Viaggio al termine della notte - L. F. Celine - Beneinst.it

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28.05.2013 Views

Louis Ferdinand CelineViaggio al termine della notte.” ¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯ Da buon paranoico, vede invidiosi e nemici dappertutto: i colleghi medici, l'ambiente letterario di Gallimard che non aveva capito fino in fondo il valore del libro, i comunisti, i surrealisti, Breton in testa, che non sarebbero mai riusciti a mettere in piedi un romanzo del genere. E poi sa che la « questione dello stile è imperdonabile ». ----------------------------------------------------------- La fortuna critica. Il clamore che il romanzo suscita è immediato; e nel giro di poche settimane cade il velo precario dello pseudonimo. Quello che viene immediatamente avvertito è il valore di scandalo, di provocazione. Non si sa come classificare il libro, dove collocarlo. Accade spesso che sostenitori e detrattori si scontrino sullo stesso giornale, o all'interno dello stesso schieramento politico. A prima vista, sembra un libro di sinistra, ma solo gli anarchici, gli antimilitaristi e gli anticolonialisti sentono che Céline è uno di loro: prima ancora che un rivoltoso, un «refrattario», come lo definiscono. I comunisti gli rimproverano una desolazione senza sbocco, una filosofia dell'abdicazione, il non saper vedere nel proletariato la forza nuova che raccatterà dalle mani della borghesia la fiaccola della civiltà. Ma anche tra i comunisti le posizioni sono contrastanti. Sul « Monde » di Barbusse si parla di un libro nuovo, duro, forte, e malgrado le riserve del PCF, Aragon esprime a più riprese un consenso caloroso: « Bardamu è grande perché Céline è grande, non padroneggia il mondo che attraversa ». Se al primo congresso degli scrittori sovietici (agosto 1934) Gorkij rimprovera allo scrittore occidentale di lasciare la realtà per il nichilismo della disperazione, Trotskij capisce che il pessimismo di Céline ha in sé il proprio antidoto. E' vero che in lui c'è più pessimismo che rivolta, un panorama dell'assurdo più che una messa in discussione delle condizioni sociali. Ma la vera rivoluzione di Céline per Trotskij è di tipo espressivo, il suo rivitalizzare tutta la ricchezza e la complessità di una grande cultura. Quanto a Paul Nizan, non accetta una ripulsa che coinvolge il proletariato, ma ammira l'ampiezza e la forza dell'opera, e conclude profeticamente: « la rivolta di Céline può arrivare dappertutto: tra noi, contro di noi, da nessuna parte». Molto diversi tra loro erano anche due fieri sostenitori di Céline: decisamente a sinistra Elie Faure, monarchico e nazionalista Léon Daudet, co-fondatore de « L'Action française ». Per Daudet, che appoggerà Céline a spada tratta, anche se senza fortuna, a un Goncourt che sembrava già vinto (venne invece assegnato a un certo Guy Mazeline per il tradimento di due giurati, i fratelli Rosny), solo un medico poteva essere capace di evocare a quel modo la miseria. Naturalmente, come i critici di sinistra, anche Daudet si augurava che Céline facesse una conversione costruttiva, ottimista: « Ci aspettiamo Ariel dopo Calibano, o meglio Ariel mescolato a Calibano ». Più vibrante l'omaggio di Elie Faure: « E' il libro puro di un uomo puro. E' quel che noi abbiamo avuto di più forte dopo Proust, più umano di Proust... ________________________________________________________________________________________________________________________ Beneinst.it 358

Louis Ferdinand CelineViaggio al termine della notte.” ¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯ Il Voyage è il prodotto più esatto e più pregnante della nostra epoca », l'opera di un uomo che ha perduto « il rispetto di tutto quello che ha cessato di essere rispettabile... La ridefinizione di una morale passa attraverso la conoscenza dei bisogni veri, delle tare vere, delle qualità vere di ognuno ». Perplessi i socialisti: il Voyage sarebbe la confessione cinica di un uomo senza coraggio né nobiltà, che vuole sporcare tutto e ci riesce. Ma il giovane professore di filosofia Claude Lévi-Strauss interviene su « L'Etudiant socialiste » con grande finezza: anche se Céline non è dei nostri, c'è da essere fieri che un libro del genere sia nato vicino a noi: « E' l'opera più notevole degli ultimi dieci anni, sia per il suo valore profondo che per la formula deliberatamente estremista e aggressiva che le conferisce un andamento di manifesto, e di manifesto liberatorio «. Lévi-Strauss rimane particolarmente colpito dall'episodio africano, di cui si può forse cogliere un'eco nel famoso incipit di Tristi Tropici: « Detesto i viaggi e gli esploratori ». Decisamente avversa la destra, secondo la quale il Voyage riesce grigio per troppo colore, una adesione profonda viene a Céline, sorprendentemente, dai cattolici, i quali dimostrano di aver colto benissimo il nocciolo etico che sta al centro della sua affabulazione. « Céline è stato creato da Dio per dare scandalo », scrive Bernanos in un famoso articolo sul « Figaro », e parla della «verità di questo linguaggio inaudito, un vertice di naturale e artificiale». Per lui il romanzo svela il vero volto della Miseria, e lo scandalo peggiore, quello che costa più lacrime e sangue al nostro tempo, è mascherare la propria miseria: « Mai la miseria è stata pressante, efficiente, mai sapientemente omicida e necessaria come nel nostro secolo, e mai è stata misconosciuta fino a questo punto». René Schwob vede Dio nel romanzo « sotto la forma d'una aspirazione inconfessata all'Amore», sotto la sofferenza (che si esala da ognuna delle righe) di sentirsi dotato d'un amore insufficiente. Quel che fa soffrire Céline, dice giustamente Schwob, è proprio «l'incapacità di arrivare a un sacrificio totale, l'incapacità di ogni uomo di sacrificarsi per un compagno di sventura». Quanto a Mauriac, apprezza il libro perché esibisce il male allo stato puro. Nelle recensioni, i richiami si sprecano. Per l'aspetto iconoclastico dell'opera si citano Rimbaud, Lautréamont, Jarry, Dada, i surrealisti; per l'asprezza satirica, Giovenale, il romanzo picaresco spagnolo, Swift; per la polemica sociale, lo Zola dell'Assommoir, Huysmans, Lady Chatterley, la cui traduzione era apparsa in Francia un anno prima. Tra gli scrittori del passato, Rabelais, ma anche Pascal, Rousseau, Dostoevskij; tra i moderni, Remarque, Barbusse, Hemingway, ma anche Proust, « uno strano Proust plebeo ». Non manca poi a Céline l'apprezzamento dei colleghi. Malraux gli dedica una copia di La Condition humaine «con grande simpatia artistica »; Valéry parla di un « capolavoro del crimine», Maurois (che Céline tanto vituperava) di un « nuovo arrivato di grande talento »; Lucien Descaves del « nostro Dostoevskij ». Se Giono è un po' acido (troppo artificio, troppo partito preso: se Céline pensava davvero quel che aveva scritto, doveva suicidarsi), Simone de Beauvoir racconta che in quell'inverno 1932-33 lei e Sartre impararono a memoria interi brani del romanzo, e che Sartre ne aveva fatto un suo modello: « Céline ha forgiato uno strumento nuovo: una scrittura viva come la parola. Che sollievo, dopo le frasi marmoree di Gide, di Alain, di Valéry!». Un'ammirazione che si volgerà nella durissima condanna dell'articolo Portrait d'un antisémite, ________________________________________________________________________________________________________________________ Beneinst.it 359

Louis Ferdinand <strong>Celine</strong> “<strong>Viaggio</strong> <strong>al</strong> <strong>termine</strong> <strong>della</strong> <strong>notte</strong>.”<br />

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Da buon paranoico, vede invidiosi e nemici dappertutto: i colleghi medici, l'ambiente letterario di<br />

G<strong>al</strong>limard che non aveva cap<strong>it</strong>o fino in fondo il v<strong>al</strong>ore del libro, i comunisti, i surre<strong>al</strong>isti, Breton<br />

in testa, che non sarebbero mai riusc<strong>it</strong>i a mettere in piedi un romanzo del genere.<br />

E poi sa che la « questione dello stile è imperdonabile ».<br />

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La fortuna cr<strong>it</strong>ica.<br />

Il clamore che il romanzo susc<strong>it</strong>a è immediato; e nel giro di poche settimane cade il velo precario<br />

dello pseudonimo.<br />

Quello che viene immediatamente avvert<strong>it</strong>o è il v<strong>al</strong>ore di scand<strong>al</strong>o, di provocazione.<br />

Non si sa come classificare il libro, dove collocarlo.<br />

Accade spesso che sosten<strong>it</strong>ori e detrattori si scontrino sullo stesso giorn<strong>al</strong>e, o <strong>al</strong>l'interno dello<br />

stesso schieramento pol<strong>it</strong>ico.<br />

A prima vista, sembra un libro di sinistra, ma solo gli anarchici, gli antimil<strong>it</strong>aristi e gli<br />

anticoloni<strong>al</strong>isti sentono che Céline è uno di loro: prima ancora che un rivoltoso, un «refrattario»,<br />

come lo definiscono.<br />

I comunisti gli rimproverano una desolazione senza sbocco, una filosofia dell'abdicazione, il non<br />

saper vedere nel proletariato la forza nuova che raccatterà d<strong>al</strong>le mani <strong>della</strong> borghesia la fiaccola<br />

<strong>della</strong> civiltà.<br />

Ma anche tra i comunisti le posizioni sono contrastanti.<br />

Sul « Monde » di Barbusse si parla di un libro nuovo, duro, forte, e m<strong>al</strong>grado le riserve del PCF,<br />

Aragon esprime a più riprese un consenso c<strong>al</strong>oroso: « Bardamu è grande perché Céline è grande,<br />

non padroneggia il mondo che attraversa ».<br />

Se <strong>al</strong> primo congresso degli scr<strong>it</strong>tori sovietici (agosto 1934) Gorkij rimprovera <strong>al</strong>lo scr<strong>it</strong>tore<br />

occident<strong>al</strong>e di lasciare la re<strong>al</strong>tà per il nichilismo <strong>della</strong> disperazione, Trotskij capisce che il<br />

pessimismo di Céline ha in sé il proprio antidoto.<br />

E' vero che in lui c'è più pessimismo che rivolta, un panorama dell'assurdo più che una messa in<br />

discussione delle condizioni soci<strong>al</strong>i.<br />

Ma la vera rivoluzione di Céline per Trotskij è di tipo espressivo, il suo riv<strong>it</strong><strong>al</strong>izzare tutta la<br />

ricchezza e la compless<strong>it</strong>à di una grande cultura.<br />

Quanto a Paul Nizan, non accetta una ripulsa che coinvolge il proletariato, ma ammira l'ampiezza<br />

e la forza dell'opera, e conclude profeticamente: « la rivolta di Céline può arrivare dappertutto: tra<br />

noi, contro di noi, da nessuna parte».<br />

Molto diversi tra loro erano anche due fieri sosten<strong>it</strong>ori di Céline: decisamente a sinistra Elie Faure,<br />

monarchico e nazion<strong>al</strong>ista Léon Daudet, co-fondatore de « L'Action française ».<br />

Per Daudet, che appoggerà Céline a spada tratta, anche se senza fortuna, a un Goncourt che<br />

sembrava già vinto (venne invece assegnato a un certo Guy Mazeline per il tradimento di due<br />

giurati, i fratelli Rosny), solo un medico poteva essere capace di evocare a quel modo la miseria.<br />

Natur<strong>al</strong>mente, come i cr<strong>it</strong>ici di sinistra, anche Daudet si augurava che Céline facesse una<br />

conversione costruttiva, ottimista: « Ci aspettiamo Ariel dopo C<strong>al</strong>ibano, o meglio Ariel mescolato<br />

a C<strong>al</strong>ibano ».<br />

Più vibrante l'omaggio di Elie Faure: « E' il libro puro di un uomo puro.<br />

E' quel che noi abbiamo avuto di più forte dopo Proust, più umano di Proust...<br />

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