AA.VV. - Al Cinema Con Il Mostro (Ita Libro)
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poggiato sull’avambraccio che era mantenuto rigido trasversalmente al petto: una<br />
posizione estremamente costruita e poco naturale, che obbliga il corpo ad assumere<br />
una posizione rigida e ferma. Non sembrava che fosse compito di quei due uomini<br />
sapere cosa avvenisse al centro del ponte: essi semplicemente bloccavano il<br />
passaggio alle due estremità della passerella che solcava il ponte.<br />
Davanti a una delle sentinelle non si scorgeva nessuno: soltanto la strada ferrata<br />
che puntava diritta per un centinaio di metri verso una foresta e poi disegnava una<br />
curva per scomparire infine alla vista. Senza dubbio doveva esserci un avamposto<br />
poco più avanti. Sull’altra riva del fiume il terreno era invece scoperto e la sua lieve<br />
pendenza era spezzata da una cinta di tronchi d’albero posti verticalmente su cui<br />
erano state praticate delle feritoie per le canne dei fucili, e un’unica più vasta apertura<br />
da cui sporgeva la bocca di un cannone d’ottone che controllava il ponte. A metà del<br />
pendio fra il ponte e il fortino erano fermi gli spettatori, una compagnia di fanti<br />
schierata in posizione di riposo, con il calcio dei fucili poggiato al suolo e la canna<br />
lievemente inclinata all’indietro fino a toccare la spalla destra, le mani incrociate<br />
sull’arma. Un tenente stava ritto all’estremità destra dello schieramento, con la punta<br />
della spada che toccava il suolo e con la mano sinistra appoggiata sulla destra. Tranne<br />
i quattro uomini al centro del ponte, nessun altro si muoveva. La compagnia era in<br />
riga davanti al ponte, tutti i soldati osservavano impassibili, senza il benché minimo<br />
movimento delle membra. Le sentinelle appostate sulle rive del fiume avrebbero<br />
anche potuto essere scambiate per statue poste a ornamento del ponte. <strong>Il</strong> capitano,<br />
ritto con le braccia incrociate e senza pronunciare una parola, sorvegliava il lavoro<br />
dei suoi subordinati senza che neppure un gesto spezzasse la sua immobilità. La<br />
morte è come un’ospite illustre che quando viene annunciata occorre ricevere<br />
tributandole ogni ossequiosa dimostrazione di rispetto, anche da parte di chi ha più<br />
familiarità con essa. In base alle norme dell’etichetta militare, il silenzio e<br />
l’immobilità sono forme di deferenza.<br />
L’uomo che stava per essere impiccato dimostrava l’apparente età di trentacinque<br />
anni. Era un civile, almeno a giudicare dagli abiti che erano quelli tipici di un colono.<br />
Aveva dei lineamenti fini: naso dritto, bocca dal taglio deciso, fronte ampia lasciata<br />
sgombra dai lunghi capelli neri gettati all’indietro che ricadevano dietro le orecchie<br />
fino al collo di una finanziera di buon taglio. Aveva baffi e barbetta a punta, ma senza<br />
favoriti; gli occhi erano grandi, color grigio scuro, ed esprimevano una mitezza che<br />
difficilmente ci si sarebbe aspettati di trovare in un individuo con la corda attorno al<br />
collo. Certamente non si trattava di un volgare assassino. L’eclettico codice militare è<br />
all’altezza di provvedere all’impiccagione di svariati tipi di individui, e neanche i<br />
gentiluomini fanno eccezione.<br />
Quando tutti i preparativi furono ultimati, i due soldati si spostarono di lato e<br />
ciascuno tolse l’asse su cui si era tenuto fino a poco prima. <strong>Il</strong> sergente si volse allora<br />
verso il capitano, lo salutò e poi andò a porsi immediatamente dietro l’ufficiale che a<br />
sua volta si spostò di un passo a lato. Questi spostamenti fecero sì che il condannato e<br />
il sergente venissero a trovarsi alle due estremità di una stessa asse posta a ricoprire<br />
tre traverse del ponte. L’estremità su cui era ritto il civile si allungava – senza però<br />
riuscire a raggiungerla – verso una quarta sbarra. L’asse era stata fino a poco prima<br />
mantenuta in equilibrio dal peso del capitano, e lo era ora grazie a quello del sergente.