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musicaround.net - Dodicilune Records

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anche gruppi non jazzistici come i Radiohead, i<br />

Coldplay, i Massive Attack, che ascolto<br />

frequentemente e che si muovono su coordinate<br />

simili. In ogni caso non ho mai razionalizzato questi<br />

aspetti e io stesso non so realmente la risposta al<br />

tuo quesito. Di sicuro, mi sento molto ‘romantico’,<br />

nel senso storico del termine. Oppure, per<br />

individuare dei modelli nella storia del Jazz, mi<br />

sento più vicino a Ellington che a Armstrong, più<br />

vicino a Miles Davis che a Charlie Parker.<br />

M.L.: Hai già composto la musica per “A Ma<br />

Soeur”, film in concorso al “Film Festival” di<br />

Berlino 2001, della regista francese Catherine<br />

Breillat.<br />

Ripeterai l’esperienza?<br />

Mi hai ricordato un’esperienza davvero significativa.<br />

Si trattava di una delle prime canzoni da me scritte,<br />

nel ’95-’96. Il brano, interpretato dal gruppo<br />

Tavernanova, di cui facevo parte, è diventato sigla<br />

e leitmotiv di un film in concorso al Festival di<br />

Berlino del 2001, credo. Un bel film, tra l’altro,<br />

anche se un po’ scabroso nelle tematiche. Un<br />

motivo in più per riprendere a dedicarmi alla forma<br />

canzone, che io adoro, cosa che sta accadendo da<br />

quando abbiamo ridato vita ai Tavernanova, di<br />

recente. Al momento sto scrivendo le musiche di<br />

“Avanti E Indietro”, un cortometraggio di un giovane<br />

regista milanese, Francesco Lini. Purtroppo si tratta<br />

di esperienze sporadiche, prive di quella continuità<br />

che vorrei avere e che mi farebbe maturare<br />

davvero in questo campo.<br />

M.L.: Hai sempre cambiato la formazione del tuo<br />

ensemble ad ogni appuntamento discografico.<br />

Con che criterio assembli i tuoi organici?<br />

Il cambiamento degli organici mi sembra<br />

abbastanza fisiologico, considerando che i miei<br />

quattro cd si snodano nell’arco di sei anni. Hai però<br />

centrato un aspetto fondamentale del mio fare<br />

musica. Il mio primo atto creativo sta nella scelta<br />

dei musicisti. Scegliendoli, e ‘combinandoli’ (quasi<br />

fossi uno scienziato pazzo in un esperimento di<br />

ingegneria ge<strong>net</strong>ica), anche in base a<br />

caratteristiche timbriche o di ‘indole’ musicale, riesci<br />

44<br />

a generare un buon 50 % di<br />

quello che sarà lo spirito della<br />

formazione. Un altro<br />

importante contributo lo dai<br />

scrivendo appositamente per<br />

loro, avendo in mente le loro<br />

caratteristiche. Ma la maggior<br />

parte della responsabilità della<br />

riuscita, e del consenso, che<br />

riscuote un progetto sul palco dipende, sempre e<br />

Pierluigi<br />

Balducci<br />

Small<br />

Ensemble<br />

<strong>musicaround</strong>.<strong>net</strong><br />

comunque, dalla grandezza dei musicisti e dalla loro<br />

capacità di ‘fare propria’ l’idea di partenza.<br />

La mia prima formazione vedeva al sax soprano<br />

Roberto Ottaviano, alla chitarra l’italo-svedese Lutte<br />

Berg e alle percussioni Ninad Massimo Carrano<br />

(“Niebla”, 2000). Successivamente c’è stata una<br />

<strong>net</strong>ta svolta, in cui a una ritmica più tradizionale (con<br />

Enzo Lanzo alla batteria e Mirko Signorile al<br />

pianoforte) si aggiungeva una frontline atipica,<br />

composta dallo stesso Roberto e da Ernst Reijseger<br />

al violoncello (“Il Peso Delle Nuvole”, 2003). Questa<br />

formazione ha poi seguito una lenta linea evolutiva<br />

che ha portato, nel corso degli anni, al mio ensemble<br />

attuale: un quintetto molto ‘elastico’, di cui fanno<br />

parte Luciano Biondini alla fisarmonica, Antonio<br />

Tosques alla chitarra, Leo Gadaleta al violino e<br />

Giuseppe Berlen alla batteria. Questo quintetto si<br />

riduce a trio, come nel nuovo lavoro, “Leggero”, o<br />

può anche diventare sestetto con l’aggiunta di<br />

Reijseger.<br />

M.L.: Pensi di fare un più ampio utilizzo in futuro<br />

di strumenti elettronici?<br />

Al momento sono abbastanza lontani dai miei<br />

pensieri. Sono molto attratto dalla timbrica del<br />

Fender Rodhes, più che dai sintetizzatori. Mi piace<br />

anche suonare, quando è possibile, con loop di<br />

batteria o percussioni campionate e ‘manipolate’<br />

timbricamente. Ma in generale adoro gli strumenti ad<br />

arco e sono sempre più attratto dalla scrittura per<br />

grandi organici, composti da legni, ottoni e archi. È in<br />

quella direzione che mi sento di andare.<br />

M.L.: “Leggero” è, con le tue stesse parole, «un<br />

momento di ritorno all’istintività jazz». Da cosa<br />

nasce questa esigenza? è forse il momento di<br />

riflessione prima di ripartire verso altri spiagge<br />

musicali?<br />

Più che un momento di riflessione, è un momento di<br />

‘divertimento’ puro, prima di ricominciare a dedicarmi<br />

al nuovo disco, che sarà, come i precedenti,<br />

abbastanza ‘pensato’. I brani sono tutti molto ‘facili’, e<br />

semplici sono anche i brani che hanno richiesto un<br />

certo lavoro di ‘riscrittura’, come la mia rivisitazione di<br />

__________________________________________________________________________________________<br />

44<br />

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