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AA.VV. - Al Cinema Con Il Mostro (Ita Libro)

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<strong>Il</strong> vecchio, puntellato sul letto da cuscini, si era abbandonato a un leggero sonno.<br />

Le sue mani erano posate sul copriletto, la sinistra serrata strettamente attorno alla<br />

destra. Eustace prese un quaderno vuoto e mise una matita poco lontano dalle dita<br />

della mano destra di suo zio. Quelle l’afferrarono con avidità, lasciandola poi cadere<br />

per allentare la forte pressione della stretta della sinistra.<br />

“Forse, per evitare interferenze, sarà bene che io tenga l’altra mano” pensò Eustace<br />

guardando la matita. Quasi immediatamente questa cominciò a scrivere: “Borlsover<br />

confusionari, inutilmente innaturali, straordinariamente eccentrici, colpevolmente<br />

curiosi”.<br />

«Chi sei?» chiese a bassa voce Eustace.<br />

“Non ti interessa” scrisse la mano di Adrian.<br />

«È mio zio che sta scrivendo?»<br />

“O mia profetica anima, mio zio!»<br />

«È forse qualcuno che conosco?»<br />

“Sciocco Eustace, mi vedrai molto presto.”<br />

«Quando potrò vederti?»<br />

“Quando il povero Adrian sarà morto.”<br />

«Dove ti vedrò?»<br />

“Dove non mi vedrai?”<br />

Invece di formulare a voce la domanda seguente, Eustace la scrisse: “Che ore<br />

sono?”.<br />

Le dita lasciarono la matita e si mossero tre o quattro volte sulla carta. Poi, dopo<br />

aver ripreso la matita, scrissero: “Le quattro e dieci. Metti via il quaderno, Eustace.<br />

Adrian non deve trovarci a lavorare a cose di questo tipo. Non saprebbe cosa pensare<br />

e non voglio che il povero vecchio ne sia turbato. Au revoir!”.<br />

Adrian Borlsover si svegliò di soprassalto.<br />

«Ho sognato di nuovo» disse. «Strani sogni di città assediate e borghi dimenticati.<br />

In qualche modo c’entravi anche tu, Eustace, sebbene non riesca a ricordare come.<br />

Voglio metterti in guardia. Non camminare su sentieri che non conosci. Scegli bene i<br />

tuoi amici. <strong>Il</strong> tuo povero nonno...»<br />

Un attacco di tosse interruppe ciò che stava per dire, ma Eustace si accorse che la<br />

mano stava continuando a scrivere. Senza farsene accorgere riuscì a prendere il<br />

quaderno. «Accenderò il gas» disse «e farò preparare il tè.» Dall’altra parte della<br />

tenda del letto guardò le ultime frasi che erano state scritte.<br />

“È troppo tardi, Adrian” lesse. “Noi siamo già amici, non è vero, Eustace<br />

Borlsover?”<br />

<strong>Il</strong> giorno seguente Eustace partì. Quando lo salutò, pensò che lo zio sembrava<br />

ammalato. <strong>Il</strong> vecchio gli parlò scoraggiato del fallimento della propria vita.<br />

«Sciocchezze, zio» disse il nipote. «Hai superato le tue difficoltà come non uno su<br />

centomila avrebbe fatto. Ognuno si meraviglia della splendida perseveranza con la<br />

quale hai insegnato alle tue mani a sostituire la vista perduta. Per me è stata una<br />

rivelazione delle possibilità dell’apprendimento.»<br />

«Apprendimento» disse lo zio in tono sognante, come se quella parola avesse<br />

messo in moto un nuovo corso di pensieri. «L’apprendimento è buono finché si sa a<br />

chi e per quali scopi viene impartito. Ma nel caso delle categorie più basse degli

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