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AA.VV. - Al Cinema Con Il Mostro (Ita Libro)

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«Penso che quella mosca debba essere morta da tempo, Henri, e che tu ti sia<br />

sbagliato» dissi alzandomi e dirigendomi verso la porta.<br />

Ma non appena fuori della sala da pranzo mi precipitai lungo le scale fino al mio<br />

studio. Non c’erano mosche in vista.<br />

Ero seccato, molto più di quanto mi preoccupassi perfino di credere. Henri aveva<br />

appena dimostrato che Charas era veramente più vicino alla realtà di quanto<br />

sembrava quando mi aveva parlato delle sue ipotesi a proposito del passato di Hélène.<br />

Per la prima volta mi chiesi se davvero Charas non sapesse più di quanto lasciasse<br />

intendere. Per la prima volta, inoltre, mi posi delle domande su Hélène. Era<br />

veramente pazza? Una sensazione strana, terribile, stava crescendo entro di me, e<br />

quanto più ci pensavo tanto più sentivo che, in qualche modo, Charas aveva ragione.<br />

Hélène la stava facendo franca!<br />

Quale poteva essere stata la ragione plausibile per un crimine tanto mostruoso?<br />

Che cosa aveva condotto la situazione a quel punto? Che cos’era successo?<br />

Pensai alle centinaia di domande che Charas aveva rivolto a Hélène, talvolta<br />

gentilmente come un infermiere che cercasse di calmarla, a volte serio e freddo, a<br />

volte ringhiando furiosamente. Hélène aveva risposto a poche, sempre con voce<br />

calma e tranquilla e senza mai prestare nessuna attenzione al tono in cui le domande<br />

le venivano rivolte. Sebbene annebbiata, in quei momenti mi era sembrata<br />

perfettamente sana.<br />

Elegante, di buona famiglia e istruito, Charas era molto più che un semplice<br />

ufficiale di polizia intelligente. Era un esperto psicologo e aveva una sorprendente<br />

capacità di annusare una bugia o una dichiarazione sbagliata prima ancora che<br />

venisse detta. Sapevo che aveva accettato per vere le poche risposte che Hélène gli<br />

aveva dato. Ma c’erano anche tutte le domande a cui lei non aveva mai risposto; le<br />

più dirette e importanti. Fin dall’inizio Hélène aveva adottato un sistema molto<br />

semplice. «Non posso rispondere a questa domanda» diceva con voce bassa e<br />

tranquilla. E non c’era altro da fare. La ripetizione della medesima domanda non<br />

parve mai irritarla. In tutte le ore di interrogatorio che dovette subire, Hélène non fece<br />

mai notare al commissario che le aveva già chiesto questo o quello. Si limitava a dire:<br />

«Non posso rispondere a questa domanda»come se fosse la prima volta che quella<br />

particolare questione le veniva presentata e la prima volta che lei rispondeva a quel<br />

modo.<br />

Quella frase era diventata una barriera invalicabile oltre la quale il commissario<br />

Charas non poteva dare neppure un’occhiata, né farsi un’idea di ciò che Hélène stesse<br />

pensando. Lei aveva risposto molto volentieri a tutte le domande che riguardavano la<br />

sua vita con mio fratello – che sembrava felice e monotona – fino al giorno in cui era<br />

finita. Quanto alla morte di lui, tuttavia, tutto ciò che lei diceva era che l’aveva ucciso<br />

con il maglio a vapore; ma rifiutava di spiegare il perché, che cosa l’avesse condotta<br />

a quel gesto tragico e come fosse riuscita a convincere mio fratello a infilare la testa<br />

sotto la pressa. Non rifiutò mai seccamente; assumeva semplicemente un’espressione<br />

vacua, senza emozioni apparenti, e passava al: «Non posso rispondere a questa<br />

domanda».<br />

Hélène, come ho già detto, aveva dimostrato al commissario di saper regolare e far<br />

funzionare la pressa. Charas non poteva che trovare un solo fatto che non coincideva

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