Viaggio al termine della notte - L. F. Celine - Beneinst.it
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Louis Ferdinand <strong>Celine</strong> “<strong>Viaggio</strong> <strong>al</strong> <strong>termine</strong> <strong>della</strong> <strong>notte</strong>.”<br />
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sola speranza sempre meno ragionevole di r<strong>it</strong>ornarne e quella soltanto e anche che se fossimo<br />
tornati non avremmo dimenticato mai, assolutamente mai, che avevamo scoperto sulla terra un<br />
uomo congegnato come voi e me, ma molto più carogna dei coccodrilli e degli squ<strong>al</strong>i che<br />
passano fra due acque a fauci sp<strong>al</strong>ancate attorno ai battelli d'immondizie e carni avariate che vanno<br />
a scaricare <strong>al</strong> largo, <strong>al</strong>l'Avana.<br />
La grande sconf<strong>it</strong>ta, in tutto, è dimenticare, e soprattutto quel che ti ha fatto crepare, e crepare<br />
senza capire mai fino a qu<strong>al</strong> punto gli uomini sono carogne.<br />
Quando saremo sull'orlo del precipizio dovremo mica fare i furbi noi<strong>al</strong>tri, ma non bisognerà<br />
nemmeno dimenticare, bisognerà raccontare tutto senza cambiare una parola, di quel che si è<br />
visto di più schifoso negli uomini e poi tirar le cuoia e poi sprofondare.<br />
Come lavoro, ce n'è per una v<strong>it</strong>a intera.<br />
Lo avrei proprio dato agli squ<strong>al</strong>i da papparsi, il comandante Pinçon, e il suo gendarme con lui,<br />
per insegnargli a vivere; e poi anche il mio cav<strong>al</strong>lo in aggiunta per non farlo soffrire più, perché<br />
non aveva più groppa 'sto povero disgraziato, d<strong>al</strong> m<strong>al</strong>e che stava, solo due placche di carne che gli<br />
restavano <strong>al</strong> loro posto, sotto la sella, larghe come due mani delle mie e trasudanti, <strong>al</strong> vivo, di<br />
grandi rivoli di pus che gli colavano dai bordi <strong>della</strong> coperta sino ai garretti.<br />
Bisognava comunque trottarci sopra, un, due...<br />
Si dannava per trottare.<br />
Ma i cav<strong>al</strong>li sono ancora più pazienti degli uomini.<br />
Ondeggiava, trottando.<br />
Si poteva solo lasciarlo <strong>al</strong>l'a perto.<br />
Nei fienili, per l'odore che gli usciva d<strong>al</strong>le fer<strong>it</strong>e,puzzava così tanto, che si restava soffocati.<br />
S<strong>al</strong>irgli in groppa, gli faceva così m<strong>al</strong>e che si piegava, come per gentilezza, e <strong>al</strong>lora il ventre gli<br />
arrivava ai ginocchi.<br />
Così si starebbe detto che uno montava un asino.<br />
Era più comodo così, bisogna confessarlo.<br />
Eravamo così stanchi anche noi, con tutto quel che sopportavamo di ferraglia sulla testa e sulle<br />
sp<strong>al</strong>le.<br />
Il gener<strong>al</strong>e des Entrayes, nella casa riservata, aspettava la cena.<br />
La tavola era pronta, la lampada <strong>al</strong> suo posto.<br />
« Levatevi dai coglioni, dio boia, ci ingiungeva una volta di più il Pinçon, scrollandoci la lanterna<br />
<strong>al</strong>l'<strong>al</strong>tezza del naso.<br />
Andiamo a tavola! Ve lo ripeto più! Ma se ne vogliono andare 'ste carogne! » ti urlava anche.<br />
Riprendeva, d<strong>al</strong>la rabbia, mandandoci a crepare a quel modo, lo smorto,un po' di colore <strong>al</strong>le gote.<br />
Qu<strong>al</strong>che volta il cuoco del gener<strong>al</strong>e ci passava prima di partire un qu<strong>al</strong>che boccone, ne aveva<br />
troppo da mangiare il gener<strong>al</strong>e, perché beccava come da regolamento quaranta razioni tutte per<br />
lui.<br />
Non era più giovane quell'uomo.<br />
Doveva anzi essere vicino <strong>al</strong>la pensione.<br />
Piegava anche le ginocchia camminando.<br />
Doveva tingersi i baffi.<br />
Le arterie, <strong>al</strong>le tempie, si vedeva bene <strong>al</strong>la lampada, quando ce ne andavamo, gli disegnavano dei<br />
meandri come la Senna quando esce da Parigi.<br />
Aveva figlie grandi, dicevano, non sposate, e come lui, niente ricche.<br />
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