AA.VV. - Al Cinema Con Il Mostro (Ita Libro)
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«Ben sbuffato, mio grazioso amico!» gridò ancora Mamma Rigby. «Forza, un altro<br />
bel soffio deciso, con tutta la tua forza. Soffia per la tua vita, ti dico! Soffia dal fondo<br />
del cuore; se possiedi un cuore, o se questo ha un fondo! Ben fatto, ancora! Hai<br />
aspirato quella boccata come se ci provassi un gran gusto.»<br />
Poi la strega chiamò con un cenno lo spaventapasseri, mettendo tanto potere<br />
magnetico in quel gesto che parve impossibile non obbedirle.<br />
«Perché ti nascondi in quell’angolo, pigraccio?» disse. «Vieni avanti! Hai il mondo<br />
di fronte a te!»<br />
In obbedienza alle parole di Mamma Rigby e allungando le braccia come per<br />
raggiungere la sua mano tesa, la figura fece un passo in avanti – una specie di<br />
sobbalzo strascicato, in realtà, piuttosto che un passo – poi barcollò e perse quasi<br />
l’equilibrio. Che cosa poteva aspettarsi la strega? In fondo non era altro che uno<br />
spaventapasseri piantato su due stecchi. Ma la vecchia testarda fece gli occhi torvi e<br />
gesticolò, proiettando l’energia del suo scopo con tanta forza in quel povero ammasso<br />
di legno marcito, paglia ammuffita e abiti stracciati, che questi fu costretto ad agire<br />
come un uomo, nonostante la realtà delle cose.<br />
Così lo spaventapasseri camminò fino alla striscia di sole. E là rimase – povero<br />
diavolo di marchingegno che era! – con solo la più sottile parvenza di somiglianza<br />
umana, attraverso la quale era evidente la rigida, malferma, assurda, sbiadita,<br />
consunta, inutile accozzaglia della sua essenza, sul punto di crollare in ogni momento<br />
in un mucchietto sul pavimento, quasi si rendesse conto della propria indegnità a<br />
rimanere in posizione eretta. Devo confessare la verità? A questo punto del suo<br />
processo di vivificazione lo spaventapasseri mi rammenta alcuni degli abortivi e<br />
insignificanti personaggi (composti dalle caratteristiche più eterogenee, usati migliaia<br />
di volte, senza che mai ne valessero la fatica) con i quali gli scrittori di romanzi (e me<br />
stesso, senza dubbio, tra gli altri) hanno così sovrappopolato il mondo della narrativa.<br />
Tuttavia, la vecchia megera cominciò ad arrabbiarsi e a mostrare un guizzo della<br />
sua diabolica natura (come una testa di serpente che facesse capolino sibilando dal<br />
suo petto) nei confronti del comportamento pusillanime della cosa che si era presa la<br />
briga di mettere insieme.<br />
«Soffia, sgorbio!» urlò adirata. «Soffia, soffia, soffia. Tu, fatto di paglia e di<br />
niente! Tu, paio di stracci! Testa di zucca! Tu, niente! Dove troverò un nome tanto<br />
vile per chiamarti? Sbuffa, ti dico, e aspira con il fumo la tua vita fantastica;<br />
altrimenti ti leverò la pipa di bocca e ti scaglierò là da dove è venuto il tizzone.»<br />
Minacciato a quel modo, all’infelice spaventapasseri non restava altro che soffiare<br />
per la propria vita. Cominciò dunque a darsi da fare come si doveva con la pipa,<br />
aspirando con bramosia e sbuffando svolazzi di fumo tanto abbondanti che la<br />
minuscola cucina del casolare divenne satura di vapori. <strong>Il</strong> raggio di sole si fece strada<br />
a fatica tra quella nebbia, riuscendo solo in modo imperfetto a definire l’immagine<br />
del vetro crepato e polveroso della finestra contro la parete opposta. Mamma Rigby,<br />
nel frattempo, con un braccio abbrunito sul fianco e l’altro teso verso la figura,<br />
appariva truce nell’oscurità, con l’atteggiamento e l’espressione di quando gettava un<br />
terribile incubo sulle sue vittime e rimaneva di fianco al loro letto per assaporarne<br />
l’agonia. Terrorizzato e tremante il povero spaventapasseri continuava a sbuffare. Ma