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AA.VV. - Al Cinema Con Il Mostro (Ita Libro)

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«Pronta, André!» gridai, seguendo le sue istruzioni senza neppure cercare gli<br />

occhiali da sole.<br />

Lo sentii muoversi per la stanza e poi aprire e richiudere la porta del disintegratore.<br />

Dopo quella che mi sembrò un’attesa lunghissima ma che probabilmente non durò<br />

più di un minuto, udii un violento rumore di esplosione e intravvidi un lampo<br />

luminoso attraverso le palpebre chiuse e le dita.<br />

Mi girai mentre la porta della cabina si apriva.<br />

La sua testa e le spalle erano ancora coperte dal panno di velluto marrone. André<br />

uscì con cautela.<br />

K Come ti senti, André? Qualche differenza?» gli chiesi toccandogli il braccio.<br />

Lui cercò di allontanarsi e inciampò con il piede in uno degli sgabelli che non mi<br />

ero preoccupata di spostare. Fece un enorme sforzo per mantenersi in equilibrio, ma<br />

mentre cadeva pesantemente all’indietro il drappo di velluto gli scivolò lentamente<br />

dalla testa e dalle spalle.<br />

<strong>Il</strong> disgusto fu per me troppo grande, troppo inaspettato. A dire il vero sono certa<br />

che se anche l’avessi saputo, l’impatto orrendo del primo momento non avrebbe<br />

potuto essere meno terribile. Sforzandomi di premere entrambe le mani sulla bocca<br />

per soffocare le urla, e nonostante le mie dita sanguinassero, gridai senza riuscire a<br />

fermarmi. Non potevo distogliere gli occhi da lui, non riuscivo neppure a chiuderli,<br />

anche se sapevo che se avessi guardato quella cosa orrenda ancora per un po’ avrei<br />

continuato a urlare per il resto della mia vita.<br />

Lentamente, il mostro, la cosa che era stata mio marito, si coprì la testa, si rialzò e<br />

raggiunse a tentoni la porta per andare nell’altra stanza. Sebbene stessi ancora<br />

urlando, riuscii a chiudere gli occhi.<br />

Io, che ero sempre stata una cattolica praticante, che credevo in Dio e in un’altra<br />

vita migliore dopo questa, non ho oggi che una speranza: che quando morirò sia<br />

morta per davvero e che non ci siano altre vite di nessun tipo, perché, se ve ne sono,<br />

non avrò mai la possibilità di dimenticare! Di notte e di giorno, sveglia o<br />

addormentata, me lo vedo davanti agli occhi e so di essere condannata a vederlo per<br />

sempre, forse persino al di là della dimenticanza.<br />

Fino al momento della mia morte, nulla potrà riuscire a farmi dimenticare quella<br />

terribile testa bianca e pelosa, con il cranio basso e piatto e due orecchie appuntite.<br />

Roseo e umidiccio, anche il naso era quello di un gatto. Ma gli occhi! O meglio, al<br />

posto di quelli che dovevano essere gli occhi, c’erano due rigonfiamenti marrone<br />

della grandezza di un piatto. <strong>Al</strong> posto della bocca, umana o animale, c’era una lunga<br />

fessura pelosa che si apriva verticalmente, dalla quale pendeva una proboscide nera e<br />

tremolante che si allargava all’estremità come una tromba e dalla quale colava in<br />

continuazione della saliva.<br />

Credo di essere svenuta, perché mi trovai stesa sullo stomaco sul cemento freddo<br />

del pavimento del laboratorio, con gli occhi fissi sulla porta chiusa al di là della quale<br />

sentivo il ticchettio della macchina da scrivere di André.<br />

Intontita, stordita e vuota, dovevo apparire come chi, dopo un terribile incidente,<br />

sembra non comprendere del tutto ciò che è successo. Riuscivo solo a pensare a un<br />

uomo che avevo visto una volta sulla pensilina di una stazione ferroviaria,

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