AA.VV. - Al Cinema Con Il Mostro (Ita Libro)
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piacevoli sensazioni in chiunque. Ma quando manca la libertà, anche. simili ricordi<br />
avvizziscono. E quando poi prese a parlare di coloro che sono schiavi e delle miserie<br />
di una simile condizione, la sua voce risuonò come una grande campana. Disse dei<br />
primi tempi dell’America e degli uomini che allora tanto si erano adoprati. Non era<br />
un’arringa dai toni troppo raffinati, eppure giunse dritta allo scopo. Daniel Webster<br />
ammise tutti gli errori che erano stati commessi, ma mostrò anche come dal male e<br />
dal bene, dalla sofferenza e dalla fame fosse sorto qualcosa di nuovo. E tutti vi<br />
avevano avuto parte, perciò anche i traditori.<br />
Poi si rivolse a Jabez Stone e lo dipinse quale egli veramente era, un uomo come<br />
tanti, che era stato particolarmente sfortunato durante la sua vita e aveva voluto<br />
cambiare il suo destino. E proprio perché aveva voluto operare questo cambiamento,<br />
ora stava per essere punito per l’eternità. Eppure c’era del buono in Jabez Stone, e<br />
non fu difficile mostrare le sue qualità. Per certi versi era meschino ed egoista, ma era<br />
un uomo. Ed è tanto difficile e dura la condizione umana, anche se c’è di che andarne<br />
fieri. Fu poi tanto abile nel mostrare i motivi di tale orgoglio da riuscire a renderlo<br />
comune a tutti. Sì, perché anche all’inferno, si può riconoscere un uomo, se è<br />
veramente tale. E ormai egli non stava più difendendo la causa di un singolo uomo<br />
con quella sua voce che risuonava come un organo, ma parlava della storia di tutta<br />
l’umanità, dei suoi insuccessi e del suo viaggio senza fine. Un cammino disseminato<br />
di tranelli, di imbrogli e di ostacoli, ma pur sempre magnifico. E non ci sarebbe mai<br />
stato nessun demone in grado di afferrarne l’importanza e la profondità: per riuscirvi<br />
occorreva essere un uomo.<br />
<strong>Il</strong> fuoco cominciava a spegnersi nel camino e già soffiava il vento che annunciava<br />
il sorgere del sole. La luce nella stanza sfumava ormai nel grigio quando Daniel<br />
Webster terminò di parlare. E le sue ultime parole tornarono al New Hampshire, a<br />
quella parte di terra che ogni uomo ama più di ogni altra e sente come inalienabile da<br />
sé. Si soffermò a parlarne, ricordando a ciascun membro di quella giuria cose a lungo<br />
dimenticate. La sua voce sapeva penetrare nel cuore di chi l’ascoltava, e proprio in<br />
questo stava la sua forza e la sua bravura. E per uno la sua voce evocava la foresta<br />
con i suoi segreti più profondi, per un altro il mare e il fragore delle onde in tempesta;<br />
uno vi riconobbe il grido della patria perduta, e a un altro rammentò invece un<br />
innocente episodio ormai dimenticato da lunghi anni. Tutti comunque scorsero<br />
qualcosa. E quando Daniel Webster ebbe terminato, non sapeva proprio se avesse<br />
salvato o meno Jabez Stone, anche se aveva la certezza di aver compiuto un miracolo.<br />
Quel bramoso luccichio che scintillava negli occhi del giudice e della giuria era<br />
scomparso e, per un momento, tutti erano ritornati ad essere uomini, con la coscienza<br />
di esserlo.<br />
«La difesa ha concluso» disse infine Daniel Webster, restando in piedi, immobile<br />
come una montagna. Le sue orecchie ancora riecheggiavano delle parole appena<br />
pronunciate, e non gli riuscì di udire null’altro finché non sentì la voce del giudice<br />
Hathorne che diceva: «La giuria si ritirerà per deliberare».<br />
Walter Butler si levò allora d’improvviso in piedi, e sul suo volto era scolpita<br />
un’esprèssione di fermo e sfrontato orgoglio. «La giuria ha già deciso» disse,<br />
guardando il forestiero dritto negli occhi. «<strong>Il</strong> nostro verdetto è a favore dell’imputato<br />
Jabez Stone.»