AA.VV. - Al Cinema Con Il Mostro (Ita Libro)
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«È una specie di dinosauro!» Le ginocchia mi si piegarono, dovetti reggermi alla<br />
ringhiera delle scale.<br />
«Sì, è di quella razza.»<br />
«Ma si sono estinti!»<br />
«No, hanno solo cercato rifugio nelle profondità degli abissi. Sono scesi, e scesi e<br />
ancora scesi, sempre più giù nelle più cupe profondità dell’Abisso. Non c’è infatti che<br />
una parola per definire quei luoghi, Johnny, un’unica e conclusiva parola: Abisso.<br />
Tutta la freddezza e l’oscurità e la profondità del mondo sono racchiuse in questa<br />
parola.»<br />
«Cosa dobbiamo fare?»<br />
«Fare? Abbiamo il nostro lavoro da svolgere, non possiamo certo andarcene. E poi,<br />
siamo molto più al sicuro qui che su qualsiasi imbarcazione che cercasse di<br />
raggiungere la terraferma. Quello che sta là fuori è grande quanto un<br />
cacciatorpediniere e sicuramente altrettanto veloce.»<br />
«Ma perché viene proprio qui?»<br />
L’attimo successivo mi portò la risposta alla mia domanda.<br />
La Sirena da Nebbia chiamò nella notte.<br />
E il nostro rispose.<br />
Un gridò scivolò attraverso un milione d’anni d’acqua e di nebbia. Un grido così<br />
carico di angoscia e di solitudine da riempire di brividi la mia testa e il mio corpo. <strong>Il</strong><br />
mostro gridava in direzione del faro. E la Sirena da Nebbia chiamava nella notte. E di<br />
nuovo il mostro le rispose. E ancora la Sirena da Nebbia chiamò. <strong>Il</strong> mostro spalancò<br />
la sua enorme bocca dentata e il suono che ne scaturì era simile all’urlo della Sirena<br />
da Nebbia. Solitario e potente, terribilmente lontano. La voce dell’isolamento più<br />
totale, un mare invisibile, una notte fredda, solitudine. Questo era il suono.<br />
«E adesso», bisbigliò McDunn «hai capito perché viene qui?» Annuii.<br />
«Per tutto l’anno, Johnny, questo povero mostro se ne sta rintanato lontano, a<br />
migliaia di chilometri da qui, protetto dalle profondità marine, forse anche trentamila<br />
metri sotto la cresta delle onde, ricordando il suo tempo, e magari questa creatura così<br />
solitaria è vecchia di un milione di anni. Pensa, sta aspettando da un milione di anni;<br />
tu sapresti attendere tanto a lungo? Forse è l’ultimo della sua specie. Credo che sia<br />
proprio così. Poi gli uomini arrivarono su questa striscia di terra e costruirono il faro,<br />
cinque anni fa. E vi sistemarono la Sirena da Nebbia e la misero in funzione<br />
lasciando che il suo richiamo si dilatasse lontano, fino a quel luogo dove tu giaci<br />
immerso nel sonno e in liquidi ricordi di un mondo popolato da migliaia di tuoi<br />
simili, ma ormai tu sei rimasto solo, completamente solo in un mondo che non è più a<br />
tua misura, un mondo dove sei costretto a nasconderti.<br />
«Ma il suono della Sirena da Nebbia viene e fugge, viene e fugge, e tu allora ti levi<br />
dal fondo melmoso dell’Abisso, e i tuoi occhi si aprono come gli obiettivi di<br />
smisurate macchine fotografiche e poi cominci a muoverti, lentamente, lentamente<br />
perché sulle tue spalle le acque dell’oceano premono gravose. Ma quella Sirena da<br />
Nebbia risuona attraverso una distesa di migliaia di chilometri di mare, un suono<br />
debole e familiare, e la fornace del tuo ventre chiede ora di essere alimentata mentre<br />
cominci a salire, lentamente, lentamente. Ti nutri nelle correnti di merluzzi e di pesci<br />
più piccoli, nei fiumi di meduse, e intanto continui a salire lentamente lungo i mesi