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musicaround.net - Dodicilune Records

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ascoltatori percepiscono una sorta di ‘diversità’ nel<br />

mio modo di vivere il Jazz, è forse perché uno<br />

come me, europeo, bianco, italiano, pugliese, nato<br />

negli anni ’70 del XX secolo, non ha affatto<br />

l’africanità nei suoi geni. Ha ben altro. Bisogna solo<br />

avere il coraggio di ammetterlo. Ed io sono stato<br />

semplicemente me stesso da subito, nell’incontro<br />

spontaneo e ‘amoroso’ tra ‘formazione –<br />

informazione – educazione’ (ciò che ho imparato)<br />

ed il mio imprinting o retaggio culturale (ciò che ho<br />

assorbito, respirato, o che forse è nei miei geni).<br />

M.L.: Terza componente della tua arte è la<br />

musica etnica, da quella mediterranea al Tango<br />

fino a quella balcanica. Molta critica<br />

specializzata parla di Etno-Jazz ma io non sono<br />

d’accordo, almeno non totalmente, proprio per<br />

l’importante presenza dell’ispirazione classica.<br />

Certo non si può negare però che tu abbia<br />

scelto una strada non convenzionale del Jazz.<br />

Come e perché hai operato tale scelta?<br />

Qui vale ciò che ho detto sopra. Si tratta di<br />

componenti musicali che ci sono culturalmente<br />

vicine. E che come tali assorbiamo anche senza<br />

volerlo. Io non ho attuato nessuna scelta. Tanto<br />

meno con il desiderio di essere ‘non<br />

convenzionale’. Suono quel che sono.<br />

Riutilizzando un’espressione di Nietzsche, che è<br />

anche titolo di un mio brano («deviens ce que tu<br />

es»), credo che ognuno divenga quel che è,<br />

Discografia<br />

Solista<br />

2006: P. Balducci Small Ensemble – Leggero (<strong>Dodicilune</strong> <strong>Records</strong>)<br />

2005: P. Balducci Ensemble – Rouge! (Splasc(h) <strong>Records</strong>)<br />

2003: P. Balducci – Il Peso Delle Nuvole (Splasc(h) <strong>Records</strong>)<br />

2000: P. Balducci QuartETHNO – Niebla (Splasc(h) <strong>Records</strong>)<br />

Co-leader<br />

1995: Tavernanova – Tavernanova (Compagnia Nuove Indye)<br />

1996: Tavernanova – Matengue (Compagnia Nuove Indye/BMG)<br />

1998: Finisterrae – Finisterrae (Equipe)<br />

Collaborazioni<br />

1992: Zetema Jazz Orchestra dir. da B. Tommaso – Nella Sala Delle Arcate<br />

1997: Nico Acquaviva Quartetto – Improvvise Azioni<br />

2001: Art Jazz Quartet – Left And Right<br />

2003: Marchio Bossa – Italian Lounge Music<br />

2004: Marchio Bossa – No Bossa No Party<br />

2004: Alex Milella – Light Shades<br />

43<br />

facendo di ciò che assimila e di<br />

ciò di cui si nutre il punto di<br />

partenza di ogni<br />

QuartETHNO<br />

successiva evoluzione.<br />

Quanto all’Etno-Jazz, non mi ci<br />

riconosco affatto, nonostante il<br />

mio<br />

primo lavoro (“Niebla”, 2000)<br />

lo abbia io stesso catalogato così, chiamando<br />

Pierluigi<br />

Balducci<br />

Small<br />

Ensemble<br />

<strong>musicaround</strong>.<strong>net</strong><br />

QuartETHNO la mia prima formazione. La parola è<br />

oggi, per me, al massimo un’etichetta utile a<br />

collocare i dischi negli scaffali dei negozi. E a parte il<br />

primo lavoro, non credo che i miei dischi successivi<br />

possano essere catalogati così.<br />

M.L.: Le tue composizioni hanno una particolare<br />

potenza evocativa, una caratteristica visuale. È<br />

intenzionale? Fanno parte delle tue fonti<br />

d’ispirazione immagini, scene, opere visuali?<br />

Questo è un aspetto che leggo in molte recensioni<br />

dei miei dischi, e che spesso i critici mi attribuiscono.<br />

Quasi quasi finisco per crederci<br />

anch’io…Riflettendoci, in realtà, non credo tanto di<br />

ispirarmi intenzionalmente ad immagini o opere<br />

visuali. Semmai credo, più semplicemente, di<br />

privilegiare – sia quando suono che quando<br />

compongo – il lato emozionale del fare musica, che<br />

spesso è per sua natura evocativo di immagini ed è<br />

facile da ‘visualizzare’. Questa mia tendenza finisce<br />

poi forse per essere<br />

interpretata come<br />

‘immaginifica’…non so…Mi<br />

chiedo se forse le mie<br />

composizioni acquisiscano<br />

potenza ‘evocativa’ anche<br />

perché nel mio modo di<br />

fare musica tendo a<br />

ridimensionare<br />

l’importanza dell’aspetto<br />

strumentale, virtuosistico.<br />

In altre parole non amo<br />

dare importanza alle<br />

‘mani’, allo ‘strumento’.<br />

Non cedo molto facilmente<br />

alla tentazione di quel<br />

‘protagonismo’ virtuosistico<br />

che ha grande peso nel<br />

Jazz di estrazione hardbop,<br />

e che concentra<br />

l’attenzione sul musicista<br />

piuttosto che sulla musica.<br />

Ancora, un qualche<br />

posticino nella mia vena<br />

compositiva devono averlo<br />

__________________________________________________________________________________________<br />

43<br />

<strong>musicaround</strong>.<strong>net</strong>

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