. Mirela siede a un tavolo e scrive una lettera.
Mirela: «Cara Mamma, quando leggerai questa lettera spero che tu ti senta come
mi sento io ora. Mi sono fidata di te. Mi vedevo già nella tua casa, con bei vestiti
addosso, con del buon cibo a tavola, senza preoccupazioni, circondata da
tutto l’amore che mi hai promesso. E tu cos’hai fatto? Mi hai venduta per mille
euro! Dopo avermi abbandonata appena nata in ospedale, mi hai lasciata col
primo che ti ha offerto del denaro. E per che cosa? Lavare, stirare, pulire e cucinare
per uno che non è mai soddisfatto. Almeno, quando ero a casa, queste
cose le facevo per la mia famiglia, non per degli estranei. Non avrei dovuto darti
ascolto. Avrei dovuto sapere che dicevi un sacco di bugie. Avrei dovuto sapere
che non eri capace di prenderti cura di me. Che ti importa se non mi permettono
di vedere la nonna? Che te ne importa se mi riempiono di bastonate, se solo
mi azzardo a dire quello che penso? Che te ne importa se non mi fanno andare
a scuola? E perché dovrebbe importarti? Adesso hai i soldi. Per averli hai distrutto
la mia vita, ma questo per te non conta. Sei felice adesso? Mirela».
568

Acknoledgements
Special thanks to all local, regional and national organizations for having cooperated
with the partnership in realizing the Writing Theatre training Labs:
ITALY
APOFIL Melfi
APOFIL Potenza
APOFIL Rionero in Vulture
APOFIL Venosa
ASL RMB Roma
Associazione Culturale Giovanile «Officina 2.0» Roma
Associazione Culturale SAGAPÒ TEATRO
Associazione DONNE NISSÀ
Associazione GEA
Cooperativa ARIANNA
Fondazione Protettorato San Giuseppe Roma – Casa famiglia «Il giardino di
pace»
Rete dei diritti dei senza voce
Sprachen Zentrum – Provincia Autonoma di Bolzano
569

570
GREECE
IASIS Day Center
IASIS Sheltered House
NOSTOS Organization for Social Integration
MOSAIK – KETHEA Transcultural rehabilitation Centre for drug-addicted people
SOCIAL SERVICES of Peristerion Municipality
Greek Juvenile Probation Office
ROMANIA
Oltenita, Calarasi Department: School No.6, «Spiru Haret» School, «Nicolae
Balcescu» High school, CJRAE Calarasi, «Ion Ghica» highschool.
Bucharest:
«Octav Onicescu» National College – 9th grade – IX E and 10th grade – X D
Centrul Sintagma – Sintagma Centre for Education and Training
«No Abuse» Association

Indice
Prefazione 5
Preface 10
Introduzione 7
Introduction 12
Italia
Destini e destinazioni 17
Destiny and destinations 101
Come un fantasma 39
Like a ghost 123
Cuore in vacanza s’innamora 44
A heart on holiday falls in love 128
Mi chiamo Kleopatra 56
My name is Kleopatra 140

Partita di calcio 62
A game of football 146
Tutti contro uno 76
All against one 162
Notte prima… della prima 81
The night prior to… the première 167
C’era una volta… 97
Cenerentola a Tor Bella Monaca 97
Cenerentola a Cinecittà 2 99
Once upon a time… 184
Cinderella at Tor Bella Monaca 184
Cinderella at Cinecittà 2 186
Grecia
Eisagwgh´ 191
Introduction 237
Introduzione 279
To Déntro thw Zwh´w 193
The Tree of Life 239
L’Albero della Vita 281
O Púrgow 195
The castle 241
Il castello 283
An 197
If 243
Se 285
To gkrémisma tou toícou 198
The destruction of the wall – Monologue 244
La distruzione del muro – Monologo 286

H asunh´qisth istoría miaw koutálaw 200
The unusual spoon story 246
La strana storia di un cucchiaio 288
H anazh´thsh thw elpídaw 207
Searching for hope 251
Verso la speranza… 293
Ta paicnídia thw zwh´w 210
The game of life 253
Il gioco della vita 295
O Buqów 214
The bottom of the sea 257
In fondo al mare 299
Youth rap song 1 216
Youth rap song 1 259
Rap giovane n. 1 301
Youth rap song 2 217
Youth rap song 2 260
Rap giovane n. 2 302
Qew na kánoume paréa… peíse me…! 218
If you want to keep company with me you must convince me 261
Convincimi 303
Kalolaíri 222
Summer 265
Estate 307
To peristéri 223
The pigeon 266
Il piccione 308
O h´liow blépei thleórash 224
The sun is watching tv 267
Il sole guarda la tv 309

Ta 4 sunaisqh´mata páne ekdromh
(cará, lúph, eutucía kai jóbow) 225
Four emotions go for a trip (Joy, Happiness, Sadness and Fear) 268
Quattro emozioni in viaggio (Gioia, Felicità, Tristezza e Paura) 310
Taxídi sto óneiro 227
Dream journey – Rap song 270
Viaggio onirico – canzone rap 312
Guálina jtera 229
Wings made of glass 272
Ali di vetro 314
Oi peripéteiew sthn Australía 232
Adventures in Australia 274
Avventure australiane 316
H megálh apójash 234
The big decision 276
Una decisione importante 318
Romania
Introducere 323
Introduction 403
Introduzione 486
Suntem ceea ce vrem noi sa fim 324
We are what we decide to be 404
Siamo ciò che decidiamo di essere 487
Poveste rece… 331
A cold story… 412
Una storia fredda 495
Abandonul s¸colar s¸i tragedia unui baiat de 13 ani 334
School abandon and the tragedy of a 13 year-old boy 415
Abbandono scolastico. La tragedia di un tredicenne 498

Frat¸ii 338
The brothers 419
Fratelli 502
Sticle goale 345
Empty bottles 426
Bottiglie vuote 509
Schit¸a în grafitti 362
Grafitti sketch 443
Graffiti sketch 526
Abandonul s¸colar al unei fete de 12 ani s¸i povestea familiei sale 366
School abandon of a 12 year-old girl and the story of her family 448
Abbandono scolastico. Storia di una dodicenne e della sua famiglia 531
Aceasta nu este o poveste 378
This is not a fairytale 461
Questa non è una favola 544
Totul se plates¸te 389
Everything is paid for 472
Tutto si paga 555
Destin 396
Destiny 479
Destino 562
Acknoledgements 569

Stampa
Plus Group Srl – Guidonia (Rm)
per conto di Elliot Edizioni Srl