Viaggio al termine della notte - L. F. Celine - Beneinst.it

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28.05.2013 Views

Louis Ferdinand CelineViaggio al termine della notte.” ¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯ Non ne avevano più che già gliene venivano degli altri, ai clienti dell'amore ricambiato, come quelli di Madame Herote. Arrivava con la sola posta del mattino all'agenzia Pomone tanto di quell'amore inappagato da spegnere per sempre tutte le guerre di questo mondo. Ma ecco lì, questi diluvi sentimentali non oltrepassano mai le parti basse. Tutta la disgrazia sta lì. Il tavolo spariva sotto quel guazzabuglio disgustoso di banalità ardenti. Nella mia voglia di saperne di più, decisi di interessarmi per qualche tempo alla classificazione di questo grande intrallazzo epistolare. Bisognava procedere m'insegnò lui, per tipi d'affezione, come per le cravatte o le malattie, prima i deliri da una parte e poi i masochisti e i viziosi dall'altra, i flagellanti di qui, il «genere cameriera» su un'altra pagina e così per tutto. Non ci vuol molto per trasformare i trastulli in una corvè! Ci hanno pure cacciato dal Paradiso! Questo bisogna pur dirlo! Pomone era anche lui di quest'avviso con le sue mani sudaticce e il vizio interminabile che gli infliggeva al tempo stesso piacere e castigo. In capo a qualche mese ne sapevo abbastanza sul suo commercio e sul suo conto. Diradai le visite. Al Tarapout continuavano a trovarmi molto adatto, bello tranquillo, una comparsa puntuale, ma dopo qualche settimana di tregua la sventura mi tornò addosso da una strana parte e fui costretto, ancora una volta bruscamente, ad abbandonare la comparsata per continuare la mia sporca strada. Considerati da lontano quei tempi del Tarapout non furono insomma che una specie di scalo proibito e sornione. Sempre tappato bene per esempio, ne convengo, durante quei quattro mesi, una volta principe, centurione due volte, aviatore un altro giorno e largamente e regolarmente pagato. Una vita da redditiere senza rendite. Tradimento! Disastro! Una certa sera hanno buttato per aria il nostro numero per non so quale ragione. Il nuovo prologo rappresentava le banchine di Londra. Sùbito, mi sono messo in guardia, le nostre inglesi ci davano dentro a cantare, così, facendo finta di stare sulle rive del Tamigi, la notte, io facevo il policeman. Una parte assolutamente muta, passeggiare da destra a manca davanti al parapetto. Di colpo, quando non ci pensavo più, la loro canzone è diventata più forte della vita e ha fatto perfino girare in pieno il destino dalla parte sbagliata. Allora mentre loro cantavano, non potevo pensare ad altro, io, che a tutta la miseria del povero mondo e alla mia soprattutto, che mi facevano tornare su come il tonno, le troie, con la loro canzone, sul cuore. E dire che credevo d'averle digerite, dimenticate le cose più dure! Ma era peggio di tutto, era una canzone allegra la loro che non riusciva ad esserlo. E con quella, si dimenavano le compagne, sempre cantando, per cercare di farla venire. Eravamo a posto allora, si poteva dirlo, era come mettersi in mostra sulla miseria, sulle ristrettezze... Nessun errore! A gironzolare nella nebbia e nelle recriminazioni! Grondava di lamenti, invecchiavi di minuto in minuto con loro. La scenografia trasudava anche lei, del grande panico. ________________________________________________________________________________________________________________________ Beneinst.it 246

Louis Ferdinand CelineViaggio al termine della notte.” ¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯ Però loro andavano avanti le cocche. Non avevano l'aria di capire tutta la mala azione jellatoria ai nostri danni che metteva in moto la loro canzone... Si lamentavano di tutta la loro vita sgambettando, ridendo, a tempo giusto...Quando quello viene da così lontano, con tanta sicurezza, non ci si può sbagliare, né resistere. Ce n'era ovunque di miseria, malgrado il lusso che c'era in sala, su di noi, sulla scenografia, debordava, colava sull'intera terra malgrado tutto. Che fossero delle artiste, niente da dire... Ne saliva di jella da loro, senza che volessero fermarla o almeno capire. Soltanto gli occhi erano tristi. Non è abbastanza gli occhi. Cantavano lo sfacelo d'esistere e vivere e non lo capivano. Scambiavano quello per amore, nient'altro che amore, non gli avevano insegnato il resto alle piccole. Era una piccola pena che loro cantavano, diciamo così! Così la chiamavano! Uno scambia tutto per pene d'amore quando è giovane e non sa... Where I go... where I look It's only for you. . . ou Only for you... ou Così cantavano loro E'la mania dei giovani mettere tutta l'umanità in un didietro, uno solo, il sogno supremo, la rabbia d'amore. Loro avrebbero imparato forse più tardi dove finiva tutto questo, quando non sarebbero state più rosee per niente, quando la jella seriosa del loro sporco paese le avrebbe riprese, tutte e sedici, con le loro grosse cosce di giumenta, le loro tettone saltellanti... La miseria se le teneva già d'altra parte per il collo, per il corpo, le carine, non se la sarebbero mica tolta. Nella pancia, nel respiro, le teneva già in pugno la miseria in tutte le onde delle loro vocine esili e false. Lei ci stava in mezzo. Non c'è costume, non c'è paillette, non c'è luce, non c'è sorriso che la inganni, che le faccia venire delle illusioni sui suoi sudditi, a quella, lei se li ritrova ovunque vadano a nascondersi i suoi, si diverte soltanto a farli cantare mentre aspettano il loro turno, tutte le fesserie della speranza. Questo la sveglia, e la culla e la eccita la miseria. La nostra pena è così, quando è grande, una distrazione. Allora tanto peggio per chi canta canzoni d'amore! L'amore è lei, la miseria e ancora nient'altro che lei, sempre lei, che viene a mentire nella nostra bocca, 'sta merda, tutto lì. E'dappertutto la carogna, non bisogna svegliarla la propria miseria nemmeno per finta. Nessuna finta per lei. Eppure tre volte al giorno, ritiravano comunque fuori 'sta roba, le mie inglesi, davanti alla scenografia e con melodie da fisarmonica. Per forza che doveva girare malissimo. Io le lasciavo fare ma posso dire che l'ho vista arrivare, io, la catastrofe. Una delle piccole per prima cosa s'è ammalata. Morte alle belle che vanno a stuzzicare le disgrazie! Ci crepino che è tanto meglio! A proposito, mai nemmeno fermarsi agli angoli delle strade dietro le fisarmoniche, spesso è li che ti prendi il male, il colpo di verità. ________________________________________________________________________________________________________________________ Beneinst.it 247

Louis Ferdinand <strong>Celine</strong> “<strong>Viaggio</strong> <strong>al</strong> <strong>termine</strong> <strong>della</strong> <strong>notte</strong>.”<br />

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Non ne avevano più che già gliene venivano degli <strong>al</strong>tri, ai clienti dell'amore ricambiato, come<br />

quelli di Madame Herote.<br />

Arrivava con la sola posta del mattino <strong>al</strong>l'agenzia Pomone tanto di quell'amore inappagato da<br />

spegnere per sempre tutte le guerre di questo mondo.<br />

Ma ecco lì, questi diluvi sentiment<strong>al</strong>i non oltrepassano mai le parti basse.<br />

Tutta la disgrazia sta lì.<br />

Il tavolo spariva sotto quel guazzabuglio disgustoso di ban<strong>al</strong><strong>it</strong>à ardenti.<br />

Nella mia voglia di saperne di più, decisi di interessarmi per qu<strong>al</strong>che tempo <strong>al</strong>la classificazione di<br />

questo grande intr<strong>al</strong>lazzo epistolare.<br />

Bisognava procedere m'insegnò lui, per tipi d'affezione, come per le cravatte o le m<strong>al</strong>attie, prima i<br />

deliri da una parte e poi i masochisti e i viziosi d<strong>al</strong>l'<strong>al</strong>tra, i flagellanti di qui, il «genere cameriera»<br />

su un'<strong>al</strong>tra pagina e così per tutto.<br />

Non ci vuol molto per trasformare i trastulli in una corvè! Ci hanno pure cacciato d<strong>al</strong> Paradiso!<br />

Questo bisogna pur dirlo! Pomone era anche lui di quest'avviso con le sue mani sudaticce e il<br />

vizio interminabile che gli infliggeva <strong>al</strong> tempo stesso piacere e castigo.<br />

In capo a qu<strong>al</strong>che mese ne sapevo abbastanza sul suo commercio e sul suo conto.<br />

Diradai le vis<strong>it</strong>e.<br />

Al Tarapout continuavano a trovarmi molto adatto, bello tranquillo, una comparsa puntu<strong>al</strong>e, ma<br />

dopo qu<strong>al</strong>che settimana di tregua la sventura mi tornò addosso da una strana parte e fui costretto,<br />

ancora una volta bruscamente, ad abbandonare la comparsata per continuare la mia sporca strada.<br />

Considerati da lontano quei tempi del Tarapout non furono insomma che una specie di sc<strong>al</strong>o<br />

proib<strong>it</strong>o e sornione.<br />

Sempre tappato bene per esempio, ne convengo, durante quei quattro mesi, una volta principe,<br />

centurione due volte, aviatore un <strong>al</strong>tro giorno e largamente e regolarmente pagato.<br />

Una v<strong>it</strong>a da redd<strong>it</strong>iere senza rend<strong>it</strong>e.<br />

Tradimento! Disastro! Una certa sera hanno buttato per aria il nostro numero per non so qu<strong>al</strong>e<br />

ragione.<br />

Il nuovo prologo rappresentava le banchine di Londra.<br />

Sùb<strong>it</strong>o, mi sono messo in guardia, le nostre inglesi ci davano dentro a cantare, così, facendo finta<br />

di stare sulle rive del Tamigi, la <strong>notte</strong>, io facevo il policeman.<br />

Una parte assolutamente muta, passeggiare da destra a manca davanti <strong>al</strong> parapetto.<br />

Di colpo, quando non ci pensavo più, la loro canzone è diventata più forte <strong>della</strong> v<strong>it</strong>a e ha fatto<br />

perfino girare in pieno il destino d<strong>al</strong>la parte sbagliata.<br />

Allora mentre loro cantavano, non potevo pensare ad <strong>al</strong>tro, io, che a tutta la miseria del povero<br />

mondo e <strong>al</strong>la mia soprattutto, che mi facevano tornare su come il tonno, le troie, con la loro<br />

canzone, sul cuore.<br />

E dire che credevo d'averle diger<strong>it</strong>e, dimenticate le cose più dure! Ma era peggio di tutto, era una<br />

canzone <strong>al</strong>legra la loro che non riusciva ad esserlo.<br />

E con quella, si dimenavano le compagne, sempre cantando, per cercare di farla venire.<br />

Eravamo a posto <strong>al</strong>lora, si poteva dirlo, era come mettersi in mostra sulla miseria, sulle<br />

ristrettezze...<br />

Nessun errore! A gironzolare nella nebbia e nelle recriminazioni! Grondava di lamenti, invecchiavi<br />

di minuto in minuto con loro.<br />

La scenografia trasudava anche lei, del grande panico.<br />

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