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Viaggio al termine della notte - L. F. Celine - Beneinst.it

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Louis Ferdinand <strong>Celine</strong> “<strong>Viaggio</strong> <strong>al</strong> <strong>termine</strong> <strong>della</strong> <strong>notte</strong>.”<br />

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conoscevano benissimo d<strong>al</strong> mercato delle pulci a Porte Maillot.<br />

Me ne avrebbe potute raccontare di storie fosse stato sveglio.<br />

Ho spinto la porta.<br />

Il campanello ha suonato, ma nessuno ha risposto.<br />

Sapevo che dormiva in fondo <strong>al</strong>la bottega, nella s<strong>al</strong>a da pranzo per la precisione...<br />

Era là che stava anche lui, nel buio, con la testa sulla tavola, tra le braccia, seduto di traverso<br />

accanto a una cena fredda che l'attendeva, delle lenticchie.<br />

Aveva cominciato a mangiare.<br />

Il sonno l'aveva preso sùb<strong>it</strong>o appena rientrato.<br />

Russava forte.<br />

Aveva anche bevuto, è vero.<br />

Mi ricordo bene il giorno, un giovedì, il giorno del mercato ai Lilas.<br />

Di occasioni aveva piena la tela da trasporto ancora stesa per terra ai suoi piedi.<br />

L'avevo sempre trovato un bravo ragazzo, Bézin, non più spregevole di un <strong>al</strong>tro.<br />

Niente da dire.<br />

Molto disponibile, niente difficile.<br />

Non è che adesso mi mettevo a svegliarlo solo per curios<strong>it</strong>à, per le mie domandine...<br />

Me ne sono dunque ripart<strong>it</strong>o dopo avere spento il gas.<br />

Faceva fatica a difendersi, certo, in quella sua specie di commercio.<br />

Ma lui <strong>al</strong>meno, non faceva fatica ad addormentarsi.<br />

A ogni modo me ne tornai tristemente d<strong>al</strong>le parti di Vigny, pensando che tutta quella gente,<br />

quelle case, quelle cose sporche e tristi non mi parlavano assolutamente più, dr<strong>it</strong>to <strong>al</strong> cuore come<br />

una volta, e che per quanto mariolo io potessi sembrare, non avevo forse nemmeno più<br />

abbastanza energie, lo sentivo bene, per andare ancora lontano, io, così, tutto solo.<br />

Per i pasti, a Vigny, avevamo conservato le ab<strong>it</strong>udini dei tempi di Baryton, cioè che ci si r<strong>it</strong>rovava<br />

tutti a tavola, ma di preferenza adesso nella s<strong>al</strong>a del biliardo sopra la portinaia.<br />

Era più familiare <strong>della</strong> vera s<strong>al</strong>a da pranzo che si tirava dietro i ricordi non troppo divertenti delle<br />

conversazioni inglesi.<br />

E poi c'erano mobili troppo belli per noi nella s<strong>al</strong>a da pranzo, dei «1900» autentici con vetrate del<br />

genere op<strong>al</strong>e.<br />

D<strong>al</strong> biliardo, si poteva vedere nella strada tutto quello che cap<strong>it</strong>ava.<br />

Quello poteva essere utile.<br />

Stavamo in quella stanza settimane intere.<br />

Quanto a inv<strong>it</strong>ati avevamo qu<strong>al</strong>che volta a pranzo i medici dei dintorni, qua e là, ma il nostro<br />

conv<strong>it</strong>ato ab<strong>it</strong>u<strong>al</strong>e era piuttosto Gustave, l'agente del traffico.<br />

Lui, si poteva dire, c'era sempre.<br />

Ci eravamo conosciuti così d<strong>al</strong>la finestra, guardandolo la domenica, fare il suo servizio,<br />

<strong>al</strong>l'incrocio <strong>della</strong> strada <strong>al</strong>l'entrata del paese.<br />

Aveva un gran daffare con le automobili.<br />

Ci eravamo detti prima qu<strong>al</strong>che parola e poi di domenica in domenica eravamo diventati proprio<br />

dei conoscenti.<br />

Avevo avuto l'occasione in c<strong>it</strong>tà di curare i suoi due figli, uno dopo l'<strong>al</strong>tro, per il morbillo e gli<br />

orecchioni.<br />

Un nostro fedele, Gustave Mandamour, così si chiamava, del Cant<strong>al</strong>.<br />

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<strong>Beneinst</strong>.<strong>it</strong> 318

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