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AA.VV. - Al Cinema Con Il Mostro (Ita Libro)

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macchina personalmente, eseguiva ogni volta un esperimento o due davanti ai loro<br />

occhi. Ma questa volta continuò a lavorare. Una mattina gli chiesi finalmente quando<br />

intendeva tenere il suo solito “ricevimento a sorpresa”, come lo chiamavamo noi.<br />

«No, Hélène, dovrà ancora passare molto tempo. Questa scoperta è troppo<br />

importante. Ho ancora una quantità di lavoro impressionante da portare a termine. Ti<br />

rendi conto che ci sono alcune parti riguardanti la trasmissione che io stesso non<br />

capisco ancora del tutto? Funziona, d’accordo, ma vedi, non posso dire<br />

semplicemente a tutti quegli eminenti professori che faccio questo e questo e... puff,<br />

funziona! Devo essere in grado di spiegare come e perché funziona. E ciò che è più<br />

importante devo essere pronto a ribattere a qualsiasi argomentazione contraria, che<br />

non mancheranno di far affiorare come fanno di solito quando si trovano di fronte a<br />

qualcosa di Veramente valido.»<br />

Fui invitata occasionalmente nel suo laboratorio per assistere a qualche nuovo<br />

esperimento, ma non andai mai senza che André me lo chiedesse, e parlavo del suo<br />

lavoro solo quando era lui a introdurre l’argomento per primo. Naturalmente non mi<br />

venne mai in mente che lui, almeno così presto, avrebbe tentato un esperimento con<br />

un essere umano; se ci avessi pensato – e conoscendo André – sarebbe stato ovvio<br />

che non avrebbe mai permesso a nessuno di entrare nel trasmettitore prima di essersi<br />

personalmente sottoposto alla prova. Fu solo dopo l’incidente che scoprii che aveva<br />

duplicato tutti gli interruttori all’interno della cabina di disintegrazione allo scopo di<br />

poterli azionare personalmente.<br />

<strong>Il</strong> mattino che André tentò il suo terribile esperimento non si fece vedere per il<br />

pranzo. Mandai la cameriera con un vassoio, ma lei lo riportò assieme a un biglietto<br />

che aveva trovato appuntato fuori della porta del suo laboratorio: Non disturbatemi,<br />

sto lavorando.<br />

Di tanto in tanto era solito mettere sulla porta biglietti di quel genere e, sebbene<br />

l’avessi notato, non prestai particolare attenzione alla calligrafia insolitamente grande<br />

del messaggio.<br />

Fu immediatamente dopo, mentre stavo bevendo il caffè; che Henri entrò<br />

saltellando nella stanza dicendomi che aveva catturato una strana mosca e che voleva<br />

che la guardassi. Rifiutandomi persino di guardare il suo pugno chiuso gli ordinai di<br />

lasciarla andare immediatamente.<br />

«Ma mamma, ha una testa bianca così buffa!»<br />

Spingendo il ragazzo fino alla finestra aperta, gli ordinai di lasciar libera la mosca<br />

immediatamente, cosa che fece. Sapevo che Henri l’aveva catturata solo perché<br />

pensava che avesse un aspetto curioso o diverso dalle altre, ma sapevo anche che suo<br />

padre non avrebbe mai ammesso nessuna forma di crudeltà verso gli animali, e che ci<br />

sarebbe stato un pandemonio se avesse scoperto che nostro figlio aveva rinchiuso una<br />

mosca in una bottiglia o in una scatola.<br />

Quella sera, all’ora di cena, André non si era ancora fatto vivo e io, un po’<br />

preoccupata, corsi al laboratorio e bussai alla porta.<br />

Lui non rispose al mio bussare, ma sentii che si muoveva, e dopo un momento<br />

infilò un biglietto sotto la porta. Era scritto a macchina:

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