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AA.VV. - Al Cinema Con Il Mostro (Ita Libro)

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tenebre, e solo verso occidente rimaneva una pallida striatura sfocata degli ultimi<br />

bagliori dell’astro calante.<br />

«Che diavolo significa?» disse il filosofo, Homa Brut. «Sembrava che dovesse<br />

esserci un villaggio da un istante all’altro.»<br />

<strong>Il</strong> teologo non disse una parola; si guardò intorno, scrutando la campagna, poi<br />

rimise la pipa in bocca, e la minuscola comitiva proseguì il cammino.<br />

«O perbacco!» esclamò il filosofo, fermandosi di nuovo. «Non si vede in giro<br />

nemmeno una coda di diavolo!»<br />

«Forse incontreremo un villaggio più avanti» disse il teologo, senza togliersi la<br />

pipa di bocca.<br />

Ma nel frattempo era sopraggiunta la notte, una notte piuttosto buia. Piccole nubi<br />

temporalesche accrescevano ulteriormente l’oscurità, e a giudicare da quel che<br />

prometteva il cielo, loro non potevano certo aspettarsi né la comparsa delle stelle, né<br />

quella della luna. A un dato punto, gli studenti si accorsero di essersi smarriti, e di<br />

avere abbandonato il sentiero da un bel pezzo.<br />

<strong>Il</strong> filosofo, dopo aver sondato il terreno in tutte le direzioni con i piedi, disse infine;<br />

«Ma insomma, dov’è la strada?».<br />

<strong>Il</strong> teologo rimase zitto alcuni istanti, poi, dopo aver riflettuto, disse: «Sì, è una<br />

notte scura».<br />

<strong>Il</strong> retorico si scostò di lato, si inginocchiò e cercò a tentoni la strada, ma le sue<br />

mani non trovarono altro che buche e tane d’animali. Tutt’intorno a loro si estendeva<br />

la steppa che, a quanto pareva, era ancora inviolata dall’uomo.<br />

I viandanti si sforzarono di affrettare leggermente il passo, ma erano sempre<br />

circondati da quella landa desolata e deserta. <strong>Il</strong> filosofo provò a gridare, ma la sua<br />

voce parve perdersi nella vastità della steppa, e non ottenne alcuna risposta. Udirono<br />

solo, alcuni istanti dopo, un gemito fievole in lontananza, simile all’ululato di un<br />

lupo.<br />

«Orbene, che facciamo?» disse allora il filosofo.<br />

«Perbacco, ci fermiamo e dormiamo all’aperto!» rispose prontamente il teologo, e<br />

frugò nella tasca in cerca della pietra focaia e dello stoppino per accendere la pipa.<br />

Ma il filosofo non era d’accordo su quella proposta: per cena aveva l’abitudine di<br />

sbafarsi almeno una pagnotta di quattro libbre accompagnata da una quantità<br />

equivalente di lardo, e in quella circostanza avvertiva un insopportabile senso di<br />

solitudine nel proprio stomaco. E poi, nonostante il carattere allegro, il filosofo<br />

temeva i lupi. ‘<br />

«No, Halyava, non possiamo farlo» ribattè. «È inaudito... dovremmo coricarci<br />

come cani, senza aver messo un boccone di qualcosa sotto i denti? Facciamo un altro<br />

tentativo. Magari alla fine ci imbatteremo in un’abitazione e per cena potremo avere<br />

almeno un sorso di vodka.»<br />

<strong>Al</strong>la parola vodka, il teologo sputò di fianco a sé, e disse: «Già, giusto, è assurdo<br />

fermarsi qui all’aperto».<br />

Gli studenti proseguirono il cammino finché, con loro suprema delizia, udirono un<br />

lontano abbaiare di cani. Ascoltarono da quale direzione provenisse e avanzarono<br />

speditamente, e dopo breve tempo videro una luce.<br />

«Un villaggio! È proprio un villaggio!» esclamò il filosofo.

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