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AA.VV. - Al Cinema Con Il Mostro (Ita Libro)

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arilotto di vodka; dopo di che i due amici, seduti in un granaio, ne tracannarono<br />

quasi mezzo secchio, e alla fine il filosofo si alzò in piedi e gridò: «1 musicanti!<br />

Voglio qui dei musicanti!». E senza attendere l’accompagnamento musicale si mise a<br />

danzare una giga al centro del cortile. Ballò finché non giunse l’ora dello spuntino<br />

pomeridiano, e i servi che si erano raccolti in cerchio attorno a lui, come si usava in<br />

simili occasioni, sputarono per terra e si allontanarono, commentando: «Accidenti,<br />

che tipo scatenato è costui!». Infine il filosofo si coricò sul posto, addormentandosi, e<br />

per svegliarlo all’ora di cena si rese necessaria una buona doccia d’acqua fredda. A<br />

cena, Homa Brut parlò di cosa significasse essere un cosacco, e spiegò che lui non<br />

temeva nulla al mondo.<br />

«È arrivato il momento di andare» annunciò a un certo punto Yavtuh.<br />

“Ah, se ti si conficcasse una scheggia nella lingua, maledetto zoticone! “ pensò il<br />

filosofo, e alzandosi in piedi disse: «Andiamo».<br />

Strada facendo, Homa Brut continuò a guardare ora a destra ora a sinistra, e fece<br />

qualche timido tentativo di imbastire una conversazione coi compagni. Ma Yavtuh<br />

rimase muto, e perfino Dorosh mostrava una notevole riluttanza a parlare. Era una<br />

notte d’inferno. Un intero branco di lupi ululava in lontananza, e anche il latrato dei<br />

cani aveva un’eco spaventosa.<br />

«Ho l’impressione che sia qualcos’altro a ululare... quello non è l’ululato di un<br />

lupo» disse Dorosh. Yavtuh non aprì bocca. <strong>Il</strong> filosofo non riuscì a trovare nulla da<br />

dire.<br />

Raggiunsero la chiesa ed entrarono sotto le sue cupole di legno fatiscenti che<br />

dimostravano quanto il proprietario del villaggio trascurasse Dio e la propria anima.<br />

Come sempre, Yavtuh e Dorosh si ritirarono, e il filosofo rimase solo.<br />

Non era cambiato nulla: ogni cosa conservava il medesimo aspetto sinistro ormai<br />

familiare. Homa Brut rimase perfettamente fermo per un minuto buono. <strong>Il</strong> feretro<br />

dell’orribile strega era ancora immobile al centro della chiesa.<br />

«Non avrò paura... per Dio, non ne avrò!» disse il filosofo, e tracciando un cerchio<br />

attorno a sé, come aveva già fatto in precedenza, cominciò a richiamare alla mente<br />

tutte le formule e gli esorcismi che conosceva. La quiete era terrificante; le candele<br />

sfrigolavano e inondavano di luce l’interno dell’edificio. <strong>Il</strong> filosofo girò una pagina,<br />

poi un’altra, e si accorse che non stava leggendo quello che c’era scritto nel libro.<br />

Inorridendo, si fece il segno della croce e iniziò a intonare una salmodia. Quel fatto<br />

gli infuse un briciolo di coraggio, la lettura riprese più speditamente, e le pagine si<br />

susseguivano rapide una dopo l’altra.<br />

Tutt’a un tratto, nel silenzio assoluto, il coperchio di ferro della bara si spalancò<br />

con un rumore assordante, e il cadavere si alzò In piedi. Era più terrificante della<br />

prima volta. I suoi denti sbattevano orribilmente l’un contro l’altro, le labbra si<br />

torcevano convulse e da esse uscivano incantesimi sotto forma di grida selvagge. Un<br />

vortice di vento spazzò la chiesa; le icone caddero sul pavimento, frammenti di vetro<br />

rotto schizzarono dalle finestre. Le porte vennero scardinate, e una torma di esseri<br />

mostruosi si riversò a invadere la casa di Dio. Un rumore spaventoso di ali e di artigli<br />

graffianti riempì la chiesa. Tutti quegli esseri volarono o corsero in ogni angolo in<br />

cerca del filosofo.

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