AA.VV. - Al Cinema Con Il Mostro (Ita Libro)

chiunque viva l’esperienza della guerra. Nel frattempo faceva ciò che poteva. Nessun
servizio gli sembrava troppo umile se doveva compierlo per il bene del Sud, nessuna
missione troppo pericolosa da eseguirsi giacché l’abito da civile nascondeva un cuore
da soldato, e poi, in fondo, in perfetta buona fede e senza porsi troppi problemi, egli
condivideva almeno una parte di quel rozzo proverbio francese per cui, “in amore e in
guerra, tutti i mezzi sono buoni”.
Una sera, mentre Farquhar e sua moglie sedevano sulla rustica panca posta proprio
all’ingresso del giardino che circondava la loro casa, un soldato in uniforme grigia
smontò davanti al loro cancello e chiese da bere. La signora Farquhar fu ben felice di
poterlo servire con le proprie candide mani. Mentre la donna andava a prendere il
bicchiere d’acqua richiesto, il marito si avvicinò a quel cavaliere impolverato e con
bruciante curiosità cominciò a interrogarlo sulle ultime notizie dal fronte.
«Gli Yankee stanno riparando la ferrovia» disse il soldato «e sono ormai pronti per
sferrare una nuova offensiva. Si sono impossessati del ponte di Owl Creek, l’hanno
rimesso a posto e hanno costruito una palizzata lungo la riva nord. Il comandante ha
emesso un ordine, e lo ha fatto affiggere ovunque, secondo cui ogni civile sorpreso a
danneggiare la ferrovia, i suoi ponti, nonché le gallerie o gli stessi convogli, sarà
impiccato senza processo. Ho visto quest’ordine con i miei occhi.»
«Quanto dista da qui il ponte di Owl Creek?» chiese Farquhar.
«Una cinquantina di chilometri.»
«E ci sono truppe appostate da questo lato del fiume?»
«Soltanto un posto di guardia lungo la strada ferrata a un settecento metri dal
fiume, e poi una sola sentinella all’estremità del ponte.»
«Se un uomo, un civile che si interessa di impiccagioni, per studio, riuscisse a
eludere la sorveglianza del posto di guardia e magari anche a dare il fatto suo alla
sentinella», e un sorriso piegò le labbra di Farquhar nel dire queste parole «cosa
potrebbe fare d’altro per completare il quadro?»
Il soldato rifletté un attimo. «Ero laggiù proprio un mese fa» rispose infine. «Ho
notato che la piena dello scorso inverno aveva ammucchiato un’ingente quantità di
tronchi sradicati proprio contro il pilone di legno che si trova a questa estremità del
ponte. Ora è tutto ben secco e brucerebbe come stoppa.»
In quel momento sopraggiunse la moglie di Farquhar con l’acqua, e il soldato poté
bere. Poi la ringraziò molto cerimoniosamente, accennò un inchino all’uomo e si
allontanò. Un’ora più tardi, quando già la notte era scesa, il cavaliere ripassò per la
piantagione diretto verso nord, nella stessa direzione da cui era venuto. Si trattava di
un federale in ricognizione.
Mentre Peyton Farquhar cadeva verticalmente attraverso le traverse del ponte,
perse conoscenza ed era come se fosse già morto. Poi però uscì da quello stato di
incoscienza, che a lui parve essere durato lunghi secoli, a causa del dolore che
scaturiva da una ferrea pressione sulla gola, seguito da un senso di soffocamento.
Dolori acuti e dilanianti sembravano irraggiarsi dal suo collo fino a raggiungere ogni
fibra del corpo anche nelle più lontane estremità degli arti. Questi spasimi
sembravano sfrecciare lungo ben determinate linee di ramificazione e risuonare con
scansioni straordinariamente brevi. Sembravano ondate di un fiume di fuoco che