AA.VV. - Al Cinema Con Il Mostro (Ita Libro)
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ma io sapevo bene che questa non poteva essere la risposta giusta perché lo stesso<br />
Wyatt mi aveva confidato che quella donna non gli portava in dote neppure un<br />
dollaro, e neppure poteva fare affidamento su altre possibili fonti di rendita. Si era<br />
sposato per amore, così mi aveva detto, soltanto per amore, e la sua sposa meritava<br />
molto più amore di quanto lui potesse offrirgliene. Quando ripensavo a come si era<br />
espresso il mio amico, confesso che mi sentivo ancor più confuso e perplesso. Che<br />
fosse improvvisamente impazzito? E del resto che altro potevo pensare? Lui, così<br />
raffinato, così intellettuale, così incontentabile, tanto acuto nel rilevare ogni benché<br />
minima imperfezione e tanto sottile nel disquisire sulla bellezza! Certo la sua signora<br />
sembrava essergli molto affezionata, specie quando il marito non era presente, tanto<br />
da rendersi addirittura ridicola con le sue continue citazioni di quanto poteva averle<br />
detto il suo “diletto consorte, signor Wyatt”. E proprio quella parola “consorte”<br />
sembrava stazionarle costantemente sulla “punta della lingua”, per usare una delle<br />
sue espressioni più raffinate. Ma contemporaneamente tutti a bordo notarono come il<br />
marito in realtà la evitasse in modo assai palese. Anzi, il signor Wyatt preferiva<br />
restarsene quasi sempre chiuso da solo nella sua cabina, dove di fatto sembrava<br />
intenzionato a trascorrere tutto il tempo di quella traversata: lasciava però completa<br />
libertà alla moglie di svagarsi come meglio credeva, partecipando alla vita sociale che<br />
si svolgeva nel salone di bordo.<br />
Sulla base di quanto avevo visto e sentito, non potevo altrimenti concludere se non<br />
che il mio amico artista, per qualche inesplicabile scherzo del destino o forse spinto<br />
da un effimero impulso di entusiastica e mal riposta passione, fosse stato indotto a<br />
contrarre matrimonio con una persona di molto inferiore a lui, ricavandone poi la<br />
naturale conseguenza di un profondo e immediato disgusto. Lo compiangevo dal<br />
profondo del cuore, ma quanto gli era accaduto non giustificava il fatto che non mi<br />
avesse messo al corrente di quell’affare dell’Ultima Cena, e questo non mi riusciva<br />
proprio di perdonarglielo, anzi volevo ben prendermi la mia vendetta.<br />
Un giorno si decise a salire sul ponte e, dopo averlo preso sottobraccio come ero<br />
solito fare, cominciammo a passeggiare in su e in giù. La sua depressione, che del<br />
resto consideravo del tutto giustificata date le circostanze, sembrava non volersi<br />
attenuare: si limitò a pronunciare poche parole, e anche queste con grande sforzo e<br />
con aria imbronciata. Azzardai una o due battute, ma tutto ciò che ricavai da lui fu un<br />
mesto abbozzo di sorriso. Povero diavolo!... Pensando a sua moglie, non potevo che<br />
ammirare la forza d’animo che ancora gli permetteva di simulare una parvenza di<br />
allegria. <strong>Al</strong>la fine mi decisi a sferrare il primo attacco per la causa che tanto mi stava<br />
a cuore. Avevo intenzione di iniziare con una serie di larvate insinuazioni e di<br />
allusioni su quella cassa oblunga, tanto per fargli capire piano piano che non ero<br />
affatto caduto nella trappola di quel suo simpatico tentativo di imbrogliarmi. La<br />
prima osservazione che feci fu un autentico attacco mascherato. Accennai vagamente<br />
a qualcosa in merito alla “particolare forma di quella cassa” e, mentre scandivo quelle<br />
parole, gli lanciai un sorriso d’intesa, accompagnato da una strizzatina d’occhi e da<br />
qualche amichevole colpetto d’indice sulle costole.<br />
<strong>Il</strong> modo in cui Wyatt accolse questa mia innocua battuta mi convinse del tutto che<br />
doveva veramente essere impazzito. Dapprima infatti egli mi fissò come se non gli<br />
riuscisse di comprendere la nota umoristica insila nella mia osservazione, ma quando