Viaggio al termine della notte - L. F. Celine - Beneinst.it

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28.05.2013 Views

Louis Ferdinand CelineViaggio al termine della notte.” ¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯ Stai là, vuoto. Potresti restare a bocca aperta. Sei contento. C'è niente di cui parlare, perché in fondo non ti capita più niente, sei troppo povero, gli hai fatto forse schifo all'esistenza? Sarebbe normale. «Vedi mica un combino, te, che io potrei fare, per mollare 'sto mestiere che m'ammazza?» Emergeva dalle sue riflessioni. «Vorrei uscirci dal mio business, capisci te? Ne ho basta di sfacchinare come un mulo... Voglio andare a passeggio anch'io... Conosci mica qualcuno che abbia bisogno di un autista, per caso?... E dire che ne conosci di gente, te!» Erano idee della domenica, idee da gentleman che lo prendevano. Non osavo contrariarlo, fargli capire che con una testa da criminale indigente come la sua, nessuno gli avrebbe mai affidato la sua automobile, che avrebbe sempre conservato un'aria troppo strana, con o senza livrea. «Sei niente incoraggiante insomma, ha concluso lui allora. Non ne uscirò dunque mai secondo te?... Non vale nemmeno la pena che ci provi?... In America non andavo abbastanza in fretta, dicevi te... In Africa, era il caldo che mi faceva morire... Qui, non sono abbastanza intelligente... Insomma dappertutto c'è qualcosa che ho in più o in meno... Ma tutto questo mi rendo conto, sono palle fritte! Ah! se ci avessi della grana!... Tutti mi troverebbero simpaticissimo qui... laggiù... E dappertutto... Anche in America... Non è forse vero quel che sto a dire? E anche te...? Ci manca solo una casetta da affittare con sei inquilini che pagano bene... - In effetti è vero», risposi io. Non si capacitava di essere arrivato tutto da solo a questa conclusione superlativa. Allora mi guardò strano, come se all'improvviso mi scoprisse un aspetto inedito da schifoso. «Te, quando ci penso, te stai nel burro. Ti vendi delle panzane ai morituri e per il resto, te ne sbatti... Non sei controllato, niente... Arrivi e parti quando vuoi, c'hai la libertà insomma... Hai l'aria perbene ma sei una bella carogna a ben guardare!... - Sei ingiusto, Robinson! - Di' un po' allora, trovami un po' qualcosa!» Teneva duro sul progetto di lasciare il lavoro degli acidi a degli altri... Ripartimmo per delle stradine laterali. Verso sera si crederebbe perfino che è un paese, Rancy. Le porte dell'orto sono socchiuse. Il grande cortile è vuoto. La cuccia del cane anche. Una sera come questa, ormai molto tempo fa, i contadini hanno lasciato le loro case, cacciati dalla ________________________________________________________________________________________________________________________ Beneinst.it 202

Louis Ferdinand CelineViaggio al termine della notte.” ¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯ città che usciva da Parigi. Non ne restano che una o due di bicocche di quei tempi, invendibili e ammuffite e già invase dalle glicini stanche che ricadono dalla parte dei muretti scarlatti di manifesti. L'erpice appeso tra due colatoi continua a far ruggine. E'un passato cui non si dà più peso. Se ne va tutto solo. Gli inquilini di adesso sono troppo stanchi la sera per interessarsi a qualcosa che sta davanti a casa loro quando rientrano. Vanno semplicemente ad ammucchiarsi per gruppi familiari in quel che resta delle sale comuni e a bere. Il soffitto porta i cerchi di fumo dei vacillanti lampadari d'allora. Tutto il quartiere sussulta senza lamentarsi sotto il ronron continuo della nuova fabbrica. Le tegole muschiose cadono a precipizio sulle alte lastre bombate come si vedono solo a Versailles e nelle prigioni venerande. Robinson m'accompagnò fino al piccolo parco municipale, tutto centinato di magazzini, in cui viene a smemorarsi sull'erba tignosa tutta la desolazione dei dintorni tra la bocciofila dei rimbambiti, la Venere male in arnese e il monticello di sabbia per giocare e far pipì. Ci siamo rimessi a parlare alla buona di varie cose. «Quello che mi manca, sai, è riuscire a sopportare il bere.» Era la sua fissa. «Quando bevo ho dei crampi da non stare in piedi. E' peggio!» E mi dava la prova su due piedi con una serie di rutti che non aveva nemmeno tollerato il nostro piccolo cassis del pomeriggio... «Lo vedi te?» Davanti alla sua porta, m'ha lasciato. «Il Castello delle Correnti d'Aria» come lo presentava lui. E'scomparso. Credevo di non rivederlo per un po'. I miei affari ebbero l'aria di voler riprendersi un po' e proprio nel corso di quella notte. Solo nella casa del Commissariato, fui chiamato due volte d'urgenza. La domenica sera tutti i sospiri, le emozioni, le impazienze, vengono a confidarsi. L'amor proprio sta sul ponte della domenica, un po' brillo per giunta. Dopo un'intera giornata di libertà alcoolica, ecco che gli schiavi si agitano un po', è una fatica a farli star bravi, annusano, sbuffano e fanno tinnire le loro catene. Solo nella casa del Commissariato, si svolgevano due drammi in una volta. Al primo piano se ne stava andando un canceroso, mentre al terzo capitava un aborto che una levatrice non riusciva a sbrogliare. Dava, quella matrona, dei consigli assurdi a tutti, continuando a risciacquare tovaglioli su tovaglioli. E poi, tra un'iniezione e l'altra scappava a fare una puntura al canceroso di sotto, a dieci franchi la fiala d'olio canforato niente meno. Per lei la giornata era buona. Tutte le famiglie della casa avevano passato la loro domenica in vestaglia e maniche di camicia intente a fronteggiare gli eventi e ben sorrette le famiglie da cibi piccanti. C'era puzza d aglio e i più strani odori per i corridoi e la scala. I cani si divertivano a ruzzare fino al sesto piano. La portinaia ci teneva a rendersi conto dell'insieme. La ritrovavi dovunque. ________________________________________________________________________________________________________________________ Beneinst.it 203

Louis Ferdinand <strong>Celine</strong> “<strong>Viaggio</strong> <strong>al</strong> <strong>termine</strong> <strong>della</strong> <strong>notte</strong>.”<br />

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Potresti restare a bocca aperta.<br />

Sei contento.<br />

C'è niente di cui parlare, perché in fondo non ti cap<strong>it</strong>a più niente, sei troppo povero, gli hai fatto<br />

forse schifo <strong>al</strong>l'esistenza? Sarebbe norm<strong>al</strong>e.<br />

«Vedi mica un combino, te, che io potrei fare, per mollare 'sto mestiere che m'ammazza?»<br />

Emergeva d<strong>al</strong>le sue riflessioni.<br />

«Vorrei uscirci d<strong>al</strong> mio business, capisci te? Ne ho basta di sfacchinare come un mulo...<br />

Voglio andare a passeggio anch'io...<br />

Conosci mica qu<strong>al</strong>cuno che abbia bisogno di un autista, per caso?...<br />

E dire che ne conosci di gente, te!» Erano idee <strong>della</strong> domenica, idee da gentleman che lo<br />

prendevano.<br />

Non osavo contrariarlo, fargli capire che con una testa da crimin<strong>al</strong>e indigente come la sua,<br />

nessuno gli avrebbe mai affidato la sua automobile, che avrebbe sempre conservato un'aria troppo<br />

strana, con o senza livrea.<br />

«Sei niente incoraggiante insomma, ha concluso lui <strong>al</strong>lora.<br />

Non ne uscirò dunque mai secondo te?...<br />

Non v<strong>al</strong>e nemmeno la pena che ci provi?...<br />

In America non andavo abbastanza in fretta, dicevi te...<br />

In Africa, era il c<strong>al</strong>do che mi faceva morire...<br />

Qui, non sono abbastanza intelligente...<br />

Insomma dappertutto c'è qu<strong>al</strong>cosa che ho in più o in meno...<br />

Ma tutto questo mi rendo conto, sono p<strong>al</strong>le fr<strong>it</strong>te! Ah! se ci avessi <strong>della</strong> grana!...<br />

Tutti mi troverebbero simpaticissimo qui... laggiù...<br />

E dappertutto...<br />

Anche in America...<br />

Non è forse vero quel che sto a dire? E anche te...? Ci manca solo una casetta da aff<strong>it</strong>tare con sei<br />

inquilini che pagano bene...<br />

- In effetti è vero», risposi io.<br />

Non si capac<strong>it</strong>ava di essere arrivato tutto da solo a questa conclusione superlativa.<br />

Allora mi guardò strano, come se <strong>al</strong>l'improvviso mi scoprisse un aspetto ined<strong>it</strong>o da schifoso.<br />

«Te, quando ci penso, te stai nel burro.<br />

Ti vendi delle panzane ai mor<strong>it</strong>uri e per il resto, te ne sbatti...<br />

Non sei controllato, niente...<br />

Arrivi e parti quando vuoi, c'hai la libertà insomma...<br />

Hai l'aria perbene ma sei una bella carogna a ben guardare!...<br />

- Sei ingiusto, Robinson! - Di' un po' <strong>al</strong>lora, trovami un po' qu<strong>al</strong>cosa!» Teneva duro sul progetto<br />

di lasciare il lavoro degli acidi a degli <strong>al</strong>tri...<br />

Ripartimmo per delle stradine later<strong>al</strong>i.<br />

Verso sera si crederebbe perfino che è un paese, Rancy.<br />

Le porte dell'orto sono socchiuse.<br />

Il grande cortile è vuoto.<br />

La cuccia del cane anche.<br />

Una sera come questa, ormai molto tempo fa, i contadini hanno lasciato le loro case, cacciati d<strong>al</strong>la<br />

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