Viaggio al termine della notte - L. F. Celine - Beneinst.it
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Louis Ferdinand Celine “Viaggio al termine della notte.” ¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯ - Abbracciami almeno Lola. Andiamo!... Siamo mica dei nemici!» proposi io per sapere fino a che punto le facevo schifo. Lei allora ha tirato fuori un revolver dal cassetto e mica per ridere. M'è bastata la scala, non ho nemmeno chiamato l'ascensore. Mi ha ridato comunque il gusto del lavoro e un pieno di coraggio questa robusta sceneggiata. Appena giorno ho preso il treno per Detroit dove mi garantivano l'assunzione facile in tanti piccoli lavori non troppo impegnativi e pagati bene. Mi hanno parlato i passanti come il sergente mi aveva parlato nella foresta. «Ecco! mi hanno detto loro. Non si può sbagliare, è giusto in faccia a lei.» E ho visto in effetti le grandi costruzioni massicce e vetrate, delle specie di acchiappamosche senza fine, in cui si scorgevano degli uomini che si agitavano, ma agitavano appena, come se si dibattessero solo debolmente contro un non so che d'impossibile. Era quello Ford? E poi tutt'intorno e sopra fino al cielo un rumore opprimente e multiplo e sordo di torrenti di macchinari, duro, per l'ostinazione dei meccanismi a girare, rotolare, gemere, sempre sul punto di rompersi e senza rompersi mai. « E'qui dunque, mi son detto... E mica eccitante... » Era anche peggio di tutto il resto. Mi sono accostato più vicino, fino alla porta dove c'era scritto su una lavagna che cercavano gente. Non ero il solo ad aspettare. Uno di quelli che pazientavano là m'ha informato che lui era lì da due giorni e sempre allo stesso posto. Era venuto dalla Jugoslavia, 'sta pecora, per farsi reclutare. Un altro poveraccio m'ha rivolto la parola, veniva a ruscare asseriva lui, solo per divertirsi, un maniaco, un bluffatore. In quella folla quasi nessuno parlava inglese. Si spiavano gli uni gli altri come bestie sfiduciate, battute spesso. Dalla loro massa saliva un odore di mutande pisciate come all'ospedale. Quando ti parlavano evitavi la loro bocca perché il dentro dei poveri puzza già di morte. Pioveva sulla nostra piccola folla. Le file stavano compresse sotto le grondaie. Sono molto comprimibili quelli che cercano un lavoro. Quel che c'era di buono da Ford, mi ha spiegato un vecchio russo in vena di confidenze, è che ti ingaggiavano non importa chi e non importa cosa. « Stai solo attento, ha aggiunto lui perché mi sapessi regolare, non bisogna fare il bullo qui, perché se fai il bullo ti sbattono fuori in men che si dica e ti sostituiscono alla veloce con uno di quei congegni meccanici che ci sono sempre pronti e allora ti saluto che ci torni!» Parlava bene il parigino il russo perché aveva fatto il taxista per anni e l'avevano cacciato dopo un affare di cocaina a Bezons e poi in fin dei conti s'era giocato la vettura ai dadi con un cliente a Biarritz e aveva perso. Era vero, quel che mi spiegava che prendevano tutti da Ford. Non aveva mentito. Io diffidavo lo stesso perché i poveracci hanno il delirio facile. ________________________________________________________________________________________________________________________ Beneinst.it 150
Louis Ferdinand Celine “Viaggio al termine della notte.” ¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯ C'è un momento della miseria in cui lo spirito non sta già più tutto il tempo con il corpo. Ci si trova davvero troppo male. E' già quasi un'anima che vi parla. Non è mica responsabile un'anima. Nudi ci hanno messo per cominciare, beninteso. La visita la passavi in una specie di laboratorio. Sfilavamo lentamente. « Sei proprio conciato male, ha constatato l'infermiere alla prima occhiata, ma fa niente.» E io che avevo avuto paura che mi rifiutassero al rusco per le febbri africane, se solo se ne accorgevano caso mai mi tastassero il fegato! Ma al contrario, sembravano aver l'aria contenta di trovare dei loffi e degli infermi nella nostra mandata. « Per quello che farai qui, non ha importanza com'è che sei conciato! m'ha rassicurato il medico esaminatore, su due piedi. - Tanto meglio gli ho risposto io, ma sa, signore, io ------------sono istruito e ho cominciato anche a studiare medicina una volta...» Di colpo, m'ha guardato di brutto. Ho capito che avevo fatto un'altra gaffe, e a mio danno. « Non ti serviranno a niente qui i tuoi studi, ragazzo! Mica sei venuto qui per pensare, ma per fare i gesti che ti ordineranno di eseguire... Non abbiamo bisogno di creativi nella nostra fabbrica. E di scimpanzé che abbiamo bisogno... Ancora un consiglio. Non parlare mai più della tua intelligenza! Penseremo noi per te amico! Tientelo per detto.» Aveva ragione di avvertirmi. Era meglio sapere come regolarsi sulle abitudini della casa. Di fesserie, ne avevo già al mio attivo per dieci anni almeno. Ci tenevo ormai a passare per un pacioccone. Una volta rivestiti, fummo divisi in file strascicate, per gruppi esitanti, di rinforzo verso i luoghi da cui ci arrivava l'immane fracasso delle macchine. Tremava tutto nell'immenso edificio e tu anche dalle orecchie ai piedi posseduto dal tremore, veniva dai vetri e dal pavimento e dalla ferraglia, a scossoni, vibrato dall'alto in basso. Diventavi macchina per forza anche tu e con tutta la tua carne tremolante in quel rumore di rabbia immane che ti prendeva la testa dentro e fuori e più in basso ti agitava le budella e risaliva agli occhi a colpetti precipitosi, senza fine, inarrestabili. Via via che si andava avanti perdevamo compagni. Gli facevamo un sorrisino a quelli lì lasciandoli come se tutto quello che capitava fosse una bellezza. Non si poteva più né parlare né sentirsi. Ne restavano ogni volta tre o quattro intorno a una macchina. Comunque si resiste, si fa fatica a disgustarsi della sostanza di cui sei fatto, vorresti proprio fermare tutto quanto per pensarci su e sentire dentro il cuore che batte con facilità, ma non si può più. Non può più finire. E' una catastrofe quella sterminata scatola d'acciaio e noi ci giriamo dentro con le macchine e con la terra. Tutti insieme! E le mille rotelle e le presse che non cadono mai allo stesso tempo con dei rumori ________________________________________________________________________________________________________________________ Beneinst.it 151
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Louis Ferdinand <strong>Celine</strong> “<strong>Viaggio</strong> <strong>al</strong> <strong>termine</strong> <strong>della</strong> <strong>notte</strong>.”<br />
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- Abbracciami <strong>al</strong>meno Lola.<br />
Andiamo!...<br />
Siamo mica dei nemici!» proposi io per sapere fino a che punto le facevo schifo.<br />
Lei <strong>al</strong>lora ha tirato fuori un revolver d<strong>al</strong> cassetto e mica per ridere.<br />
M'è bastata la sc<strong>al</strong>a, non ho nemmeno chiamato l'ascensore.<br />
Mi ha ridato comunque il gusto del lavoro e un pieno di coraggio questa robusta sceneggiata.<br />
Appena giorno ho preso il treno per Detro<strong>it</strong> dove mi garantivano l'assunzione facile in tanti<br />
piccoli lavori non troppo impegnativi e pagati bene.<br />
Mi hanno parlato i passanti come il sergente mi aveva parlato nella foresta. «Ecco! mi hanno detto<br />
loro.<br />
Non si può sbagliare, è giusto in faccia a lei.» E ho visto in effetti le grandi costruzioni massicce e<br />
vetrate, delle specie di acchiappamosche senza fine, in cui si scorgevano degli uomini che si<br />
ag<strong>it</strong>avano, ma ag<strong>it</strong>avano appena, come se si dibattessero solo debolmente contro un non so che<br />
d'impossibile.<br />
Era quello Ford? E poi tutt'intorno e sopra fino <strong>al</strong> cielo un rumore opprimente e multiplo e<br />
sordo di torrenti di macchinari, duro, per l'ostinazione dei meccanismi a girare, rotolare, gemere,<br />
sempre sul punto di rompersi e senza rompersi mai.<br />
« E'qui dunque, mi son detto...<br />
E mica ecc<strong>it</strong>ante... » Era anche peggio di tutto il resto.<br />
Mi sono accostato più vicino, fino <strong>al</strong>la porta dove c'era scr<strong>it</strong>to su una lavagna che cercavano gente.<br />
Non ero il solo ad aspettare.<br />
Uno di quelli che pazientavano là m'ha informato che lui era lì da due giorni e sempre <strong>al</strong>lo stesso<br />
posto.<br />
Era venuto d<strong>al</strong>la Jugoslavia, 'sta pecora, per farsi reclutare.<br />
Un <strong>al</strong>tro poveraccio m'ha rivolto la parola, veniva a ruscare asseriva lui, solo per divertirsi, un<br />
maniaco, un bluffatore.<br />
In quella folla quasi nessuno parlava inglese.<br />
Si spiavano gli uni gli <strong>al</strong>tri come bestie sfiduciate, battute spesso.<br />
D<strong>al</strong>la loro massa s<strong>al</strong>iva un odore di mutande pisciate come <strong>al</strong>l'osped<strong>al</strong>e.<br />
Quando ti parlavano ev<strong>it</strong>avi la loro bocca perché il dentro dei poveri puzza già di morte.<br />
Pioveva sulla nostra piccola folla.<br />
Le file stavano compresse sotto le grondaie.<br />
Sono molto comprimibili quelli che cercano un lavoro.<br />
Quel che c'era di buono da Ford, mi ha spiegato un vecchio russo in vena di confidenze, è che ti<br />
ingaggiavano non importa chi e non importa cosa.<br />
« Stai solo attento, ha aggiunto lui perché mi sapessi regolare, non bisogna fare il bullo qui,<br />
perché se fai il bullo ti sbattono fuori in men che si dica e ti sost<strong>it</strong>uiscono <strong>al</strong>la veloce con uno di<br />
quei congegni meccanici che ci sono sempre pronti e <strong>al</strong>lora ti s<strong>al</strong>uto che ci torni!» Parlava bene il<br />
parigino il russo perché aveva fatto il taxista per anni e l'avevano cacciato dopo un affare di<br />
cocaina a Bezons e poi in fin dei conti s'era giocato la vettura ai dadi con un cliente a Biarr<strong>it</strong>z e<br />
aveva perso.<br />
Era vero, quel che mi spiegava che prendevano tutti da Ford.<br />
Non aveva ment<strong>it</strong>o.<br />
Io diffidavo lo stesso perché i poveracci hanno il delirio facile.<br />
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