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AA.VV. - Al Cinema Con Il Mostro (Ita Libro)

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a rizzare una vela di fortuna che seppe reggere egregiamente bene per qualche ora,<br />

permettendo alla nave di destreggiarsi fra quei marosi meglio di quanto facesse<br />

prima.<br />

La tempesta continuava comunque a imperversare e non sembrava proprio che<br />

volesse diminuire i suoi attacchi. Si scoprì anche che il sartiame era stato mal<br />

sistemato ed era perciò troppo teso: infatti, nel terzo giorno di quella tempesta, verso<br />

le cinque del pomeriggio, un violento e improvviso colpo di vento abbatté il nostro<br />

albero di mezzana che rovinò sul ponte. Per un’ora e anche più cercammo inutilmente<br />

di buttarlo a mare, ma l’impresa si rivelò impossibile a causa dell’incredibile rollio<br />

della nave. E mentre ancora eravamo intenti a tale sforzo, il carpentiere di bordo ci<br />

raggiunse a poppa per informarci che nella stiva s’era già raccolto un metro e mezzo<br />

d’acqua. Ad aumentare le nostre preoccupazioni si aggiunse la dura constatazione che<br />

le pompe erano ingorgate e perciò del tutto inservibili.<br />

Tutti erano in preda a grande confusione e spavento, tuttavia non si tralasciò nulla<br />

di quanto si potesse ancora fare: cercammo così di alleggerire la nave gettando in<br />

mare quanto più era possibile del suo carico, compresi i due alberi che ancora erano<br />

rimasti eretti. Anche dopo aver compiuto tale operazione, poiché non si era<br />

assolutamente riusciti a fare nulla per rimettere in funzione le pompe, la nave<br />

continuò a imbarcare sempre più acqua, tanto più che la falla si era ulteriormente<br />

allargata.<br />

<strong>Al</strong> calar del sole la tempesta era notevolmente diminuita d’intensità, e anche il<br />

mare andava via via placandosi: questo fece rinascere in noi la debole speranza di una<br />

possibile salvezza utilizzando le scialuppe di salvataggio. <strong>Al</strong>le otto di quella sera le<br />

nubi cominciarono a squarciarsi nella direzione da cui soffiava il vento, regalandoci<br />

così il vantaggio di una luna piena, un autentico colpo di fortuna che servi<br />

splendidamente a risollevare i nostri animi tanto demoralizzati.<br />

Dopo un’improba fatica riuscimmo infine a calare in acqua la scialuppa senza<br />

danneggiarla eccessivamente: subito vi presero posto l’intero equipaggio e la maggior<br />

parte dei passeggeri. Questo gruppo si allontanò rapidamente dalla nave e dopo tre<br />

giorni di sofferenze e patimenti indicibili riuscì finalmente a raggiungere sana e salva<br />

Ocracoke Inlet.<br />

Oltre al capitano restarono a bordo quattordici passeggeri, che decisero di affidare<br />

la loro sorte alla piccola lancia di poppa. Riuscimmo a calarla in mare senza troppe<br />

difficoltà, ma fu solo per miracolo che si poté evitare che finisse sommersa mentre<br />

toccava l’acqua. Dovevano prendervi posto il comandante e sua moglie, il signor<br />

Wyatt e la sua famiglia, un ufficiale messicano con la moglie e i quattro figli, io<br />

stesso e un domestico di colore.<br />

A bordo, ovviamente, non c’era posto se non per pochi strumenti indispensabili,<br />

qualche provvista e gli abiti che ci eravamo gettati sulle spalle: nessuno di noi del<br />

resto si era preoccupato di portarsi dietro altro. Fu perciò con immenso stupore di<br />

tutti che il signor Wyatt, quando ancora eravamo a pochi metri di distanza dalla nave,<br />

si alzò improvvisamente in piedi sulle scotte di poppa e con voce pacata chiese al<br />

comandante di riaccostarsi alla nave perché potesse tornare a bordo a prendersi la sua<br />

cassa oblunga!

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