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musicaround.net - Dodicilune Records

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Come si vede, il secondo movimento è occupato<br />

dalla cassa raddoppiata che lo fa confondere con il<br />

primo, mentre il quarto, più convenzionalmente (si<br />

fa per dire), dal solo rullante.<br />

Ma questa non è l’unica particolarità ritmica del<br />

brano, caratterizzato proprio dalla ricchezza di<br />

soluzioni copelandiane.<br />

Il secondo distico del ritornello, ad esempio, è<br />

condotto senza rullante, formula sottrattiva divenuta<br />

ormai vero e proprio stilema del batterista dopo<br />

averci costruito su in intero brano, Bring On The<br />

Night.<br />

Neanche il tempo di capirlo e subito un altro colpo<br />

di genio:<br />

alla fine del secondo ritornello s’inserisce un break<br />

caratterizzato da una dissolvenza incrociata che,<br />

mentre sfuma la base, fa emergere una nuova<br />

sequenza sintetizzata (sempre Summers) e il solo<br />

ride di Copeland.<br />

Poco dopo un’altra dissolvenza fa rientrare la base<br />

che con un crescendo sfocia in un altro ritornello.<br />

Un gioiello di produzione, ma non solo.<br />

Il tempo sembra fermarsi in questa parte del brano,<br />

ma in realtà continua a fluire nella mente, così che<br />

il piatto di Copeland risulta ora in tempo 3/8 sul<br />

sottinteso 4/4.<br />

Del resto dopo solo quattro misure il 4/4 riaffiora<br />

con il fade in e la poliritmia è ben ascoltabile.<br />

Il nuovo ritornello è molto carico emotivamente, con<br />

Copeland scatenato in mille variazioni sul rullante<br />

fino alla dissolvenza finale che lascia il compito di<br />

chiudere quest’opera d’arte a chi l’aveva aperta, la<br />

chitarra synth di Summers.<br />

E, infine, l’ultimo LP mette il suggello all’arte dei<br />

Police, facendoli definitivamente entrare nella<br />

storia, con un album che a distanza di ventitré anni<br />

suona ancora attualissimo, e decretando, allo<br />

stesso tempo, la fine del trio. Come ogni gruppo<br />

rock che si rispetti.<br />

“Synchronicity” è certo l’album più organico del<br />

trio, il sound globale è omogeneo e coerente.<br />

Lo stile, pur presentando ancora quella particolare<br />

poliedricità cui siamo oramai abituati, è più<br />

compatto e definito.<br />

L’organicità di “Synchronicity” si riscontra, del resto,<br />

anche sul piano tematico e lirico, giacché, come<br />

abbiamo già avuto modo di affermare, è quasi un<br />

concept album.<br />

È quanto mai difficile e crudele scegliere un brano<br />

da prendere in esame ed escludere gli altri.<br />

Pazienza!<br />

Scegliamo allora quello che forse non avrebbe<br />

scelto nessuno, e che, addirittura, nemmeno gli<br />

56<br />

stessi musicisti avevano<br />

inserito nella versione originale<br />

del vinile.<br />

Murder By Numbers.<br />

Il perché della scelta è presto<br />

detto.<br />

Questo è l’album più<br />

stinghiano dei cinque, e, si sa,<br />

il Jazz è sempre stato un<br />

amore particolare per il cantante-bassista.<br />

The Police<br />

Gli Alfieri dela<br />

contaminazione<br />

New Wave.<br />

<strong>musicaround</strong>.<strong>net</strong><br />

Murder By Numbers è il brano più intriso di Jazz di<br />

tutta la produzione policiana, assieme ad altri<br />

pregevoli b-side come Low Life, Flexible Strategies,<br />

Once Upon A Daydream. E con questi rappresenta il<br />

segno di un preciso indirizzo nella poetica del trio<br />

che, lungi da diventare un gruppo jazz, avrebbe<br />

probabilmente trovato in questa strada nuova linfa<br />

vitale e nuovi stimoli da cui partire per inventare altra<br />

musica.<br />

L’ascendente in evidenza è dunque il Jazz, passione<br />

di Sting e di Summers (che firmano assieme questo<br />

gioiello), ma non di Copeland.<br />

La verità è che la personalità musicale del fondatore<br />

dei Police è troppo forte e personale per adagiarsi<br />

sulle idee di altri o, peggio, per abbracciare in pieno<br />

un solo stile musicale.<br />

È probabilmente questo il motivo per cui Copeland<br />

non ha mai suonato, in tutti i brani in cui avrebbe<br />

potuto farlo, un vero ritmo jazz, ma ha sempre<br />

inventato nuove soluzioni, in un’irrefrenabile spinta<br />

creativa.<br />

Questo non ridimensiona ovviamente il prezioso<br />

ruolo degli altri due musicisti, mette solo in evidenza<br />

ciò che, in realtà, si afferra fin dalle prime battute del<br />

brano.<br />

La composizione è infatti aperta da un’introduzione di<br />

batteria, su un tempo apparentemente di 3/4.<br />

È un’altra delle ambigue soluzioni ritmiche di<br />

Copeland, che genererà un’impensabile poliritmia nel<br />

momento in cui anche gli altri strumenti (qui si tratta<br />

senza mezzi termini di un trio rock) cominceranno a<br />

suonare.<br />

L’idea di un normale 3/4 si sgretola in un istante,<br />

quando l’entrata del contrabbasso e della chitarra<br />

demolisce il tempo che ormai l’ascoltatore crede<br />

definito.<br />

I due blocchi sonori, batteria da una parte e<br />

contrabbasso, chitarra e voce dall’altra, sembrano<br />

suonare in due tempi diversi, con un effetto<br />

poliritmico, ma in realtà è solo un’impressione.<br />

La poliritmia è la sovrapposizione di più ritmi<br />

organizzati in tempi diversi, ad esempio una voce in<br />

4/4 ed una in 3/4, ma con la stessa indicazione<br />

metronomica.<br />

In Murder By Numbers, invece, non si può parlare di<br />

poliritmia in senso stretto, dacché tutti suonano nello<br />

__________________________________________________________________________________________<br />

56<br />

<strong>musicaround</strong>.<strong>net</strong>

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