AA.VV. - Al Cinema Con Il Mostro (Ita Libro)

settimane che seguirono tornò spesso a parlare del meteorite. Quel luglio e
quell’agosto furono molto caldi, e Nahum lavorò duramente a raccogliere fieno nel
suo campo di dieci acri che si estendeva oltre Chapman’s Brook, così che le ruote del
suo robusto carro segnarono profondamente il fondo degli ombrosi sentieri. Il lavoro
lo stancò più di quanto fosse accaduto negli anni precedenti: colpa dell’età, diceva,
che ormai cominciava a farsi sentire.
Poi venne il tempo della frutta e del raccolto. Pere e mele maturavano poco a poco,
e Nahum giurava che mai il suo frutteto era stato più rigoglioso. I suoi frutti avevano
dimensioni veramente eccezionali ed erano in tale quantità che resero necessario un
ordine supplementare di cesti in vista del futuro raccolto. Ma quando giunsero a
completa maturazione si rivelarono una triste delusione, perché, a dispetto
dell’invitante appariscenza di quelle loro rigogliose forme, non uno di quei frutti era
mangiabile. Alla delicata fragranza delle pere e delle mele si era furtivamente
aggiunta una nota di amarognolo e di nauseabondo che rendeva atrocemente
disgustoso il benché minimo boccone. E lo stesso si verificò con i meloni e i
pomodori, così che Nahum si rese conto con angoscia che il suo raccolto era perduto.
Collegando rapidamente i fatti, Nahum giunse alla conclusione che la meteorite
aveva avvelenato il terreno e perciò ringraziò Dio che la maggior parte dei suoi
terreni si trovassero più a monte rispetto alla strada.
Arrivò l’inverno, precoce e freddissimo. Ammi vide Nahum meno sovente di
quanto fosse solito fare, e notò che il vicino appariva sempre più teso e preoccupato.
E anche la sua famiglia si comportava in modo diverso; erano tutti molto più taciturni
e non partecipavano con l’assiduità degli anni precedenti alle funzioni religiose o alle
varie feste del paese. Non sembrava esserci un motivo preciso che potesse giustificare
tanta riservatezza o malinconia, anche se di quando in quando i singoli componenti
della famiglia Gardner arrivarono a confessare di non sentirsi troppo in forma e di
provare una sensazione di indefinibile inquietudine. Nahum riuscì a dare più corpo a
questi vaghi timori dei suo familiari confessando di sentirsi tanto turbato a causa di
alcune impronte sulla neve. La forma era quella solita delle tracce lasciate in inverno
da scoiattoli, conigli e volpi, ma il già turbato agricoltore giurava di aver scorto un
nonsoché di anormale nelle loro forme e disposizioni. Nulla di particolarmente
vistoso, ma comunque sufficiente a far nascere il dubbio che quelle impronte
contraddicessero l’anatomia e le abitudini di quegli animali. Ammi non prestò molta
fede a queste supposizioni, fino alla notte in cui passò nelle vicinanze della casa dei
Gardner tornando in slitta da Clark’s Corners. La luna era alta nel cielo, e un coniglio
gli attraversò la strada con dei balzi casi lunghi e potenti da impressionare tanto
Ammi quanto il suo cavallo. Quest’ultimo, anzi, sarebbe fuggito all’impazzata se
l’uomo non avesse saputo trattenerlo con una vigorosa stretta di redini. Da quel
momento, comunque, Ammi considerò i racconti di Nahum con maggior rispetto, e
cominciò a incuriosirsi del fatto che i cani della fattoria Gardner sembrassero ogni
mattina tanto avviliti e tremanti: sembrava quasi che avessero perso addirittura la
voglia di abbaiare.
In febbraio i ragazzi McGregor, di Meadow Hill, erano andati a caccia di
marmotte, e proprio a poca distanza dalla fattoria dei Gardner catturarono un
esemplare assai curioso. Le .proporzioni del suo corpo sembravano lievemente