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musicaround.net - Dodicilune Records

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Sulla sua musica ci sarebbe da scrivere<br />

probabilmente un intero saggio, ma il cuore del suo<br />

pensiero artistico sta nella capacità di trasmettere<br />

alle proprie creature musicali tutto il sentimento,<br />

vero e passionale, di un artista del nostro tempo.<br />

Si spiega così la capacità comunicativa ed<br />

empatica dei suoi brani, che spingono al sogno,<br />

che generano immagini nel cuore e nella mente di<br />

chi li ascolta.<br />

Balducci è un bassista, ma prima è un compositore<br />

dallo squisito gusto melodico e dinamico – i<br />

maggiori portati dei suoi primi studi classici –, con il<br />

coraggio di sperimentare, senza compromessi, la<br />

contaminazione fra tutto ciò che lo circonda e lo<br />

affascina. Ed è davvero tanto.<br />

La critica spesso etichetta la sua musica come<br />

Etno-Jazz. Bisognerebbe sottolinearne, invece, le<br />

componenti principali, che sono sì Jazz e musica<br />

etnica – dalla pugliese a quella balcanica e<br />

mediterranea tout court, fino al Tango –, ma che<br />

allo stesso modo abbracciano la cultura<br />

mitteleuropea, classica, quella spagnola e<br />

dell’America Meridionale, assorbita durante gli studi<br />

di chitarra classica, ed una certa tendenza<br />

‘progressive’ che si può notare nel non raro uso di<br />

tempi dispari.<br />

Il 2006, infine, lo vede avvicinarsi alla casa<br />

discografica leccese <strong>Dodicilune</strong>, che licenzia in<br />

novembre il primo album live del bassista,<br />

“Leggero”, registrato a marzo al Pentagramma di<br />

Bari. Lo abbiamo incontrato in occasione della<br />

recente presentazione del disco, al Teatro Paisiello<br />

di Lecce.<br />

M.L.: Hai cominciato il tuo rapporto con la<br />

musica attraverso lo studio della chitarra<br />

classica. Com’è stato il passaggio dalla cultura<br />

musicale eurocolta a quella afroamericana del<br />

Jazz?<br />

Smisi i miei studi di chitarra classica a 14 anni, e<br />

per ben tre anni non studiai musica. Passai<br />

l’adolescenza ad ascoltare musica pop, che per me<br />

era stata una ‘scoperta’ recente, e poi, con un<br />

percorso che oggi è abbastanza decifrabile, scoprii<br />

nell’ordine il Rock, o meglio i Pink Floyd, Pino<br />

Daniele, e infine – attraverso un successo di<br />

Sergio Caputo (ricordo che si trattava di<br />

‘Metamorfosi’) – scoprii l’esistenza dello Swing e<br />

del vasto mondo del Jazz intorno ai diciassette<br />

anni. Fu amore a prima vista. Acquistavo, con una<br />

voracità che è solo di quell’età, i dischi di Dexter<br />

Gordon e del Modern Jazz Quartet, dei boppers e<br />

dei grandi jazzisti, spendendo così i pochi soldi che<br />

avevo a disposizione. Fu questo amore folle ad<br />

indurmi a cercare dei maestri<br />

di Jazz, che trovai in Vito Di<br />

Modugno, Guido Di Leone e<br />

Nico Stufano, e poi in Bruno<br />

Tommaso e Ettore Fioravanti.<br />

Il passaggio dalla chitarra al<br />

basso elettrico fu quasi un<br />

evento fortuito, in quanto un<br />

mio caro amico mi mise<br />

42<br />

Pierluigi<br />

Balducci<br />

Small<br />

Ensemble<br />

<strong>musicaround</strong>.<strong>net</strong><br />

letteralmente lo strumento in mano e mi chiese di<br />

accompagnare due o tre brani nella sua cover band.<br />

Mi immersi allora nello studio del Jazz e del basso<br />

elettrico, quasi immemore degli studi classici. Solo<br />

oggi, a posteriori, mi rendo conto che la <strong>net</strong>ta cesura<br />

vissuta intorno ai quattordici anni è stata ‘salutare’ ,<br />

perché mi ha permesso di ‘resettarmi’ e scoprire altri<br />

mondi musicali con rinnovata curiosità.<br />

M.L.: Ma, d’altronde, rimane molto ben presente nella<br />

tua musica l’influsso della musica classica: nei temi<br />

larghi e melodiosi, in quella che tu stesso definisci<br />

«libertà vigilata», nell’attento controllo dinamico.<br />

Come fai a mantenere l’equilibrio con l’altra tua<br />

anima, quella jazzistica?<br />

Non ho alcun dubbio sul fatto che io conservi in me,<br />

vivo e indelebile, il mondo ‘ispanico’, latino, che ho<br />

‘respirato’ nel repertorio della chitarra classica. Villa<br />

Lobos, Albeniz, Ponce me li porto ancora dentro, nel<br />

mio modo di fraseggiare sul basso elettrico, nel mio<br />

amore per la melodia, ed in una serie di altre cose<br />

che non riesco nemmeno a mettere a fuoco con<br />

lucidità. Non puoi mai rinnegare o cancellare<br />

veramente le tappe che costituiscono il tuo ‘divenire’,<br />

il tuo percorso, e sicuramente i miei studi classici,<br />

‘eurocolti’, come dici tu, ma anche così vicini alla<br />

musica popolare spagnola e latinoamericana, mi<br />

hanno certamente plasmato. Inoltre devo<br />

qualcos’altro al mio percorso ‘classico’ (e anche<br />

all’esser cresciuto accanto ad un grande pianista<br />

classico qual è mio fratello Filippo): devo il mio<br />

approccio ‘acustico’ al basso elettrico, dove per<br />

acustico intendo esclusivamente la ricerca e l’utilizzo<br />

delle infinite possibilità dinamiche che il nostro<br />

strumento ci consente, e che spesso i bassisti<br />

elettrici ignorano ricercando suoni ‘pompati’, ipercompressi,<br />

dinamicamente piatti…Il problema<br />

dell’equilibrio con quella che tu definisci ‘anima<br />

jazzistica’ non si è mai posto veramente: mi ritengo in<br />

toto un jazzista, e del resto i miei studi<br />

sull’improvvisazione, la mia formazione ‘armonica’, i<br />

miei ascolti più ‘formativi’ sono da riportare al Jazz,<br />

anzi, al Bebop, per essere precisi. Anche l’estetica di<br />

fondo dei miei progetti, e lo spirito delle performance<br />

sul palco del mio Ensemble, sono autenticamente<br />

jazzistiche. Se il tuo orecchio e quello di tanti altri<br />

__________________________________________________________________________________________<br />

42<br />

<strong>musicaround</strong>.<strong>net</strong>

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