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AA.VV. - Al Cinema Con Il Mostro (Ita Libro)

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finalmente una nota stridula: era il canto di un gallo. Completamente esausto, Homa<br />

si fermò e riprese fiato.<br />

Quando vennero ad aprirgli, lo trovarono più morto che vivo; era appoggiato con la<br />

schiena a una parete, avevo gli occhi sbarrati, prossimi al punto di schizzare dalle<br />

orbite, fissi sui cosacchi che entrarono in chiesa. Homa non si reggeva in piedi, e<br />

dovettero sostenerlo durante il tragitto di ritorno. Una volta raggiunto il cortile della<br />

masseria, il filosofo si ricompose e chiese con un cenno un boccale di vodka.<br />

Quand’ebbe bevuto, si lisciò i capelli, ritti sul suo capo, e disse: «Ci sono cose turpi e<br />

disgustose di ogni sorta a questo mondo, e a bizzeffe! E mettono addosso certe<br />

paure...» e fece un gesto con la mano per esprimere la propria disperazione.<br />

Gli uomini seduti attorno a lui chinarono la testa, sentendo tali parole. Perfino un<br />

ragazzino, dal quale tutti i servi si sentivano in diritto di farsi sostituire quando si<br />

trattava di pulire le stalle o andare a prendere l’acqua, perfino quel povero giovinetto<br />

fissò a bocca aperta il filosofo.<br />

In quell’istante l’aiutante della cuoca – una contadina che non aveva ancora<br />

superato la mezza età, una terribile civetta che trovava sempre qualcosa da appuntare<br />

al proprio cappellino... una striscia di nastro, un fiore, o perfino un pezzetto di carta<br />

colorata se non aveva a disposizione nulla di meglio – passò accanto al gruppo,<br />

indossando un grembiule stretto in vita, che metteva in risalto la sua figura piena e<br />

robusta.<br />

«Buon giorno, Homa!» disse, vedendo il filosofo. «Ahi, ahi, ahi! Che vi è<br />

successo?» strillò torcendosi le mani.<br />

«Perché? Che c’è, sciocca donna?»<br />

«Oh, santo cielo, guardatevi, siete diventato tutto grigio!»<br />

«Ehi! Sì, ha ragione!» intervenne Spirid, osservando attentamente il filosofo.<br />

«Perbacco, siete proprio diventato grigio come il nostro vecchio Yavtuh.»<br />

<strong>Il</strong> filosofo a un simile annuncio si precipitò in cucina, dove aveva notato appeso a<br />

una parete un frammento triangolare di specchio macchiato dalle mosche, di fronte al<br />

quale c’erano non-ti-scordar-di-me, pervinche e perfino ghirlande di calendole, a<br />

testimoniare quanto fosse importante lo specchio per la toeletta di quella civettuola<br />

dell’aiutante. Inorridendo, Homa Brut constatò che metà dei suoi capelli erano<br />

davvero sbiancati, e che non si trattava di uno scherzo.<br />

Ciondolando il capo, il filosofo si abbandonò alla riflessione. “Andrò dal padrone»<br />

decise infine. “Gli racconterò quanto è successo, e gli spiegherò che non posso<br />

continuare a leggere. Voglio che mi rimandi subito a Kiev.”<br />

<strong>Con</strong> quei pensieri nella mente, si avviò verso il portico della casa.<br />

<strong>Il</strong> sotnik sedeva pressoché immobile nel salotto. Sul suo volto si leggeva .ancora la<br />

medesima espressione di sofferenza disperata che il filosofo vi aveva visto nel loro<br />

primo incontro. Però ora le sue guance erano maggiormente scavate. Era evidente che<br />

il sotnik aveva toccato pochissimo cibo, o forse non aveva mangiato affatto. <strong>Il</strong> pallore<br />

straordinario del suo viso gli conferiva un’aria di immobilità statuaria.<br />

«Buon giorno» disse il sotnik vedendo Homa fermo sulla soglia col berretto in<br />

mano. «Bé, come va? Tutto soddisfacente?»<br />

«Ah, sì, davvero soddisfacente... succedono fatti talmente diabolici che a uno non<br />

resta che prendere il cappello e darsela a gambe.»

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