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AA.VV. - Al Cinema Con Il Mostro (Ita Libro)

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troppo buone; ma ora provvederemo, in nome dei vecchi tempi, come una volta<br />

cantavamo insieme a cena.»<br />

«Denaro!» gridò Fettes. «Denaro da te! <strong>Il</strong> denaro che mi hai dato l’ultima volta si<br />

trova ancora dove l’ho gettato sotto la pioggia.»<br />

Parlando, il dottor Macfarlane aveva riacquistato una certa aria di superiorità e<br />

sicurezza, ma la non comune violenza di quel rifiuto lo sprofondò di nuovo nella<br />

confusione di poco prima.<br />

<strong>Il</strong> suo viso quasi venerabile fu attraversato da un’espressione orribile e malvagia.<br />

«Mio caro amico», disse «sia come preferisci: non ho alcuna intenzione di offenderti.<br />

Non voglio intromettermi nella tua vita. Ad ogni modo, ti lascerò il mio indirizzo...»<br />

«Non lo voglio... Non voglio conoscere il luogo che ti dà asilo» lo interruppe<br />

l’altro. «Ho sentito il tuo nome e ho temuto che potessi essere tu. Volevo sapere se,<br />

dopo tutto, esisteva un Dio; ora so che non ne esiste nessuno. Vattene!»<br />

Si trovava sempre in mezzo al tappeto, fra le scale e la porta, e il grande medico<br />

londinese sarebbe stato costretto a fare un passo di lato per riuscire a fuggire. Era<br />

chiaro che esitava dinanzi al pensiero di quell’umiliazione. Bianco com’era, celava<br />

tuttavia dietro i suoi occhiali un luccichio pericoloso; ma mentre ancora esitava<br />

incerto, si accorse che il conducente della sua carrozza stava sbirciando dalla strada<br />

quella scena insolita, e al tempo stesso colse con uno sguardo la nostra presenza nella<br />

saletta, accanto all’angolo del bancone. La presenza di tanti testimoni lo indusse<br />

subito a fuggire. Sembrò rannicchiarsi, strisciando contro i pannelli di legno, e come<br />

un serpente spiccò un balzo verso la porta. Ma le sue pene non erano ancora finite,<br />

poiché mentre gli passava accanto Fettes lo afferrò per un braccio e si udirono alcune<br />

parole, appena sussurrate eppure dolorosamente distinte: «Non l’hai più rivisto?».<br />

<strong>Il</strong> grande e ricco dottore londinese emise un grido, un urlo acuto e strozzato; con<br />

uno scossone spinse il suo inquisitore nello spazio libero e fuggi dalla porta come un<br />

ladro scoperto, le mani sopra la testa. Prima che qualcuno di noi pensasse a fare<br />

anche un solo movimento, la carrozza stava già rotolando rumorosamente verso la<br />

stazione. La scena si era conclusa come un sogno, ma il sogno aveva lasciato prove e<br />

tracce del suo passaggio. <strong>Il</strong> giorno dopo un inserviente avrebbe trovato sulla soglia i<br />

delicati occhiali d’oro infranti, ma già quella sera stessa noi ce ne stavamo con il fiato<br />

mozzo accanto alla finestra del bar. Fettes era al nostro fianco, sobrio e pallido, con<br />

un’aria decisa.<br />

«Dio ci protegga, signor Fettes!» disse l’albergatore, recuperando per primo l’uso<br />

dei suoi sensi. «Che cosa significa tutto questo? Avete detto cose assai strane.»<br />

Fettes si voltò verso di noi e ci fissò in viso, uno a uno. «Vedete di tenere a freno la<br />

lingua, se vi riesce» disse poi. «È pericoloso trovarsi sulla strada di quel Macfarlane.<br />

Quelli che l’hanno fatto se ne sono già pentiti, ma troppo tardi.»<br />

Dopo di che, senza neppure finire il suo terzo bicchiere e ancor meno aspettando<br />

gli altri due, ci augurò la buonanotte e uscì, sotto la lampada dell’albergo, tuffandosi<br />

nella notte nera.<br />

Noi tre tornammo ai nostri posti nella saletta, accanto a un grande fuoco rosso e fra<br />

quattro candele luminose; e mentre riassumevamo ciò che era successo, il nostro<br />

primitivo brivido di sorpresa si tramutò ben presto in una viva curiosità. Restammo<br />

seduti fino a tardi: fu la serata più lunga che io abbia mai trascorso al vecchio

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