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AA.VV. - Al Cinema Con Il Mostro (Ita Libro)

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«Perché dovevo. E lo capirai quando ti dirò come l’ho lasciato.»<br />

«Oh, lo odio!» gridò Raoul. «E tu, Christine, dimmi, lo odi anche tu?»<br />

«No» rispose semplicemente la ragazza. «Mi riempie di orrore, ma non lo odio.<br />

Come posso odiarlo, Raoul? Pensa ad Erik ai miei piedi, nella casa sul lago,<br />

sottoterra. Mi stende ai piedi un amore immenso e tragico. Mi ha imprigionato con<br />

lui, sottoterra, per amore! Ma mi rispetta. E quando mi alzai e gli dissi che l’avrei<br />

solo disprezzato se non mi avesse reso la libertà, me l’offri. Poi cantò per me. E io<br />

l’ascoltai e rimasi! Quella notte non ci dicemmo altre parole. Lui cantò finché mi<br />

addormentai.<br />

«Quando mi svegliai ero sola, stesa su un sofà in una piccola camera da letto<br />

arredata semplicemente. Mi resi presto conto di essere prigioniera. Trovai sul<br />

cassettone un biglietto scritto in rosso che diceva: “Mia cara Christine, non devi<br />

temere. <strong>Al</strong> mondo non esiste amico più fedele e rispettoso di me. Qui sei a casa tua”.<br />

Ero certa di essere caduta nelle mani di un pazzo. Girai per la stanza cercando una via<br />

di fuga, ma non ne trovai nessuna. Ero completamente sola nel silenzio quando udii<br />

tre colpi battuti alla parete. Erik entrò attraverso una porta che non avevo notato e la<br />

lasciò aperta. Aveva le braccia cariche di scatole e pacchetti e li posò sul letto, mentre<br />

io lo investivo gridandogli di togliersi la maschera se questa copriva il viso di un<br />

uomo onesto. Lui rispose: “Non vedrai mai il viso di Erik”. Poi disse che mi amava,<br />

ma che non me l’avrebbe mai detto se non gliene avessi dato il permesso, e che il<br />

resto del tempo sarebbe stato dedicato alla musica. “Che cosa intendi con il resto del<br />

tempo?” gli chiesi. “Cinque giorni” rispose lui. Gli chiesi se poi sarei stata liberata e<br />

lui disse: “Sarai libera, Christine, perché quando quei cinque giorni saranno passati<br />

avrai imparato a non temermi e potrai tornare a vedere il povero Erik”.<br />

«Disse che gli sarebbe piaciuto mostrarmi il suo appartamento, e aprì una porta<br />

davanti ai miei occhi. “Questa è la mia camera, se desideri vederla. È abbastanza<br />

strana.” Mi parve di entrare in una camera mortuaria. Le pareti erano tutte<br />

drappeggiate di nero e nel centro della stanza c’era un baldacchino avvolto da tende<br />

di broccato rosso, e sotto il baldacchino una bara aperta. “È là che dormo” disse Erik.<br />

“Bisogna abituarsi a tutto durante la vita, perfino all’eternità.” Quella vista mi<br />

sconvolse tanto che fui costretta a girare la testa da un’altra parte.<br />

«Poi vidi la tastiera di un organo che occupava un’intera parete. Sul leggio c’era un<br />

libro di musica fitto di note in rosso. Chiesi di poter guardare e sulla prima pagina,<br />

lessi: Don Giovanni in Trionfo. “Sì” disse lui. “A volte compongo. Ho cominciato<br />

quell’opera vent’anni fa. Quando l’avrò finita la porterò con me nella bara e non mi<br />

risveglierò più.” “Devi lavorare molto di rado, allora” dissi. Lui rispose: “A volte ci<br />

lavoro per quindici giorni e quindici notti di seguito, durante i quali vivo solo di<br />

musica, e poi mi riposo per anni interi”. “Mi suonerai qualcosa del tuo Don Giovanni<br />

in Trionfo?” chiesi, pensando di fargli piacere. “Non devi chiedermelo mai!” disse lui<br />

con voce torva. “Ti suonerò Mozart, se lo vorrai, ma il mio Don Giovanni brucia,<br />

Christine. Vedi, esiste musica tanto terribile che consuma tutti coloro che vi si<br />

accostano. Per fortuna tu non devi ancora avvicinarti a quella musica, perché<br />

perderesti tutto il tuo bel colorito e nessuno ti riconoscerebbe al tuo ritorno a Parigi.<br />

Cantiamo invece qualcosa di operistico!” Pronunciò queste ultime parole come se mi<br />

lanciasse un insulto.

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