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AA.VV. - Al Cinema Con Il Mostro (Ita Libro)

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Era incapace di interessarsi al destino o alle fortune dei prossimo, schiavo com’era<br />

dei suoi desideri e delle sue basse ambizioni. Freddo, lucido ed egoista all’estremo,<br />

possedeva quel minimo di prudenza – definita a torto moralità – che tiene lontano<br />

l’uomo dall’ubriachezza molesta e dai furti punibili dalla legge. Inoltre, desiderava<br />

conservarsi la considerazione e la stima dei professori e degli studenti suoi colleghi, e<br />

non aveva la minima intenzione di fallire in modo evidente negli aspetti esterni della<br />

vita. Così, si compiaceva di ottenere lodi e distinzione negli studi, rendendo un<br />

giorno dopo l’altro indiscutibili servigi di controllo al suo datore di lavoro, il signor<br />

K. Si ripagava poi di ogni giorno di lavoro con notti di stravizi turbolenti e<br />

furfanteschi. Quando una specie di equilibrio veniva raggiunto, quell’organo che egli<br />

definiva la propria coscienza si dichiarava soddisfatto.<br />

<strong>Il</strong> rifornimento dei soggetti era un perenne cruccio tanto per lui quanto per il suo<br />

maestro. In quella classe così numerosa e indaffarata, la materia prima per gli<br />

anatomisti non era mai sufficiente; la fatica dell’approvvigionamento era spiacevole<br />

non solo di per sé, ma anche a causa delle pericolose conseguenze che minacciavano<br />

tutti coloro che vi erano immischiati. La politica del signor K. consisteva nel<br />

trascurare ogni domanda in merito a quel commercio. «Loro portano il corpo, noi<br />

paghiamo il prezzo» era solito dire, indugiando sull’allitterazione seguente, «quid pro<br />

quo.» E ancora, rivolgendosi ai suoi assistenti diceva, con un’ombra di cinismo:<br />

«Non fate domande per amor di “coscienza”». Non c’erano prove che i soggetti<br />

fossero ottenuti per mezzo di delitti. Se qualcuno gli avesse prospettato con parole<br />

chiare una simile idea, egli si sarebbe ritratto con orrore; ma la leggerezza del suo<br />

modo di parlare in merito a un argomento tanto grave era già, di per sé, un’offesa alle<br />

leggi del vivere civile e una tentazione per gli uomini con cui trattava. Fettes, per<br />

esempio, si era spesso stupito per la freschezza dei corpi. Era rimasto colpito molte<br />

volte dall’aspetto scellerato e abominevole dei mezzani che giungevano da lui prima<br />

dell’alba e, riflettendo su tutte quelle cose fra sé e sé, aveva forse attribuito un<br />

significato troppo immorale e troppo categorico agli sprovveduti consigli del suo<br />

maestro. In breve, capiva che il suo dovere comprendeva tre compiti: accettare ciò<br />

che gli veniva portato, pagarne il prezzo, distogliere lo sguardo dinanzi a ogni indizio<br />

di delitto.<br />

Un mattino di novembre questa politica di silenzio fu posta bruscamente alla<br />

prova. Era rimasto sveglio per tutta la notte con un terribile mal di denti –<br />

camminando avanti e indietro per la sua stanza come una belva in gabbia, o<br />

scagliandosi con furia sul letto – e infine era sprofondato in quell’agitato stato di<br />

assopimento che così spesso segue una notte di dolore, quando fu svegliato dal terzo<br />

o quarto ripetersi irritato del segnale stabilito. C’era un sottile e vivido chiaro di luna;<br />

il freddo era pungente e il vento spazzava le viuzze gelate; la città non si era ancora<br />

risvegliata, ma un’indefinibile animazione lasciava già presagire i rumori e le<br />

occupazioni della giornata. I ladri di cadaveri erano giunti più tardi del solito, e<br />

sembravano anche essere più ansiosi del solito di andarsene. Fettes, annebbiato dal<br />

sonno, fece loro luce fino al piano superiore. Udiva le loro brontolanti voci irlandesi<br />

come in un sogno, e mentre toglievano dal sacco la loro lugubre mercanzia se ne<br />

stava, semi-addormentato, con una spalla appoggiata alla parete; dovette scuotersi per

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