Viaggio al termine della notte - L. F. Celine - Beneinst.it

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28.05.2013 Views

Louis Ferdinand CelineViaggio al termine della notte.” ¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯ E forse per quei ricordi che aveva un'aria così risentita e brontolona, come un vecchio cane disturbato nelle sue abitudini e che cerca di ritrovare la cuccia ovunque gli aprano la porta. Gli piacevano i bei giardini e i roseti, non ne mancava uno, di roseto, dovunque passassimo. C'è nessuno come i generali per amare le rose. Si sa. Comunque ci mettevamo in marcia. Il trigo era farli passare al trotto, i ronzini. Avevano paura di muoversi prima per le piaghe e poi perché avevano paura di noi e anche della notte, avevano paura di tutto, insomma! Noi anche! Dieci volte ritornavamo per richiederli la strada al comandante. Dieci volte ci dava dei fagnani e dei lavativi schifosi. A colpi di sperone alla fine superavamo l'ultimo posto di guardia, gli passavamo la parola ai piantoni e poi ci si tuffava d'un colpo nella sporca avventura, nelle tenebre di questi paesi di nessuno. A forza di deambulare da un bordo dell'ombra all'altro, si finiva per riconoscerci qualcosina, o almeno lo credevamo... Se una nuvola sembrava più chiara di un'altra ci dicevamo d'aver visto qualcosa... Ma davanti a noi, di sicuro c'era solo l'eco che andava e veniva, l'eco del rumore che facevano i cavalli trottando, un rumore che ti soffoca, smisurato, tanto non lo vuoi. Avevano l'aria di trottare fino al cielo, di chiamare tutto quel che c'era sulla terra, i cavalli, per farci massacrare. D'altra parte lo si sarebbe potuto fare con una mano sola, con una carabina, bastava appoggiarla a un albero aspettandoci. Mi dicevo sempre che la prima luce che avrei visto sarebbe stata quella del colpo di fucile della fine. Da quattro settimane che durava, la guerra, eravamo diventati così stanchi, così infelici, che avevo perduto, a forza di fatica, un po' della mia paura per strada. La tortura di essere tormentati giorno e notte da 'sta gente, i graduati, i piccoli soprattutto, più brutali, più meschini e carichi d'odio ancora più del solito, finiva per far esitare i più ostinati, a vivere ancora. Ah! la voglia di andarsene! Per dormire! Anzitutto! E se non c'è più davvero modo di andarsene a dormire, allora la voglia di vivere se ne va da sola. Fin tanto che si resta in vita bisogna aver l'aria di cercare il reggimento. Perché nel cervello d'un coglione il pensiero faccia un giro, bisogna che gli capitino un sacco di cose e di molto crudeli. Quel che mi aveva fatto pensare per la prima volta in vita mia, ma pensare davvero, idee pratiche e tutte mie, era certo il comandante Pinçon, questo ceffo da torturatore. Pensavo dunque a lui più che potevo mentre traballavo, bardato, pericolante sotto le armature, comparsa accessoria in questo incredibile affare internazionale, in cui mi ero imbarcato per entusiasmo... Lo confesso. Ogni metro d'ombra davanti a noi era una nuova promessa di restarci e crepare, ma in che modo? L'unico imprevisto in questa storia era l'uniforme dell'esecutore. Sarà uno di qui? O uno di fronte? Gli avevo fatto niente, io, a 'sto pincon! A lui, mica più ________________________________________________________________________________________________________________________ Beneinst.it 16

Louis Ferdinand CelineViaggio al termine della notte.” ¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯ d'altronde che ai tedeschi!... Con la sua testa di pesca marcia, i quattro galloni che gli scintillavano dappertutto dalla testa all'ombelico, mustacchi ruvidi e ginocchia aguzze, e il binocolo che gli pendeva al collo come la campana a una vacca, e la sua carta uno a mille, eh? Mi chiedevo quale rabbia di mandare gli altri a crepare lo possedeva quello lì. Gli altri che non avevano carte. Noi quattro cavalieri sulla strada facevamo il fracasso di un mezzo reggimento. Ci dovevano sentire arrivare a quattro ore di distanza oppure è che non ci volevano sentire. Poteva anche essere possibile... Forse avevano paura di noi, i tedeschi? Chi lo sa? Un mese di sonno su ogni palpebra, ecco quel che portavamo e altrettanto dietro la testa, in più di quei chili di ferraglia. Si esprimevano male i miei cavalieri di scorta. Parlavano appena, per dirla tutta. Erano dei ragazzi venuti dal profondo della Bretagna per il servizio e tutto quel che sapevano non veniva dalla scuola, ma dal reggimento. Quella sera, avevo cercato di intrattenermi un po' al villaggio di Barbagny con quello che mi stava a fianco e si chiamava Kersuzon. « Di' un po', Kersuzon, ecco che gli faccio, sono le Ardenne qui, sai... Vedi niente te lontano davanti a noi? Io,vedo proprio niente... - Tutto nero come un buco di culo », mi ha risposto Kersuzon. Bastava... « Di' un po', hai mica sentito parlare di Barbagny te durante la giornata? Da che parte era? gli chiedevo ancora. - No. » Ecco tutto. Non s'è mai trovata 'sta Barbagny. Abbiamo girato su noi stessi solo fino al mattino, fino ad un altro villaggio dove ci attendeva l'uomo del binocolo. Il suo generale prendeva il cafferino sotto il pergolato davanti al municipio quando arrivammo. « Ah! come è bella la giovinezza, Pinçon! » gli ha fatto osservare ad alta voce al suo capo di stato maggiore vedendoci passare, il vecchio. Detto questo, si è alzato e se ne è andato a far pipì e poi ancora un giro con le mani dietro la schiena, incurvato. Era molto stanco quel mattino, mi ha bisbigliato l'attendente, aveva dormito male il generale qualcosa che lo tormentava nella vescica, si diceva in giro. Kersuzon mi rispondeva sempre allo stesso modo quando lo interrogavo di notte, questo finiva per distrarmi come un tic. Me l'ha ripetuta due o tre volte la faccenda del nero e del culo e poi è morto, ammazzato come l'hanno, poco più tardi, uscendo da un villaggio, me ne ricordo bene, un villaggio che avevamo scambiato per un altro, da dei francesi che ci avevano preso per degli altri. E proprio qualche giorno dopo la morte di Kersuzon che abbiamo riflettuto e abbiamo trovato un piccolo inghippo, di cui eravamo molto contenti, per non perderci più nella notte. Dunque, ci sbattevano alla porta degli accantonamenti. Bene. Allora non dicevamo più niente. ________________________________________________________________________________________________________________________ Beneinst.it 17

Louis Ferdinand <strong>Celine</strong> “<strong>Viaggio</strong> <strong>al</strong> <strong>termine</strong> <strong>della</strong> <strong>notte</strong>.”<br />

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d'<strong>al</strong>tronde che ai tedeschi!...<br />

Con la sua testa di pesca marcia, i quattro g<strong>al</strong>loni che gli scintillavano dappertutto d<strong>al</strong>la testa<br />

<strong>al</strong>l'ombelico, mustacchi ruvidi e ginocchia aguzze, e il binocolo che gli pendeva <strong>al</strong> collo come la<br />

campana a una vacca, e la sua carta uno a mille, eh? Mi chiedevo qu<strong>al</strong>e rabbia di mandare gli <strong>al</strong>tri<br />

a crepare lo possedeva quello lì.<br />

Gli <strong>al</strong>tri che non avevano carte.<br />

Noi quattro cav<strong>al</strong>ieri sulla strada facevamo il fracasso di un mezzo reggimento.<br />

Ci dovevano sentire arrivare a quattro ore di distanza oppure è che non ci volevano sentire.<br />

Poteva anche essere possibile...<br />

Forse avevano paura di noi, i tedeschi? Chi lo sa? Un mese di sonno su ogni p<strong>al</strong>pebra, ecco quel<br />

che portavamo e <strong>al</strong>trettanto dietro la testa, in più di quei chili di ferraglia.<br />

Si esprimevano m<strong>al</strong>e i miei cav<strong>al</strong>ieri di scorta.<br />

Parlavano appena, per dirla tutta.<br />

Erano dei ragazzi venuti d<strong>al</strong> profondo <strong>della</strong> Bretagna per il servizio e tutto quel che sapevano non<br />

veniva d<strong>al</strong>la scuola, ma d<strong>al</strong> reggimento.<br />

Quella sera, avevo cercato di intrattenermi un po' <strong>al</strong> villaggio di Barbagny con quello che mi stava<br />

a fianco e si chiamava Kersuzon.<br />

« Di' un po', Kersuzon, ecco che gli faccio, sono le Ardenne qui, sai...<br />

Vedi niente te lontano davanti a noi? Io,vedo proprio niente...<br />

- Tutto nero come un buco di culo », mi ha risposto Kersuzon.<br />

Bastava...<br />

« Di' un po', hai mica sent<strong>it</strong>o parlare di Barbagny te durante la giornata? Da che parte era? gli<br />

chiedevo ancora.<br />

- No. » Ecco tutto.<br />

Non s'è mai trovata 'sta Barbagny.<br />

Abbiamo girato su noi stessi solo fino <strong>al</strong> mattino, fino ad un <strong>al</strong>tro villaggio dove ci attendeva<br />

l'uomo del binocolo.<br />

Il suo gener<strong>al</strong>e prendeva il cafferino sotto il pergolato davanti <strong>al</strong> municipio quando arrivammo.<br />

« Ah! come è bella la giovinezza, Pinçon! » gli ha fatto osservare ad <strong>al</strong>ta voce <strong>al</strong> suo capo di stato<br />

maggiore vedendoci passare, il vecchio.<br />

Detto questo, si è <strong>al</strong>zato e se ne è andato a far pipì e poi ancora un giro con le mani dietro la<br />

schiena, incurvato.<br />

Era molto stanco quel mattino, mi ha bisbigliato l'attendente, aveva dorm<strong>it</strong>o m<strong>al</strong>e il gener<strong>al</strong>e<br />

qu<strong>al</strong>cosa che lo tormentava nella vescica, si diceva in giro.<br />

Kersuzon mi rispondeva sempre <strong>al</strong>lo stesso modo quando lo interrogavo di <strong>notte</strong>, questo finiva<br />

per distrarmi come un tic.<br />

Me l'ha ripetuta due o tre volte la faccenda del nero e del culo e poi è morto, ammazzato come<br />

l'hanno, poco più tardi, uscendo da un villaggio, me ne ricordo bene, un villaggio che avevamo<br />

scambiato per un <strong>al</strong>tro, da dei francesi che ci avevano preso per degli <strong>al</strong>tri.<br />

E proprio qu<strong>al</strong>che giorno dopo la morte di Kersuzon che abbiamo riflettuto e abbiamo trovato<br />

un piccolo inghippo, di cui eravamo molto contenti, per non perderci più nella <strong>notte</strong>.<br />

Dunque, ci sbattevano <strong>al</strong>la porta degli accantonamenti.<br />

Bene.<br />

Allora non dicevamo più niente.<br />

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