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giornale del 15 novembre.pdf - Comunicati.net

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http://rosemaryok.skyrock.com/<br />

Sommario:<br />

* Vaccino antinfluenz.<br />

* Diversamente abili<br />

* Esopo<br />

* Mafalda di Savoia<br />

* Peppa<br />

* Proverbi e …<br />

* Parole difficili<br />

* Ovidio:Ars amandi<br />

* Come ragionano …<br />

* Vero o falso<br />

* Consigli utili<br />

* Piatti Tipici campani<br />

* Pontecagnano<br />

* I lirici greci<br />

* Leviora<br />

* Mitologia: Acheronte<br />

* Angolo <strong>del</strong>la poesia<br />

Giornale n.ro 20<br />

<strong>del</strong> <strong>15</strong>/11/08<br />

Notiziario<br />

w w w . a n d r o p o s . e u<br />

IL PARLARE SENTENZIOSO E GNOMICO<br />

DELLE PERSONE DI UN TEMPO CHE FU<br />

DI ALBERTO MIRABELLA<br />

Mia suocera Carmela, verace napoletana, apparteneva<br />

a quella generazione a cavallo tra il 1910 e il 19<strong>15</strong> che,<br />

pur non avendo ricevuto un’ istruzione che andase al di<br />

là <strong>del</strong>la scuola elementare, possedeva una saggezza<br />

che derivava dalla viva esperienza di vita vissuta inten-<br />

samente e non senza difficoltà. Soprattutto se si pensa<br />

agli anni <strong>del</strong>la seconda guerra mondiale e alla carenza alimentare<br />

tipica <strong>del</strong> periodo bellico e postbellico. Il suo parlare era colorito e<br />

ricco di espressioni proverbiali e modi di dire napoletani; tra l’altro<br />

le sue origini erano proprio di Napoli, quartiere San Carlo Arena.<br />

Non so proprio come facesse ad azzeccare secondo le diverse<br />

circostanze tristi o liete i motti più disparati, che rendevano il suo<br />

dire molto efficace e di facile presa sull’ascoltatore.<br />

Mia suocera Carmela, verace napoletana, apparteneva a quella<br />

generazione a cavallo tra il 1910 e il 19<strong>15</strong> che, pur non avendo<br />

ricevuto un’istruzione che andasse al di là <strong>del</strong>la scuola elementare,<br />

possedeva una saggezza che derivava dalla viva esperienza di<br />

vita vissuta intensamente e non senza difficoltà. Soprattutto se si<br />

pensa agli anni <strong>del</strong>la seconda guerra mondiale e alla carenza<br />

alimentare tipica <strong>del</strong> periodo bellico e postbellico.Il suo parlare era<br />

era colorito e ricco di espressioni proverbiali e modi di dire napopoletani;<br />

tra l’altro le sue origini erano proprio di Napoli, quartiere<br />

San Carlo Arena.Non so proprio come facesse ad azzeccare, secondo<br />

le diverse circostanze tristi o liete, i motti più disparati che<br />

rendevano il suo dire molto efficace e di facile presa sull’ascoltatore.<br />

Voglio qui riportare alcuni di questi modi di dire che lasciano<br />

trasparire una saggezza popolare partenopea attraverso le aspresioni<br />

più tipiche che riguardano realtà poliedriche. Ma la cosa più<br />

sorprendente mi capitò pochi giorni dopo la sua dipartita, avvenuta<br />

a fine agosto 2005, perché trovandomi a mangiare fuori casa,<br />

sul tavolo (cosa tipica di quel ristorante) vi era la seguente aspresione:<br />

’A VOCCA É NU BELLU STRUMENTO PE L'OMME<br />

che starebbe a significare che un individuo a parole può dire<br />

quello che gli sembra opportuno e utile per lui, ma non per questo<br />

può credere di convincere o prendere in giro il prossimo. Sarebbe<br />

un modo di chi parla retoricamente, intendendo per retorica<br />

non “ l’ars bene dicendi civilibus quaestionibus ad persuadendum<br />

bona iusta”(1) di un tempo et, ma il<br />

1


PARLÀ’ A SCHIOVERE<br />

Parlare a vanvera, quasi a pioggia battente. Detto di chi, non avendo nulla di serio e<br />

costruttivo da comunicare, dà libero sfogo alla lingua e a mo' di pioggia inonda il<br />

prossimo di vuote parole senza significato e/o costrutto, a ruota libera ed intoppotunamente.<br />

Al che mi dissi: ecco come una persona sopravvive alla sua scomparsa tramite<br />

la sua colorita ed indimenticabile modalità espressiva. Ma tra i motti più coloriti e forti<br />

c’era il seguente: SCIORTA E …ZZO ’NCULO BIATO CHI L’AVE<br />

Il cui significato ovviamente era questo: felice chi ha un colpo inaspettato di fortuna. Che<br />

si dice anche in altra forma: TIENE ’O MAZZO SCASSATO oppure TIENE ’O CULO RUTTO<br />

Il termine “sciorta” sta ad indicare la fortuna. Il proverbio speculare invece è il seguente:<br />

’A SCIORTA D’ ’O PIECURO<br />

La sorte <strong>del</strong>l’agnello, che nasce con le corna e muore ucciso. Riferito, evidentemente a<br />

persone particolarmente sfortunate. Per parlare poi di chi è sfortunato si diceva:<br />

’A SCIORTA ’E CAZZETTA: IETTE A PPISCIÀ E SE NE CARETTE<br />

Che sfortuna che nell’andare a mingere se ne cadde . Ecco poi il riferimento ge<strong>net</strong>ico ai<br />

disturbi patologici : JETTECHE E PPAZZE VENENO ’E RAZZE<br />

Tisi e pazzia sono ereditarie. Come si vede, c’è sempre un proverbio giusto per ogni situazione,<br />

a volte ne diciamo uno piuttosto che un altro o addirittura ne diciamo più di uno ma con<br />

lo stesso riferimento. Un altro motto che ancora mi risuona nelle orecchie era il seguente:<br />

DALLE E DALLE PURE ’O CUCUZZIELLO ADDEVENTA TALLO<br />

Dai e dai finchè la zucchina diventa foglia. Si veda in merito la commedia di Raffaele<br />

Viviani: Festa di Piedigrotta, Sagra popolare in due atti (2) - Napoli 1919, in cui leggiamo i<br />

seguenti versi:<br />

Dice o pato(3): «E dalle e dalle(4 ) e<br />

‘o cucuzziello addeventa tallo(5) ».<br />

Pure a mamma, arapenno(6) e braccia<br />

dice:« Scuorno(7) pe’ chesta faccia!».<br />

Qualora poi poteva verificarsi un avvenimento poco piacevole la stessa cosa la si<br />

augurava ad una persona antipatica o che aveva arrecato un’offesa:<br />

CHE T’AGGIA DICERE: NO COMM’A MME MA CCHIÙ PEPERE ’E ME<br />

Ti deve accadere qualcosa peggiore <strong>del</strong>la mia. Comica e con un velo di rimpianto<br />

l’espressione:<br />

QUANNO ’E FIGLI FOTTONO ’E PATE SO’ FFUTTUTI<br />

quando i figli fottono, i padri sono fottuti…Il senso è: allorché i figli hanno raggiunto la<br />

maturità sessuale i genitori sono al declino. (continua)<br />

_____________<br />

Tocco semantico:<br />

VOCCA:dall’acc.latino bucca(m), con evoluzione iniziale di labiale b>v. Modi di dire:<br />

vòcca ‘e curàlle, vòcch’e zùcchere, vòcca traditòre, vòcca ‘nfàme, vòcca ‘ncantatòra.<br />

STRUMENT:dall’acc. latino (in)strumentu(m), con aferesi iniziale.<br />

SCHIOVERE: da piovere, con s privativa ed evoluzione di labiale in gruppo gutturale.<br />

SCIORTA:dall’acc, latino sorte(m) con evoluz. di s in sc palatale.<br />

CAZZO: dal gr. (α) α) α)κάτιο α) τιο τιο(ν), τιο ), (albero),con aferesi iniziale, katio, ed evoluzione di dentale<br />

in doppia z. Derivati: ‘ncazzàte, scazzàte, ‘ncazzamiente, ncazzùse. Composti: scassa<br />

cazze, magnacàzze, rompicàzze.<br />

2


MAZZO: dall’acc. Lat. matia(m), traslato in matio e poi mazzo,per evoluzione di dentale<br />

in doppia z. Dericati: scassamàzz.<br />

JÈTTECHE: dal greco εχτικ εχτικóσ, εχτικ cioè abituale, riferito alla febbre.<br />

CUCUZZIELLO: diminutivo da cocozza; accusativo dal tardo latino cucutia(m).<br />

FOTTERE : dal lat. futūere, con ependesi di vocale e radd.consonantico. Derivati:<br />

futtute, futtimiénte, sfuttute (con s privativa)<br />

PATE: dal latino pater, con ependesi finale, padre. Composti: pàteme, pàtete.<br />

PÈPERE: dal perf. Lat. di pāreo, pēperi, nel senso di doloroso(come i dolori <strong>del</strong> parto).<br />

SCUORNO: vergogna, di chi ha sbagliato ed è stato scoperto, come scornato; etimologicamente<br />

dal latino cornu-us preceduto da “s” privativa. Derivati e composti:<br />

scurnàte, scurnacchiàte, scurnùse, scurnamiénto.<br />

Tocco etnoantropologico:<br />

I proverbi ed i detti, tramandati da una memoria collettiva, rappresentano la filosofia di<br />

una terra che tra guerre, terremoti, eruzioni ed epidemie, ha affinato le armi <strong>del</strong>la<br />

tenacia e <strong>del</strong>lo spirito di conservazione, prendendo dalla propria fisicità quella forza<br />

necessaria ad alimentare lo spirito di sopportazione, quello che porta ad esclamare:”Tira<br />

a campà!”. In tale ottica, i termini di rutte, scassàte, sono visti in chiave<br />

trasfigurata, nel senso di faciltà funzionale, di libertà operativa, senza ostacoli o<br />

impedimenti. Allo stesso modo, il sesso maschile diviene sinonimo piacere, inteso<br />

come evasione dalla realtà, dove la sorte (sciorta) è avara e lo stesso godimento si<br />

paga con i dolori <strong>del</strong> parto. È visto tutto al femminile, perché le donne avevano<br />

l’occasione e lo spirito di commentare nei cortili con altre comari. Anche i sentimenti<br />

approdano nella fisicità, che segue le sorti alterne <strong>del</strong>la vita, intervenendo là dove<br />

occorre evidenziare un successo, o un insuccesso, una disgrazia, una scomparsa, la<br />

fine di un sogno, o una speranza <strong>del</strong>usa:<br />

• scuòrne pe’ chésta fàcce<br />

• màzzè scassàte<br />

• cùlu rùtte<br />

• ‘a vòcca è nù bellu strumènto<br />

• ‘e pate so futtùte<br />

L’efficacia <strong>del</strong> dialetto, che rappresenta la vera eredità <strong>del</strong>le nostre radici greco-latine,<br />

fa il resto: pìzzeche ‘e vase nu’ fanne pertòse – ‘e figlie so’ piézze ‘e core – nisciùna<br />

fémmena ‘a tène d’òro –<br />

Note<br />

1 Trad. it.: La retorica è l’arte di parlare bene nelle dispute civili per persuadere gli altri alle cose<br />

buone e giuste . Cfr. DE RHETORICA ET DIALECTICA, di Isidoro s Hispalensis (~ 560 - 636),<br />

archiepiscopus, sanctus, doctor Ecclesiae.<br />

2 R. VIVIANI, Il Teatro, Guida, Napoli 1988<br />

3 Pato, padre<br />

4 Dalle e dalle, dagli e ridagli<br />

5 ‘o cucuzziello addeventa tallo, lo zucchino diventa germoglio<br />

6 arapenno, aprendo<br />

7 scuorno, vergogna<br />

3


I DIVERSAMENTE ABILI<br />

_x ÑtÜÉÄx áÉÇÉ Ät Ñ|∞ ÑÉàxÇàx<br />

wÜÉzt wxÄ zxÇxÜx uÅtÇÉ;^|ÑÄ|Çz<<br />

Quel grande attore che fu Tino Scotti reclamizzava un noto confet-<br />

to lassativo col motto :”Basta la parola”.<br />

Nel nostro pittoresco paese si crede da sempre di cambiare la<br />

realtà cambiando le parole.<br />

Così, ad esempio, gli spazzini son diventati operatori ecologici, i<br />

sacrestani operatori liturgici, i bi<strong>del</strong>li collaboratori scolastici, i carcerati reclusi, le<br />

cameriere colf, i pederasti diversi; i paesi che muoiono di fame son definiti paesi<br />

in via di sviluppo e gli studenti invece di venir bocciati sono non ammessi alla<br />

classe successiva.<br />

Sulla Gazzetta Ufficiale di alcuni anni fa venne bandito dall’Amministrazione<br />

<strong>del</strong>le Poste un concorso per operatori d’esercizio, alias fattorini!<br />

Ma il nominalismo si è accanito maggiormente là dove la sorte è stata più<br />

cru<strong>del</strong>e: sui minorati fisici e psichici.<br />

Si incominciò col chiamare non vedenti i ciechi ed non udenti i sordi, si<br />

continuò col definire tutti i disabili, quale che fosse la minorazione, portatori di<br />

handicap ( specie di sherpa nostrani), quindi persone in situazione di handicap<br />

ed, infine, diversamente abili.<br />

La litote, si sa, come l’eufemismo, è la vaselina <strong>del</strong> pensiero: anche chi<br />

scrive ne fa uso e si dichiara diversamente giovane!<br />

A quando i contadini saranno chiamati scultori <strong>del</strong>la terra ed i calzolai<br />

chirurghi <strong>del</strong>la locomozione?<br />

Gli infermieri, da parte loro, son detti da parecchio paramedici.<br />

Ho letto di un contadino siciliano che trovandosi in ospedale davanti ad<br />

una persona in camice bianco esclamò:” Chiddu para medicu, ma nun è ”.<br />

exÇtàÉ a|vÉwxÅÉ<br />

CONFETTO FALQUI?<br />

BASTA LA PAROLA!<br />

4


LA DONNA NELLA LETTERATURA<br />

LA PEPPA<br />

U n s o g n o p e r i c o l o s o<br />

LA HISTORIA […]Parecchi anni or sono, laggiù lungo il Simeto, davano la caccia a un<br />

brigante, certo Gramigna, se non erro, un nome maledetto come l'erba che lo porta, il quale da<br />

un capo all'altro <strong>del</strong>la provincia s'era lasciato dietro il terrore <strong>del</strong>la sua fama. Carabinieri,<br />

soldati, e militi a cavallo, lo inseguivano da due mesi, senza esser riesciti a mettergli le unghie<br />

addosso: era solo, ma valeva per dieci, e la mala pianta minacciava di moltiplicarsi. Per giunta<br />

si approssimava il tempo <strong>del</strong>la messe, tutta la raccolta <strong>del</strong>l'annata in man di Dio, ché i<br />

proprietarii non s'arrischiavano a uscir dal paese pel timor di Gramigna; sicché le lagnanze<br />

erano generali.<br />

Il prefetto fece chiamare tutti quei signori <strong>del</strong>la questura, dei carabinieri, dei compagni d'armi, e<br />

subito in moto pattuglie,squadriglie, vedette per ogni fossato, e dietro ogni muricciolo: se lo<br />

cacciavano dinanzi come una mala bestia per tutta una provincia, di giorno, di notte, a piedi, a<br />

cavallo, col telegrafo. Gramigna sgusciava loro di mano, o rispondeva a schioppettate, se gli<br />

camminavano un po' troppo sulle calcagna. Nelle campagne, nei villaggi, per le fattorie, sotto<br />

le frasche <strong>del</strong>le osterie, nei luoghi di ritrovo, non si parlava d'altro che di lui, di Gramigna, di<br />

quella caccia accanita, di quella fuga disperata. I cavalli dei carabinieri cascavano stanchi<br />

morti; i compagni d'armi si buttavano rifiniti per terra, in tutte le stalle; le pattuglie dormivano<br />

all'impiedi; egli solo, Gramigna, non era stanco mai, non dormiva mai, combatteva sempre,<br />

s'arrampi-cava sui precipizi, strisciava fra le messi, correva carponi nel folto dei fichidindia,<br />

sgattaiolava come un lupo nel letto asciutto dei torrenti. Per duecento miglia all'intorno,<br />

correva la leggenda <strong>del</strong>le sue gesta, <strong>del</strong> suo coraggio, <strong>del</strong>la sua forza, di quella lotta disperata,<br />

lui solo contro mille, stanco, affamato, arso dalla sete, nella pianura immensa, arsa, sotto il<br />

sole di giugno. Peppa, una <strong>del</strong>le più belle ragazze di Licodia, doveva sposare in quel tempo<br />

compare Finu «can<strong>del</strong>a di sego» che aveva terre al sole e una mula baia in stalla, ed era un<br />

giovanotto grande e bello come il sole, che portava lo stendardo di Santa Margherita come<br />

fosse un pilastro, senza piegare le reni. La madre di Peppa piangeva dalla contentezza per la<br />

gran fortuna toccata alla figliuola, e passava il tempo a voltare e rivoltare nel baule il corredo<br />

<strong>del</strong>la sposa, «tutto di roba bianca a quattro» come quella di una regina, e orecchini che le<br />

arrivavano alle spalle, e anelli d'oro per le dieci dita <strong>del</strong>le mani: <strong>del</strong>l‘ oro ne aveva quanto ne<br />

poteva avere Santa Margherita, e dovevano sposarsi giu-sto per Santa Margherita, che<br />

cadeva in giugno,dopo la mietitura <strong>del</strong> fieno.«Can<strong>del</strong>a di sego» nel tornare ogni sera dalla<br />

campagna,lasciava la mula all'uscio <strong>del</strong>la Peppa, e veniva a dirle che i seminati erano un<br />

incanto,se Gramigna non vi appiccava il fuoco,e il graticcio di contro al letto non sarebbe<br />

bastato a contenere tutto il grano <strong>del</strong>la raccolta, che gli pareva mill'anni di condursi la sposa in<br />

casa, in groppa alla mula baia. Ma Peppa un bel giorno gli disse:<br />

- La vostra mula lasciatela stare, perché non voglio maritarmi -.<br />

Figurati il putiferio! La vecchia si strappava i capelli, «Can<strong>del</strong>a di sego» era rimasto a bocca<br />

aperta. Che è, che non è, Peppa s'era scaldata la testa per Gramigna, senza conoscerlo<br />

neppure. Quello sì, ch'era un uomo! - Che ne sai? -Dove l'hai visto? - Nulla. Peppa non rispondeva<br />

neppure, colla testa bassa, la faccia dura, senza pietà per la mamma che faceva come una pazza,coi<br />

capelli grigi al vento, e pareva una strega.<br />

- Ah! quel demonio è venuto sin qui a stregarmi la mia figliuola! –<br />

Le comari che avevano invidiato a Peppa il seminato prosperoso, la mula baia,e il bel<br />

giovanotto che portava lo stendardo di Santa Margherita senza piegar le reni, andavano<br />

dicendo ogni sorta di brutte storie, che Gramigna veniva a trovare la ragazza di notte in<br />

cucina, e che glielo avevano visto nascosto sotto il letto.<br />

5


La povera madre teneva accesa una lampada alle anime <strong>del</strong> purgatorio, e persi-<br />

no il curato era andato in casa di Peppa, toccarle il cuore colla stola, onde<br />

scacciare quel diavolo di Gramigna che ne aveva preso possesso. Però ella<br />

seguitava a dire che non lo conosceva neanche di vista quel cristiano; ma inve-<br />

ice pensava sempre a lui; lo vedeva in sogno, la notte, e alla mattina si levava<br />

colle labbra arse, assetata anche essa, come lui. Allora la vecchia la chiuse in<br />

casa, perché non sentisse più parlare di Gramigna, e tappò tutte le fessure<br />

<strong>del</strong>l'uscio con immagini di santi. Peppa ascoltava quello che dicevano nella strada, dietro le<br />

immagini benedette, e si faceva pallida e rossa, come se il diavolo le soffiasse tutto l'inferno<br />

nella faccia. Finalmente si sentì che avevano scovato Gramigna nei fichidindia di Palagonia.<br />

- Ha fatto due ore di fuoco! - dicevano; - c'è un carabiniere morto, e più di tre compagni d'armi<br />

feriti. Ma gli hanno tirato addosso tal gragnuola di fucilate che stavolta hanno trovato un lago di<br />

sangue dove egli era stato -.<br />

Una notte Peppa si fece la croce dinanzi al capezzale <strong>del</strong>la vecchia e fuggì dalla finestra.<br />

Gramigna era proprio nei fichidindia di Palagonia - non avevano potuto scovarlo in quel<br />

forteto da conigli – lacero, insanguinato, pallido per due giorni di fame,arso dalla febbre, e colla<br />

carabina spianata.<br />

Come la vide venire, risoluta, in mezzo alle macchie fitte, nel fosco chiarore <strong>del</strong>l'alba, ci pensò<br />

un momento, se dovesse lasciar partire il colpo.<br />

- Che vuoi? - le chiese. - Che vieni a far qui? Ella non rispose, guardandolo fisso.<br />

- Vattene! - diss'egli, - vattene, finché t'aiuta Cristo! - Adesso non posso più tornare a casa, -<br />

rispose lei; - la strada è tutta piena di soldati. -Cosa m'importa? Vattene! –<br />

E la prese di mira colla carabina. Come essa non si moveva, Gramigna, sbalordito, le andò<br />

coi pugni addosso:<br />

- Dunque?... Sei pazza?... O sei qualche spia?<br />

- No, - diss'ella, - no!<br />

- Bene, va a prendermi un fiasco d‘ acqua, laggiù nel torrente, quand'è così -.<br />

Peppa andò senza dir nulla, e quando Gramigna udì le fucilate si mise a sghignazzare, e<br />

disse fra sé:<br />

- Queste erano per me -. Ma poco dopo vide ritornare la ragazza col fiasco in mano, lacera e<br />

insanguinata. Egli le si buttò addosso, assetato, e poich'ebbe bevuto da mancargli il fiato, le<br />

disse infine: - Vuoi venire con me? - Sì,- accennò ella col capo avidamente, - sì -.<br />

E lo seguì per valli e monti, affamata, seminuda, correndo spesso a cercargli un fiasco d'acqua<br />

o un tozzo di pane a rischio <strong>del</strong>la vita. Se tornava colle mani vuote, in mezzo alle fucilate, il<br />

suo amante, divorato dalla fame e dalla sete, la batteva.<br />

Una notte c'era la luna,e si udivano latrare i cani, lontano, nella pia-nura. Gramigna balzò in<br />

piedi a un tratto, e le disse:<br />

- Tu resta qui, o t'ammazzo com'è vero Dio! –<br />

Lei addossata alla rupe, in fondo al burrone, lui invece a correre tra i fichidindia. Però gli altri,<br />

più furbi, gli venivano incontro giusto da quella parte.<br />

- Ferma! ferma! –<br />

E le schioppettate fioccarono. Peppa, che tremava solo per lui, se lo vide tornare ferito, che<br />

si strascinava appena, e si buttava carponi per ricaricare la carabina.<br />

- È finita! - disse lui.- Ora mi prendono -e aveva la schiuma alla bocca,gli occhi lucenti come<br />

quelli <strong>del</strong> lupo. Appena cadde sui rami secchi come un fascio di legna, i compagni d'armi gli<br />

furono addosso tutti in una volta.Il giorno dopo lo strascinarono per le vie <strong>del</strong> villaggio, su di<br />

un carro, tutto lacero e sanguinoso. La gente gli si accalcava intorno per vederlo; e la sua<br />

amante, anche lei, amma<strong>net</strong>tata, come una ladra, lei che ci aveva <strong>del</strong>l'oro quanto Santa<br />

Margherita! La povera madre di Peppa dovette vendere «tutta la roba bianca» <strong>del</strong> corredo, e<br />

gli orecchini d'oro, e gli anelli per le dieci dita , onde pagare gli avvocati di sua figlia , e<br />

tirarsela di nuovo in casa, povera, malata, svergognata, e col figlio di Gramigna in collo.<br />

6


In paese nessuno la vide più mai. Stava rincantucciata nella cucina come una bestia feroce,<br />

e ne uscì soltanto allorché la sua vecchia fu morta di stenti, e si dovette vendere la casa.<br />

Allora, di notte, se ne andò via dal paese, lasciando il figliuolo ai trovatelli, senza voltarsi<br />

indietro neppure,e se ne venne alla città dove le avevano detto ch'era in carcere Gramigna.<br />

Gironzava intorno a quel gran fabbricato tetro, guardando le infer-riate, cercando dove potesse<br />

esser lui, cogli sbirri alle calcagna, in-sultata e scacciata ad ogni passo. Finalmente seppe<br />

che il suo amante non era più lì, l'avevano condotto via,di là <strong>del</strong> mare,amma<strong>net</strong>tato e colla<br />

sporta al collo. Che poteva fare? Rimase dov'era, a buscarsi il pane rendendo qualche servizio<br />

ai soldati, ai carcerieri, come facesse parte ella stessa di quel gran fabbricato tetro e<br />

silenzioso.Verso i carabinieri poi,che le avevano preso Gramigna nel folto dei fichidindia,<br />

sentiva una specie di tenerezza rispettosa, come l'ammirazione bruta <strong>del</strong>la forza,ed era<br />

sempre per la caserma, spazzando i cameroni e lustrando gli stivali,tanto che la chiamavano<br />

«lo strofinacciolo <strong>del</strong>la caserma». Soltanto quando partivano per qualche spedizione rischiosa,<br />

e li vedeva caricare le armi,diventava pallida e pensava a Gramigna. [Giovanni Verga]<br />

Riduzione in versi,<strong>del</strong>la celebre novella <strong>del</strong> Verga<br />

“ l’Amante di Gramigna” , di Franco Pastore.(*)<br />

PROLOGO<br />

E scalpitava lì,<br />

sul suol <strong>del</strong>l’aia,<br />

di compar Finu<br />

la sua mula baia.<br />

Iddio colorava<br />

l’aria bruna,<br />

coi tenui raggi<br />

<strong>del</strong>la bianca luna<br />

Rifiutava la Peppa<br />

oro e vigna,<br />

scegliendo, per amor,<br />

il rio Gramigna.<br />

Ed una notte,<br />

di quel caldo giugno,<br />

corse tra i fichidindia<br />

dietro al sogno.<br />

Senza pensar lontano,<br />

né all’onore,<br />

tra nudi sassi<br />

ricercò l’amore,<br />

il fiato le mancava<br />

tra corsa e passi<br />

come una bestia<br />

ne seguì l’odore<br />

Divenne <strong>del</strong> bandito<br />

la compagna,<br />

lacera e nuda<br />

su per la montagna.<br />

Di notte lo scaldava<br />

col suo amore,<br />

di giorno lo seguiva<br />

con terrore.<br />

EPILOGO<br />

Ma un dì, lungo il Simeto,<br />

come lupa,<br />

fu presa la selvaggia,<br />

e restò cupa.<br />

Finirono le gesta<br />

<strong>del</strong> Gramigna<br />

La Peppa, triste,<br />

ritornò alla vigna.<br />

Guardando il cielo<br />

tra la costa e il tiglio,<br />

per amore <strong>del</strong> padre,<br />

si staccò dal figlio.<br />

Finì così,<br />

lasciandosi campare,<br />

vivendo solamente<br />

col sognare,<br />

senza il suo cuore<br />

perso in una notte<br />

lì nel burrone,<br />

tra le cave grotte.<br />

______<br />

*) Da “Un unico grande sogno”<br />

di F.Pastore – 2006<br />

PREMERE IL BOTTONE PER IL<br />

VIDEOMUSICALE DEI VERSI<br />

http://www.andropos<br />

.it/L'amante.html<br />

7


ociety.org/users/index.p<br />

usr=3292<br />

Dora Sirica<br />

ARTCUREL<br />

ARTCUREL<br />

Antonio <strong>del</strong>la<br />

Rocca<br />

IMPULSEART<br />

info@impulsesart.it<br />

Bllue Team<br />

http://www.bluteam.<strong>net</strong><br />

POETILANDIA<br />

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http://www.poetilandia.it/<br />

La La città città dei<br />

dei<br />

nuovi nuovi autori<br />

autori<br />

ARIISSTOTELE<br />

Moottoorree ddi i<br />

rri icceerrccaa ittaal i li iaannoo<br />

DAGLI APPUNTI DI DORA: DETTI ANTICHI E MODI DI DIRE<br />

- ‘A gallina se spenna quann’è morta, l’òmmo,invece, se spen-<br />

na quanno è vivo.<br />

- Chi è curnuto e vo’ sta buòne, piglia ‘o munno cùmme vène.<br />

- Dicette pullecenella: quanne siénte ‘o fiéte ‘e cutògne, a fujì<br />

nunn’è briògna.<br />

- ‘A fémmena è cumme ‘a vrasera, s’ausa sule ‘a sera. Essa è<br />

comm’a campana: si nunn’a tuculje nu’ sona.<br />

TRADUZIONE:<br />

Luomo, è utile da vivo, solo le galline, da morte, pos- sono essere<br />

mangiate.In ogni caso, non è conveniente arroventasi; la vita conviene<br />

prenderla come viene.Anche la donna, alla fine, ha più considerazione<br />

quando ti riscalda, a patto che venga ben stimolata<br />

ASPETTI SEMANTICI, IMPLICANZE GRECO LATINE:<br />

Spenna:<br />

(verbo transitivo, da spennà: togliere le penne) dal latino sine-Pinna;<br />

sine si è ridotta in “s” privativa e pinnam (piuma) ha implicato anche<br />

pennam (ala). Il risultato è: ridotto senza penne: cioè spennato se<br />

riferito ad uccello, ma col significato di impoverito, rapinato <strong>del</strong>le sue<br />

sostanze, che ha perso i capelli, malridotto econo-micamente se usato<br />

in senso metaforico. Derivati: spennacchiate,spennàte.<br />

Ommo:<br />

(nap. Òmm, sostantivo maschile) uomo. Etimologia: dal nominativo<br />

latino homo con raddoppio (come in cammìsa). Usato anche in<br />

modalità alterata: omminìcchio (uomo che vale poco), ommenòne (sia<br />

nel senso di uomo grosso, che di grande uomo, uomo di valore). Modi<br />

di dire: ‘a schifèzze ‘e l’uommene – ‘omme quèquere, quacquaraquà –<br />

òmme ‘e mmèrd – ‘a chiàvica ‘e ll’uòmmene – ‘omme e ddùi sorde – ‘o<br />

cazz’e l’uòmmene – òmme senza pall.<br />

Curnùto:<br />

(aggettivo e sostantivo; portatore di corna) dal latino cornutus - a -<br />

um. In Varrone ed in Plinio, troviamo cornuta- ae (sost. femm.), col<br />

significato di bestia cornuta ed anche una specie di pesce. A volte è<br />

usato anche col significato di dritto, il cattivo <strong>del</strong>la situazione, il<br />

malvagio. Modi di dire: piècoro curnute – cchiù còrne ‘e nu camion ‘e<br />

marùzze – fai piglià scuòrne ‘a ‘nu vòie – tiène e ccòrne a turcigliòne.<br />

In poesia: ‘Nce stanne cchiù curnùte ncòpp’a terra,<br />

ca stelle ‘nciéle e sante ‘mparavìse;<br />

curnute cuntiénte e chìlle ca so’in guerra,<br />

curnùte puveriélle e chìlle senza cammìse.<br />

Senza cuntà tutt’è curnùte ‘e còre<br />

senz’accurtènza e pure senz’onore,<br />

ca vèvene ‘o sanghe e tanta gènte<br />

e ncòpp’’o munne, so’ ll’èvera malamènte. (andropos)<br />

8


SITO DEGLI<br />

AUTORI<br />

EMERGENTI<br />

Prof. B. Bruno di<br />

Cava de' Tirreni<br />

___________<br />

http://balbruno.alt<br />

ervista.org/index-<br />

80.html<br />

ALTRA MUSA<br />

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ÄxààxÜtÜ|É<br />

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REKSTORY REKSTORY<br />

REKSTORY<br />

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http://www.partecipiamo.it<br />

PARTEECIIPIIAMO. ..IIT<br />

I TTAMBURANOVA<br />

ErmannoPastore<br />

voce e tammorre<br />

Nuccia Paolillo<br />

voce e ballo<br />

Cristiana Cesarano<br />

voce e ballo<br />

Michele Barbato e<br />

Giovanni <strong>del</strong> Sorbo<br />

chitarre<br />

A. Benincasa<br />

Bassoa custico<br />

Pasquale<br />

Benincasa<br />

percussioni<br />

Enrico Battaglia<br />

mandolino e violino.<br />

UUNN IINNCCONNTTRRO<br />

FFEELLIICCEE<br />

CCONN LLAA MUUSSIICCAA<br />

DDEELLLLAA NNOSSTTRRAA<br />

TTEERRRRAA<br />

Munno:<br />

mondo (sost. Maschile) da mundus latino, con ependesi centrale e raddoppio<br />

di consonante. Modi di dire: munne jèra munne jè - munne ‘e<br />

‘na vòta.<br />

Pullecenella:<br />

Pulcinella, maschera napoletana, inventata ufficialmente dall’attore<br />

Silvio Fiorillo, nella seconda metà <strong>del</strong> Cinquecento. Le origini di<br />

Pulcinella sono però molto più antiche: esse risalgono al IV secolo e<br />

forse ricalcano“Maccus”, personaggio <strong>del</strong>le Atellane che si esprimeva<br />

in un dialetto campano, l’osco (le Fabulae Atellanae sono nate nel IV<br />

secolo nell'antica Atella, una città osca e poi romana a sud di Capua).<br />

Maccus, infatti, rappresentava una tipologia di servo dal naso lungo e<br />

la faccia bitorzoluta, ventre prominente, che indossava una camicia<br />

larga e bianca e il volto era coperto da mezza maschera.. Altri fanno<br />

risalire la maschera a Kikirrus, una maschera teriomorfa (il nome ci<br />

riporta al verso <strong>del</strong> gallo). Quest'ultima maschera ricorda più da<br />

vicino la maschera di Pulcinella; infatti, Pulcinella, etimologicamente<br />

si rifà a Pullicinu(m), che in tardo latino si evolve in pollicenu(m),<br />

infatti, il naso <strong>del</strong>la mashera ricorda il becco di un pulcino.<br />

Metaforicamente:nel senso di pagliaccio, poco serio,senza personalità.<br />

Pulcinella in poesia:<br />

Pulicenella è furbo<br />

e chesto non se pegne;<br />

ma pe n’avè disturbo<br />

chillo fa marcangegna.<br />

Polecenella è triste<br />

lo dice d’ogne lato<br />

ma quello fa l’insisto<br />

pe n’essere accoppato.<br />

Polecenella è smocco<br />

credono pe sta terra;<br />

ma chillo fa lo locco<br />

pe non ghire a la guerra. (“Diz.napol. –toscano,<br />

D’Ambra, 1873”)<br />

Fiéte:<br />

(sost. e v.) puzza; dal lat. foeto(r); sinon.: puzz, loffa, addora.<br />

Briògna nap. Vriògna<br />

(sost.fem.con labiale iniz.var.) vergogna.Etim.Alterazione <strong>del</strong>l’italiano<br />

vergogna, per epentesi iniziale e trasformazione di “g” in “i”.<br />

L’origine comune è la radice latina verecondia(m), con passaggio<br />

di nd in nnj divenuto gn.<br />

Vrasèra:<br />

femminile di vrasiére, braciere, da brace, in arc. vrasa, con<br />

suffisso “iere” (al maschile) e “èra” (al femminile).<br />

Tuculje:<br />

come tuculare, tucculare, tuccare, tuculiare, col significato di scuotere,<br />

con garbo.Tutti dalla radice greca ττττύπτ πτω(tupto): πτ πτ colpire, percuotere, battere,<br />

scuotere. Derivati: tuccata, tuculiàta, tuculata.<br />

9


ù<br />

ù<br />

per<br />

promuovere<br />

l’arte<br />

http://www.tuttove<strong>net</strong>o.it/<br />

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Caiazzo<br />

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Giannigosta<br />

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Editrice<br />

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ANTI ANTITESI ANTI TESI<br />

Roma<br />

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COME RAGIONANO LE DONNE<br />

Sono millenni che l’uomo, nella sua presunzione tipica <strong>del</strong> maschio, non si è mai<br />

posto il problema di analizzare l’universo femminile, il modo di vedere le cose<br />

<strong>del</strong>l’altro sesso. Un dato è certo, nonostante per secoli la donna non abbia avuto voce<br />

in capitolo, nonostante le abbiano negato un’anima, considerandola al pari <strong>del</strong>le<br />

bestie, nonostante sia stata violentata, maltrattata e sfruttata per il piacere <strong>del</strong>l’uomo,<br />

ella è rimasta al suo posto, lottando con i denti e non solo con quelli (voglio dire anche<br />

con le unghie) per la conquista di una sua dignità e di un suo spazio vitale. Non<br />

abbiamo mai compreso che il suo è un universo a parte, molteplice e misterioso, ricco<br />

di implicanze psicologiche inimmaginabili ed in questa rubrica, tra il serio ed il faceto,<br />

cercheremo di evidenziarne alcuni aspetti. Forse, potrebbe servire a migliorare il rapporto<br />

tra i due sessi…<br />

Quel che appare<br />

Per l’uomo tre sono le cose importanti: Battersi, bere (o gioco, o calcio)<br />

e far l’amore.<br />

Per la donna; battersi, realizzarsi e divertirsi, facendo l’amore.<br />

L’uomo scapolo è un pavone, fidanzato è un leone, ammogliato è un<br />

asino.<br />

La donna signorina è come il miele, fidanzata diventa principessa,<br />

sposata è una strega, che chiamano signora.<br />

L’uomo si ferma alla apparenze, la donna arriva fino alle brache (ano-<br />

nimo).<br />

Cosa pensano le donne degli uomini:<br />

ù<br />

- Gli uomini non sono mai buoni giudici <strong>del</strong>le qualità che le donne<br />

trovano in un altro uomo.<br />

- L’ uomo bello è gradevole allo sguardo, l’ uomo saggio e buono è<br />

sempre bello (Saffo)<br />

- E’ considerato perbene quell’uomo che ricorda il compleanno di una<br />

signora, ma dimentica la sua data di nascita.<br />

- L’uomo geloso è sempre quello che ha più corna.<br />

- Gli uomini sono creature dotate di due piedi, due gambe ed otto ma-<br />

ni. (Jayne Mansfield).<br />

-Se Dio ha creato tutti gli uomini uguali, di chi fidarsi? (Joan Collins).<br />

- Esistono solo due categorie di uomini: i morti ed i letali (H.Rowland)<br />

- Col fuoco si prova l’ oro, con l’ oro la donna, con la donna l’ uomo.<br />

(Saffo)<br />

- Se “tota mulier est in utero, homo totus in pēne est.(anonimo)<br />

- Dio fece il maschio,poi disse che poteva fare di meglio e fece la don-<br />

na. (A<strong>del</strong>a Rogers St.John).<br />

- L’ uomo nasce allo stato selvaggio, ma viene addomesticato quando<br />

diventa marito. (anonimo <strong>del</strong> 700)<br />

- Una donna impiega 20 anni per fare di suo figlio un uomo, occorrono<br />

venti minuti ad un’altra donna per farne uno sciocco, (Helen Rowland)<br />

Riflessioni e commenti:<br />

- Quando deve morire la moglie, è meglio che stia bene il marito. (sag-<br />

gezza <strong>del</strong>l’agro sarnese-nocerino)<br />

- Povera casa, dove la gallina canta ed il gallo tace!. (prov. Inglese)<br />

10


L’ARS AMANDI<br />

“ L ’ A R T E D I F A R L ’ A M O R E ”<br />

PUBLIO OVIDIO NASONE<br />

Publius Ovidius Naso nacque a Sulmona, il 20 marzo <strong>del</strong> 43 a.C.. Nel suo<br />

tentativo di moralizzazione dei costumi, Augusto cercò di distruggere l’ Ars<br />

amatoria di Ovidio,ma questa sopravvisse. Il disinteresse e l’ignoranza dei<br />

nostri giorni considerano i classici come nozionismo sterile, tuttavia” l’arte di amare”<br />

<strong>del</strong> No-stro è ancora un bestseller. Ovidio ebbe il coraggio di porre, tra tanti poemi<br />

didascalici, il suo, che scienti-ficamente introduce all’arte <strong>del</strong> corteggiamento e<br />

<strong>del</strong>l’amore. In tre libri di distici finis-simi, di melodiosa lettura per chi ancora ama il<br />

latino, Ovidio traccia una mappa attenta e completa dei luoghi, degli atteggiamenti,<br />

degli approcci e <strong>del</strong>le parole che un uomo (libro II) ed una donna (libro III) devono<br />

utilizzare per far breccia nel cuore <strong>del</strong>l’essere amato. Nulla è lasciato al caso: con<br />

introspezione, egli analizza il comportamento umano, ricercandone quel quid, che<br />

rende sempre attraente qualcuno e sempre repellente qual-cun altro. L’amore non ha<br />

cose impossibili:prima tuae menti veniat fiducia,cunctas posse capi:capies, tu modo<br />

tende plagas.<br />

Liber secundus<br />

“nulla gloria petenda est sui peccati: non ci si deve gloriare <strong>del</strong> peccato”<br />

(Traductio ad sensum di parti scelte, a cura di Franco Pastore)<br />

349/414 - Quando non potrà più fare a meno di te, allora potrai darti una tregua, perché la tua<br />

assenza la farà stare in ansia ed allra che varrà il seme gettato: Fillide bruciò d’amore, quando<br />

Demofoonte(1 ) dette la vela al vento; e così fece penelope per l’assenza <strong>del</strong> furbo Ulisse e<br />

Laodamìa (2) per la lontananza <strong>del</strong> nipote. Ma bada che le assenze siano brevi, altrimenti la<br />

pena s’allenta, l’assente svanisce ed un altro subentra. Fi l’assenza di Menelao (3) a spingere<br />

Elena nel letto <strong>del</strong>l’ospite. Lasciare l’ospite con tua moglie, è come affidare timide colombe ad<br />

uno sparviero…che colpa ha Elena se ha paura di dormire da sola e si avvale <strong>del</strong>la galanteria<br />

di Paride? Colpa di Menelao che si è allontanato. Ciò non significa che l’uomo deve vivere<br />

nella preoccupazione <strong>del</strong>la vendetta <strong>del</strong>la moglie e rifiutare altri contatti d’amore. Giove me ne<br />

guardi! Divertitevi pure tenendo la colpa nascosta, perché nulla gloria petenda est sui peccati<br />

(non ci si deve gloriare <strong>del</strong> peccato commesso). Allora, non dare appuntamento a più donne<br />

nello stesso luogo, sappi scrivere messaggi che non fanna capire nulla. Non suscitare l’ira<br />

<strong>del</strong>la tua donna, o ti ripagherà con la stessa mo<strong>net</strong>a. Finchè ad Agamennone bastò<br />

Clitennestra (4) soltanto, anch’ella fu casta, ma quando seppe che nel suo letto erano<br />

entrate:Criseide (5), Briseide (6) e la medesima figlia di Priamo, Cassandra, allora, la figlia di<br />

Tindaro diede ad Egisto il suo letto e la sua anima, facendo in tal modo vendetta. Nelle<br />

scappatelle, sii naturale, ne meno o più gentile <strong>del</strong> solito, sarebbe un chiaro segno di<br />

colpevolezza. Sed ne parceri tuo latere: tuttavia non risparmiare le reni, devi dimostrare a letto<br />

che non hai già gustato i piaceri di Venere. (continua)<br />

-----------------<br />

1) La principessa trace Filide, si suicidò quando Demofoonte si imbarcò per far ritorno in patria.<br />

2) Laodamia sposò Protesilao, che perse la vita nella guerra di Troia.<br />

3) Elana, in assenza di Menelao, lo tradì con Paride e fuggì con lui a Troia.<br />

4) Egisto fu l’amante di Clitennestra, moglie di Menelao, che lo uccise al suo ritorno da Troia.<br />

5) Criseide, figlia <strong>del</strong> sacerdote di Apollo Crise. Il padre chiese al dio vendetta e fu la morte tra i greci.<br />

6) Briseide, schiava d’Achille, per lei l’eroe si ritirò dalla lotta ed i greci conobbero la sconfitta.<br />

11


Salerno, una provincia da scoprire<br />

Pontecagnano Faiano è saldata al quartiere di Fuorni ed alla<br />

zona industriale <strong>del</strong> capoluogo, ad est <strong>del</strong>la periferia di Salerno.<br />

Faiano dista circa 4 km da Pontecagnano e sorge in collina, sulla<br />

strada verso Montecorvino Pugliano ed a ridosso dei Monti Picentini.<br />

L'area urbana di Pontecagnano si sviluppa lungo la Strada Statale 18<br />

ed è ormai contigua con la frazione di S.Antonio. La cittadina dista dal<br />

centro di Salerno 8 km, da Bellizzi 5 e da Battipaglia 9. Il confine<br />

occidentale è segnato dal fiume Picentino, mentre quello orientale dal<br />

fiume Tusciano. Lungo la fascia litoranea, si estende Magazzeno, frazione<br />

conosciuta anche come Lido di Pontecagnano.<br />

Il territorio <strong>del</strong>l'odierno comune di Pontecagnano Faiano vanta<br />

una frequentazione che risale all'età <strong>del</strong> rame (3500-2300 a.C.). Gli<br />

scavi archeologici hanno documentato l'esistenza di due santuari,<br />

una porzione <strong>del</strong> centro abitato (oggi visitabile presso il Parco<br />

Archeo-logico) e due necropoli che complessivamente hanno restituito<br />

circa 9000 sepolture databili in una cronologia che va dal 3500<br />

a.C. fino all'alto medioevo. In fase preistorica il sito fu abitato dalle<br />

popolazioni <strong>del</strong>la cultura <strong>del</strong> Gaudo tipiche <strong>del</strong>la campania <strong>del</strong>l'età<br />

<strong>del</strong> rame. Tra il IX e l'VIII secolo a.C. emergono tratti <strong>del</strong>la cultura<br />

Villanoviana, che sfociano nel successivo periodo Etrusco, a cui<br />

risalgono le iscrizioni oggi conservate al Museo Archeologico di<br />

Pontecagnano insieme a numerosi altri reperti. Nel IV secolo a.C. il<br />

centro viene a contatto diretto con alcune popolazioni limitrofe<br />

(Sanniti e Lucani) e le tracce archeologiche restituiscono le influenze<br />

che le nuove culture hanno esercitato nella società urbana. Per<br />

il periodo romano sappiamo grazie alle fonti di Plinio il Vecchio e<br />

Strabone che i romani edificarono sul sito <strong>del</strong>la città etruscocampana,<br />

nel 268 a.C. Picentia per accogliere una parte <strong>del</strong>la tribù<br />

italica dei Picentini deportata dalle Marche.<br />

Picentia insorgerà due volte contro Roma, al tempo di Annibale<br />

schierandosi dalla parte di quest'ultimo, fatto che porterà i romani a<br />

fondare una nuova colonia, Salerno per controllare il territorio e<br />

durante la Guerra Sociale quando viene distrutta (89 d.C.). Notizie<br />

che tro-vano conferme nei reperti archeologici.L'autonomia amministrativa<br />

perduta e la dispersione degli abitanti, riducono l'antico<br />

centro a frequentazioni modeste attestate dopo la caduta <strong>del</strong>l'Impero<br />

Romano.<br />

Oggi, Pontecagnano è sede di un Aeroporto, grazie allo sforzo<br />

sostenuto dalla Camera di Commercio di Salerno, che ha avuto il<br />

merito di creare il Consorzio Aeroporto Salerno-Pontecagnano<br />

coinvol-gendo enti locali, associazioni di categoria e sodalizi ed<br />

assicurando, nel contempo, un rilevante finanziamento per il rilancio<br />

<strong>del</strong>l'attività aeronautica civile. A ciò si è aggiunta la disponibilità<br />

<strong>del</strong>la Regione Campania, che aveva già provveduto ad approvare<br />

nella passata legislatura gli stanziamenti necessari all' attuazione<br />

dei programmi di ammodernamento <strong>del</strong> vecchio aeroporto militare,<br />

iniziando dalla pavimentazione <strong>del</strong>la pista.<br />

Pontecagnano<br />

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LE POLITICHE<br />

SOCIALI<br />

__<br />

Direttore Scientifico<br />

Natale Ammaturo<br />

C. .E. .I I. .M. .<br />

12


I L I RICI G R EC I<br />

A cura di Franco Pastore<br />

PREMESSA<br />

Prima <strong>del</strong>l’ età <strong>del</strong>la tragedia e dopo la stagione epica, intorno al<br />

VII sec. A.C., la Grecia conosce il fiorire di un altro genere<br />

letterario: la lirica. Essa ha immediatezza espressiva ed è ricca<br />

di metafore ed analogie, che vengono espresse attraverso un<br />

periodare breve ed incisivo, che arriva direttamente al cuore.<br />

Dalle colonie ioniche <strong>del</strong>l’Asia minore, alla penisola greca, i versi<br />

cantati o recitati vengono accompagnati dalla lira, che ne<br />

evidenzia i toni. Si ha così:<br />

• La lirica elegiaca<br />

• La lirica giambica<br />

• La lirica melica monodica<br />

• La lirica melica corale<br />

a) LA LIRICA MELICA MONODICA<br />

(con temi amorosi, conviviali e politici)<br />

ANACREONTE<br />

Anacreonte (Ἀνακρέων) nacque a Teo, in Asia minore, nel 570 a.C. –<br />

Combatté contro l'invasione persiana, dovendo tuttavia abbandonare la<br />

patria a seguito <strong>del</strong>la sconfitta. Visse alla corte di Policrate di Samo,<br />

dove incontrò Ibico e Simonide, dei Pisistratidi ad Atene e degli Aleuadi<br />

in Tessaglia. Una leggenda narra che sia morto, per un acino d'uva.<br />

La sua opera, ordinata dai filologi alessandrini, consta di 5 o 6 libri (di<br />

cui ci rimangono 160 frammenti) di Scolii, in dialetto ionico, ma eolici<br />

di contenuto, che trattano temi conviviali e d'amore. La sua ispirazione<br />

non è profonda come quella di Saffo ed Alceo, ma è caratterizzata da<br />

un sentimentalismo leggero e superficiale. Morì intorno al 480. Segue<br />

la traductio ad sensum di due suoi frammenti.<br />

AMO<br />

Sguardo fanciullo di vergine,<br />

io ti bramo.<br />

Ma tu non ascolti:<br />

non sai che<br />

<strong>del</strong>l’animo mio<br />

tieni le briglie.<br />

Di nuovo,<br />

con un maglio grande,<br />

come un fabbro,<br />

mi colpì EROS<br />

ed un torrente gelido<br />

m’immerse.<br />

IO PIANGO<br />

Oramai canute sono<br />

le mie tempie<br />

e bianco è il capo.<br />

L’amabile giovinezza non è più<br />

e vecchi sono i denti.<br />

nella paura <strong>del</strong> Tartaro,<br />

per l’esiguità <strong>del</strong> tempo<br />

che mi resta da vivere<br />

io piango: penosa è la discesa<br />

nell’antro terribile di Ade.<br />

Per chi è andato,<br />

è destino non ritornare indietro.<br />

Concerti Concerti e e<br />

e<br />

spettacoli<br />

spettacoli<br />

di di<br />

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13


DALLA MITOLOGIA GRECO-LATINA<br />

ACHERONTE<br />

MITOLOGIA, DAL GRECO MITHOS E LOGOS ( DISCORSO SUL MITO )<br />

NARRA DEGLI ANTICHI DEI E MITI DEL MONDO ANTICO .<br />

Acheronte ( in greco Ἂχέρων, -οντος, in latino Ăchĕrōn, -ontis ) è il<br />

fiume sotterraneo che le anime devono attraversare per giungere nel<br />

regno dei morti:l’Ade. Suoi affluenti erano il Piriflegetonte ed il Cocito,<br />

al quale, più tardi fu aggiunto aggiunto il Lete. Le anime venivano tra-<br />

ghettate da Caronte, se fornite d’obolo, altrimenti, dovevano attraver-<br />

sarlo a nuoto. Stagnante come una palude, nel mito ha assunto le<br />

caratteristiche <strong>del</strong> fiume omonimo che scorre nell’Epiro, il quale,<br />

dopo un lungo viaggio all’aperto, si getta sotto terra. Secondo un’antica tradizione,<br />

l’Acheronte era figlio di Gea, la terra, punito a scorrere sotto terra, per aver dissetato i<br />

Giganti, durante la guerra contro gli dei <strong>del</strong>l’Olimpo.<br />

Riferimenti letterari:<br />

1)Platone nel dialogo Fedone afferma che l'Acheronte è il secondo fiume più grande <strong>del</strong><br />

mondo, superato solamente dall'Oceano: sostiene che l'Acheronte scorra in senso inverso e<br />

dall'Oceano vada verso la terra.<br />

2)Il termine Acheronte è stato talvolta usato come sineddoche per intendere l'Ade nella sua<br />

interezza.<br />

3)Virgilio parla <strong>del</strong>l'Acheronte insieme agli altri fiumi infernali all'interno <strong>del</strong>la sua descrizione<br />

<strong>del</strong>l'Oltretomba, collocata nel libro VI <strong>del</strong>l'Eneide.<br />

4) Dante, nel canto III <strong>del</strong>l’Inferno fa <strong>del</strong> fiume Acheronte il confine <strong>del</strong>l'Inferno, per chi arriva<br />

dall'anti-Inferno.<br />

LE PAROLE DIFFICILI E…<br />

QUELLE FAMIGERATE<br />

BICICLARE: usare la bicicletta con scopi ecologici (1991)<br />

BICIMANIFESTAZIONE:manifestazione ciclistica (1989)<br />

BINDIAMO: per “sosteniamo Rosy Bindi” (1993). Derivati: bindismo,rosabindiano.<br />

BIODIVERSITA’: diversità biologica tra organismi <strong>del</strong>la stessa specie (1992)<br />

BIRIGNIAÒSO: affetto da birignao, che parla in fretta, come miagolio di gatto (Albertazzi-94).<br />

BISCIONE: industria televisiva di S.Berlusconi. Acronimo per biscio-fascio-leghista (1994)<br />

BISCIOPOLI: la centrale <strong>del</strong>la Fininvest, ovvero Mediaset. (Lo Piccolo 1995).<br />

CARNOGRAFIA: rappresentazione cruda ed oscena di cadaveri nei telegiornali e cinema (95).<br />

CATTIVISTA: seguace <strong>del</strong> cattivismo. (G.Ferrara, 1995).<br />

CELODURO: parte maschile in erezione. Derivati: celodurismo, celodurista (D.Maraini 1993)<br />

CELOMOLLE: parte non in erezione. Derivati: celomollismo (94), celomollista (1994).<br />

CIBERNAUTA: chi crea e sperimenta la realtà virtuale (1995).<br />

ISTERIANO: isterismo italiano (1997).<br />

MARUMBA: matusa rimbambito (1993)<br />

14


Cenni storici - Abitata dagli Ausoni (Aurunci) e dagli Opici, verso l'VIII sec. a.C., fu invasa, sulle coste dai Greci, che<br />

fondarono la città di Cuma e Partenope ( rifondata poi come Neapolis tra la fine <strong>del</strong> VI e l'inizio <strong>del</strong> V secolo a.C) . Ma nel VI sec.,<br />

le zone interne <strong>del</strong>la regione furono occupate dagli Etruschi, che diedero vita ad una lega di dodici città con a capo Capua. Nella<br />

seconda metà <strong>del</strong> V sec. a.C., iniziò l'invasione dei Sanniti, che conquistarono Capua (nel 440 circa) e Cuma (425 circa). Gli<br />

invasori imposero il loro dominio e la loro lingua, diventando così un solo popolo: gli Osci. Quando una seconda ondata scese<br />

dalle montagne per invadere la Campania, Capua si rivolse a Roma per essere difesa (343 a.C.). Iniziarono allora le guerre<br />

sannitiche (343-290 a.C.), il cui esito fu l'occupazione romana di tutta la regione, sia interna che costiera, con la fondazione di<br />

numerose colonie. Con la discesa di Annibale, a nulla valse organizzarsi contro Roma, durante la seconda guerra punica, la<br />

regione subì un profondo processo di romanizzazione, e solo Napoli e Pompei conservarono le loro radici elleniche. Dopo aver<br />

fatto parte, con il Lazio, <strong>del</strong>la prima regione d'Italia, la Campania divenne sotto Diocleziano una provincia a sé, mantenendo la sua<br />

unità anche sotto gli Ostrogoti e i Bizantini. Con l'occupazione longobarda di Benevento (570 circa), la regione fu divisa tra il<br />

ducato di Benevento, comprendente Capua e Salerno e Napoli e la regione costiera centrale. Amalfi, invece, arricchitasi coi traffici<br />

marittimi, riuscì nei sec. IX-XI a divenire un fiorente ducato indipendente. Dopo la definitiva conquista di Napoli, da parte dei<br />

Normanni, nel 1139, la Campania, nei sec. XII e XIII, fu compresa nel regno di Sicilia, divenendo prima un possedimento degli<br />

Angioini e poi degli Aragonesi. Dal <strong>15</strong>03 al 1707, fu dominio <strong>del</strong>la Spagna e, subito dopo, degli Austriaci (dal 1707 al 1734). sotto.<br />

Con l'avvento al trono di Napoli di Carlo VII di Borbone (1734), si ha il regno di Napoli e Sicilia, e poi <strong>del</strong> Regno <strong>del</strong>le Due Sicilie.<br />

Con l’unità d'Italia (1860), inizia-rono per Napoli enormi problemi economici e politici, che raggiunsero il culmine nel 1884, quando<br />

una grave epidemia di colera decimò la popolazione. Nella Seconda Guerra Mondiale, gli Alleati effettuarono un sanguinoso<br />

sbarco a Salerno (9 settembre 1943) e presero Napoli, quando ormai la città era stata già evacuata dai Tedeschi.<br />

Questa fusione di radici culturali, di usi e costumi di popoli diversi, ha avuto una influenza benefica sulla bellezza <strong>del</strong>le donne<br />

campane e sull’arte culinaria, che può contare sia sulle ricchezze di un mare pescoso, che sulle coltivazioni di frutta, ortaggi, <strong>del</strong>le<br />

pianure. A ciò si aggiungono i magnifici prodotti <strong>del</strong> latte, i fichi e le olive <strong>del</strong> Cilento,gli agrumi <strong>del</strong>la costiera amalfitana,i funghi ed<br />

i formaggi <strong>del</strong>l’alta valle <strong>del</strong> Cervati, i prodotti bufalini <strong>del</strong>la valle <strong>del</strong> Sele ed i salumi <strong>del</strong> piagginese.<br />

Un Primo piatto:<br />

Ingredienti e preparazione:<br />

PIATTI TIPICI DELLA CAMPANIA<br />

A cura di Rosa Maria Pastore<br />

PRANZIAMO NEL CASERTANO<br />

Caserta è una città di circa 80.000 abitanti, capoluogo <strong>del</strong>l'omonima provincia <strong>del</strong>la Campania. Sorge<br />

nell'entroterra campano meglio specificata nella piana <strong>del</strong> Volturno ed è celebre in tutto il mondo per la<br />

maestosa Reggia costruita nel Settecento dall'architetto Luigi Vanvitelli.Il comune comprende il<br />

capoluogo e numerose frazioni, tra cui San Leucio, famosa per la seta e per il già Real Belvedere, ed<br />

il borgo medioevale di Casertavecchia.<br />

TORTIGLIONI ALLA NORMANNA<br />

In una casseruola far cuocere per <strong>15</strong> minuti circa un polipo verace di circa 300 g con 2<br />

cucchiai di olio d’oliva, uno spicchio d’aglio tritato, <strong>15</strong>0 g di pomodorini a pezzetti,<br />

prezzemolo, sale e pepe. Quando il polipo risulterà tenero, tagliarlo a pezzetti e<br />

lasciarlo nel suo sugo. In abbondante acqua, giustamente salata, lessare 300 g di<br />

tortiglioni, scolarli al dente, condirli col polipo e tutto il suo sugo e con 200 g di ricotta<br />

precedentemente stemperata e ridotta a crema. Servire ben caldo con una spolveratina<br />

di prezzemolo tritato.<br />

<strong>15</strong>


Un secondo piatto:<br />

Ingredienti e preparazione:<br />

GAMBERONI GRATINATI<br />

. In una teglia soffriggere 2 spicchi d’aglio in 200 g di olio d’oliva, unire un kg di<br />

gamberoni sgusciati, 100 g di olive nere snocciolate ed il prezzemolo tritato; salare e<br />

lasciar cuocere per pochi minuti. Dividere equamente i gamberoni tra quattro tegamini<br />

in creta da forno, ricoprire con la salsa e con pangrattato e gratinare in forno a calore<br />

medio (180° C) per una decina di minuti. Servire i tegamini guarniti con crostini di pane<br />

e prezzemolo fresco tritato.<br />

Un contorno:<br />

Ingredienti e preparazione:<br />

POMODORI IN TORTIERA<br />

Si tagliano i pomodori S. Marzano (500 g) in due per il lungo e si sistemano nella<br />

tortiera, mettendo su di essi un po’ di pane grattugiato, le olive di Gaeta snocciolate<br />

(50 g), qualche cappero (30 g), pezzetti di alici salate, un po’ di sale e un po’ di pepe.<br />

Irrorare con un filo di olio e mettere nel forno ben caldo (200°C) finché siano cotti (<strong>15</strong>-<br />

20 minuti).<br />

Un dolce:<br />

Ingredienti e preparazione:<br />

TORTA DI UVA E MELE<br />

Sbucciare 2 grosse mele, tagliarle a fettine sottili e metterle in una terrina con 3<br />

cucchiai di zucchero e 2 cucchiai di brandy. Lasciar macerare per 1 ora, rigirandole<br />

ogni tanto. Preparare una crema con 3 tuorli d’uovo, tre cucchiai di zucchero, tre<br />

cucchiai di farina, ¾ di latte e una buccia di limone. Imburrare una teglia, formare uno<br />

strato con le fette di mela e, sopra a queste, disporre i chicchi di uva lavati e bene<br />

asciugati, in modo da formare uno strato unico. Ricoprire il tutto con la crema e<br />

passare in forno caldo, fino a che la superficie sia leggermente dorata.<br />

Un buon vino campano:<br />

GALLUCCIO BIANCO/RISERVA DOC<br />

Prodotto in diversi comuni <strong>del</strong>la provincia di Caserta, il Galluccio bianco riserva ha un<br />

grado alcolico di 12%. Il colore è paglierino più o meno intenso, mentre il profumo è<br />

<strong>del</strong>icato, fruttato, caratteristico. Dal sapore secco, fresco e armonico, ben si<br />

accompagna ad antipasti e secondi di pesce.<br />

_____________<br />

La cucina <strong>del</strong>la Campania “I nostri chef” – Il Mattino<br />

Gastronomia salernitana di A. Talarco, ed. Salernum<br />

Cucina dalla A alla Z di L. Carnacina, Fabbri Editori<br />

Le mille e una… ricetta – S. Fraia Editore<br />

Mille ricette - Garzanti<br />

L’antica cucina <strong>del</strong>la Campania<br />

16


Vero o Falso<br />

L’UVA HA PROPRIETA’ DISINTOSSOCANTI<br />

A cura di Rosa Maria Pastore<br />

Fin dai tempi più remoti l’uva è stata considerata uno dei frutti più ricchi di valore<br />

nutritivo.Gli zuccheri contenuti nell’uva, nella misura <strong>del</strong> 14-30% seconda <strong>del</strong>le varietà,<br />

sono facilmente assimilabili dall’organismo umano e danno a questo frutto un<br />

valore energetico eccezionale. Un chilo di uva fornisce infatti dalle 700 alle 800<br />

calorie, circa il doppio di quanto ne fornisce l’altra frutta.<br />

L’uva contiene le vitamine B e C, e i sali minerali di potassio, calcio, fosforo.<br />

Sono presenti anche i tre elementi indispensabili per la formazione <strong>del</strong>la emoglobina<br />

<strong>del</strong> sangue: ferro, rame e manganese. Il succo, proprio perché ricco di sali minerali e<br />

specialmente di potassio, è fortemente diuretico, mentre la cellulosa <strong>del</strong>la buccia<br />

stimola l’intestino facendo <strong>del</strong>l’uva un efficace lassativo.<br />

L’uva è sconsigliata solamente ai diabetici, per il suo alto contenuto di zuccheri<br />

e ai sofferenti d’intestino, a causa <strong>del</strong>la sua buccia ricca di cellulosa. Tuttavia il succo<br />

spremuto dall’uva può essere sorbito senza danno, in quantità moderata, anche dalle<br />

persone più <strong>del</strong>icate.<br />

L’uva è invece raccomandata agli sportivi per il valore energetico degli zuccheri<br />

immediatamente assimilabili, ai cardiaci, a chi soffre di ipertensione arteriosa e d’arteriosclerosi,<br />

ai bambini, ai convalescenti, alle donne in attesa di un bambino. Entrerà<br />

con larghezza nella dieta <strong>del</strong>le persone soggette a disturbi renali, perché l’uva<br />

costituisce un lavaggio efficace <strong>del</strong>le vie urinarie, aumentando la diuresi e facilitando<br />

l’eliminazione di sostanze tossiche per l’organismo.<br />

L’uva, come abbiamo visto, è anche preziosa per combattere la stitichezza;<br />

inoltre, con il suo gradevole sapore dolce acidulo, attiva le funzioni digestive e aumenta<br />

l’appetito. Il succo di uva decongestiona il fegato e la vescica biliare, e, attivando le<br />

loro secrezioni, reca un reale beneficio agli epatici.<br />

Si può dare <strong>del</strong> succo d’uva anche ai bambini a cominciare dall’età di quattro o cinque<br />

mesi, nella dose di due o tre cucchiaini al giorno.<br />

L’uva che consumiamo deve sempre essere fresca, se possibile appena colta ,<br />

matura e ben lavata, chicco per chicco. Se si hanno stomaco ed intestino perfettamente<br />

sani, si mangeranno anche le bucce, eliminando solo i semi (vinaccioli).<br />

LA CURA DELL’UVA<br />

L’uso <strong>del</strong>l’uva a scopo curativo risale a epoche antiche, infatti ne troviamo<br />

addirittura accenni nelle opere di Plinio e di Cornelio. Un tempo era in uso fare una<br />

cura <strong>del</strong>l’uva ogni anno, a scopo disintossicante. Gli Asburgo soprattutto venivano in<br />

Alto Adige, tra Merano e Bolzano, per nutrirsi metodicamente di uva, secondo le<br />

prescrizioni mediche. Questa cura oggi è quasi sconosciuta, preferendo ai rimedi<br />

naturali, medicine e farmaci, ignorando che l’uva integra l’alimentazione e, opportunamente<br />

somministrata, è ottima anche come cura dimagrante oltreché depurativa. La<br />

cura <strong>del</strong>l’uva non guarisce malattie, può solo concedere un po’ di riposo al fegato e ai<br />

reni, migliorare il funzionamento <strong>del</strong>l’intestino e il tono <strong>del</strong>la carnagione.<br />

17


LE DIVERSE VARIETA’<br />

L’uva offre numerosissime, oggi però si va sempre più orientando verso poche,<br />

ma scelte varietà, distribuite in varie epoche di maturazione, così da poterne rifornire<br />

il mercato per circa sei mesi l’anno.<br />

Vi sono uve destinate alla vinificazione, che in Italia, come quasi in tutti i paesi<br />

vinicoli, costituiscono la parte di gran lunga prevalente, altre destinate invece al<br />

consumo diretto,come frutto fresco, comunemente dette uve da tavola. Vi sono però<br />

anche <strong>del</strong>le qualità che sono indicate sia come uve da tavola che da vino.<br />

Le più importanti varietà a maturazione precoce sono:<br />

la perla di Csaba, varietà d’origine ungherese, dai grappoli non molto vistosi, di colore<br />

giallo tendente al dorato, d’un gradevole gusto, dal profumo di dolce moscato;<br />

la primus, dai grappoli medi, giallo dorati, con un sapore aromatico particolare, che<br />

ricorda il moscato;<br />

il tipo chasselas, una <strong>del</strong>le uve da tavola ppiù note e diffuse da molto tempo un po’ in<br />

tutti i paesi, anche sotto vari nomi;<br />

la panse precoce, dal sapore semplice e poco aromatico.<br />

Tra le uve di media maturazione troviamo:<br />

la regina, magnifica uva dai grappoli e acini grandi, di colore giallo dorato, croccanti e<br />

carnosi, dal sapore semplice;<br />

la varietà Italia, assomiglia all’uva regina, ma si distingue da questa per l’aroma<br />

leggermente moscato; in Italia viene coltivata soprattutto nelle Puglie.<br />

Tra le uve tardive ricordiamo:<br />

l’ohanez, notissima varietà spagnola, conosciuta in tutto il mondo come uva d’Almeria<br />

perché da questa provincia <strong>del</strong>la Spagna meridionale viene esportata in barili.<br />

Come uve destinate all’essiccazione oltre allo zibibbo, vi sono le sultanine,<br />

rossa e nera e le passoline, o uva di Corinto.<br />

CONSIGLI UTILI<br />

ANIMALI<br />

Ai pesciolini rossi tenuti in vaso<br />

non si deve mai dare da mangiare<br />

briciole di pane: fanno inacidire<br />

l’acqua e facilmente provocano la<br />

morte dei pesciolini.<br />

MEDICINA CASALINGA<br />

Per le contusioni, impacchi di<br />

prezzemolo pestato e cotto per<br />

cinque minuti in aceto (gr 20 di<br />

prezzemolo in 20 gr di aceto).<br />

GUARDAROBA<br />

Per pulire a fondo i capi di lana pesante<br />

spazzolateli con una spazzola a setole<br />

rigide, inumidita in acqua fredda e<br />

ammoniaca (2 cucchiai per litro d’acqua).<br />

Quando sono asciutti ripassateli a secco.<br />

CASA<br />

Per rispettare la risorsa idrica, occorre<br />

evitare gli sprechi, come?<br />

• Chiudere i rubi<strong>net</strong>ti mentre si lava: un<br />

rubi<strong>net</strong>to ha una portata di oltre 10 litri<br />

al minuto.<br />

• Fare la doccia invece che il bagno<br />

permette un risparmio di oltre il 75%.<br />

• Controllare eventuali perdite verificando<br />

che i rubi<strong>net</strong>ti non gocciolino o<br />

lo sciacquone <strong>del</strong> w.c. non perda.<br />

• Usare la lavatrice, la lavastoviglie a<br />

pieno carico<br />

• Lavare piatti e verdure riempiendo un<br />

contenitore usando l’acqua corrente so-<br />

lo per il risciacquo<br />

18


LA DONNA NELLA STORIA<br />

Mafalda di Savoia<br />

L’angelo di Bukenwald<br />

Il 23 mattina, è chiamata al comando tedesco, per l'arrivo di una chiamata telefonica<br />

<strong>del</strong> marito da Kassel in Germania.E' un tranello. Subito arrestata, è messa su<br />

un aereo, la sua prima destinazione è Monaco, poi Berlino, infine viene deportata al lager<br />

di Buchenwald, dove è rinchiusa nella baracca n.<strong>15</strong>, sotto il falso nome di frau von<br />

Weber, con una anziana coppia, che si occupava di lei. Per andare al comando tedesco,<br />

si era vestita, pensando che si trattasse di un impegno di pochi minuti, con un<br />

modesto vestito nero. Con quello fu arrestata, ed è molto probabile che quel vestitino<br />

nero l'abbia accompagnata per tutta la terribile esperienza <strong>del</strong> lager, fino alla morte.<br />

Mafalda e' ospitata in una baracca ai margini dei campo, una baracca destinata<br />

a prigionieri di riguardo: ospita, fra gli altri, un ex deputato social-democratico tedesco<br />

e sua moglie. Il regime è, comunque, durissimo: vitto insufficiente, freddo invernale<br />

intenso e vestiti estivi, divieto di rivelare la propria identità e,per scherno, i nazisti<br />

la chiamano Frau Abeba. La principessa è <strong>del</strong>icata e deperisce rapidamente.<br />

Malgrado i divieti nazisti, la notizia si diffonde fra i prigionieri italiani <strong>del</strong> campo: la<br />

figlia <strong>del</strong> Re si trova a Buchenwald. Alcuni Italiani cercano di aiutarla. Si sa che mangiava<br />

pochissimo e che quando poteva quel poco che le arrivava in più lo offriva a<br />

chi aveva più bisogno di lei.<br />

Nell'agosto <strong>del</strong> '44, gli anglo-americani bombardarono il lager e la baracca in cui<br />

era la principessa fu distrutta. Gli occupanti si erano rifugiati nella trincea che circondava<br />

la baracca ma ciò non fu sufficiente a salvare la principessa da una esplosione<br />

che le produsse bruciature e contusioni varie, Mafalda ha il braccio sinistro maciullato.<br />

Fu trasportata distesa su una scala. Ad un certo punto, nel traversare così il<br />

lager, riconosce due prigionieri italiani dalla ' I ' cucita sulla schiena. Fa loro segno di<br />

avvicinarsi e chiede di essere ricordata,dopo la sua morte, non come una principessa,<br />

ma come di una loro sorella. Ricoverata nell'infermeria <strong>del</strong> campo, senza cure Mafalda<br />

peggiora. Insorge la cancrena e si decide di amputare il braccio. Dopo quattro giorni<br />

di tormenti, per le piaghe infette, fu sottoposta ad una operazione lunghissima e di<br />

sconcertante durata. Ancora addormentata,Mafalda viene riportata nel postribolo e quivi<br />

lasciata senza altre cure. Al mattino era morta dissanguata. Il dottor Fausto Pecorari,<br />

radiologo internato a Buchenwald, ritiene che la principessa sia stata operata volutamente<br />

in ritardo e con quella procedura,per provocarne la morte. Quel sistema di<br />

eliminazione era già stato applicato, a Buchenwald, su altre perso-nalità, <strong>del</strong>le quali<br />

volevano sbarazzarsi.<br />

19


Il 28 agosto 1944, Il suo corpo, completamente denudato, venne gettato sul mucchio<br />

dei cadaveri <strong>del</strong> bombardamento, per essere cremato. Padre Tyl, il prete boemo<br />

<strong>del</strong> campo, riesce ad ottenere, che il corpo venga sottratto alla cremazione, per essere<br />

sepolto, in una bara di legno, in una fossa con su scritto “ 262 eine enberkanntefraue "<br />

(262 - donna sconosciuta). Finita la guerra, un gruppo di marinai di Gaeta, ex<br />

prigionieri di Buchenwald, identificano la tomba e consegnano i resti di Mafalda alla<br />

famiglia. Oggi, la principessa, riposa ora nel piccolo cimitero degli Assia, nel castello<br />

di Kronberg in Taunus ( Francoforte sul Meno).<br />

PROLOGO<br />

Nella<br />

serenità festosa,<br />

d’un reame antico,<br />

custodivi<br />

i sogni,<br />

<strong>del</strong>la giovinezza.<br />

Il sorriso<br />

Soave<br />

sul tuo viso<br />

apriva il giorno,<br />

con rara gentilezza.<br />

Poi, ti fu dato<br />

il seme di Maurizio<br />

e ti trovasti<br />

al centro d’un ciclone,<br />

eri vicina<br />

senza alcuna via di salvezza.<br />

L’antica nobiltà<br />

non fu d’aiuto<br />

Fosti ghermita come un fiore<br />

in boccia,<br />

negli occhi,<br />

un velo grigio<br />

di tristezza.<br />

In un momento solo,<br />

quanti destini!<br />

ODE ALLA MEMORIA<br />

(mea carmina)<br />

EPILOGO<br />

Ti strapparono<br />

al pianto dei bambini<br />

i barbari vestiti di grandezza.<br />

Ma, tra le ombre<br />

di gente martoriata,<br />

distrutta nel corpo e nella fede,<br />

portasti con la luce<br />

la fierezza.<br />

Tu fosti un angelo,<br />

nel lager senza pace,<br />

un raggio di speranza,<br />

vittima senza ragione<br />

<strong>del</strong>la stoltezza.<br />

Il nome tuo<br />

veniva sussurrato,<br />

come quello di Cristo<br />

martoriato,<br />

ma, dentro,<br />

risuonava con dolcezza<br />

Se fossi tuo figlio,<br />

scriverei il tuo nome<br />

sulle stelle,<br />

sognando<br />

ogni notte. . .<br />

…una carezza.<br />

[Da “SIDERA HISTORIAE” di Franco Pastore]<br />

20


GIOCANDO CON I CLASSICI:<br />

Esopo visse nel VI secol a.C.,<br />

nell'epoca di Creso e Pisistra-<br />

to. Le sue opere ebbero una<br />

grandissima influenza sulla<br />

cultura occidentale: le sue fa-<br />

vole sono tutt'oggi estremamente<br />

popolari e note. Della sua vita si<br />

conosce pochissimo, secondo la tradizione,<br />

Esopo giunse in Grecia come schiavo<br />

di un certo Xanthus, <strong>del</strong>l'isola di Samo.<br />

Le favole di Esopo si possono descrivere<br />

come archetipiche; la stessa definizione<br />

corrente di "favola" è basata principalmente<br />

sulla favola esopica.<br />

Un topo di città<br />

jétte in campagna,<br />

per fare visita<br />

ad un certo suo cugino,<br />

‘nu poco rustico,<br />

ma bravo contadino.<br />

‘O surecìlle fu assai cuntento<br />

‘e ce mettètte annànze<br />

‘a grazia ‘e Dio:<br />

pane ‘e fasùle, larde ’e furmagge,<br />

ma ‘o topo di città<br />

nunn‘avétte ‘o curàgge ‘e mangià.<br />

- I’ nu’ capisco, disse,<br />

come tu possa sopportare<br />

codesto cibo e questa vita grama,<br />

vieni con me in città,<br />

dove c’è vita, con la qualità !-<br />

Giunsero nel palazzo,<br />

a notte fonda,<br />

ma vi trovaron ogni ben dio :<br />

dolci, prelibatezze, cibi squisiti<br />

d’una goduria e d’una qualità<br />

Che ti facevano dire:<br />

“ ‘E chi se mòve ’a ccà. “<br />

IL TOPO DI CITTA’ ED IL SUO<br />

CUGINO DI CAMPAGNA<br />

Trad. dal greco - Un giorno, un topo di città andò a<br />

trovare il cugino di campagna, un tipo dai modi semplici<br />

ma affettuosi, che per pranzo gli preparò lardo, fagioli, pane<br />

e formaggio. Il topo di città storse il naso e disse:- Non capisco<br />

come tu possa sopportare questo cibo e questa vita grama..<br />

Vieni con me in città e ne scoprirai i vantaggi-. Così i<br />

due topi si misero in viaggio e arrivarono a notte fonda. In<br />

sala da pranzo trovarono i resti di un banchetto e si misero<br />

a divorare quanto c'era di buono, finché udirono dei latrati.-<br />

Non spaventarti - disse il topo di città - sono soltanto i cani di<br />

casa-.D’improvviso, si spalancò la porta ed entrarono due<br />

enormi mastini.I due topi ebbero appena il tempo di<br />

scappare. -Addio cugino- disse il topo di campagna, meglio il<br />

lardo in pace che le prelibatezze in tal modo.<br />

Libera riduzione <strong>del</strong>la favola in napoletano<br />

RECITATA DALL’AUTORE<br />

dii Frrancco Passttorree<br />

Ma pròprio quànne<br />

cuminciàjne a strafucà,<br />

duie sfaccìmm’e cane,<br />

accussì gruòsse,<br />

‘e secutàjne fòre,<br />

‘ndà ‘na fòsse.<br />

-Non ti curar di loro,<br />

caro cugino,<br />

son solo due cag<strong>net</strong>ti un po’ vivaci,<br />

fare <strong>del</strong> movimento dopo il pasto<br />

aggiunge alla vita<br />

un certo gusto-<br />

Il topo di campagna gli rispose:<br />

-‘A facc’è chitemmuòrte ‘j ch’ paura<br />

M’agge cacàte sòtte, arèt’ò mùre!<br />

E fare i vermi senza ave’ mangnàto,<br />

ti sembra ‘nu vivere pregiato?<br />

Cugino mio, ritorno ai miei fagioli,<br />

’e lascio a te i pregi cittadini,<br />

i dolci, ‘e marmellàte e i due mastini.<br />

Tu, godili fin che puoi,<br />

godi da pazzo,ma a me, ti prego,<br />

nu’ me rompe ‘a tazze!.<br />

__________<br />

F. Pastore: “FEDRO ED ESOPO in napoletano” (una libera<br />

traduzione in vernacolo <strong>del</strong>le favole latine e greche)<br />

http://www.andropos.it/Il%20topo%20di%20città%20e%20il%20cugino%20di%20campagna.html<br />

21


ANGOLO DELLA RIFLESSIONE STORICA<br />

“ Il 4 Novembre, una data storica per l'Italia. Ottantotto anni orsono, si completava con la<br />

fine <strong>del</strong>la Prima Guerra Mondiale, il ciclo <strong>del</strong>le campagne nazionali per l'Unità d'Italia. Un<br />

cammino lungo, durato settant'anni, dalla Prima Guerra d'Indipendenza in avanti. Un percorso<br />

difficile, intrapreso con il concorso convinto <strong>del</strong>la popolazione di tutte le regioni d'Italia, mosse<br />

dal desiderio di mettere sotto un'unica Bandiera le sorti <strong>del</strong>la penisola.” (dal web)<br />

Ora, facciamo una ipotesi assurda: un viaggio a ritroso, con la macchina <strong>del</strong> tempo, fino<br />

al 1914:<br />

Il continente è diviso in due schieramenti opposti: in uno di questi si trovavano la Francia la<br />

Gran Bretagna e la Russia, nell’altro, figurano la Germania, l’Austria e l’Italia.<br />

L’irredentista serbo Gavrilo Prinzip uccide in un attentato l’Arciduca Francesco Ferdinan-do<br />

e l’Austria pone condizioni durissime alla Serbia, che le accetta tutte, tranne una: sostengono<br />

che spetti a lo ro arrestare il colpevole e lo fanno. Ma all’Austria non basta, occore una<br />

punizione esemplare, più “invasiva” e aggredìsce la Serbia. Dietro quella decisione c’è da una<br />

parte, la fragilità <strong>del</strong>l’Impero austro-ungarico, che cercava di rinsaldare, con una guerra, un<br />

potere in declino, e dall’altra il forte desiderio di umiliare la Francia,vecchia nemica <strong>del</strong> Reich,<br />

modificando l’equilibrio europeo. La Francia e la Russia sono alleate <strong>del</strong>la Serbia,ergo si<br />

<strong>del</strong>inea una guerra franco-tedesca a occidente e una guerra austro-russa ad oriente.<br />

Che c’entra l’Italia, e quale è la sua posizione?<br />

L’Italia, alleata <strong>del</strong>l’Austria, non ha nessuna voglia di combattere al suo fianco. Del resto, i<br />

termini <strong>del</strong>l’alleanza sono ben chiari: sarebbe costretta ad intervenire solo nel caso che la<br />

guerra avesse un carattere difensivo, ma siccome è l’Austria il paese aggressore, l’Italia ha,<br />

dunque, buone ragioni per uno status di non belligeranza, ragioni che si centuplicano quando<br />

Francesco Ferdinando si impegna a restituire Trento e Trieste, alla fine <strong>del</strong>la guerra, qualora<br />

l’Italia si fosse astenuta dall’intervenire. La neutralità è dunque la condizione naturale per<br />

l’Italia, e Giolitti, il Primo Ministro, fa <strong>del</strong> suo meglio per difendere questa posizione, appoggiato<br />

dai socialisti e dai cattolici, i quali non vogliono che il paese venga coinvolto in una guerra<br />

dura, sanguinosa ed inutile. Tuttavia, gli interventisti-nazionalisti accusano il Giolitti di cotardìa<br />

e riescono ad imporre al Parlamento il capovolgimento <strong>del</strong>le alleanze, con la motivazione che<br />

poi avrebbero partecipato alle trattative di pace ed inoltre avrebbero conquistato il rispetto<br />

<strong>del</strong>le altre nazioni europee. Nonostante la forte opposizione e le apocalittiche previsioni <strong>del</strong><br />

Turati, l’Italia, Il giorno 4 maggio denuncia la sua uscita dalla Triplice alleanza ed il giorno 12<br />

<strong>del</strong>la stesso mese, il governo Salandra da le dimissioni. Sotto la pressione <strong>del</strong>la piazza, il<br />

parlamento (a maggioranza neutralista) otto giorni dopo, dà i pieni poteri al presidente <strong>del</strong><br />

Consiglio Salandra, con 407 voti favorevoli e 74 contrari. Il 24 maggio 19<strong>15</strong>, l'Italia dichiara<br />

guerra all' Impero Austro-Ungarico.<br />

Risultato?<br />

• Prima battaglia <strong>del</strong>l'Isonzo: 23 giugno - 7 luglio 19<strong>15</strong><br />

• Seconda battaglia <strong>del</strong>l'Isonzo: 18 luglio - 3 agosto 19<strong>15</strong><br />

• Terza battaglia <strong>del</strong>l'Isonzo: 18 ottobre - 3 <strong>novembre</strong> 19<strong>15</strong><br />

• Quarta battaglia <strong>del</strong>l'Isonzo: 10 <strong>novembre</strong> - 2 dicembre 19<strong>15</strong> (60.000 morti e <strong>15</strong>0.000 feriti)<br />

• Settima battaglia <strong>del</strong>l'Isonzo: 14 settembre - 16 settembre 1916<br />

• Ottava battaglia <strong>del</strong>l'Isonzo: 1º <strong>novembre</strong> 1916<br />

• Nona battaglia <strong>del</strong>l'Isonzo: 4 <strong>novembre</strong> 1916 (37.000 morti e 88.000 feriti)<br />

• Disfatta di Caporetto e crollo <strong>del</strong> fronte italiano sull’Isonzo 29 ottobre– (morti 11.000, feriti<br />

19.000, prigionieri 300.000, 400mila furono gli sbandati )<br />

• Fine <strong>del</strong>la guerra, su 5.6<strong>15</strong>.000 soldati italiani: morti e dispersi 1.250.000, feriti 947.000.<br />

Parva favilla gran flamma seconda! In questa immane tragedia, solo i morti hanno guadagnato<br />

il rispetto ed il perenne ricordo <strong>del</strong> loro martirio. Nunc tempus lacrimarum est!<br />

Andropos<br />

22


THE<br />

TEMPLARS<br />

Il processo<br />

__________________<br />

Un<br />

meraviglioso<br />

ed artistico<br />

fumetto di<br />

Paolo Liguori<br />

Edito da<br />

Andropos in the<br />

world<br />

QUARANTA<br />

PAGINE<br />

DI STORIA,<br />

DI<br />

AVVENIMENTI<br />

TRAVOLGENTI,<br />

SAPIENTEMENTE<br />

ARRICCHITI<br />

DI PATHOS<br />

E DI MISTERO.<br />

PER PRENOTARE<br />

UNA COPIA:<br />

kuhon@hotmail.it<br />

LILIANA LUCKI<br />

L I L I A N A<br />

L U C K I<br />

A R T I S T A<br />

ARGENTINA<br />

http://www.lilianalucki.blogspot.com/<br />

IL GUSTO<br />

DELLA VITA<br />

di<br />

Franco Pastore<br />

Ed.Palladio 2006<br />

DE RELIGIŌNE : (DOTTRINE, TRADIZIONI, SEMANTICA)<br />

ACHEROPITE: è il nome dato ad alcune icòne che, secondo la<br />

tradizione orientale, non sono state dipinte da mano d’uomo, come<br />

quella con il celebre volto di Cristo (mandylion) conservata a<br />

Costantinopoli. Il termine viene dal greco: ′akeiropoietós (non fatto da<br />

mano).<br />

ACQUARIANI: eretici <strong>del</strong> secondo secolo d.C., i quali usavano<br />

l’acqua invece <strong>del</strong> vino, nella celebrazione eucaristica (come gli<br />

encratiti, i marcioniti ed i severiani) .<br />

ADONAI: voce ebraica che significa mio Signore. Il termine lo<br />

troviamo nel l’Antico Testamento, per designare Jhavé. In greco lo<br />

troviamo tradotto in Κψριοσ ( kyrios) che corrisponde al la-<br />

tino Dominus.<br />

ADELOFAGI: setta di i cristiani <strong>del</strong> III sec. che rifiutano di mangiare in<br />

presenza di altri. Etimol.<br />

Dal greco a<strong>del</strong>òs phagéis (ُαδελóσ ϕαγέισ), mangiatori di nascosto.<br />

ALLELUIA: dall’ebraico hillel + jah (dim. di Jahvé) sia lode a Jahvé;<br />

acclamazione liturgica.<br />

Vesuvioweb.com<br />

Le genti e le terre che abbraccia il Vesuvio: cultura, arte, ricerche<br />

di sapore antropologico, sulla vasta area tra il vulcano ed il mare.<br />

Archeologia vesuviana * mailto:aniello@langella.<strong>net</strong><br />

PREMIO NAZIONALE DI POESIA ROMANESCA<br />

"Quanto Quanto sei sei bella bella Roma" Roma" organizzato dal "CENTRO INCONTRI<br />

CULTURALI" con il patrocinio <strong>del</strong> Comune di Civitavecchia<br />

Per informazioni: centroincontriculturali@tele2.it<br />

L’Associazione culturale Il Camaleonte di Chieri<br />

bandisce “Inedito 2009 - Premio Letterario Città di Chieri e<br />

Colline di Torino”. Il Premio si pone l’obbiettivo di scoprire e valorizzare i<br />

nuovi autori <strong>del</strong> panorama nazionale attraverso sezioni dedicate alla<br />

narrativa, alla poesia, al teatro e alla musica. info@ilcamaleonte.info<br />

BOTTEGA EDITORIALE srl<br />

Servizi editoriali, comunicazione e giornalismo<br />

87030 Rende (Cs) - amministratore@bottegaeditoriale.it<br />

"BARCELLONA DANCE AWARD 2009"<br />

durante le VACANZE di PASQUA in<br />

Catalunya - Spagna dal 9 al 13 aprile 2009.<br />

Il Concorso è aperto a tutte le Scuole di Danza ed<br />

Istituti, prevede diverse sezioni e Premi Speciali,<br />

così come il prospetto di cui sopra.<br />

barcelonawardance200@tiscali.it<br />

23


L E V I O R A<br />

c c x x Ü Ü á á ÉÉ É É Ü Ü Ü Ü | | | w w x x Ü Ü x x u u Ç Ç Ñ Ñ ÉÉ É Ë Ë vv v É Ç y Ü õ ff f v t ÑÑ Ñ u ´ v v v v { { | | | É<br />

É<br />

Tantu tiempo fa, in una parrocchietta de lu Ciliento, don Dionigi, lu preveto, sempliciotto ed<br />

alquanto impacciato nell’articolare il discorso, non riusciva a soddisfare i fe<strong>del</strong>i suoi nella<br />

predicatio. Allora, chiese aiuto all’amico don Calogero Malupìlo:<br />

- Aiutame fratello, cumme aràpro la vocca, ridono pure li pidòcchi de li miei parroc-chiani…-<br />

- Statti sicuro, che da domani, prima sbrigherò la prereca mia e poi correrò ad aiutarti.-<br />

Fu così che, il giorno dopo, don Calogero, dopo la prereca sua, corse da don Dionigi. Salìto, di<br />

nascosto, sul pulpito, si accovacciò sul pavimento. Dopo l’Eucarestia, don Dionigi lo raggiunse<br />

e coprendolo con l’ampia veste talare, si preparò a profferire la parola di Dio, così come<br />

avrebbe suggerito, dal basso,il suo amico.<br />

- Fratelli e sorelle, sia lodato Gesù Cristo!- disse Calogero.<br />

- Fratelli e sorelle, sia lodato Gesù Cristo!- ripeté Dionigi.<br />

- Oggi siamo riuniti nella casa <strong>del</strong> Signore per celebrare la nascita <strong>del</strong> Bambino Gesù…-<br />

suggerì ancora il prete;<br />

- Oggi siamo qui riuniti nella casa <strong>del</strong> Signore per celebrare la nascita <strong>del</strong> bambino Gesù…-<br />

ripeté Dionigi…<br />

- Il Bambino era in una mangiatoia, riscaldato dal bue e l’asinello…allora la Madonna disse a<br />

Giuseppe:…- continuò Calogerò<br />

- Gesù era in una mangiatoia, riscaldato dal bue e l’asinello…allora La Madonna disse a<br />

Giuseppe:…- ripeté Dionigi.<br />

A questo punto, ill povetto, per lo sforzo immane di ascoltare e riferire fe<strong>del</strong>mente quanto<br />

l’amico suggeriva, ebbe una contrazione a li muscoli <strong>del</strong>la panza, che gli produsse una<br />

tremenda loffata, che fece dire a don Calogero: - Mi manca lu sciato per lu fetòre, si nunn’esco<br />

da sta capanna, moro cumm’a ‘nu sòricio ‘zurfàto!-<br />

Credendo che quelle parole facessero parte <strong>del</strong>la predica, Dionigi ripetè;- Allora la Madonna<br />

disse a Giuseppe: Mi manca lu sciato per lu fetòre, si nunn’esco da sta capanna, moro<br />

cumm’a ‘nu sòricio ‘nzurfato!-<br />

Tutti i fe<strong>del</strong>i si guardarono meravigliati, quando ad un tratto videro don Calogero che, precipitandosi<br />

giù dal pulpito e corse verso l’uscita <strong>del</strong>la Chiesa gridando:<br />

- Aria,aria…fùttiti tu e la prèreca…è pèggiu de lu sciatu de lu demònio, -<br />

GUARDIAMO UN PO’ DENTRO I NOSTRI NOMI:<br />

AIDA: dall’egizio “eiti”, cioè protetta dal dio. Resa celebre dal Verdi,con l’opera omonima.<br />

ALBERTO: accorciativo di Adalbeno, di nobile stirpe.<br />

ALESSANDRO: ُαλε αλε αλεξ αλε + ُάνδροι, νδροι, protettore degli uomini. Nome molto usato nell’antichità:<br />

- due re <strong>del</strong>l’Epiro<br />

- tre re di Macedonia<br />

- due re di Siria<br />

- un imperatore romano<br />

- tre re di Scozia<br />

- tre imperatori di Russia<br />

- otto papi<br />

- quaranta santi<br />

Alessio deriva da Alessandro, cioè è la prima parte <strong>del</strong> nome: ‘αλε αλε αλεξ, αλε il protettore.<br />

24


LA TELEWEB E LA NEWS HANNO IL PATROCINIO DEGLI ENTI:<br />

- Comune di San Valentino Torio - Comune di Pagani -<br />

E. M. Carminello ad Arco - Ente Cultura Universale N.T.E. - E. M. SS. Corpo di Cristo<br />

“Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.La<br />

stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure…” (Costit. <strong>del</strong>la Repubblica Italiana, Art. 21 )<br />

La teleweb ANDROPOS IN THE WORLD e la<br />

sua NEWS non hanno finalità lucrative, né<br />

sono esse legate ad ideologie politiche. Pertanto,<br />

agiscono nella totale libertà di pensiero,<br />

in nome di una cultura, che ha a cuore i<br />

valori che rappresentano il cardine <strong>del</strong>la società<br />

e <strong>del</strong>la vita, nel pieno rispetto per la<br />

persona umana e contro ogni forma d’idiosincrasia.<br />

I collaboratori, volontari, non percepiscono<br />

compenso alcuno e si assumono le responsabilità<br />

di quanto riportato nei propri elaborati.<br />

Coloro che vogliono ricevere il <strong>giornale</strong> on line,<br />

o farlo inviare ad un amico, possono farne<br />

richiesta in Redazione fornendo l’e-mail, che<br />

servirà esclusivamente per l’invio <strong>del</strong>la news.<br />

Ai sensi e per gli effetti <strong>del</strong> D. Lg. 196/03, le<br />

informazioni contenute in queste pagine sono<br />

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indirizzo è stato reperito attraverso messaggi<br />

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La sua rimozione da ulteriori invii, si ha<br />

con una e-mail : CANCELLA.<br />

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his NEWS don't have gainful finality, neither<br />

hey have tied to political ideologies. Insofar<br />

they act in the fuller liberty of thought, in<br />

the name of a culture, that has to heart the<br />

values that are at the base of the society<br />

and of the life, in the full respect for the<br />

cultural difference, physics and religious.<br />

To the senses and for the effects of the D.<br />

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