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AA.VV. - Al Cinema Con Il Mostro (Ita Libro)

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porta, dopo essersi avvicinato con passo lento e strascicato, mi resi subito conto che<br />

non era affatto contento di vedermi. Non era così infermo come m’aspettavo di<br />

trovarlo, anche se i suoi occhi brillavano in modo strano; inoltre, i suoi abiti trascurati<br />

e la barba candida gli conferivano un aspetto sciatto e lugubre.<br />

Non sapendo quale fosse l’approccio migliore perché iniziasse coi suoi racconti,<br />

finsi di essere venuto a consultarlo per il mio lavoro. Gli spiegai che dovevo<br />

compiere dei sopralluoghi e gli posi alcune generiche domande sulla zona. Si<br />

dimostrò molto più lucido e istruito di quanto mi avessero dato ad intendere, e prima<br />

che potessi rendermene conto aveva già compreso in merito al progetto idrico molto<br />

più di quanto fossero riusciti a capire le persone con cui avevo parlato ad Arkham.<br />

Non si comportò neppure come altri contadini che avevo conosciuto nelle diverse<br />

zone in cui si dovevano formare dei bacini idrici. Non espresse infatti nessuna<br />

protesta per le ingenti distese di antichi boschi e di fertili terreni che sarebbero stati<br />

inondati, forse anche perché la sua casa si sarebbe trovata oltre i margini del futuro<br />

lago. Fu soltanto sollievo quello che manifestò, sollievo al pensiero della sorte cui<br />

erano condannate le antiche oscure valli fra cui aveva vagato per tutta la sua vita. Era<br />

meglio che restassero sepolte sotto una valanga d’acqua, mi disse, molto meglio che<br />

fosse così ora, dopo quegli strani giorni. E dopo tale inizio la sua voce. rauca seguitò<br />

a parlare con toni ancora più bassi, mentre il corpo del vecchio si sporgeva in avanti<br />

verso di me e l’indice della sua mano destra si tendeva solennemente, scosso da<br />

tremiti.<br />

Fu allora che udii la storia, e mentre quella voce dai toni raschianti sussurrava quel<br />

racconto, brividi sempre più lunghi e ravvicinati presero a scuotere il mio corpo a<br />

dispetto della calda giornata estiva. Spesso dovetti richiamare il vecchio dalle troppe<br />

digressioni, ricostruire dettagli scientifici che Ammi riteneva a memoria in modo<br />

assai confuso senza mai averne conosciuto l’esatto significato, come un pappagallo<br />

che ripete a distanza di anni una lezione, e fui anche costretto a colmare le lacune<br />

della sua logica a tratti incerta. Quando poi giunse alla fine del suo racconto, non mi<br />

stupii che la sua mente avesse in parte ceduto, e neppure che gli abitanti di Arkham<br />

non volessero parlare molto della landa inaridita. Mi affrettai a raggiungere il mio<br />

alloggio prima che cadesse il tramonto; non volevo vedere le stelle spuntare sul mio<br />

capo in uno spazio aperto. <strong>Il</strong> giorno seguente feci ritorno a Boston per rassegnare le<br />

mie dimissioni da quell’incarico. Non sarei più riuscito ad addentrarmi negli oscuri<br />

intrichi di quell’antica foresta e di quei ripidi pendii, né tantomeno avrei potuto<br />

affrontare un’altra volta quella grigia landa inaridita con il suo nero pozzo spalancato<br />

accanto a mattoni e pietre diroccate. <strong>Il</strong> bacino idrico è oramai già quasi completato e<br />

fra non molto quegli annosi segreti saranno sepolti per sempre sotto metri e metri<br />

d’acqua. Ma anche allora non credo che vorrei trovarmi da quelle parti di notte,<br />

specialmente se il cielo è trapuntato di sinistre stelle: e nulla poi potrebbe mai<br />

indurmi a bere la nuova acqua di cui dispone la città di Arkham.<br />

Tutto ebbe inizio, come mi raccontò il vecchio Ammi, con la meteorite. Leggende<br />

paurose che riguardassero la zona non si erano più raccontate dai tempi dei processi<br />

alle streghe, e anche allora questi boschi occidentali non erano temuti neppure la<br />

metà di quanto lo fosse la minuscola isola del Miskatonic dove il diavolo teneva la<br />

sua corte intorno a un bizzarro altare di pietra antico quanto gli indiani. I boschi di

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