Viaggio al termine della notte - L. F. Celine - Beneinst.it
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Louis Ferdinand Celine “Viaggio al termine della notte.” ¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯ Ne fai di puzza per dieci anni, vent'anni e anche più. È mica regalato. Si urlano addosso già sul tram, una bella sparata per farsi la bocca. Le donne sono ancora più caciarone dei pivelli. Per un biglietto a sbafo, farebbero fermare tutta la linea. È vero che ce n'è già di quelle che sono sbronze tra le passeggere, soprattutto quelle che scendono al mercato verso Saint-Ouen, le mezze borghesi. «Quanto le carote?» chiedono prima ancora d'arrivare per far vedere che loro ne hanno parecchi. Compressi a mo' di spazzatura come si è nella cassa di ferro, si attraversa tutta Rancy, e lì la puzza è grande, soprattutto quando è estate. Alle fortificazioni si minacciano, berciano l'ultima e poi si perdono di vista, il metrò inghiotte tutto e tutti, i completi fradici, i vestiti avviliti, le calze di seta, le metriti e i piedi sporchi come calzini, i colli rigidi e tesi come scadenze, gli aborti in corso, i decorati, tutto questo sgocciola per la scala di catrame e fenicato fino al fondo nero, col biglietto che costa da solo come due panini. L'angoscia strisciante del licenziamento in tronco, sempre in agguato sui ritardatari (con un attestato secco) quando il padrone vorrà ridurre le spese generali. Ricordi di «crisi» a fior di pelle, dell'ultima volta senza posto, di tutti gli «Intransigeant» che c'è stato bisogno di leggere, cinque soldi, cinque soldi...attese per cercar lavoro... Questi ricordi ti ammazzano un uomo, per quanto se ne stia avvolto nel suo soprabito «per tutte le stagioni». La città nasconde fin che può le folle dai piedi sporchi nelle sue lunghe fogne elettriche. Torneranno alla superficie soltanto alla domenica. Allora, quando saranno fuori bisognerà non farsi vedere. Una sola domenica a vederli distrarsi, basterebbe a levarvi per sempre la voglia di scherzare. Intorno al metrò, vicino ai bastioni sfrigola, endemico,l'odore delle guerre che si trascinano, del tanfo dei villaggi sbruciacchiati, mal cotti, delle rivoluzioni abortite, dei commerci alla bancarotta. Gli straccivendoli della zona bruciano da tempo immemorabile gli stessi piccoli mucchi umidi nei fossati controvento. Sono dei barbari mancati questi fantaccini pieni di quartini e di fatica. Vanno a tossire al Dispensario lì vicino, invece di buttar giù i tram dalla scarpata e di andarsi a fare una bella pisciata nel dazio. Niente più sangue. Niente più storie. Quando la guerra tornerà, la prossima, faranno ancora una volta fortuna a vender pelli di topo, cocaina e maschere di lamiera ondulata. Io, m'ero trovato per la professione un appartamentino ai bordi della periferia da cui vedevo bene le scarpate e l'operaio che ci sta sempre sopra, a guardare nel vuoto, col braccio in una grossa garza bianca, infortunato sul lavoro, che non sa cosa fare e cosa pensare e che non ne ha abbastanza per andare a bere e riempirsi la coscienza. Molly aveva avuto proprio ragione, cominciavo a capirla. Gli studi ti cambiano, fanno l'orgoglio di un uomo. Bisogna proprio passare da là per entrare nel cuore della vita. Prima, ci si gira soltanto intorno. Ti prendi per uno realizzato ma inciampi in un nonnulla. Sogni troppo. ________________________________________________________________________________________________________________________ Beneinst.it 162
Louis Ferdinand Celine “Viaggio al termine della notte.” ¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯ Scivoli su tutte le parole. Questo non è quello. Sono solo intenzioni, apparenze. Ci vuol qualcos'altro di deciso. Con la medicina, io, mica tanto dotato, mi ero comunque avvicinato lo stesso agli uomini, alle bestie, a tutto. Adesso, non restava che andarci dentro sparato, nel mucchio. La morte vi corre dietro, bisogna sbrigarsi e bisogna anche mangiare mentre siete dietro a cercare e poi passare sotto la guerra per sovrammercato. E un bel mucchio di cose da fare. E'niente comodo. Aspettando, quanto ai malati, non ne venivano a bizzeffe. Ci vuole il tempo di avviarsi, mi dicevo io per tranquillizzarmi. Il malato, per il momento, ero soprattutto io. Non c'è quasi niente di penoso come La Garenne Rancy, trovavo io, quando non hai clienti. Si può dirlo. Non si dovrebbe pensare in quei posti lì, e io che c'ero appunto venuto per pensare in pace, e dall'altro capo della terra per giunta! Cascavo bene! Col mio piccolo orgoglio! Mi è piombata addosso nera e pesante... C'era niente da ridere, e non m'ha mollato più. Il cervello, è un tiranno come non ce n'è. A pian terreno in casa mia, abitava Bézin, il piccolo rigattiere che mi diceva sempre quando mi fermavo davanti a casa sua: « Bisogna scegliere, Dottore! Giocare alle corse o prendere l'aperitivo, o l'una o l'altra!... Si può mica far tutto!... Io, è il cicchetto che preferisco! Mi piace niente il gioco... » Lui, l'aperitivo che preferiva, era il genziana-ribes. Non cattivo di solito e poi dopo aver trincato, per niente gentile... Quando andava a rifornirsi al mercato delle pulci, restava tre giorni fuori, in «spedizione», come lui chiamava la faccenda. Lo riportavano indietro. Allora, profetizzava: « L'avvenire, lo vedo come che sarà... Sarà come un'ammucchiata che non finirà più... E col cinema dentro... Basta vedere com'è che è già... » Vedeva ancora più lontano in quei casi: « Vedo anche che non berranno più... Sono l'ultimo, io, che beve nell'avvenire... Bisogna che mi sbrighi... Conosco il mio sfizio... » Tossivano tutti nella mia strada. E' una cosa che tiene occupati. Per vedere il sole, bisogna salire almeno fino al Sacré-Coeur, a causa del fumo. Da là, allora, è un bel panorama; ci si rende conto bene che in fondo alla pianura, ci stiamo noi, e le case dove viviamo. Ma quando le cerchi in dettaglio, non le ritrovi mica, nemmeno la tua, tanto che è brutto e tutto ________________________________________________________________________________________________________________________ Beneinst.it 163
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Louis Ferdinand <strong>Celine</strong> “<strong>Viaggio</strong> <strong>al</strong> <strong>termine</strong> <strong>della</strong> <strong>notte</strong>.”<br />
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Scivoli su tutte le parole.<br />
Questo non è quello.<br />
Sono solo intenzioni, apparenze.<br />
Ci vuol qu<strong>al</strong>cos'<strong>al</strong>tro di deciso.<br />
Con la medicina, io, mica tanto dotato, mi ero comunque avvicinato lo stesso agli uomini, <strong>al</strong>le<br />
bestie, a tutto.<br />
Adesso, non restava che andarci dentro sparato, nel mucchio.<br />
La morte vi corre dietro, bisogna sbrigarsi e bisogna anche mangiare mentre siete dietro a cercare<br />
e poi passare sotto la guerra per sovrammercato.<br />
E un bel mucchio di cose da fare.<br />
E'niente comodo.<br />
Aspettando, quanto ai m<strong>al</strong>ati, non ne venivano a bizzeffe.<br />
Ci vuole il tempo di avviarsi, mi dicevo io per tranquillizzarmi.<br />
Il m<strong>al</strong>ato, per il momento, ero soprattutto io.<br />
Non c'è quasi niente di penoso come La Garenne Rancy, trovavo io, quando non hai clienti.<br />
Si può dirlo.<br />
Non si dovrebbe pensare in quei posti lì, e io che c'ero appunto venuto per pensare in pace, e<br />
d<strong>al</strong>l'<strong>al</strong>tro capo <strong>della</strong> terra per giunta! Cascavo bene! Col mio piccolo orgoglio! Mi è piombata<br />
addosso nera e pesante...<br />
C'era niente da ridere, e non m'ha mollato più.<br />
Il cervello, è un tiranno come non ce n'è.<br />
A pian terreno in casa mia, ab<strong>it</strong>ava Bézin, il piccolo rigattiere che mi diceva sempre quando mi<br />
fermavo davanti a casa sua: « Bisogna scegliere, Dottore! Giocare <strong>al</strong>le corse o prendere l'aper<strong>it</strong>ivo,<br />
o l'una o l'<strong>al</strong>tra!...<br />
Si può mica far tutto!...<br />
Io, è il cicchetto che preferisco! Mi piace niente il gioco... » Lui, l'aper<strong>it</strong>ivo che preferiva, era il<br />
genziana-ribes.<br />
Non cattivo di sol<strong>it</strong>o e poi dopo aver trincato, per niente gentile...<br />
Quando andava a rifornirsi <strong>al</strong> mercato delle pulci, restava tre giorni fuori, in «spedizione», come<br />
lui chiamava la faccenda.<br />
Lo riportavano indietro.<br />
Allora, profetizzava: « L'avvenire, lo vedo come che sarà...<br />
Sarà come un'ammucchiata che non finirà più...<br />
E col cinema dentro...<br />
Basta vedere com'è che è già... » Vedeva ancora più lontano in quei casi: « Vedo anche che non<br />
berranno più...<br />
Sono l'ultimo, io, che beve nell'avvenire...<br />
Bisogna che mi sbrighi...<br />
Conosco il mio sfizio... » Tossivano tutti nella mia strada.<br />
E' una cosa che tiene occupati.<br />
Per vedere il sole, bisogna s<strong>al</strong>ire <strong>al</strong>meno fino <strong>al</strong> Sacré-Coeur, a causa del fumo.<br />
Da là, <strong>al</strong>lora, è un bel panorama; ci si rende conto bene che in fondo <strong>al</strong>la pianura, ci stiamo noi,<br />
e le case dove viviamo.<br />
Ma quando le cerchi in dettaglio, non le r<strong>it</strong>rovi mica, nemmeno la tua, tanto che è brutto e tutto<br />
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