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AA.VV. - Al Cinema Con Il Mostro (Ita Libro)

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ifugio del suo sventurato amico. E proprio allora aveva visto sollevarsi da<br />

quell’ormai lontano spazio maledetto qualcosa che procedeva stancamente e che<br />

subito era ricaduta nell’esatto punto da cui si era innalzato nei cieli quell’enorme<br />

orrore senza forma. Era soltanto un colore, ma non apparteneva alla nostra terra o ai<br />

nostri cieli. Ammi ormai conosceva bene quel colore, e sapendo che quell’ultimo<br />

frammento era ricaduto nel pozzo, da allora non ha più saputo comportarsi<br />

normalmente.<br />

Ammi non è mai più tornato neppure nelle vicinanze di quel luogo. Sono trascorsi<br />

ormai quarantaquattro anni da quando accadde quell’orrore, ma lui non è mai più<br />

stato laggiù, e anzi sarà felicissimo quando il nuovo bacino sommergerà quelle terre.<br />

E anch’io ne sarò felice perché non mi è affatto piaciuto il modo in cui la luce del<br />

sole cambiava colore intorno alla bocca di quel pozzo abbandonato quel giorno in cui<br />

vi passai accanto. Spero che l’acqua sarà sempre molto profonda, ma anche in questo<br />

caso non ne vorrò mai bere. E in ogni caso non penso che tornerò mai più nei dintorni<br />

di Arkham.<br />

Tre degli uomini che erano stati accompagnati da Ammi alla fattoria dei Gardner<br />

vi tornarono il mattino seguente per osservarne le rovine alla luce del sole, ma ciò che<br />

trovarono non potevano definirsi proprio delle rovine: non restava altro che i mattoni<br />

del camino, le pietre della cantina, qualche residuo minerale e metallico, e il cerchio<br />

di quel pozzo nefando. Salvo il cadavere del cavallo di Ammi, che essi portarono via<br />

e seppellirono, e il calesse che prontamente restituirono al suo proprietario, non c’era<br />

altra traccia di qualcosa di vivente. Restarono così cinque spaventosi acri di<br />

polveroso deserto grigio su cui non crebbe mai più altro. Da quel giorno il terreno che<br />

circonda la fattoria dei Gardner è come una vasta macchia divorata dall’acido che si<br />

apre sul cielo fra boschi e campi verdeggianti: i pochi che hanno osato avventurarsi<br />

fin là nonostante le dicerie e i racconti che correvano fra i contadini locali<br />

denominarono quel luogo “la landa inaridita”.<br />

I racconti di quei contadini erano assai bizzarri, e lo sarebbero divenuti ancora di<br />

più se le autorità cittadine e i chimici dell’università si fossero presi la briga di<br />

analizzare anche l’acqua di quel pozzo ormai abbandonato, o quella polvere grigia<br />

che nessun vento riusciva a disperdere. E pure i botanici dovrebbero interessarsi di<br />

quella flora tanto stentata che cresce ai margini di quella zona ingrigita: potrebbero<br />

così far luce sulla diceria paesana secondo cui quella peste andrebbe espandendosi,<br />

sia pure molto lentamente, forse di pochi centimetri all’anno. La gente mormora che<br />

il colore della vegetazione limitrofa, quando essa si risvéglia in primavera, non è<br />

proprio quello giusto, e che la selvaggina lascia ora impronte assai curiose sulla neve.<br />

E poi anche la coltre nevosa sembra stendersi meno spessa su quella landa inaridita<br />

che in qualunque altro punto della zona. I cavalli, i pochi ancora sopravvissuti a<br />

questa era di motori, diventano ombrosi nel procedere verso quella valle silenziosa; e<br />

i cacciatori non possono più far affidamento sui loro cani se si spingono troppo<br />

appresso a quella chiazza di polvere grigiastra.<br />

Dicono poi che questa landa eserciti anche una nefanda influenza sul sistema<br />

nervoso: difatti molti abitanti della zona divennero bizzarri negli anni successivi alla<br />

scomparsa di Nahum, e tutti mancarono sempre della forza necessaria per<br />

allontanarsi. Fu così che quanti ancora ragionavano lucidamente presero la decisione

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