Viaggio al termine della notte - L. F. Celine - Beneinst.it
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Louis Ferdinand Celine “Viaggio al termine della notte.” ¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯ complessa composta soprattutto di garzoncelli, assai premurosi nel porgergli l'unico cucchiaio del servizio o la tazza spaiata, o ancora nell'estrargli dalla pianta dei piedi, abilmente, le insonni e classiche pulci penetranti che ci si infilavano. In cambio, gli passava, benevolmente, una mano tra le cosce tutti i momenti. La sola fatica che gli vidi intraprendere, era il grattarsi di persona, ma allora ci si abbandonava, come il negoziante di Fort-Gono, con una agilità meravigliosa, che si può osservare solo nelle colonie. Il mobilio che mi lasciò in eredità mi rivelò tutto quello che l'ingegnosità poteva ottenere con delle casse di sapone spaccate, in fatto di sedie, tavolini e poltrone. Il tenebroso mi insegnò ancora come si scagliavano lontano con un sol colpo secco, per distrarsi, di punta, a esser lesti di piede, i grossi bruchi corazzati che salivano sempre nuovi, ronzanti e bavosi all'assalto della nostra capanna forestale. Se li schiacci, da imbranato, guai a te! Sei punito da otto giorni consecutivi di puzzo spaventoso, che si sprigiona lentamente dalla loro indimenticabile poltiglia. Lui aveva letto in qualche raccolta che quei grossi obbrobri rappresentavano in fatto di bestie quel che c'era di più vecchio al mondo. Datavano, asseriva lui, dal secondo periodo geologico! «Quando noialtri verremo da così lontano come loro, amico, non puzzeremo forse anche noi? » Tal quale. I tramonti di quell'inferno africano si rivelavano straordinari. Non te li toglieva nessuno. Ogni volta tragici come mostruosi assassinii del sole. Un immenso bluff. Soltanto che c'era troppo da ammirare per un uomo solo. Il cielo per un'ora si pavoneggiava tutto spruzzato da un capo all'altro d'uno scarlatto delirante, e poi il verde scoppiava in mezzo agli alberi e s'innalzava dal suolo a strisce tremanti fino alle prime stelle. Dopo di che il grigio riprendeva tutto l'orizzonte e poi di nuovo il rosso, ma allora stanco il rosso e non per molto. Finiva così. Tutti i colori ricadevano a brandelli, afflosciati sulla foresta come vecchi stracci alla centesima replica. Ogni giorno verso le sei era esattamente così che andava. E la notte con tutti i suoi mostri entrava allora in ballo tra mille e mille rumori di gole di rospo. La foresta aspetta solo il loro segnale per mettersi a tremare, fischiare, muggire da tutte le sue profondità. Un'enorme stazione amorosa e senza luce, piena da schiattare. Alberi interi gonfi di scorpacciate viventi, d'erezioni mutilate, d'orrore. Si finiva per non sentirci più tra noi nella capanna. Dovevo gridare a mia volta sopra la tavola come un barbagianni perché il compagno mi capisse. Ero servito, io che non amavo la campagna. « Com'è che si chiama lei? Non è Robinson che mi ha detto? » gli chiesi io. Era intento a ripetermi l'amico, che gli indigeni dei paraggi soffrivano sino all'apatia di tutte le malattie che si potevano prendere e proprio non erano in grado i poveracci di dedicarsi a qualsiasi commercio. ________________________________________________________________________________________________________________________ Beneinst.it 112
Louis Ferdinand Celine “Viaggio al termine della notte.” ¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯ Mentre parlavamo dei negri, mosche e insetti, grossi così, che non li potevi contare, vennero ad abbattersi sulla lanterna, a raffiche così dense che si dovette spegnere. Il volto di Robinson m'apparve ancora una volta, prima che spegnesse, velato da quella rete d'insetti. E per questo forse che i suoi tratti si incisero più sottilmente nella mia memoria, mentre prima non mi ricordavano niente di preciso. Nell'oscurità continuava a parlarmi mentre risalivo nel mio passato con un tono di voce che era come un richiamo sulla soglia degli anni e dei mesi, e poi dei miei giorni, a chiedermi dove avevo mai potuto incontrarlo quell'essere. Ma non trovai nulla. Non avevo risposte. Ci si può perdere andando a tentoni tra le forme trascorse. E spaventoso quante ce ne sono di cose e persone che non si muovono più nel tuo passato. I vivi che si smarriscono nelle cripte del tempo dormono così bene con i morti che perfino un'ombra già li confonde. Non si sa più chi risvegliare quando si invecchia, se i vivi o i morti. Cercavo di identificare 'sto Robinson quando delle specie di risate atrocemente esagerate, non lontano nella notte, mi fecero sussultare. E si zittirono. Lui mi aveva avvertito, le iene di sicuro. E poi nient'altro che i neri del villaggio e i loro tam-tam, questa percussione farneticante su legno cavo, termiti del vento. E'il nome stesso di Robinson che mi tormentava, sempre più nettamente. Ci mettemmo a parlare dell'Europa nella nostra oscurità, dei pasti che ti puoi far servire laggiù quando hai dei soldi e anche il bere poi! così bello fresco! Non parlammo dell'indomani in cui dovevo restare solo, là, per degli anni forse, con tutti gli spezzatini... Bisognava ancora preferire la guerra? Era peggio di sicuro. Era peggio!... Ne conveniva anche lui... C'era stato anche lui in guerra... Però se ne andava di qui... Ne aveva abbastanza della foresta, malgrado tutto... Cercavo di riportarlo sul tema della guerra. Ma si defilava adesso. Alla fine, nel momento in cui ci siamo coricati ciascuno nel suo angolo di quello sfascio di foglie e tramezze, mi confessò senza troppi complimenti che tutto considerato preferiva ancora essere condannato da un tribunale civile per alienazione fraudolenta che sopportare più a lungo la vita di spezzatino che faceva qui da quasi un anno. Ero avvisato. « Non ha del cotone per le orecchie? mi chiese lui ancora... Se non ne ha, se lo faccia coi peli della coperta e il grasso di banana. Ci vengono così fuori dei piccoli tamponi che vanno benissimo... Io non voglio mica sentirle schiamazzare quelle vacche là! » C'era assolutamente di tutto in quella tormenta, tranne le vacche, ma lui teneva a quel termine improprio e generico. ________________________________________________________________________________________________________________________ Beneinst.it 113
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Louis Ferdinand <strong>Celine</strong> “<strong>Viaggio</strong> <strong>al</strong> <strong>termine</strong> <strong>della</strong> <strong>notte</strong>.”<br />
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Mentre parlavamo dei negri, mosche e insetti, grossi così, che non li potevi contare, vennero ad<br />
abbattersi sulla lanterna, a raffiche così dense che si dovette spegnere.<br />
Il volto di Robinson m'apparve ancora una volta, prima che spegnesse, velato da quella rete<br />
d'insetti.<br />
E per questo forse che i suoi tratti si incisero più sottilmente nella mia memoria, mentre prima<br />
non mi ricordavano niente di preciso.<br />
Nell'oscur<strong>it</strong>à continuava a parlarmi mentre ris<strong>al</strong>ivo nel mio passato con un tono di voce che era<br />
come un richiamo sulla soglia degli anni e dei mesi, e poi dei miei giorni, a chiedermi dove<br />
avevo mai potuto incontrarlo quell'essere.<br />
Ma non trovai nulla.<br />
Non avevo risposte.<br />
Ci si può perdere andando a tentoni tra le forme trascorse.<br />
E spaventoso quante ce ne sono di cose e persone che non si muovono più nel tuo passato.<br />
I vivi che si smarriscono nelle cripte del tempo dormono così bene con i morti che perfino<br />
un'ombra già li confonde.<br />
Non si sa più chi risvegliare quando si invecchia, se i vivi o i morti.<br />
Cercavo di identificare 'sto Robinson quando delle specie di risate atrocemente esagerate, non<br />
lontano nella <strong>notte</strong>, mi fecero sussultare.<br />
E si z<strong>it</strong>tirono.<br />
Lui mi aveva avvert<strong>it</strong>o, le iene di sicuro.<br />
E poi nient'<strong>al</strong>tro che i neri del villaggio e i loro tam-tam, questa percussione farneticante su legno<br />
cavo, term<strong>it</strong>i del vento.<br />
E'il nome stesso di Robinson che mi tormentava, sempre più nettamente.<br />
Ci mettemmo a parlare dell'Europa nella nostra oscur<strong>it</strong>à, dei pasti che ti puoi far servire laggiù<br />
quando hai dei soldi e anche il bere poi! così bello fresco! Non parlammo dell'indomani in cui<br />
dovevo restare solo, là, per degli anni forse, con tutti gli spezzatini...<br />
Bisognava ancora preferire la guerra? Era peggio di sicuro.<br />
Era peggio!...<br />
Ne conveniva anche lui...<br />
C'era stato anche lui in guerra...<br />
Però se ne andava di qui...<br />
Ne aveva abbastanza <strong>della</strong> foresta, m<strong>al</strong>grado tutto...<br />
Cercavo di riportarlo sul tema <strong>della</strong> guerra.<br />
Ma si defilava adesso.<br />
Alla fine, nel momento in cui ci siamo coricati ciascuno nel suo angolo di quello sfascio di foglie<br />
e tramezze, mi confessò senza troppi complimenti che tutto considerato preferiva ancora essere<br />
condannato da un tribun<strong>al</strong>e civile per <strong>al</strong>ienazione fraudolenta che sopportare più a lungo la v<strong>it</strong>a di<br />
spezzatino che faceva qui da quasi un anno.<br />
Ero avvisato.<br />
« Non ha del cotone per le orecchie? mi chiese lui ancora...<br />
Se non ne ha, se lo faccia coi peli <strong>della</strong> coperta e il grasso di banana.<br />
Ci vengono così fuori dei piccoli tamponi che vanno benissimo...<br />
Io non voglio mica sentirle schiamazzare quelle vacche là! » C'era assolutamente di tutto in quella<br />
tormenta, tranne le vacche, ma lui teneva a quel <strong>termine</strong> improprio e generico.<br />
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