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AA.VV. - Al Cinema Con Il Mostro (Ita Libro)

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Ma poi gridò di nuovo: «Che cosa significa questo? La parete è molto calda! La<br />

parete brucia!».<br />

E il mostro rispose: «È a causa della foresta che c’è di là».<br />

«Ebbene, che c’entra con quello?»<br />

«Ma come, non hai visto che è una foresta africana?»<br />

E il mostro scoppiò a ridere in modo tanto forte e odioso che non riuscimmo più a<br />

distinguere le urla di Christine. <strong>Il</strong> visconte di Chagny gridò e prese a picchiare contro<br />

la parete come un pazzo, tanto che non potei trattenerlo. Ma non udimmo altro che le<br />

risate del mostro. Poi si sentì il rumore di un corpo che cadeva al suolo e che veniva<br />

trascinato via, una porta sbattuta e poi un’altra... poi nient’altro, tranne il silenzio<br />

bruciante della camera della tortura!<br />

C’era solo un’uscita possibile... l’apertura che dava nella stanza dove avevamo<br />

sentito Christine Daae e Erik. Ma, sebbene questa assomigliasse a una porta qualsiasi<br />

dalla loro parte, per noi era assolutamente invisibile. Quando compresi che da<br />

Christine non poteva venirci alcun aiuto, decisi di mettermi all’opera senza indugi.<br />

Prima tuttavia dovetti calmare monsieur de Chagny, che stava già camminando qua<br />

e là come un pazzo, lanciando grida incoerenti. I frammenti di conversazione che<br />

aveva inteso tra Christine e il mostro l’avevano fatto impazzire di disperazione;<br />

aggiungete a quello la sorpresa della foresta magica e il caldo bollente che<br />

cominciava a fargli scorrere il sudore lungo le tempie, e non avrete difficoltà a<br />

comprendere il suo stato d’animo. Gridava il nome di Christine, brandiva la pistola e<br />

si scagliava contro le pareti di vetro nel tentativo di infrangerle per attraversarle. La<br />

tortura cominciava a produrre la sua malia su un cervello impreparato a resisterle.<br />

Feci del mio meglio per convincere il povero visconte ad ascoltare ragione. Gli feci<br />

toccare gli specchi, e l’albero di ferro, e i rami, e gli spiegai in modo logico tutte le<br />

visioni luminose che ci circondavano.<br />

«Siamo in una stanza, una stanza piccola; è questo che dovete continuare a<br />

ripetervi. E ne usciremo non appena avremo trovato la porta.»<br />

Senza più curarmi della foresta, aggredii un pannello di vetro e cominciai a<br />

passarvi le dita in tutte le direzioni, alla ricerca del punto che si doveva premere per<br />

far ruotare la porta. La molla doveva essere nascosta semplicemente sotto un<br />

frammento di vetro non più grande di un pisello. Cercai e cercai, tastando tanto in<br />

alto quanto le mie mani riuscivano a raggiungere.<br />

Passai poi a esaminare i pannelli successivi con la massima attenzione, deciso a<br />

non perdere un solo minuto, perché mi sentivo sempre più sopraffatto dal calore che<br />

stava letteralmente arrostendoci in quella foresta fiammeggiante.<br />

Lavoravo a quel modo da circa mezz’ora e avevo terminato tre pannelli quando,<br />

per colmo di sfortuna, udii il visconte balbettare un’esclamazione e mi voltai.<br />

«Sto soffocando!» disse. «Tutti questi specchi mandano un calore infernale!<br />

cercate di trovare presto quella molla, perché se ci metterete ancora un po’ finiremo<br />

bruciati vivi!»<br />

Ritornai al mio pannello dopo avergli detto una parola di incoraggiamento, ma<br />

avevo commesso l’errore di spostarmi di qualche passo mentre parlavo, e in quel<br />

labirinto di riflessi non fui più in grado di riconoscere con certezza il pannello!

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