AA.VV. - Al Cinema Con Il Mostro (Ita Libro)
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«Immagino che abbiate un guardiano notturno alla fabbrica, signor Delambre. Vi<br />
ha chiamato?» chiese il commissario Charas sollevando il pedale della frizione<br />
quando mi fui seduto accanto a lui dopo aver chiuso la portiera dell’automobile.<br />
«No, non mi ha chiamato. Anche se naturalmente mio fratello potrebbe essere<br />
entrato in fabbrica passando dal suo laboratorio, dove lavorava spesso fino a tarda<br />
notte... a volte per tutta la notte.»<br />
«<strong>Il</strong> lavoro del professor Delambre ha a che fare con i vostri affari?»<br />
«No. Mio fratello sta, o stava, conducendo delle ricerche per il Ministero<br />
dell’aviazione. Quando decise di allontanarsi da Parigi, pur restando in un raggio in<br />
cui gli operai specializzati potessero riparargli o costruirgli congegni grandi e piccoli<br />
per i suoi esperimenti, gli offrii uno dei vecchi laboratori della fabbrica, e lui andò ad<br />
abitare nella prima casa costruita da nostro nonno sulla sommità della collina, dietro<br />
la fabbrica.»<br />
«Sì, capisco. Parlava del suo lavoro? Di che genere di ricerche si trattava?»<br />
«Ne parlava raramente, sapete; immagino che al Ministero dell’aviazione ne<br />
sapranno di più. So solo che era sul punto di portare a termine un certo numero di<br />
esperimenti che aveva programmato da qualche mese; qualcosa che aveva a che fare<br />
con la disintegrazione della materia, mi disse.»<br />
Rallentando appena, il commissario guidò l’automobile dalla strada attraverso il<br />
cancello aperto della, fabbrica e accostò bruscamente accanto a un poliziotto che<br />
sembrava aspettarlo.<br />
Non ebbi bisogno di udire la conferma dell’agente. Ora ero certo che mio fratello<br />
era morto; sembrava che me l’avessero detto da anni. Tremando come una foglia<br />
scesi dall’auto, seguendo il commissario.<br />
Un altro poliziotto uscì da una porta e ci condusse verso uno dei capannoni, dove<br />
tutte le luci erano state accese. <strong>Al</strong>tri agenti in attesa accanto al maglio guardavano<br />
due uomini che stavano sistemando una macchina fotografica. Era inclinato verso il<br />
basso e dovetti fare uno sforzo per vederlo.<br />
Era meno terrificante di quanto mi fossi aspettato. Sebbene non avessi mai visto<br />
mio fratello ubriaco, sembrava proprio che stesse dormendo dopo una sbornia<br />
colossale, steso sullo stomaco sulla stretta linea lungo la quale le lastre di metallo<br />
incandescenti venivano guidate fino alla pressa. Vidi al primo sguardo che la testa e<br />
un braccio non potevano che essere una massa in poltiglia, ma la cosa sembrava del<br />
tutto impossibile; pareva che, chissà come, avesse infilato da solo la testa e il braccio<br />
sotto la massa metallica del maglio.<br />
Dopo aver parlato con i suoi colleghi, il commissario si rivolse a me: «Come si fa a<br />
sollevare la pressa, monsiuer Delambre?».<br />
«Lo faccio io.»<br />
«Vi spiacerebbe portare con voi uno dei miei uomini?»<br />
«No, d’accordo. Guardate, ecco l’interruttore. In origine era una pressa a vapore,<br />
ma ora qui tutto funziona elettricamente. Vedete, commissario, il maglio è stato<br />
regolato a 50 tonnellate, con impatto a zero.»<br />
«A zero...?»<br />
«Sì, livello del suolo, se preferite. È anche disposto per colpi singoli, il che<br />
significa che deve essere risollevato dopo ogni colpo. Non so cosa avrà da dire,a